XXXV: Jason, devi morire. Lo vuoi un caffè?

Non fu difficile tornare al Campo. Bastò attraversare una porta.

La mattina del 20 venne passata in larga parte a preparare i bagagli. A colazione, tuttavia, un messaggio di Ecate apparve nel caffè (non chiedere) in cui ci veniva detto di farci trovare nella Stanza delle Necessità per le 11, ovvero l'orario in cui sarebbe dovuto partire il treno.

Ci trovammo là fuori, con bauli e tutto, con una decina di minuti di anticipo, che Piper e i gemelli usarono per spiegarmi gli eventi della notte scorsa. Vidi anche i segni dei graffi sul braccio, ora tutti cicatrizzati. Quella poveretta di Claire si era dilaniata l'avambraccio in preda ad un attacco di panico, ed io ero dall'altro lato del castello ad annoiarmi. Alla faccia dell'"elemento essenziale per la missione"...

Quando le porte si spalancarono, vedemmo che la Stanza aveva assunto le sembianze di una lussuosa sala da pranzo, decorata con stucco dorato e affreschi alle pareti. Protagonista della scena era una tavola apparecchiata per otto e straripante di ogni tipologia di cibo, dagli antipasti fino al dolce.

I due gemelli stavano già per buttarsi a pesce sulle costolette di maiale, quando Ecate apparve all'improvviso con una forte luce. "Benvenuti!" Esclamò lei, e sembrava al settimo cielo per qualcosa. Stranamente, non indossava la solita toga nera, ma dei semplici jeans ed una camicetta. Se qualcuno l'avesse vista in quel momento, l'avrebbe scambiata per la nostra zia single o qualcosa del genere.

"Divina Ecate," ci inchinammo tutti, tenendo sempre d'occhio però quelle gustosissime pietanze. "Ci ha chiamato?"

"Complimenti, Jason Grace!" Urlò lei ad un volume decisamente troppo alto. "Sei sopravvissuto!"

Sbattei gli occhi. "Ehm...Sì, lo so....insomma...sono qui..."

Lei si diede una mano in fronte con gesto eclatante. "Oh, giusto, che sbadata...ma non posso spiegare nulla senza i nostri ospiti, che dovrebbero arrivare...Adesso!"

Non successe nulla.

"Volevo dire...Adesso!"

Di nuovo nulla. La vendetta è dolce! Non dimenticherò mai la pessima figura che mi fece fare di fronte all'intero Ordine della Fenice...

"Uffa, ma dove si sono cacciati quei tre?" Sbuffò la dea, prima di schioccare le dita. Un grosso portone ad arco apparve nel muro più lontano della sala, che si spalancò su un tunnel buio. Prima che potessi chiedere di cosa si trattasse, sentii delle voci molto familiari.

"Ti dico che ci siamo persi!"

"Ed io ti dico che è la strada giusta, fidati di me, Testa d'Alghe."

"Io di te mi fido, è il Labirinto che non mi convince! E in tutto ciò ho ancora questo caprone sulle spalle."

"Blah-ah-ah-ah. Se ti lascio andrai a fare qualcos'altro di stupido!"

"Grover, per la centesima volta, avevo tutto sotto controllo su quella nave!"

"Sì, certo, come no!"

Così discutendo, dalla porta emersero Percy, Annabeth, e Grover, il trio di eroi più rispettato del Campo Mezzosangue.

"Ma come...dove..." balbettò Annabeth, che ovviamente non conosceva le proprietà della Stanza. Solo quando vide noi finalmente sorrise.

"Ragazzi! Sono contentissima di vedervi!" Disse venendo verso di noi, abbracciando Piper e dandomi una pacca sulla spalla. Percy invece ci abbracciò entrambi.

Grover rimase per un attimo imbambolato a guardare il tavolo con desiderio (Non sapevo però se stesse guardando il cibo o i tovaglioli e le posate), prima di accorgersi che eravamo lì. "Oh, ehm...Heylà, gente!"

