XXII: Tradimento

"La Preside vuole vederti, Potter," sogghignò Gazza.

"Non sono stato io!" Dissi stupidamente, pensando a Fred e George. Una risata silenziosa fece tremolare le guance di Gazza.

"Coda di paglia, eh?" Borbottò maligno."Seguimi."

Lanciai un'occhiata a Ron e Hermione, che avevano entrambi l'aria allarmata. Scrollai le spalle e seguii Gazza risalendo la marea di studenti affamati per tornare nella Sala d'Ingresso. 

Gazza sembrava di buonumore, e mentre salivamo la scalinata di marmo canticchiava stridulo fra sé. "Le cose sono cambiate, qui, Potter," disse quando raggiungemmo il primo pianerottolo.

"Me ne sono accorto," replicai freddo.

"Sissignore... glielo dicevo da anni, a Silente, che era troppo tenero con voialtri." Sbottò in una risatina maligna. "Voi sudicioni non avreste mai tirato una sola Pallottola Puzzola se aveste saputo che potevo cavarvi la pelle a frustate! E nessuno avrebbe osato lanciare Frisbee Zannuti nei corridoi se avessi potuto appendervi per le caviglie nel mio ufficio! Ma quando entrerà in vigore il Decreto Didattico Numero Ventinove, allora avrò mano libera... e lei ha chiesto al Ministro di firmare un ordine per l'espulsione di Pix... oh, sì! Le cose saranno molto diverse, con lei al timone..." 

Mentre Gazza continuava a blaterare sull'amore della sua vita, andò a prendere anche Hazel, che stava scendendo a pranzo con Ginny. Mi irrigidii subito. Anche se non avevo capito bene cosa era successo nell'ufficio del Preside, ero sicuro che c'entrasse lei. Avevo tenuto d'occhio lei e Percy tutto il tempo, ed avevo notato che ad un certo punto aveva chiuso gli occhi e si era concentrata su qualcosa. Guarda caso, ciò era successo proprio quando Marietta aveva iniziato a blaterare tutte quelle cose sulla Umbridge. Probabilmente aveva usato la maledizione Imperius per convincere Marietta a dire quelle cose, e il fatto che ci fosse riuscita senza parlare e senza bacchetta mi spaventava. Non mi piaceva che Ginny la frequentasse. Mentre ero distratto da questi pensieri, eravamo arrivati all'ufficio della Preside.

"Eccoci arrivati," annunciò Gazza sogghignando. Batté tre colpi sulla porta della professoressa Umbridge e la aprì. "Potter e Levesque per lei, signora." L'ufficio della Umbridge, così familiare per me dopo tante punizioni, era sempre il solito, tranne che sulla scrivania era comparsa una grossa targa di legno con la parola Preside scritta in lettere dorate. Con una fitta al cuore, vidi la mia Firebolt e le Tornado di Fred e George incatenate con lucchetti a un robusto piolo di ferro infilato nella parete alle spalle della Umbridge. 

Era seduta alla scrivania e scribacchiava rapida su una delle sue pergamene rosa, ma non appena entrarono alzò la testa e rivolse loro un sorriso smagliante. "Grazie, Argus," disse dolcemente. 

"Di niente, signora," Gazza s'inchinò per quanto glielo permettevano i suoi reumatismi e uscì camminando a ritroso. 

"Sedetevi," ordinò la Umbridge brusca, indicando una sedia. Obbedimmo. Lei riprese a scrivere, lasciandoci a fissare i disgustosi gattini che sgambettavano sui piatti appesi alla parete, e a chiederci quali nuovi orrori avesse in serbo.

"Bene," disse finalmente, posando la piuma e fissandoci con l'aria soddisfatta di un rospo che si accinge a ingoiare una mosca particolarmente succulenta. "Che cosa vi andrebbe di bere?"

"Prego?" Chiesi, sicuro di non aver sentito bene.

"Bere, signor Potter." Se possibile, il suo sorriso sembrava ancora più soddisfatto. "Tè? Caffè? Succo di zucca?" Agitò la bacchetta a ogni nome, e subito un bicchiere o una tazza apparvero sulla scrivania.

