VIII: Cosa sta succedendo ad Ecate?

Di solito una persona è in grado di trovare qualcosa di buono anche nel suo peggior nemico; non tanto perché egli possiede qualità vere e proprie, più che altro per rispetto. Nel mio caso, l'esempio migliore è Clarisse. Mille difetti, a malapena la sopportavo, ma non riuscivo a non rispettarla per la sua abilità in battaglia; e poi se ti guadagni il suo rispetto sa essere una buona amica e compagna d'armi. Penso che una persona del genere ti sia capitata almeno una volta nella tua vita, no?

Spero di essermi spiegato, perché ho appena detto tutto ciò che la Umbridge non era.

Lo scoprii il primo giorno di lezioni. Nonostante non avessi davvero bisogno di studiarla, Difesa contro le Arti Oscure era una materia che mi interessava davvero; già immaginavo quanto sarebbe stato rilassante mettersi a distanza di sicurezza, agitare un po' la bacchetta, e sconfiggere i nemici così, in tutta calma. Teoricamente avrei potuto farlo anche con un arco, ma in tutta la mia vita da semidio l'unica freccia dritta che ero riuscito a scagliare aveva richiesto l'intervento di una dea. Ormai era da un bel po' che neanche ci provavo più. Sapere che sarebbe stata la Pantera Rosa ad insegnare quella materia mi rovinò un po' l'entusiasmo, ma dopotutto, ero sopravvissuto per un anno intero alla Dodds, non poteva essere tanto peggio, vero?

Ovviamente pensando questo infransi la legge che io stesso avevo creato, quindi mi meritai tutto ciò che sarebbe successo in seguito.

Dopo colazione, mi diressi verso la classe con un entusiasmo che non avrei mai pensato di avere fino a qualche mese fa. Ricontrollai l'orario, spalancai le porte...e trovai una classe vuota. Mi guardai attorno, e sembrava che il posto fosse inutilizzato da anni.

"Se te lo stai chiedendo, sì, ti sei perso." Feci un salto in aria di un metro e mezzo, ma si trattava semplicemente di Hazel, che stava diventando blu nel tentativo di non ridere.

"Se mi sono perso come mai mi hai trovato subito?"

Prima di rispondermi appoggiò una mano sul muro. "Mi basta fare così per sapere dove si trova ogni singolo luogo o persona in tutto il castello; mi sono accorta che stavi andando da tutta un'altra parte e ti ho seguito."

"E non potevi avvisarmi subito?"

"Potevo, ma ero curiosa di vedere dove saresti finito. Se vuoi saperlo, sei esattamente dall'altro lato del castello rispetto a dove dovresti essere." Rispose lei con una risatina. In quel momento decisi che avrei dovuto scambiare due chiacchiere con Frank.

"Dai, vieni, ti accompagno," disse anticipando la mia domanda. Corremmo per i corridoi finché non arrivammo fuori la porta dell'aula. "Io devo scappare, ci vediamo a pranzo!" Mi salutò agitando la mano mentre stava già correndo via.

Entrai nell'aula un secondo prima che la lezione iniziasse. Immediatamente inquadrai il tipo di professoressa da come si presentò. Una cosa su tutte, rese ben chiaro che non avremmo usato la magia. Non volendo credere di aver già perso la mia lezione preferita, alzai la mano per porre una domanda.

"Sì, signor...?"

"Jackson. Mi perdoni, ma ad un certo punto dovremmo pur esercitarci in modo pratico per passare gli esami, giusto?"

"Non ne vedo il motivo, signor Jackson. Per superare gli esami una preparazione teorica è più che sufficiente. Dopotutto siete a scuola, non vi aspetterete certo di essere attaccati qui, giusto?" Rispose gentilmente, ma non era gentilezza genuina, era gentilezza del tipo attento-a-ciò-che-dici-stai-rischiando-grosso. Decisi quindi di tastare il terreno.

