XLVI: Appuntamento galante? Che ne dici delle fogne?

Anche prima dell'apparizione di quei gattoni robotici, la giornata non era delle migliori. Le cose con Calipso non stavano andando proprio alla grande-

[A chi vuoi che importi dei tuoi problemi d'amore?]

[Con calma, Potterino, pian piano ci arriviamo.]

Dicevo, e francamente avrei dovuto prevederlo fin da subito, ma ai tempi avevo altri impegni per la testa (tra i quali c'era fare in modo che il mio eroico sacrificio contro Gea risultasse il più eroico e meno sacrificio possibile). 

Insomma, come poteva essere altrimenti? Sono stato sulla sua isola solo per... Beh, in realtà non so di preciso per quanto tempo, perché lì lo scorrere del tempo era tutto un po' scombussolato, ma di certo era non-abbastanza-tempo-per-far-nascere-una-relazione-vera.

Sicuro, abbiamo avuto il nostro momento da film colossal romantico, ma poi siamo tornati nel mondo mortale, e lì è tutto precipitato. Forse ci siamo solo trovati nei posti sbagliati ai momenti sbagliati, o forse io non sapevo come stare in una relazione (Conoscendomi, la seconda è più probabile).

Sia come non sia, avevamo raggiunto da qualche mese ormai uno stato di Ti-voglio-bene-e-saremo-sempre-vicini-ma-ora-vorrei-che-fossimo-meno-vicini-poi-si-vedrà. Se ti sembra un gran pasticcio, è perché lo era. Ed io volevo sistemarlo.

Tutto iniziò durante l'estate, parecchie settimane dopo l'incidente col calamarone. Ore ed ore di discussione con gli altri capicabina ottennero come unico risultato il rendere tutti molto più ansiosi e in allerta. Non sapevamo chi fosse il nostro nemico, non sapevamo cosa fossero questi mostri strani, non sapevamo quanti eravamo... Sapevamo solo che le vite di noi semidei erano di nuovo in pericolo, ma questa non era una gran novità.

Da qualche settimana non succedeva un bel niente, quindi io me ne ero tornato alla Waystation. Era il periodo in cui c'era anche Cal, e avevo proprio voglia di rivederla. Francamente ero rimasto sorpreso quando aveva accettato di uscire con me, ma-

[Leo, taglia!]

[Va bene, Pip, va bene!]

Insomma, White River State Park, picnic, io e lei, bla bla bla... Stavamo passando un'allegra giornata, quando tutto ad un tratto si alzò una nebbia fittissima. Va bene, eravamo sulla riva di un fiume, ma non c'è bisogno che te lo dica io, non era una cosa normale.

Quando poi si sentì il suono delle sirene, io e Cal ci guardammo negli occhi. Era esattamente come nel racconto di Jason e Piper; esattamente come quella volta al Campo. Ci guardammo intorno frenetici, alla ricerca di qualche pericolo.

Mentre guardavo in una direzione, Cal mi spinse via all'improvviso. Un nanosecondo dopo, sentii il rumore della panca di pietra che si frantumava. Un po' dolorante per la caduta, ebbi solo qualche attimo per scorgere una figura a quattro zampe, grande più o meno quanto un adulto con la schiena inarcata.

Sentii un rumore di aria compressa, come un pistone che torna in posizione rilassata. Poi, un secondo dopo, vidi un paio di mandibole scattare verso di me. Tirai indietro la testa appena in tempo. Cal, ancora distesa vicino a me, tirò un calcio alla testa dell'essere, che cadde a terra. Per qualche secondo riuscii a guardarlo come si deve.

Il corpo sembrava quello di un gatto enormemente cresciuto e gonfio di steroidi; le venature dei muscoli si distinguevano anche da sotto la pelliccia, dalla quale spuntavano delle cose che somigliavano inquietantemente a dei fili elettrici. Un bello schifo, eh? E il meglio, anzi il peggio, deve ancora venire.