"Niente, grazie," risposi.

"Neanche per me, la ringrazio," disse Hazel.

"Desidero che beviate qualcosa insieme a me," insisté la Umbridge con una dolcezza minacciosa. "Scegliete qualcosa."

"E va bene... tè, allora," dissi alzando le spalle.

"Caffè per me," disse Hazel.

La Umbridge si alzò con una complicata manovra per darci la schiena mentre aggiungeva il latte al mio tè e lo zucchero al caffè di Hazel. Poi fece il giro della scrivania, sempre con la stessa espressione di sinistra dolcezza.

"Ecco qui," e ci consegnò le tazze.

"Professoressa, cos'è quella targa lì?" Chiese Hazel.

"Oh, gentile da parte sua chiedere, mia cara. Vede, mi fu assegnata nel 1988, quando durante un processo-" Hazel sorrise gentile, ma non appena lei si girò mi guardò serissima e mimò con le labbra 'Non bere!'

Ero quasi tentato di bere, perché non mi fidavo di lei, ma decisi che mi fidavo di meno della Umbridge. A proposito del male assoluto, quando finì di parlare si girò verso di me ed indicò la mia tazza.

 "Bevete prima che si raffreddi, mi raccomando. E ora, signor Potter, signorina Levesque... Mi sembrava il caso di fare una chiacchierata dopo tutto lo scompiglio di ieri sera."

Non aprimmo bocca. La Umbridge tornò a sedersi dietro la scrivania e aspettò. "Cominciamo da lei, signorina Levesque. Il caffè è di suo gradimento?"

"Oh sì, certo. La ringrazio, signora Preside," rispose Hazel con una faccia da poker perfetta.

"Come può dirlo, mia cara, se non lo ha neanche bevuto?"

"Certo che sì," replicò Hazel. "Sono già a metà tazza." E lì successe una cosa strana. Schioccò le dita, producendo un suono molto più forte di quanto dovrebbe essere possibile, ed un sottile rivolo di fumo fuoriuscì dalle sue dita. Quando raggiunse la Umbridge, lei sbatté gli occhi più volte e si perse con lo sguardo nel vuoto.

Dopo lunghi secondi silenziosi, mi chiese vivacemente: "Allora, non beve il suo tè?" Di scatto accostai la tazza alle labbra, e altrettanto di scatto la riabbassai. Uno degli orridi gattini dietro la Umbridge aveva grandi, tondi occhi blu identici all'occhio magico di Malocchio Moody, e mi era appena venuto in mente che cosa avrebbe detto Malocchio se fosse venuto a sapere che avevo bevuto una cosa offerta da un nemico.

"Che cosa c'è?" Chiese la Umbridge, che non mi aveva perso di vista un istante. "Vuole lo zucchero?"

"No, grazie." Avvicinai di nuovo la tazza alla bocca e, guardandomi bene dallo schiudere le labbra, finsi di sorseggiare. Il sorriso della Umbridge si allargò.

"Bene," mormorò. "Molto bene. Allora..." Si protese verso di me. "Dov'è Sirius Black?" 

Sentii una morsa chiudermi lo stomaco e la mano che reggeva la tazza tremò, facendola tintinnare contro il piattino. La riavvicinai alle labbra - sempre sigillate - e la inclinai tanto che un po' di tè caldo mi gocciolò sulla veste. 

"Non lo so," risposi, un po' troppo in fretta.

"Signor Potter," disse la Umbridge, "le ricordo che in ottobre ho quasi catturato il criminale Black nel camino di Grifondoro. So perfettamente che era lì per incontrarsi con lei, e se ne avessi avuto le prove nessuno di voi due sarebbe in libertà al momento, glielo assicuro. Allora, signor Potter... dov'è Sirius Black?"

"Non lo so," ripeté Harry. "Non ne ho la minima idea." Rimanemmo a fissarci così a lungo che mi sentii lacrimare gli occhi. Finalmente la Umbridge si alzò. Sembrava un rospo eccessivamente gonfio, segno del fatto che era davvero arrabbiata.