"Sì, ma questo è il nostro ultimo anno a scuola, giusto? Dobbiamo pur imparare a difenderci da ciò che c'è là fuori, no?" Avrei giurato di averla vista sussultare quando dissi 'difenderci'.

"Mettiamo una cosa in chiaro, signor Jackson," rispose con un tono molto più tirato, "Il Ministero lavora giorno e notte, sette giorni su sette, per garantire la sicurezza del mondo magico. Qualunque voce abbiate sentito di minacce alla nostra società da parte di fantomatici maghi oscuri è da intendersi proprio come tale, una semplice voce diffusa per seminare il panico. Pertanto, vi prego di riferirmi immediatamente se da oggi in poi doveste sentire discussioni del genere nei corridoi. Il mio scopo è quello di aiutarvi nel vostro viaggio, e parte di ciò è proteggervi da deliri fatalisti. Sono stata chiara, signor Jackson?"

"Chiarissima, professoressa." Era andata molto meglio del previsto. Ora sapevo esattamente chi avevamo di fronte.

Appena uscito dall'aula andai a cercare Harry. Ovviamente, stava appena tornando da Pozioni, quando io sarei dovuto andare a Divinazione, molti piani più su. Le Parche si erano svegliate di buon umore oggi.

"Hey Percy, dove stai andando così di corsa? Che lezione hai ora?"

"Divinazione, ma Harry devo dirti una co-"

"Amico, hai fatto una pessima scelta. La Cooman è matta." Mi interruppe Ron nel momento peggiore possibile. Hermione stava già per riprenderlo, ma io fui più rapido.

"Oh povero me. Harry, ascolta bene perché è importante: La Umbridge è tua nemica."

"Oh miseriaccia, è così pessima?"

"RONALD! Fallo parlare!"

"È come ti dicevo. Quella donna è qui per tenerti d'occhio. Non vuole che tu diffonda le tue 'menzogne'".

"Me lo hai già detto, Percy. Non sono un idiota." Già, hai capito bene. Stava davvero facendo il permaloso su un argomento così serio.

"Lo so, lo so, ma è anche peggio di quanto pensassi. Basta accennare anche vagamente al ritorno di Voldemort che diventa isterica. Ti prego Harry, stai attento in sua presenza."

"Grazie del consiglio, ma so badare a me stesso," rispose senza neanche guardarmi. Guardai Ron e Hermione, che alzarono le spalle impotenti, dopodiché lo seguirono. Sperai che ciò che aveva detto fosse vero.

Un po' preoccupato, mi diressi verso la botola della classe di Divinazione. Appena entrato mi guardai intorno e individuai Fred e George seduti ad un tavolo. Mi diressi da loro, ma venni interrotto da una voce spiritata.

"Benvenuto caro. Avevo da tempo previsto il tuo arrivo presso di noi." Mi girai, e per poco non urlai. Di fronte a me c'era la mummia dell'Oracolo, ma viva! Mi ci volle un po' per capire che si trattava della famigerata professoressa Cooman, la cosiddetta matta. In effetti, con quei vestiti di sette taglie più grandi, quegli occhi da mosca causati dagli occhiali, e quei modi da maga di fiera, non mi sembrava molto affidabile.

"Ooohh, leggo dubbio nei tuoi occhi, ed incredulità. Forse, non credi alla nobile arte della Divinazione?"

"Beh, sa com'è-"

"Forse non credi all'occulto?"

"Vede, il fatto è ch-"

"Forse-"

"Forse è meglio se ripasso in un altro momento?" Dissi senza riuscire a nascondere l'irritazione.

"Il tuo sarcasmo protegge la tua psiche, giovanotto, ma stai in guardia: Un futuro oscuro ti attende. Sarai testimone della tua stessa morte!"