Il "pistone" che ti ho detto di aver sentito era letteralmente un grosso ammortizzatore di quelli che si usano sulle auto, con molla e tutto, che faceva da collo al mostro. Solo qualche fibra muscolare teneva insieme corpo, collo e testa. A proposito di quest'ultima, era fatta per la maggior parte da due grosse mascelle metalliche che somigliavano tanto a due metà di una trappola per orsi. Il resto invece, occhi, orecchie e naso, erano da gatto (ma non da gatto normale, attenzione; sempre da micione pompato di cui sopra).

Tutto questo lo notai in tre, quattro secondi al massimo. Quella specie di micio-cyborg-trappola-per-orsi-da-guerra si rialzò subito dopo, e caricò l'ammortizzatore. Era pronto ad attaccare di nuovo.

Mi concentrai, e lanciai una palla di fuoco a quell'essere. La pelliccia sul muso gli si incendiò, e il mostro si distrasse per il dolore. Stava ancora caricando il colpo. Calipso, che nel frattempo si era rialzata, ne approfittò per piantare uno dei sue pugnali nella schiena di quel coso, poi torse il polso. Si sentì un rumore di carne che si lacerava. L'ammortizzatore scattò e, spinto dal suo stesso impeto, si separò dal resto del corpo, uccidendo definitivamente la creatura. Un liquame rossastro iniziò ad uscire dal corpo del mostro, ma evaporò quasi subito.

"Bella mira," mi disse Calipso, posando il pugnale e dandomi una mano a rialzarmi.

"Anche tu," dissi, ancora un po' scosso. "A questo punto direi che la domanda sorge spontanea. Che accidenti era!?"

"Non lo so, ma-" Qualunque cosa volesse dire venne sommersa dal suono fortissimo di quelle dannate sirene.

Ci coprimmo entrambi le orecchie, e notammo che la nebbia iniziò a roteare. Una manciata di secondi dopo, si sollevò e formò un ciclone, il cui occhio cadeva in un punto della strada, poco fuori il parco.

Quando finalmente quell'orrendo suono terminò, guardai Calipso negli occhi.

"So cosa stai pensando, ed è una pazzia," Disse lei, con tono rassegnato.

"Ovviamente! Vuoi venire?" Le tesi una mano.

Lei sorrise, me la prese, e disse, "Sfortunatamente per entrambi, mi piacciono le pazzie."

Non riuscii a non fare un enorme sorriso. "Evvai! Ora muoviamoci!"

Corremmo in direzione del vortice di nebbia. Uscimmo dal parco, percorremmo la strada principale, e ci tuffammo in un vicolo.

La nebbia si stava infilando tutta in un tombino. Quando arrivammo, era già quasi tutta sparita.

Senza indugi, misi un piede sulla scaletta ed iniziai a scendere. Cal mi seguì, storcendo il naso.

"Odio già questo posto..."

"Tranquilla, Raggio di Sole, non è così male."

"Tu sei già stato in una fogna?"

"In più di una." Oramai ero arrivato in fondo alla scaletta, e iniziai a seguire la scia di nebbia.

"Esattamente quale delle tue mirabolanti avventure ti ha fatto finire in una fogna?" Disse lei saccente.

"Quando scappi di casa da bambino finisci in posti molto strani," risposi io senza pensare, concentrato a seguire la nebbia senza cadere nel canale.

Quando però mi accorsi di ciò che avevo detto, mi fermai e mi gira verso Cal.

Lei aveva portato una mano alla bocca, e sembrava mortificata. "Scusami, non... Non volevo..."

"Nah, tranquilla, è acqua passata." Evidentemente però non l'avevo convinta, perché lei mi venne vicino. Alla pochissima luce che veniva dal tombino aperto, sembrava preoccupata.

"Mi dispiace tantissimo, Leo, davvero... Ma ormai le cose sono cambiate; sarai sempre il benvenuto da me- Cioè, alla Waystation, intendo." Mi prese la mano delicatamente, e mi sorrise. "Avrai sempre un posto in cui tornare. Lo sai questo, vero?"