"Signor Potter, la avverto. Sta interferendo con un'indagine del Ministero. Se non vuole essere sbattuto ad Azkaban per il resto dei suoi giorni, le consiglio di-"

Hazel fece schioccare di nuovo le dita. "-Tornare alla Torre di Grifondoro e prendersi il resto della giornata libera? Grazie, Preside, lei è davvero magnanima!" Prima che potessi capire cosa fosse successo, mi afferrò il braccio e mi tirò fuori dal suo ufficio.

"Phew, ci è mancato poco, eh Harry?" Mi chiese lei, sorridendo.

"Come hai fatto?"

"Come ho fatto cosa?"

"NON MENTIRMI!" Scattai io. Come già era successo in passato quell'anno, sentii una furia irrazionale montarmi dentro. "SO CHE STAI TRAMANDO QUALCOSA!"

Sorpresa dall'improvviso cambio d'umore (e chi può biasimarla?), lei arretrò, mettendosi sulla difensiva. "Harry, ascoltami, ora devi calmarti-"

"NON MI CALMERÒ FINCHÉ NON SCOPRIRÒ COSA TRAMATE TU E PERCY!"

"Harry, scusami, scusami davvero," disse lei, con sguardo addolorato. Schioccò di nuovo le dita, e la mia furia svanì così come era arrivata. Ora, a distanza di anni, ricordo gli eventi, ma in quel momento ogni ricordo di quella conversazione venne cancellato dalla mia memoria. Non ricordavo neanche ciò che aveva fatto Hazel nell'ufficio. A malapena ricordavo la sua presenza. Scendemmo a pranzo, lei si sedette vicino a Ginny, ed io vicino a Ron ed Hermione, con la massima tranquillità, come se nulla fosse successo.

Fu per questo motivo che, qualche giorno dopo, andai alla riunione dell'ES con tutta serenità. Percy ti ha già raccontato a grandi linee cosa è successo, quindi passiamo oltre, a quando uscii dalla Sala.

Raggiunsi Ginny in mezzo al corridoio, ma riuscii a parlarle solo molto dopo, quando tornammo in Sala Comune. "Stai bene, Ginny?"

"Io sto benissimo!" Urlò lei. "È Michael che è impazzito tutto ad un tratto. Non so chi gli dà il diritto di parlare così!"

"Ma insomma cosa voleva da Chris?"

"Mah...si è messo in testa che durante la partita abbia cercato di ferirmi. Non ha capito che se non mi avesse buttata di lato mi sarei schiantata a terra."

L'idea mi fece rabbrividire. Lei intanto continuava a parlare. "-ma dico! Io sono andata a ringraziarlo in infermeria, e Michael va a dire in giro che io gli ho chiesto di vendicarmi? Ma come si permette?"

"Se anche fosse il caso, sei abbastanza potente da gestirtela da sola."

Le parole mi uscirono così, senza pensarci, ma evidentemente ottennero un certo effetto, perché Ginny mi fissò molto intensamente. "Allora esiste qualcuno in questo castello che lo pensa."

"Non credo di essere l'unico. Andiamo, sei una delle migliori all'ES! I bersagli non li colpisci, li polverizzi! E sei anche bravissima a giocare a Quidditch!" Lei invece di rispondere distolse lo sguardo, con un sorriso leggero sulle labbra. Io arrossii. Non avevo mai passato molto tempo con Ginny, e me ne stavo pentendo. Pian piano stavo scoprendo quando fosse eccezionale.

"Quando cresci con sei fratelli più grandi, hai solo due possibilità; rimanere nell'ombra, o correre il rischio e metterti in mostra, cercare un talento e coltivarlo. Ma non serve a niente. Per tutti quanti sono e rimarrò sempre la piccola di casa Weasley, la povera ed indifesa bambina che è stata quasi uccisa da Voldemort."

Mi sentivo un po' a disagio. Raramente parlavamo, e mai di roba così seria. "Ehm...non prenderla nel modo sbagliato...ma perché mi stai dicendo tutte queste cose?"

Lei mi guardò con un sopracciglio alzato. "Non posso parlare con un amico?"

"Sì, sì, certo!" Aggiunsi velocemente io. "È solo...perché proprio ora?"