Huh, questa era nuova. Negli anni ho rischiato di morire per ferite da armi da taglio, ferite di armi da impatto, ho rischiato di essere bruciato vivo, schiacciato da qualcosa di pesante, pietrificato, posseduto, perfino annegato, ma vedere la mia morte in terza persona mi era nuova. Lo ammetto, ero un po' spaventato all'idea di aver a che fare con profezie e roba simile, ma questa qui era solo una farsa. Le profezie, quelle vere, lasciano sempre un impatto, anche se provi a non pensarci ti ritornano sempre in mente. Non saprei spiegare bene qual era la differenza, posso solo dire che avrei dovuto provare qualcosa se fosse stata una vera profezia, e invece nulla.

"Heylà Perseus!" Mi salutò quello che credo fosse Fred ,"Hai conosciuto la nostra svitata domestica."

"Già, quella è matta."

"Disse quello che è sbiancato quando l'ha vista." Mi prese in giro George, o almeno cre- insomma ci siamo capiti.

"È solo che è identica alla mia professoressa in America," mentii, "Le sue lezioni erano un vero mortorio."

[Non ci credo che lo hai detto davvero.]

[Dovevo pur inventarmi qualcosa, no?]

"Sì, sì come dici tu. Almeno hai una lezione intera per dormire. Ad ogni, modo, Perseus-"

"Ragazzi, vi ho detto di chiamarmi Percy."

"Non vogliamo offenderti dandoti quel nome," annuirono solennemente i due. Anche Ron aveva parlato di un altro fratello chiamato Percy. Chissà cosa aveva combinato.

"Dicevamo, abbiamo una proposta da farti. Stiamo creando una linea di dolcetti magici da vendere agli studenti. Ti va di darci una mano?"

"Intendete tipo quella cosa che mi avete dato sul treno?" Annuirono. "Geniali! Ci sto." Quanto mi sarei divertito al campo con Leo e Piper se avessi portato cose del genere. Tutti pensavano che il maggior avversario dei fratelli Stoll fosse Leo, ma tra quei due era Piper la mente del gruppo. Leo aggiungeva solo il suo tocco personale, che nove volte su dieci consisteva in qualcosa che esplodeva (sia volontariamente che no). Sull'Argo II noi tre non eravamo proprio amiconi, ma da quando eravamo tornati avevamo legato molto di più grazie alla passione comune per gli scherzi e (nel caso di Piper) per il surf. Quell'anno gli Stoll avrebbero perso il trono. A proposito di quei due...

"Allora, come conoscete gli Stoll?"

"Li abbiamo visti solo un paio di volte, ma sono geniali. Le Crostatine Canarine sono una loro idea."

Immaginavo; riconoscevo lo stile. "E che vi hanno raccontato di me?"

"Non molto, solo che ti ammirano tanto. è solo per questo che ti abbiamo proposto di diventare socio. I nostri sono prodotti esclusivi, sai?" Phew, quindi davvero non gli avevano detto dei semidei; perché ero sicuro che se glielo avessero detto mi avrebbero bombardato di domande appena avuta l'occasione.

"Bene, allora, io direi di che i guadagni ce li dividiamo 75% e 25%"

"Ragazzi, siamo in tre."

"La nostra mente geniale-"

"-merita un salario a parte."

"Sì, sì, poi ne parliamo come si deve." Conclusi ridendo, perché la professoressa stava venendo vicino a noi a vedere i nostri progressi con la sfera di cristallo. Io feci finta di osservarla attentamente, ma in realtà stavo pensando a cosa mangiare a pranzo. Fino a che non vidi davvero qualcosa.

Nella nebbiolina che riempiva la sfera vidi il volto di Ecate. Sussultai, ma i due gemelli non sembrarono accorgersi di nulla. Il volto scomparve, e al suo posto apparvero le parole:

Devo parlarvi. Ci vediamo alle 23:00 nella Stanza delle Necessità, seguito poi dalle indicazioni per raggiungere tale sala. Memorizzai tutto, poi tornai a far finta di seguire la lezione.