Sorrisi a mia volta, e strinsi la sua mano. "Ma certo che lo so. Lì dentro sareste tutti persi senza di me."

Lei alzò gli occhi al cielo, ma sorrideva ancora. "Dai, muoviamoci. Non voglio passare neanche un secondo in più del necessario qui sotto, e non voglio che lo faccia neanche tu."

Acceso un fuocherello nella mano, ci incamminammo. Non so dirti quanto tempo ci mettemmo o quanta strada percorremmo, so solo che era tanta.

Quel posto pareva un vero labirinto, e noi non potevamo nemmeno andare troppo veloci perché il pavimento era pieno di liquami e schifezze varie. Abbiamo dovuto bruciare quei vestiti quando siamo usciti. Povera la mia camicia nuova...

Ma non è questo il punto. Più procedevamo per la fogna, più si faceva il freddo. Ad un certo punto mi avvicinai a Calipso e la abbracciai per darci un po' di calore l'un l'altra-

[Sì, sì, diamo la colpa al freddo...]

[Non so cosa tu voglia insinuare, Aquaman.]

Arrivammo finalmente ad una specie di porta blindata. Si vedeva ancora la nebbiolina fuoriuscire dalle fessure. La porta era chiusa da una grossa manopola rossa. Io mi avvicinai e cercai di aprirla.

"Sembra pesante, aspetta che ti aiuto-"

Ma non ci fu bisogno, la manopola cedette subito e si aprì. Sospettai che non fosse stata chiusa per bene, ma cercai di darmi un tono. "Tranquilla, Raggio di Sole. Sto andando in palestra ultimamente, sai?"

Di nuovo alzò gli occhi al cielo. "Apri la porta, grande uomo," disse sbrigativa.

Appena spinsi di poco la porta, la nebbia inondò il condotto fognario, ed un ondata di freddo ci investì. Infine, si sentirono di nuovo le sirene.

Quando entrammo, scoprimmo di trovarci in una specie di grossa cella frigorifera, col pavimento di metallo arrugginito. Alle pareti, invece di trovare prosciutti o salami, trovammo arti mozzati e teste assortite di svariati animali, ricoperti di ghiaccio. Al centro della stanza, appesi a dei ganci, trovammo sette od otto mostri simili a quello che ci aveva attaccato, ma ad ognuno mancava qualcosa: ad uno una zampa, ad un altro la mandibola... solo due o tre parevano integri. Un paio di lampadari proiettavano una luce giallastra nella sala, aumentando il già elevato senso di schifo che provavamo.

"Ma che cosa..." Stava dicendo Cal.

"Hey, qui c'è qualcosa!" La chiamai io. Sulla parete opposta c'era una porta, coperta da una tenda. La attraversammo, e ci trovammo in un altro ambiente, grande quanto questo, però era più una sorta di officina mista ad un laboratorio chimico. La maggior parte dello spazio era occupata da un grosso tavolo di legno pieno di becker e ampolle varie, tutti pieni di vari liquami. Numerose schegge di vetro e bruciature sul tavolo indicavano che il proprietario di quel posto era alquanto avventato nel suo lavoro.

Lungo i muri correvano altri tavolini, occupati da fresatrici e torni ed altri attrezzi simili. In un angolo c'era una grossa caldaia a carbone che alimentava una fornace, e dal lato opposto erano accatastate grosse lastre di metallo ed altri materiali. Altre lampade giallognole illuminavano scarsamente l'ambiente.

Girovagai per la stanza, alla ricerca di qualche indizio. Su uno dei banconi c'erano quelli che sembravano frammenti di una pietra rossastra, e lì vicino dei ritagli di giornale. Ne presi uno. "Hey Cal, mai sentito parlare di un tizio chiamato Nicolas Flamel?"

"No, mai... Verresti qui un attimo?" Indicò una lavagnetta appesa sopra uno dei banconi da lavoro.

"Stavo cercando di decifrare quel linguaggio strano. Lì in alto sono antichi incantesimi, li riconosco, ma per il resto non ci capisco niente..."