Lei sospirò, e mi guardò dritto negli occhi. "Per farti capire che quando c'è qualcosa che non va, non c'è niente di male a chiedere un aiuto agli amici. E invece tu per tutto l'anno ti sei chiuso in te stesso, allontanandoti da tutti. Assumersi le responsabilità di tutto sembra tanto nobile e altruista, ma rischi solo di diventare pazzo." A quel punto mi prese le mani. "Non sei da solo, Harry! Io, Ron, Hermione, e tutti gli altri siamo qui per aiutarti. Ma non possiamo farlo se non ce lo permetti."

Fissai Ginny dritta negli occhi. Non mi ero mai accorto di quanto fossero belli. "Io..grazie, Ginny, davvero. Prometto che non farò tutto da solo."

"Ottimo. E già che ci sei, pensa a come chiedere scusa a Percy ed Hazel. Tutto ad un tratto hai iniziato a trattarli come nemici."

"Ma loro sono nemici!"

"Hai prove certe?"

"Beh, no, ma-"

"Allora non puoi accusarli di nulla. Se avessi passato un po' di tempo a conoscerli, intendo seriamente, capiresti che non sarebbero mai capaci. E poi, scusami se te lo dico, ma negli scorsi anni il tuo intuito non è stato proprio infallibile."

Ecco, queste erano proprio le parole di cui non avevo bisogno. Era da Natale che mi sentivo in conflitto sulla questione, e proprio ora che ero sicuro di avere una risposta, ecco che Ginny mi faceva venire di nuovo i dubbi.

Ma ovviamente non potevo darle la colpa, lei stava solo cercando di aiutarmi.

"E va bene, ci penserò. Ma se sono davvero nemici-"

"-Io sarò in prima linea a combattere insieme a te," rispose lei, con un fuoco negli occhi che mi fece capire subito quanto fosse seria. In quel momento capii che lei ci sarebbe sempre stata per me. 

E la cosa mi fece sentire in colpa. La conoscevo da tre anni, eppure l'avevo quasi sempre ignorata. Eppure eccola qui, a tirarmi su di morale.

"Perché fai tutto questo per me? Perché sei così gentile?"

Lei mi guardò come se avessi parlato tedesco. "Perché sono tua amica, Harry. Altre domande stupide?"

Molte, in effetti, ma preferii star zitto. Nel frattempo erano tornati anche gli altri dalla riunione. Lei mi salutò ed andò dalle sue amiche, io mi unii a Ron ed Hermione per studiare.

Ora, ci sarebbero tante cose da raccontare; la fuga dei gemelli, la mia conversazione con Remus riguardo a mio padre...ma nulla di tutto questo conta ai fini del racconto, ed il tempo che abbiamo non è molto, quindi andrò dritto al sodo.

Avanti veloce di un paio di mesi, durante lo svolgimento dei G.U.F.O.

Ormai la tortura era quasi finita. Mancava solo la prova scritta di Storia della Magia, e poi sarei stato finalmente libero. Verso la fine della prova, però, ebbi un altro incubo, il peggiore di tutti.
Ero di nuovo nel freddo, buio corridoio dell'Ufficio Misteri; camminavo a passo svelto e deciso, a tratti correvo, per raggiungere infine la mia meta... come al solito, la porta nera mi si spalancò davanti... ero nella stanza circolare con tante porte...

Attraversai il pavimento di pietra e varcai anche la seconda porta...Chiazze di luce danzanti, lo strano ticchettio, ma non c'era tempo di esplorare, dovevo sbrigarmi...

Corsi verso la terza porta, e anche quella si aprì...Ancora una volta ero nella stanza grande come una cattedrale, colma di scaffali e sfere di vetro... il cuore mi batteva fortissimo... stavolta ce l'avrei fatta... raggiunsi la fila novantasette, svoltai a sinistra e corsi nel corridoio tra due file di scaffali...

Ma là in fondo c'era una sagoma accasciata per terra, una sagoma nera che sussultava come una bestia ferita... Sentii lo stomaco contrarsi di paura... di eccitazione...E poi sentii uscire dalla mia bocca una voce acuta, gelida, disumana...