"Divina Ecate, perché ci ha convocato tutti qui?" Chiese Claire in tono leggermente sospettoso.

"E soprattutto, dove è qui?" Chiese Annabeth.

"Forse quello ti aiuterà a capire," disse Ecate, indicando sopra al portone da quale era entrata Annabeth. Stringendo gli occhi, riuscii a notare una sbiadita delta luminosa.

"Un ingresso del Labirinto?" Chiesi sorpreso. "Hogwarts è collegata al Labirinto?"

"No caro, Hogwarts fa parte del Labirinto," spiegò Ecate. "Un luogo con una tale concentrazione di magia...ovviamente avrebbe attirato il Labirinto, no?"

Veramente non trovavo il nesso, ma annuì comunque.

[Secondo me si riferisce al fatto che il Labirinto è magico per natura, quindi si è stabilita un'affinità.]

[Grazie, Miss Saggezza.]

[Hey!]

"Fu Tosca Tassorosso ad accorgersi per prima che il castello fosse collegato al Labirinto. Gli altri fondatori votarono per chiudere l'ingresso, ma lei ebbe un'altra idea. Dopo anni ed anni di studio ed esperimenti non sempre finiti bene, trovò un modo per...come dire...invertire la magia. Invece di percorrere il Labirinto per andare ovunque, Tosca fece in modo che 'ovunque' venisse trasportato qui a comando. Bastava chiedere una destinazione, e quella soglia si sarebbe aperta sul luogo prescelto. Nel corso dei secoli vari Presidi e professori di talento hanno studiato un modo per raffinare la magia, ed è così che, circa settecento anni fa, nacque la Stanza della Necessità," concluse con enfasi, allargando le braccia.

"AH-HA! ALLA FACCIA VOSTRA, CASE DI HOGWARTS! TASSOROSSO REGNA!" Urlò a squarciagola Chris, guadagnandosi un pugno sulla spalla dalla sorella, e sguardi strani da parte di tutti noi.

"Una storia avvincente," intervenne Annabeth, "ma ancora non ci ha detto cosa ci facciamo qui."

"Oh, giusto, giusto. Cari semidei, sono felice di annunciarvi che il mio piano ha avuto successo!" Disse la dea, sempre entusiasta.

Nessuno seppe come reagire a quella dichiarazione così vaga. La prima a scuotersi fu Claire. "Ok...siamo arrivati alla parte del libro in cui lei rivela di essere cattiva e prova ad ucciderci tutti? Perché se è così, almeno l'ultimo pasto vorrei farlo in santa pace."

La dea rise. "Al contrario, Claire, al contrario. Prego, servitevi pure!" Parlò in modo molto più colloquiale del solito. Doveva essere davvero di buon umore.

I gemelli non se lo fecero ripetere due volte; fecero a gara a chi arrivava per primo al tavolo, ed assaltarono il maiale senza ritegno. Grover e Piper si sedettero dal lato opposto del tavolo rispetto a loro.

Quando tutti ebbero preso la loro porzione ed ebbero iniziato a mangiare, Ecate iniziò a raccontare. "Vedete, tutto è iniziato da quella sera a casa di Percy..."

Ahia, era partita da lontano. Mangiai molto lentamente, sapendo che la cosa sarebbe durata a lungo. I due figli di Ares invece avevano già spazzolato via metà del maiale, ed erano passati solo dieci minuti.

"-Decisi quindi di fare una scommessa piuttosto azzardata," stava continuando la dea. "Ho affidato l'impresa al miglior semidio della storia, Percy Jackson appunto, perché non volevo accontentarmi di un aiuto. Volevo che quest'impresa riuscisse dove tanti altri avevano fallito: volevo modificare il corso degli eventi." Dopo una pausa ad effetto, fece un largo sorriso e disse, "Non credevo lo avrei mai detto, ma ce l'hai fatta, Percy Jackson. Tu ed i tuoi amici avete salvato una vita condannata!"

