IX: Da grandi poteri derivano grandi noie

Odiavo la mia vita.

Tre quarti della scuola mi consideravano uno psicopatico, l'altro quarto nel dubbio si teneva a distanza, quella megera della Umbridge stava pian piano prendendo il controllo della scuola, ed io ero al centro dei suoi piani.

Perché non bastava aver perso la mia famiglia, nonché ogni speranza di una vita serena, a causa di uno psicopatico; non bastava che tale psicopatico fosse di nuovo a piede libero, più forte di prima. Nossignore, dovevo anche essere additato come un pazzo a causa di tutto ciò, distruggendo così quelle poche cose buone che ero riuscito a combinare.

Oggi so che fu un atteggiamento stupido, ma all'epoca tutto ciò mi convinse che in fondo non avevo bisogno di nessuno, e che fossi in grado gestire tutto da solo. Non mi aspettavo però che fossero i miei due migliori amici, anche se con buone intenzioni, ad aggiungere il carico da undici.

Tutto iniziò come una delle solite conversazioni del tipo Oh-Merlino-quanto-fa-schifo-la-Umbridge, sempre più popolari in tutta la scuola. Io, Ron ed Hermione eravamo in sala comune, ed io avevo la mano immersa nella soluzione di Purvincolo per alleviare il dolore. Hermione stava facendo uno dei suoi soliti comizi, ma questa volta per qualche motivo era molto più 'passionale'.

"Quella vecchia gargoyle ci sta solo facendo perdere tempo!" Urlò lei esasperata, con una foga che non le avevo quasi mai visto. "E tutta questa storia dell'Inquisitore Supremo?" Sputò fuori quelle due parole come se fossero sinonimi di 'assassino'. "Non è qui per insegnare! Si sta impadronendo della scuola!" La accusò per la ventesima volta solo quel giorno.

Aveva perfettamente ragione, ovviamente, ma iniziava ad essere esasperante. Soprattutto considerando che Hazel e Percy erano perfino più infervorati di lei. Certo, erano molto simpatici, e studiare con loro rendeva il tutto molto più piacevole del solito (ciao, Hermione); eppure ogni singolo giorno mi venivano ad avvertire che dovevo stare attento con la Umbridge, che dovevo mantenere un profilo basso e bla bla bla. Seriamente, sembrava quasi che fossero venuti ad Hogwarts solo per tenermi d'occhio. Almeno però non sapevano delle punizioni e della cicatrice sulla mano. Da quando Ron e Hermione lo avevano scoperto erano diventati il signore e la signora Weasley 2.0.

"Sai, ne parlavo con Ron prima che arrivassi...dobbiamo fare qualcosa." Disse Hermione, con la stessa determinazione che aveva quando parlava del C.R.E.P.A. Oh no...sono in pericolo...

"Io continuo a dire che il veleno è un'ottima idea...va bene sto zitto." Tentò Ron, ma venne soppresso dall'occhiataccia di Hermione.

"Ci serve un insegnante vero. Qualcuno che ci insegni cosa vuol dire davvero combattere."

"Beh, è un'ottima idea, Hermione, ma come intendi fare? Di certo non riusciremo a farla licenziare, altrimenti lo avremmo fatto con Piton anni fa."

"Potremmo contattare Lupin. È il miglior insegnante che abbiamo mai avuto."

"E come facciamo? In quel caso dovremmo-"

Un gemito esasperato di Hermione ci interruppe. "Perché mi sento così sola quando parlo con voi due? Non parlavo di Lupin, parlavo di te!" Disse guardandomi.

"Me in che senso?" Chiesi cauto.

"Te che ci insegni Difesa contro le Arti Oscure," ripeté lentamente, come se parlasse ad un bambino.

"Perché proprio io? Tu hai sempre avuto voti più alti dei miei."

"Veramente il terzo anno tu sei stato il più bravo di tutti, e quella fu l'unica occasione in cui abbiamo avuto un insegnante decente. E comunque non è questione di voti, è questione di quello che hai fatto."

"E cosa avrei fatto di tanto strabiliante?" Domandai seccato.

"Sai, non sono sicuro di volere un insegnante così scemo," disse Ron a Hermione, con un sorrisetto. Si rivolse a me. "Vediamo," cominciò, imitando Goyle che si concentrava. "Uh... primo anno: hai salvato la Pietra Filosofale dalle mani di Tu-Sai-Chi."

"Ma quella è stata fortuna, non bravura..."

"Il secondo anno," mi interruppe Ron, "hai ucciso il Basilisco e distrutto Riddle."

"Sì, ma se non fosse arrivata Fanny..."

"Il terzo anno" proseguì Ron, a voce ancora più alta, "hai battuto un centinaio di Dissennatori in un colpo solo..."