"Prendila per me... tirala giù subito... io non posso toccarla... ma tu sì..." La sagoma nera ebbe un fremito.

In fondo al mio braccio vidi levarsi una mano bianca, le lunghe dita strette attorno a una bacchetta...sentii la fredda voce acuta dire: "Crucio!" L'uomo sul pavimento lanciò un urlo e tentò di alzarsi, ma poi ricadde, contorcendosi.

Ridevo. Levai la bacchetta, scagliai di nuovo la maledizione, e la figura gemette e restò immobile. "Lord Voldemort sta aspettando..."

Lentamente, facendo forza sulle braccia tremanti, l'uomo a terra alzò le spalle e la testa. Il suo volto scarno, coperto di sangue e deformato dalla sofferenza, si irrigidì in una maschera di sfida...

"Prima dovrai uccidermi," mormorò Sirius.

"Lo farò senza dubbio, alla fine," disse la voce fredda. "Ma prima devi prenderla per me, Black... Credi di aver provato dolore, finora? Pensaci bene... abbiamo ore davanti a noi, e nessuno sentirà le tue urla..." Ma qualcuno gridò mentre Voldemort calava di nuovo la bacchetta; qualcuno gridò, scivolò su un banco arroventato e cadde sul freddo pavimento di pietra. Mi svegliai toccando terra, urlante, la cicatrice in fiamme, mentre la Sala Grande sembrava esplodere attorno a me.

Ron e Hermione, gli disse una voce nella mente.

Discesi a capofitto due piani, ed ero in cima alla scalinata di marmo quando li vidi salire di corsa verso di me.

"Harry!" Esclamò subito Hermione, con aria spaventata. "Che cosa è successo? Stai bene? Stai male?"

"Dove sei stato?" chiese Ron.

"Voldemort ha preso Sirius. L'ho visto. Poco fa. Quando mi sono addormentato durante l'esame."

"Ma... ma dove? Come?" domandò Hermione, pallidissima.

"Non lo so. Però so esattamente dove si trova. Nell'Ufficio Misteri c'è una stanza piena di scaffali carichi di sfere di vetro, e loro sono alla fine della fila novantasette... sta cercando di costringere Sirius a prendere qualcosa là dentro... lo sta torturando... ha detto che alla fine lo ucciderà!" La voce mi tremava quanto le ginocchia.

"Come facciamo ad arrivare là?"

"A... arrivare?"

"All'Ufficio Misteri! Per salvare Sirius!" 

"Harry..." cominciò Hermione timorosa, "be'... come... come ha fatto Voldemort a entrare al Ministero della Magia senza che nessuno se ne accorgesse?"

"Che ne so? La domanda giusta è come facciamo a entrarci noi!"

"Ma... Harry, rifletti. sono le cinque del pomeriggio... il Ministero della Magia dev'essere pieno di impiegati... com'è possibile che Voldemort e Sirius siano entrati senza farsi vedere? Harry... probabilmente sono i due maghi più ricercati del mondo... credi che possano entrare in un palazzo pieno di Auror senza farsi notare?"

"Non lo so, Voldemort avrà usato un Mantello dell'Invisibilità o roba del genere! E l'Ufficio Misteri è sempre stato vuoto ogni volta che ci sono entrato..."

"Tu non ci sei mai entrato, Harry. Lo hai sognato, tutto qui."

"Non sono sogni normali! Come spieghi la faccenda del padre di Ron, eh? Come facevo a sapere che cosa gli era successo?"

"Ha ragione" bisbigliò Ron, fissando Hermione.

"Ma è così... così improbabile! Harry, come ha fatto Voldemort a catturare Sirius, che è sempre stato rinchiuso in Grimmauld Place? E perché Voldemort vuole usare Sirius per prendere quell'arma, o quello che è?"

"Non lo so, possono esserci un sacco di ragioni!" urlò Harry. "Forse Sirius è semplicemente qualcuno che Voldemort non ha problemi a torturare..."

"Mi è appena venuta in mente una cosa," disse Ron con voce soffocata. "Il fratello di Sirius era un Mangiamorte, no? Avrà confidato a Sirius come fare per impadronirsi di quell'arma!"