L'unica altra lezione della giornata era Incantesimi, e non ho molto da dire su quella. Una semplice lezione di scuola, se si escludeva il particolare della magia.

Quella sera a cena vidi Hazel in compagnia di Ginny e Luna, che ridevano e scherzavano come se si conoscessero da sempre. Glielo avevo detto che sarebbe andata bene. Gli occhi di Ginny si illuminarono quando mi vide, e dopo aver salutato Luna si precipitò vicino a me. Fu una bellissima serata, e sia Ginny che i suoi fratelli erano incredibilmente amichevoli. Dopo anni passati a cambiare scuola ed essere guardato in modo strano dai nuovi compagni, era strano ma bello aver trovato subito degli amici. E io che neanche volevo andarci ad Hogwarts.

Dopo cena, svolgemmo una quantità di compiti esagerata per essere il primo giorno, poi sgattaiolammo fuori. Hazel era pronta con la Foschia, ma non fu necessaria; in una sala così grande e piena di persone fu facile uscire senza essere visti. Dopo aver trovato l'arazzo che ci aveva descritto Ecate (e dopo aver perso venti minuti a sbellicarmi dalle risate di fronte ad esso, mentre Hazel cercava di farmi stare zitto per non farci scoprire) camminammo di fronte al muro tre volte, pensando 'Cerco un posto dove incontrare Ecate'. La porta si spalancò, rivelando una specie di salottino da tè, dove la dea ci aspettava a braccia incrociate.

"Siete in ritardo," ci fece notare lei con un sopracciglio alzato.

"Le nostre scuse, Divina Ecate, ma un certo idiota ha perso un sacco di tempo a ridere come un babbuino." disse Hazel lanciandomi un'occhiataccia. Forse perché di solito è così dolce e gentile, ma quando mi lanciava certe occhiate mi metteva sempre paura. Mi sa che sono gli occhi: con quel colore la facevano somigliare ad un animale affamato.

Ecate fece spallucce. "Immagino servisse un punto di riferimento evidente per questa stanza. E poi quella scena era esilarante allora e lo è ancora oggi," continuò con una leggera risatina. "Mi chiedo a cosa stessi pensando all'epoca quando benedii quel tipo con la magia. Ad ogni modo," aveva di nuovo un tono serio e sbrigativo. "Non ho molto tempo, per cui reggiti forte, signor Jackson."

"Reggermi fo-" prima che potessi finire di parlare, allungò la mano e mi colpì in fronte con una specie di raggio blu. Mi venne un fortissimo mal di testa, ma dopo qualche secondo mi passò.

"Cosa gli ha fatto?!" Strillò Hazel, piazzandosi di fronte a me.

"Rilassati, gli ho solo dato una mano. Allora, Percy, quali tipi di legami chimici esistono?"

"Covalente, ionico e polare; in realtà il legame ionico non è un vero e proprio legame ma per semplicità si definisce comunque così." Risposi immediatamente. Come facevo a saperlo?

"Huh, funziona davvero..." disse Ecate pensosa. "Caro Percy Jackson, in un attimo hai appena imparato la lezione di Chimica che ti sei perso stamattina."

"Come, così? In un attimo?"

"Di cosa ti stupisci? Lo avevamo stabilito la sera del tuo compleanno, no? Ogni settimana verrai qui e io ti darò le informazioni che ti sei perso. So che è rischioso farti uscire dalla torre così spesso, ma se dovessimo incontrarci più raramente la quantità di informazioni che dovrei darti tutta in una volta potrebbe friggerti il cervello, e sarebbe un danno per l'impresa."

E certo, non preoccupiamoci della mia salute, pensiamo all'impresa.

"Inoltre, potrete bruciare i sacrifici ai vostri genitori che avete bellamente ignorato in questi due giorni..." continuò lei con un sopracciglio alzato. "Avete appena causato il fallimento di una catena di gioiellerie e il naufragio di una barca di pescatori-nessun morto, tranquillo." Aggiunse vedendo la mia espressione atterrita. Quell'anno non me la sarei cavata con una cravatta alla festa del papà...