Tutti ci immobilizzammo. Io rimasi con la forchetta per aria, Grover ne staccò un pezzo coi denti, e Percy quasi si strozzò. "Come, scusi?"

"Guardate qui," disse Ecate, e indicò con la mano la brocca d'acqua al centro del tavolo. Da lì si alzò una nebbiolina molto fine, che si addensò in quello che pareva tanto un Messaggio Iride. La sfera si allargò fino ad essere abbastanza grande da essere visibile a tutti, ed una scena iniziò a mostrarsi.

Vedemmo il Ministero, nello specifico quella stanza strana con l'arco. Harry e gli altri erano circondati dai Mangiamorte, e lui era sul punto di cedere la profezia. Questo era più o meno il momento in cui eravamo arrivati noi, in groppa al cane di Percy. In questa scena però non successe così. La porta in cima alle scale della sala si spalancò, e l'Ordine della Fenice al completo iniziò a sparare maledizioni dappertutto. I Mangiamorte si dispersero, e la battaglia iniziò.

La scena cambiò all'improvviso; Il padrino di Harry, Sirius Black, duellava contro Bellatrix Lestrange, la quale solo di recente avevo scoperto fosse sua cugina. Non c'erano i suoni, ma potevo vederli chiaramente urlarsi contro durante il duello. Ad un certo punto, Bellatrix lo colpì in pieno con un fiotto di luce rossa, e Sirius venne sbalzato contro il velo posto al centro della stanza. Mi aspettai di vederlo cadere dall'altro lato, ma non successe nulla. Sembrò svanire nel nulla. Harry urlò disperato. A quel punto, l'immagine sbiadì.

Percy non sembrava capace di dire due parole in fila. "Sirius...Harry...Lui è..."

"Sì, Percy Jackson. Era scritto nel destino che Sirius Black sarebbe dovuto morire."

"Povero Harry..."

"E perché povero?" Chiese la dea, leggermente sorpresa. "Questo è ciò che avrebbe dovuto succedere, ma non è successo! Sirius è vivo, e tutto grazie a te."

"Un momento, time out," disse Annabeth, "Come è possibile? Abbiamo davvero cambiato il corso della storia? Senza alcuna conseguenza?"

"Annabeth, cara, devi capire che il tempo è una cosa complicata," disse Ecate. Con le mani, tracciò in aria un filo di luce. "Voi mortali siete abituati a vedere il tempo come un'unica sequenza lineare di eventi, ma è un controsenso. Non voglio dilungarmi troppo in spiegazioni metafisiche, ma, in breve, è molto più corretto rappresentare il tempo in realtà così."

Quando disse quella parola schioccò le dita, e il filo di luce iniziò a diramarsi sempre più e i filamenti risultanti si diramarono a loro volta. Quel filamento iniziale ora somigliava alla chioma molto intricata di un albero, e continuava ad infittirsi.

"Ogni volta che si verifica una scelta, ogni volta che un evento ha più di un possibile risultato, si creano due 'universi' differenti." Lo disse facendo il gesto tra virgolette, come se fosse un termine non proprio adatto, ma facile da capire. "Come potete immaginare, alcuni di questi si sono divisi di recente, dunque sono molto simili al nostro. Ma ne esistono alcuni anche radicalmente diversi. Esiste un universo, ad esempio, in cui il qui presente Percy è fidanzato con la sorella di Jason Grace-"

Annabeth sbiancò. "Percy fidanzato con Talìa?"

Rabbrividii. Quella era una cosa che non volevo neanche considerare.

"Non mi riferivo a lei. Comunque, oppure esistono universi in cui non siete neanche semidei. Le possibilità sono infinite. Ora, tu, Percy, e gli altri avete creato una scelta alternativa. In un altro universo, purtroppo, il povero Harry è rimasto senza padrino, ma qui è tutto a posto, e solo grazie a voi."