"Sì... ecco perché Silente continuava a raccomandare a Sirius di restare chiuso in casa!"

"Sentite, mi dispiace, ma continuate a dire assurdità, e per giunta non abbiamo una sola prova che questa cosa sia vera, che Voldemort e Sirius siano laggiù..."

"Hermione! Harry li ha visti!"

"Voldemort ti conosce, Harry! È come quando ha trascinato Ginny nella Camera dei Segreti per attirarti, lui fa questo genere di cose... sa che sei il... il tipo di persona che correrebbe in aiuto di Sirius!E se in realtà volesse te nell'Ufficio Miste...?" Esplosi in un ruggito di frustrazione che la fece indietreggiare.

"Allora proprio non capisci! Non sono incubi! Non sono sogni normali! A cosa credi che servissero tutte quelle lezioni di Occlumanzia? Perché Silente ci teneva tanto che imparassi a bloccare la mente? Perché i miei sogni sono VERI! Sirius è in trappola, l'ho visto. Voldemort l'ha catturato e nessun altro lo sa, e questo vuol dire che siamo i soli a poterlo salvare, e se non volete aiutarmi, d'accordo, ma io andrò da lui, capito?"

"Ma Harry, lo hai appena detto tu," sbottò Hermione, "Silente voleva che tu bloccassi queste visioni. E se avessi imparato Occlumanzia come si deve, non avresti mai visto questo..."

"SE CREDI CHE POSSA FAR FINTA DI NON AVER VISTO..."

"Anche Sirius ha detto che dovevi assolutamente bloccare la mente!"

"BE', IMMAGINO CHE LA PENSEREBBE IN UN ALTRO MODO,SE SAPESSE QUELLO CHE HO APPENA..."

"E VA BENE!" Esplose Hermione, sovrastando la mia voce. "PERÒ PRIMA DI SCARAVENTARCI A LONDRA DOBBIAMO ESSERE SICURI CHE SIRIUS SIA DAVVERO IN PERICOLO!"

"E come vorresti fare, sentiamo?"

"Useremo il camino della Umbridge;" rispose Hermione, chiaramente atterrita al solo pensiero. "Faremo in modo di allontanarla di nuovo dal suo ufficio, però ci serve qualcuno che faccia da palo... qualcuno come Ginny e Luna."

Il piano funzionò. Mi ritrovai a Grimmauld Place, e la mia peggior paura venne confermata. Sirius non c'era. Era stato rapito da Voldemort.

La Umbridge ci trovò nel suo ufficio e ci catturò. La genialità di Hermione e le abilità acquisite durante le riunioni dell'ES ci salvò. Ora ero pronto, assieme a Ron, Hermione, Neville, Luna, e Ginny, ad andare a Londra. All'ingresso, venimmo raggiunti da Percy ed Hazel.

"Che ci fate qui?"

"Hai fatto un bel casino in Sala Grande," spiegò Hazel. "Ho capito subito che qualcosa non andava, quindi ho chiamato Percy e siamo venuti appena possibile. Cosa è successo?"

Ero un po' riluttante, ma Ginny mi fece segno di sì con la testa. Gli spiegai tutto in breve.

"Beh allora cosa aspettiamo? Andiamo!" Disse Percy, agitando le braccia. Immediatamente, Ginny estrasse la bacchetta.

"Traditori!" Urlò lei. Non sapevo a cosa si riferisse, ma poi capii. Era la prima volta che Percy ed Hazel indossavano una maglia a maniche corte, quindi non avevo mai avuto l'occasione di vederlo. Il marchio del mio peggior nemico. Il simbolo del tradimento.

Tutti quanti estraemmo le bacchette. Non saprei dire se ero più triste o più infuriato quando urlai a mia volta, "Traditori Ci fidavamo di voi!"

"Cosa..." Percy era un attore fenomenale. Sembrava davvero non capire a cosa mi riferivo. Poi si guardò il braccio, e capì. "Harry, senti, posso spiegare-"

"Non avvicinarti o ti Schianto!" Ruggì Ron, mettendosi di fronte a me. "Avevamo ragione a sospettare di voi. Siete solo degli schifosissimi Mangiamorte."