Mi avvicinai per leggere, e scoppiai a ridere come un matto. Dopo qualche minuto riuscii a riprendere fiato per dire, "Cal... Quella è matematica!" E mi venne di nuovo da ridere.

Lei sbuffò come una bambina, incrociò le braccia, e si girò. "Senti, ai miei tempi non esistevano nemmeno i numeri. Un po' di pazienza!"

"Come dici tu, nonnina," dissi io, ancora ridacchiando. Mi avvicinai alla lavagnetta, e mi accigliai. "In effetti, però... Questo è strano davvero..."

"Te l'avevo detto," brontolò lei.

"Sembra che il proprietario di questo posto stia cercando di combinare antica magia greca con... Equazioni della meccanica e della chimica, si direbbe." Guardai il viso di Calipso, e vi trovai riflessa la mia stessa preoccupazione. "Raggio di Sole, mi sa che abbiamo trovato qualcosa di grosso..."

Mi avvicinai alle cataste di materiali. "Vediamo... Titanio, sembrerebbe... Fibra di carbonio... Plastiche varie..."

"Sai a che servono?" Mi chiese Cal.

"A tante cose, tra cui protesi mediche." Mi girai verso di lei. "Li hai visti quei cosi, nell'altra stanza. Nemmeno Frankenstein avrebbe mai pensato ad una roba simile. Quella donna inquietante nel sogno di Pip aveva ragione."

"Aspetta, non corriamo. Piper e Jason ci hanno descritto dei mostri completamente diversi. Quelli da dove vengono?"

Alzai le braccia. "Non ne ho idea. Preoccupiamoci di una cosa alla volta."

"Hai ragione. Cosa facciamo? Chiamiamo Jo ed Emmie?"

"Nah, ci vorrebbe troppo. Qui non ci sono indizi, ma ci sono altri di quei mostri. Io dico di far saltare tutto in aria e chi s'è visto s'è visto."

"Sono d'accordo. E non fare quella faccia," disse quando notò che ero rimasto a bocca aperta. "A mali estremi, estremi rimedi. Mi raccomando, però, fai attenzione. Non voglio far saltare in aria l'appartamento di una vecchina sopra di noi o roba del genere."

"Tranquilla, Cal," dissi io, rimboccandomi le maniche. "Ho tutto sotto controllo. Mi basterà girare solo una piccola manovella..." 

Mi diressi verso l'enorme caldaia. Presi il sacco di carbone, lo svuotai interamente nella caldaia, e chiusi lo sportello. Contemporaneamente, si sentì un forte tonfo.

"Leo!"

"Non sono stato io! Veniva da..." Lasciai la frase in sospeso. Calipso sgranò gli occhi.

Veniva dall'altra stanza.

Cal si spinse subito contro il muro, e si avvicinò lentamente allo stipite della porta, estraendo i pugnali. Io feci lo stesso dall'altro lato, evocando una sfera di fuoco. Lei contò silenziosamente fino a tre, ed io strattonai appena la tenda.

Ebbi a malapena il tempo di accorgermi che due dei ganci all'improvviso non reggevano più nulla quando un mostro mi saltò addosso e mi buttò a terra.

"LEO!" Sentii Calipso urlare, dopodiché sentii un rumore di mascelle metalliche. Se ne era svegliato anche un altro.

Avrei voluto aiutarla, ma ero troppo impegnato ad evitare che il mio mostro mi mangiasse la faccia. Cercai di scrollarmelo di dosso, ma pesava una tonnellata, e avere tutto quel peso sul petto mi mozzò il respiro.

Scaldai le mani più in fretta che potevo, e gliele misi in faccia. Non ero riuscito a generare tanto calore quanto volevo, ma fu abbastanza da infastidirlo. Ma non cedette, anzi si alzò e mi schiantò le zampe sul petto. Mi uscì un gemito di dolore.

Nel frattempo sentivo suoni indistinti di lotta, poi qualcosa che si schiantava contro uno dei tavoli. Un secondo dopo, Calipso si buttò a peso morto sul mio mostro, togliendomelo mi dosso.