"Cioè, lei mi sta dicendo che esistono....potenzialmente infiniti universi indipendenti?" Chiese Annabeth, sbalordita.

"No, non del tutto indipendenti. Spiegare tutti i concetti non è facile, ma ti basta sapere che a grandi linee tutti gli universi devono rimanere coerenti, ovvero, devono tendere allo stesso risultato. Ad esempio, la vostra amica Hazel l'anno scorso ha involontariamente fatto sì che Dolores Umbridge diventasse Preside di Hogwarts. In realtà ciò è successo perché nell'universo 'originale' Dolores Umbridge è diventata Preside di Hogwarts all'incirca nello stesso momento, perché Silente si è dovuto addossare le colpe di Harry. Stesso risultato finale, ma cambiano i dettagli; luogo e tempo in cui si verifica un evento ad esempio, oppure la sopravvivenza di una persona."

"Più di una vita innocente verrà risparmiata," recitai, pensieroso. "Un momento...più di una...chi altri abbiamo salvato?"

La dea mi guardò perplessa. "Ma come, pensavo si fosse capito ormai," disse lei, senza distogliere lo sguardo da me. Lentamente si girarono tutti verso di me.

Quando capii, mi sentii mancare. "I-io?"

La dea annuì. "I vostri amici qui presenti sono appena tornati da una spedizione contro l'imperatore Caligola. Lascerò a loro i dettagli. Comunque, questo è ciò che sarebbe dovuto succedere." Di nuovo fece il trucco con l'acqua.

Questa volta vidi me stesso, imprigionato in una gabbia di vento, con pezzi di metallo che mi tagliavano la pelle. Ero ad occhi chiusi, concentrato. All'improvviso, la gabbia di vento esplose in ogni direzione, squarciando la nave in tutta la sua lunghezza. Visibilmente esausto, mi rialzai ed ingaggiai uno scontro con un uomo a cavallo, che intuii essere Caligola. Lui era armato di lancia ed era a cavallo, e sul tetto della nave c'era una dozzina di strane creature che scagliavano un nugolo di frecce nella mia direzione. Usando il vento per deviare le loro frecce e i fulmini per incenerirli, richiamai Tempesta, ed ingaggiai la lotta contro Caligola. Ma c'erano troppe cose a cui badare, e mi stavo stancando in fretta. Venni colpito al braccio da una freccia, poi venni colpito all'altro. Finalmente, Caligola mi disarcionò, e mi infilzò dietro le spalle con una lancia. E poi una seconda volta.

Sentii un brivido lungo la schiena, nel punto in cui ero stato colpito in quella visione, e non potei trattenermi dal fare una smorfia. Piper mi strinse forte la mano.

"Ormai sapevo che era possibile modificare gli eventi," spiegò Ecate, ma io la ascoltai con un solo orecchio. "Perciò ho mandato te e la tua ragazza qui, al sicuro, mentre ho fatto che in modo che fosse il semidio oggettivamente più adatto ad affrontare la situazione," ed indicò Percy.

"Dunque, ora è tutto risolto e...Hey, cos'è quella faccia lunga?" Mi chiese la dea. "Su con la vita, ormai il pericolo è scampato."

La ignorai. "In che giorno è successo?"

"Beh, il quindici marzo, perché lo chiedi?"

Le Idi di marzo...non mancava molto a quella data...e un pensiero tremendo mi si fece strada in testa. Non era stata lei stessa a dire che il risultato finale deve essere lo stesso?