"Harry, aspetta," tentò di spiegare Hazel. "Tu credi di vedere il Marchio, ma non noti che è sbiadito? Significa-"

"Che la magia usata per nasconderlo si sta esaurendo," la interruppe Hermione. "So tutto sull'argomento, non cercare di ingannarmi!"

"Hazel," si fece avanti Luna, e per la prima volta, la vidi sull'orlo delle lacrime. "Mi sono fidata di te...ti ho detto di mia madre...era...era tutta una bugia?"

"No! No, Luna, giuro che non ti ho mentito!" Rispose Hazel. Perché continuava a fingere di esserne devastata? Ormai erano stati scoperti.

A meno che non  fossero davvero...

Sono traditori! Sussurrò una voce nella mia mente. Vogliono ingannarti! Attacca!

"Stupeficium!" Urlai, e i miei amici mi seguirono. Tutti colpimmo i nostri bersagli, Percy ed Hazel vennero scagliati all'indietro di diversi metri. Senza rimanere ad accertarci dei danni, corremmo verso la Foresta. Eravamo quasi sul ciglio di essa, quando sentii una voce che mi fece gelare il sangue.

"Perché tanta fretta, Potter?" Pronunciò il professor Piton dietro di noi.

Nessuno di noi osò girarsi. Sentii il sudore scendermi sul collo. Non potevo fermarmi proprio ora!

"Professor Piton Sirius è in pericolo!"

"Sirius? Intendi dire Sirius Black?" Sembrava genuinamente sorpreso, anche se non ne capivo il motivo.

"Professore, deve capire che-" esordì Hermione, girandosi. All'improvviso smise di parlare e sbuffò. "Sempre tra i piedi tu, eh?"

"Hermione!" Esclamò Ron sorpreso. Da quando Hermione parlava così con un insegnante?

"Giratevi, non è Piton."

Mi voltai, e non seppi se essere felice o arrabbiato. Di fronte a me trovai Chris Cole, con la bacchetta alla gola e un sorriso sornione in volto.

"Notevole, Granger. Avox! Allora, cos'è tutto questo trambusto?" La sua voce era tornata normale. Non avevo mai sentito di un simile incantesimo.

"Smamma, Cole!" Disse minacciosa Hermione. "Abbiamo appena scoperto che i tuoi compari Percy ed Hazel sono Mangiamorte. Sei qui per dirci che sei come loro?"

"NON OSARE PARAGONARMI A QUELLA FECCIA!" Ruggì Chris con una furia sproporzionata, non sembrava neanche un urlo umano. Immediatamente sollevammo le bacchette ed arretrammo. Non lo avevo mai visto così arrabbiato.

"Sì, sì, sei bravo ad urlare, ma dove sono le prove? Sei sempre stato il più grande oppositore dei Mangiamorte a parole, ma dove sono i fatti? Dov'eri quando Harry combatteva contro Voldemort? Dove eri al secondo anno, quando il Basilisco attaccò? Dove eri quando avevo più bisogno di te? Eh?" Il dolore nella sua voce era evidente. Non lo stava semplicemente accusando, si stava sfogando qualcosa che si teneva dentro da anni, qualcosa di cui neanche io e Ron sapevamo nulla.

"Vuoi le prove? Eccoti servita," disse lui, e si tolse la maglietta. Quando si girò di spalle, capii perché.

Ogni singolo centimetro quadrato della sua schiena era martoriato da lunghissime cicatrici, che formavano una specie di ragnatela. Sembrava che un macellaio avesse usato la sua pelle per affilare i coltelli. E non erano cicatrici normali, erano-

"Cicatrici da maledizione," sussurrò Hermione.

"Vuoi sapere come mi sono fatto queste cicatrici?" Disse Chris, rimettendosi la maglietta e avvicinandosi. "Avevo 10 anni. Un gruppo di ex-Mangiamorte assaltò la nostra casa. Io cercai di proteggere mia sorella, ma non servii a niente. Per mezz'ora ci torturarono, scagliandoci contro ogni tipo di maledizione. Sono vivo solo perché mi ridussero così male che mi diedero per morto. E dopo, fecero esplodere casa mia. Uccisero mia madre, mia sorella e tutti coloro che accorsero sentendo le grida. Non c'era nemmeno un corpo da seppellire."