Ci rialzammo più in fretta che potemmo e ci mettemmo spalla contro spalla. I due mostri si rialzarono e si misero a girare attorno a noi, mentre caricavano gli ammortizzatori.

"Ora che facciamo?" Mi sussurrò Calipso.

Decisi di attuare la prima idea minimamente sensata che mi era venuta. "Quando te lo dico, buttati a terra." Accesi di nuovo il fuoco.

Fissai il mostro di fronte a me. Sarebbe scattato da un momento all'altro, e avrei avuto solo una frazione di secondo per agire. 

Il mostro continuava a girare, poi si fermò. Ci guardammo un attimo negli occhi. Capii che stava per scattare un attimo prima che lo facesse.

Urlai, "Giù!" E  mentre mi buttavo a terra lanciai una fiammata contro gli occhi della creatura. Il mostro, colto di sorpresa, balzò in avanti alla cieca, e fece scattare le mascelle, nello stesso momento in cui balzava anche l'altro. Quel millisecondo di distrazione fu la chiave: il mio mostro stava ancora spingendo in avanti le mascelle quando incontrò l'altro a mezz'aria, e lo beccò in pieno sul "collo", spezzandolo di netto. I due pezzi della creatura caddero a terra inerti.

Ora ne rimaneva uno solo. Era atterrato su ciò che rimaneva del grande tavolo centrale. Stavo cercando qualche altra idea, quando all'improvviso si mise davanti a me, coi pugnali sguainati, e ringhiò, "Lui non lo tocchi!"

Devo ammetterlo, era tremendamente sexy quando era arrabbiata con qualcuno che non fossi io.

Il mostro prese quelle parole come una provocazione, e balzò di nuovo in avanti. Io mi buttai a destra, ma Calipso, con una lucidità e una freddezza invidiabili, fece solo un passetto di lato, di modo da trovarsi proprio di fianco al mostro quando questo atterrò. Nemmeno il tempo di farlo girare, che lei gli aveva già piantato i due pugnali in corpo (uno sulla schiena, l'altro nel fianco), e li tirò via per sventrarlo. Il mostro si accasciò.

Mi girai a guardare lei. Vestiti stracciati, viso sporco, capelli scombinati, armi sguainate... Era la cosa più bella che avessi mai visto. Lo pensavo già da prima, eh, sia ben chiaro, ma adesso ancor di più.

Lei mi diede una mano a fissarmi, e fu difficilissimo toglierle gli occhi di dosso. Meno male che lo feci, però, perché notai una cosa che entrambi avevamo dimenticato.

La caldaia stava per esplodere.

Vedendo me, Cal si girò a sua volta, e sbiancò.

"CALIPSO!"

Lei iniziò a correre, ma sapevo che non saremmo mai usciti in tempo. Appena arrivati nell'altra stanza mi gettai su di lei e la strinsi a me, per proteggerla dalle fiamme.

L'esplosione ci scaraventò a terra. Il calore mi investì, ma riuscii a resistere. Al rumore dello scoppio si aggiunse di nuovo quello delle sirene.

Quando riaprimmo gli occhi, mi aspettavo di trovare una stanza devastata, macerie dappertutto, ma non fu affatto così. Non ci trovavamo nemmeno nello stesso luogo. Sembrava un semplice magazzino per la manutenzione, con un armadietto degli attrezzi ed una lampada al neon sul soffitto.

Mi rialzai, tutto dolorante. "Stai bene, Cal?"

"Sì," rispose lei, mantenendosi la testa. "Un po' intontita, ma..." Lasciò la frase in sospeso, mi guardò dall'alto in basso, e dopo un colpetto di tosse disse. "Ehm... Si vede che sei andato in palestra..."

Essendo ancora mezzo rimbambito dallo scoppio, mi ci volle qualche secondo per capire a cosa si riferiva. Capii quando abbassai lo sguardo. I miei vestiti erano mezzi distrutti, e si vedeva quasi tutto. Solo le zone delicate erano rimaste al sicuro (Dopo tanti incidenti sul lavoro, rendere ignifughe quelle zone era ormai un mio istinto naturale).