Vissi il resto della giornata in pilota automatico. Rientrati nel tunnel da cui erano venuti Percy, Annabeth, e Grover, dopo una breve camminata spuntammo fuori al Campo, per la precisione al Pugno di Zeus. Una volta arrivati al padiglione della mensa, venimmo accolti da Chirone, al quale raccontammo in breve le ultime notizie, dopodiché ci lasciò alle nostre attività. Chris si mosse dritto verso la stalla dei pegasi, ma venne intercettato da Harley, che lo soffocò con un abbraccio. Quel piccoletto era fatto così, era affettuoso con tutti. Se poi lo stavi a sentire e partecipavi alle sue idee, come aveva fatto Chris, diventava fedele a vita.

[Quindi...come un cagnolino?]

[Non ci avevo mai pensato in questo modo Harry, ma direi che ci hai preso in pieno.]

Mentre succedeva questo, Claire stava per andare al muro d'arrampicata, quando venne investita da una secchiata d'acqua gelata.

"Non lamentarti, novellina! Te lo sei meritato," Urlò Clarisse con un sorrisetto.

"Eh già, direi di sì," le sorrise di rimando Claire. "Allora, Miss Uomo, cos'hai in programma per me oggi?"

"Qualcosa che ti toglierà quel sorrisetto dal volto. Vieni con me," e la trascinò verso l'arena di scherma, sempre ridendo.

"Uhm...esattamente quando sono diventate amiche quelle due?" Chiesi a Piper, sconcertato.

Lei alzò le mani. "Non ne ho idea. Quando si sono conosciute si sono letteralmente picchiate a sangue, ed ora se la intendono a meraviglia. Forse è così che legano i figli di Ares?"

Se era vero, ero felicissimo che Frank fosse entrato così tardi nel mondo semidivino.

"Hey mi stai ascoltando?" Disse Piper, sventolandomi una mano vicino al volto.

"Eh, cosa?"

"Appunto quel che dicevo," sospirò lei. "Che cos'hai? Perché sei così pensieroso?"

"Niente, niente, tutto a posto," mentii. Non volevo farla preoccupare.

"Va bene," disse lei alzando le mani con enfasi. "Bell'ipocrita che sei."

Subito mi misi sulla difensiva. "E questo cosa c'entra?"

"C'entra un sacco. Tu mi hai sempre detto che parlare aiuta e fa bene, e che in una coppia è necessario. Però quando qualcosa ti turba in modo così palese ti chiudi a riccio? Ti sembra giusto?" Non era esattamente arrabbiata, era più che altro delusa.

"Beh, non hai tutti i torti..." Sospirai. "Pensavo a ciò che ha detto Ecate, ecco tutto."

"Vieni con me," disse lei prendendomi per mano. Mi portò fino alla Casa di Zeus, e mi fece salire sul tetto. Un buon posto per avere privacy, ma credo non fosse l'unico motivo per cui lo aveva scelto. "Ti sei spaventato? Per ciò che ci ha fatto vedere, intendo."

"Cos...Nah, non 'spaventato', è solo che..." Mi costò molto ammettere ciò che stavo per dire, ma ormai non aveva senso rifiutarsi. "Il vero problema è che mi sento un po' inutile, ecco. Insomma, Percy ha svolto un'impresa importante, mentre io non sto combinando un bel niente lì a scuola. Non solo, quello che posso fare lo sto facendo malissimo. Mi viene detto di tenere d'occhio i gemelli, e ieri è successo tutto quel terremoto senza che ne sapessi niente. Devo indagare su quella collana, e non solo non scopro niente, ma tu sei quasi morta sotto ai miei occhi." Raccolsi le ginocchia al petto e sospirai. "Mi sa che hanno ragione quelli che mi ritengono inferiori a Percy-"

"Altolà!" Comandò Piper in tono autoritario. "Non azzardarti a continuare quella frase." Mi prese le mani e, con tono più dolce, ma sempre determinato, mi disse, "Quando ti infilerai in quel testone che nessuno ti chiede di essere come Percy? Tu ti chiami Jason Grace, non Percy Jackson #2. Non hai compiuto le sue stesse imprese? E chi se ne frega!? Non è quello il tuo scopo nella vita. Dimmi, quando eri Pretore, compivi tutte le imprese da solo?"