Ormai si trovava di fronte ad Hermione. Lei provò a guardarlo negli occhi, ma non ci riuscì. "Riguardo al Basilisco, vuoi sapere dov'ero? Terzo letto sulla destra rispetto all'entrata. Ero lì dal 31 Ottobre, la prima vittima del serpente. Sono stato salvato dal riflesso del pavimento allagato. Come puoi vedere, non ero in condizioni di venirti a trovare. Ma essere pietrificato non significa semplicemente non essere capace di muoversi. Tu lo sai bene. Perché non lo spieghi ai tuoi amichetti?"

Hermione si girò verso di noi, con le mani davanti alla bocca e le lacrime agli occhi. "Quando...quando sei p-pietrificato...rimani c-cosciente."

"Cosa?" Esclamammo tutti.

"Già," Disse Chris rivolgendosi a noi. "È simile ad una paralisi del sonno. Per un anno intero sono stato imprigionato in un incubo senza fine, per un anno intero ho rivissuto la morte della mia famiglia senza poter fare nulla, e nessuno in tutta la scuola si è degnato di venirmi a fare visita."

Era vero, io personalmente me ne ero addirittura dimenticato. Mi sentii un verme. Nessuno dei presenti, forse nessuno in tutta la scuola, conosceva tutte queste cose. Non sapevo neanche che aveva una sorella.

Si rivolse di nuovo ad Hermione, con un tono di voce molto più basso. Ora, più che arrabbiato, sembrava deluso. "Non ho mille amici, e mai li ho voluti, ma speravo che i pochi che avevo si ricordassero di me." Abbassò la voce, come se stesse parlando solo Hermione.

"Ti ho sempre ammirata, Hermione. Sei un vero e proprio genio, da bambina sapevi fare cose che io ho impiegato anni ad imparare. Ma hai un fatale difetto. Sei così abituata a pensare in termini di io, non guardi mai oltre il tuo naso. Per tutti questi anni mi hai portato rancore per non esserci stato quando avevo bisogno di te, e non ti sei mai resa conto che ero io ad aver bisogno di te." Non aspettò una sua risposta. Si rivolse direttamente a me.

"Le cose stanno così, Harry. Io non ti piaccio, e di certo tu non piaci a me. Ma se non uniamo le forze, se continuiamo a combatterci tra noi, Voldemort avrà campo libero, e moriremo tutti. Nonostante quello che dicono tutti, sei un buon capo: hai coraggio da vendere e ti preoccupi per i tuoi amici. Io sono disposto a seguire un uomo così. Tu sei disposto ad avere un uomo come me nella tua squadra?" Chiese lui, tendendo una mano.

Questa scena mi riportò a quasi cinque anni prima, quando Malfoy mi tese la mano in segno di amicizia. Chris, sotto alcuni aspetti, somigliava a Draco. Entrambi erano ambiziosi, e non si facevano molti scrupoli per raggiungerli, ma erano fondamentalmente diversi. Draco voleva a tutti i costi comandare, Chris era disposto a seguire. Era una situazione completamente diversa. Ed io ero una persona diversa.

Gli strinsi la mano.

"Ottimo," disse lui, con un sorrisetto maligno in volto. "Chi dobbiamo prendere a calci in culo stavolta?"




Spigolo autore

Capitolo super lungo così mi perdonerete per l'annuncio che sto per fare!

Da oggi in poi, pubblicherò 2 CAPITOLI A SETTIMANA, alla stessa data ed ora: MERCOLEDÌ ALLE 16:00.

Ho potuto pubblicarne tre alla volta ad Agosto, perché ero in ferie. Ora però ricominciano i corsi universitari, e non ho il tempo materiale di scrivere 3 capitoli alla volta.



Se la storia vi piace, vi chiedo di lasciare un voto, un commento e di farmi sapere cosa ne pensate.

Alla prossima.

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