"Allora, avete stabilito un contatto con Harry Potter?"

E così gli raccontammo come era andata in questi giorni, incluso l'incontro con Harry, l'armata Weasley e tutto il resto.

"Nient'altro da dirmi?" Per un attimo mise su uno sguardo scettico, poi fece spallucce. "Oh beh, immagino di non poter pretendere più di tanto dopo un paio di giorni. Ebbene, ci rivedremo tra una settimana."

"Un momento, Divina Ecate. Cosa devo fare?"

"Come scusa?"

"Funziona così, no? Lei mi dà una mano col college e io faccio qualcosa per lei."

"Te l'ho detto, Percy, è tempo che le cose cambino. E poi," a quel punto fece un sorriso amaro, quasi...quasi colpevole. "Ho già fatto abbastanza." E sparì.

Cosa era appena successo? Mi girai verso Hazel, e lei appariva stupita quanto me. Che voleva dire 'ho già fatto abbastanza'...?

Passai il resto della serata a rimuginarci sopra, finché non mi addormentai. Ma le stranezze della giornata non erano finite, anzi. L'ultima fu il sogno che feci quella notte.

Iniziò come il solito incubo del Tartaro, che ormai avevo una volta a settimana (un bel miglioramento però rispetto ad ogni notte), ma all'improvviso la scena cambiò totalmente.

Mi trovo in una cameretta dalle pareti celesti che appartiene chiaramente a dei bambini, a giudicare dalla quantità di pupazzi e giocattoli sparsi per terra. All'improvviso la porta si spalanca dietro di me, e due bambini si precipitano nella camera urlando. Hanno circa sette anni e sono vestiti come i classici pirati dei cartoni animati, con cappelloni enormi in testa, bende su un occhio e spade di plastica in mano. Uno dei due afferra l'altro e inizia a fargli il solletico su tutto il corpo, finché non implora pietà.

A quel punto si tolgono i cappelli, e posso guardarli meglio. In realtà sono un maschio e una femmina, ma sono così simili che se la bambina si tagliasse i capelli sarebbe indistinguibile dal fratello. Noto anche che sono eterocromatici: hanno l'occhio destro verde intenso, quello sinistro color marrone chiaro.

E prima che qualcuno faccia il solito commento, sì, ho detto una parola lunga, no, non me l'ha insegnata Annabeth. Vado anche io al college, sapete?

[Sentito ragazzi? Tre urrà per Percy.]

[Piper? Che ci fate qui tu e Jason? Volete forse usurpare il mio ruolo?]

[Lo sai benissimo perché siamo qui, Perce, non fare scenate.]

Comunque, smettono di giocare e si siedono su uno dei letti, prendendo in mano un libro con una nave pirata sulla copertina. Il bambino legge, imitando la voce profonda dei personaggi (per quanto profonda possa essere la voce di un bimbo di 7 anni), e la sorellina lo guarda con occhi luccicanti d'ammirazione, come se fosse lui l'eroe del libro che affronta duecento uomini con soli trenta al suo comando.

Una scena tenera e serena, che mi fa stare in allerta tutto il tempo per l'inevitabile tragedia (non giudicatemi, i sogni da semidei funzionano così), ma non succede niente di niente. I due gemelli rimangono così finché non si fa tardi, a quel punto vanno a dormire e io mi sveglio.

Che razza di sogno fu? Era troppo lineare per essere un sogno normale, ma non era un sogno da semidio, visto che non avevo avuto nessuna informazione importante. O forse...



Spigolo autore

La fanart ad inizio capitolo appartiene alla bravissima ashaddock. Seguitela!

Se la storia vi piace, vi chiedo di lasciare un voto, un commento e di farmi sapere cosa ne pensate.

Alla prossima.

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