"No, ovviamente," risposi, non sapendo dove volesse arrivare.

"Appunto! Tu sei un grande guerriero, Jason, ma prima di tutto sei un eccezionale comandante. E un comandante vero non è migliore degli altri, ma aiuta gli altri a diventare migliori. E su questo sei uno dei migliori. Insomma, prendi me: quante volte mi sarei tagliata una gamba da sola con una spada se non fosse stato per le tue lezioni? E vogliamo parlare dei gemelli? Quanto sono migliorati sotto la tua guida?"

Disse tutto ciò con una tale convinzione che non riuscii a non crederle. "Beh, immagino tu abbia ragione.." dissi, sorridendo leggermente.

Sorrise anche lei. "Quindi ora mi prometti che la smetterai di fare l'eroe senza macchia e senza paura, e mi dici di preciso cosa ti ha spaventato prima? Se ne sono accorti tutti, tremavi come una foglia."

Il mio sorriso svanì. Non volevo proprio parlarne. Però ormai che senso aveva negare? E poi, tempo prima avevo promesso a me stesso che mi sarei fidato di lei e le avrei raccontato tutto. 

Presi un bel respiro, e dissi, "E va bene, confesso: ho paura. Ho paura di questa storia degli universi, ho paura per il futuro..." La guardai in quei suoi bellissimi occhi, e lei mi incoraggiò ad andare avanti. "E ho paura di morire."

Ecco, lo avevo detto. Jason Grace, figlio di Giove, orgoglio della legione, colui che a 2 anni aveva vissuto con un branco di lupi, aveva confessato di aver paura di morire. Non mi ero mai vergognato tanto in vita mia.

"Beh, ma Ecate ormai ha detto che il pericolo è scampato, no?" Chiese Piper, con una nota di tensione più che evidente nella voce. "Insomma, ormai Caligola è stato sconfitto, no? E sei ad Hogwarts, sei al sicuro..."

Sbuffai. "Piper, ti prego, stronzate del genere le racconta Silente ai primini, non tentare di rifilarmele. Il mondo magico è ad un passo dalla guerra, e già c'è stato un attentato, anzi due, all'interno della scuola. Chi dice che non tocchi a me la prossima volta? Hai sentito Ecate, il risultato finale deve essere lo stesso."

"Ma ha anche detto," replicò lei, di nuovo determinata, "che possono cambiare i dettagli. Guardami negli occhi, Jason." Lei mi prese il viso tra le mani, mi diede un breve, dolce bacio, e disse, "Tu. Non. Morirai. Non sei da solo, ci sono altri 3 semidei in quella scuola, assieme a tutto l'Ordine della Fenice. Se anche tutto ciò non dovesse bastare, dovranno passare sul mio cadavere prima di arrivare a te. Mi sono spiegata?"

Sono abbastanza sicuro che usò la Lingua Ammaliatrice, ed anche in quantità massiccia, perché quelle parole mi risollevarono non poco il morale. "Sì signora," dissi sorridendo, facendo un saluto militare. "Però, possibilmente, sarebbe meglio evitare la parte del cadavere."

"Sì, anch'io preferirei non arrivarci." Rise lei, e riprendemmo a baciarci e a coccolarci.

Rimanemmo sul tetto ancora un po'. Teoricamente avevamo delle attività da svolgere, ma hey, eravamo due Eroi dell'Olimpo. Una volta tanto, potevamo permetterci un'ora libera. O due. O tre.




Spigolo autore

La fanart ad inizio capitolo appartiene alla bravissima ashaddock. Seguitela!

Che ne dite, vi piacerebbe se anche io introducessi la "domanda del giorno" a fine capitolo?

Se la storia vi piace, vi chiedo di lasciare un voto, un commento e di farmi sapere cosa ne pensate.

Alla prossima.

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