Credo di essere arrossito. "Oh, ehm... Grazie..." Non sapendo che altro dire, aggiungi, "Anche tu ti stai tenendo in forma..."

"Grazie..." Lei girò lo sguardo, e mi sa che era arrossita pure lei.

Rimanemmo così per qualche secondo, poi dissi, "Direi che è ora di andarcene..."

"Sì, sì..."

Ti risparmio i dettagli del ritorno, ti dico solo che non ci guardammo in faccia nemmeno per sbaglio.

Una volta usciti da un altro tombino, mi accasciai contro un muro. Per fortuna eravamo sbucati in un altro vicolo, e non c'era nessuno.

"Sai... Col senno di poi... Mi sono divertito." Sorrisi e mi girai a guardarla.

Anche lei aveva alzato gli angoli della bocca. "Ma sì, dai." Abbassò lo sguardo. "Avevo bisogno di fermarmi per un po' e abituarmi a questo nuovo mondo. Questi mesi mi sono serviti molto, ho imparato tante cose sulla vita da mortale, e su di me... Ma se devo essere sincera, mi mancava il mondo divino..." Alzò lo sguardo verso di me. "E sì, lo ammetto, mi mancavano anche le tue battutacce."

Sgranai gli occhi e alzai lo sguardo verso il cielo. "Oh, no, adesso piove! E io non ho niente per coprirmi."

Lei rise. "Cretino..." Venne a darmi un pugnetto sulla spalla.

"Hey! Non avevi detto che ti erano mancate queste battute?"

"Sì, ma rimangono stupide." Lei mi rivolse un sorriso innocente.

"Ahh, ma come devo fare con te..." Finsi di essere infastidito, ma il mio cuoricino stava ballando la Conga in quel preciso istante.

"Come devo fare io con te, casomai." Mi offrì il braccio. "Allora, torniamo a casa?"

Io glielo presi. "Certo, madame."

"E se non hai impegni, sabato prossimo ti offro un caffè. C'è un nuovo bar in centro."

"Volentieri, Raggio di Sole."





Spigolo autore

La fanart ad inizio capitolo appartiene alla bravissima ashaddock. Seguitela!

ECCO IL MIO REGALO DI NATALE IN RITARDO!

Scommetto che pensavate che avrei lasciato questa storia a metà, eh?

Francamente, non posso biasimarvi. Non mi sono fatto sentire per decisamente troppo tempo, e mi scuso profondamente. Questi mesi però sono stati una vera tortura, non tanto fisicamente ma psicologicamente. Pochissimo tempo libero, e in quel poco che avevo non trovavo la forza di scrivere, pensavo a fare altro.

Ad "aggravare" il tutto c'è da dire che di idee ne ho avute tante per la storia... Ma tutte per i libri successivi. Questo in particolare mi ha dato tanti problemi, tra cose che non mi piacevano, cose che ho scritto ma che poi ho voluto cambiare quindi devo correggere...

Ma sono deciso a portare questo libro al termine, nonché tutta la saga! Vi assicuro, non so quanto tempo ci vorrà, ma questo progetto verrà compiuto! Mi rendo perfettamente conto che è una ff totalmente fuori dall'ordinario, che magari farà storcere il naso a qualcuno per quanto è diversa, ma ci tengo moltissimo, e voglio condividerla con tutti voi.

Domanda del giorno: In vista di una futura revisione, c'è qualcosa in particolare di questa storia che non vi è piaciuto o che secondo voi è stato trattato male?

Risposta personale: Tante cose in realtà, ma se proprio devo dirne una, alcune scene con Claire. Mi è sembrato di affrettare un po' troppo certi discorsi e certe reazioni da parte sua. Riassetterò un po' tutto, ma questa è la mia attuale priorità.

Se la storia vi piace, vi chiedo di lasciare un voto, un commento e di farmi sapere cosa ne pensate.

Alla prossima.

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