"Lo sai che è stato un caso, se il Gira Tempo non avesse..."

"L'anno scorso," continuò Ron, quasi urlando, "hai battuto Tu-Sai-Chi un'altra volta..."

"Ascoltatemi bene!" Esclamai quasi arrabbiato, perché Ron e Hermione sorridevano entrambi. "Ascoltatemi, d'accordo? A dirlo così sembra grandioso, ma è stata tutta fortuna... Io non ho mai saputo che cosa stavo facendo, non ho mai avuto un piano, ho solo fatto quello che mi passava per la testa, e quasi sempre sono stato aiutato..."

Ron e Hermione sorridevano ancora ed io sentii montare la collera; non sapevo nemmeno perché fossi così infuriato. "Non fate quella faccia come se la sapeste più lunga di me, io c'ero, capito?" Gridai, accalorato. "Io so che cosa è successo, va bene? E me la sono cavata non perché ero bravo in Difesa contro le Arti Oscure, me la sono cavata perché... perché mi è arrivato un aiuto al momento giusto o perché ho indovinato... ma sono andato alla cieca, non avevo la minima idea di quello che facevo... PIANTATELA DI RIDERE!"

La ciotola di essenza di Purvincolo cadde a terra e si ruppe. Mi ritrovai in piedi, anche se non ricordavo di essermi alzato. Grattastinchi schizzò via sotto un divano. Il sorriso di Ron e Hermione era svanito. 

"Voi non sapete che cosa vuol dire! Voi... nessuno di voi... ha mai dovuto affrontare niente del genere! Pensate che basti imparare a memoria un paio di incantesimi e buttarglieli addosso, come si fa in classe? Invece non c'è nulla fra te e la tua morte tranne il... il cervello, o il fegato, o quello che è... come fai a ragionare quando sai che tra un nanosecondo sarai assassinato, o torturato, o vedrai morire i tuoi amici? Non ce l'hanno mai insegnato, in classe, ad affrontare una cosa come questa... e voi due ve ne state lì come se io fossi ancora vivo perché sono in gamba, mentre Diggory è stato uno stupido, ha sbagliato tutto... non lo capite, poteva capitare a me, sarebbe capitato a me se Voldemort non avesse avuto bisogno di me..."

"Non stavamo dicendo niente del genere, Harry," ribatté Ron, sbalordito. "Non diremmo mai niente su Diggory, noi non... hai frainteso..." Disarmato, guardò Hermione, che aveva un'espressione ferita.

"Harry," disse lei timidamente, "ma non vedi? È per questo che abbiamo bisogno di te... dobbiamo sapere c-che cosa vuol dire davvero affrontarlo...affrontare V-Voldemort."

Era la prima volta in assoluto che pronunciava quel nome, e ciò bastò a calmarmi, ma comunque la sua idea rimaneva una follia. Anche se avessi accettato, tutti mi consideravano pazzo, e ribellarmi apertamente contro un professore (che rappresentava il Ministero) avrebbe solo confermato le voci. Ricaddi sulla poltrona pensieroso.

"Allora... pensaci," disse piano Hermione. "Per favore."

Io non risposi. Già mi vergognavo di averli aggrediti in quel modo.

Annuii senza rendermene davvero conto. Non avrei mai accettato una pazzia del genere.

Però ci pensai. Mio malgrado, dovetti ammettere che l'idea mi interessava parecchio. Ogni tanto mi tornava in mente e, quasi senza rendermene conto, iniziai ad organizzare delle eventuali lezioni. Piccole cose, come quanto tempo passare in pratica individuale e quanto in allenamenti uno-contro-uno, oppure se insegnare il Sortilegio Scudo prima dell'incantesimo di Disarmo. Dopo una decina di giorni, che io lo volessi o no, avevo già organizzato una ventina di lezioni.

Sorprendentemente, Ron ed Hermione non ne parlarono più per due settimane. Le punizioni con la Umbridge erano finalmente terminate, ma ormai quelle maledette parole sarebbero rimaste ben evidenti, e la cicatrice mi dava sempre un prurito tremendo; ogni tanto cedevo e mi grattavo, riaprendomi la ferita e facendomi un male cane.

Durante una di queste occasioni, incrociai Percy nel corridoio. Nascosi in fretta la mano, ma non fui abbastanza rapido. Fissò il punto in cui tenevo la mano per qualche secondo prima di dire: "Heylà Harry. Che mi racconti?" Aveva il suo solito tono sereno, quindi immaginai che non si fosse accorto di nulla.

"Al solito. Tu che dici?" Dissi cercando di suonare normale.

"Mah, un sacco di compiti, la Umbridge fa schifo...solite cose. Beh, allora ci vediamo in giro?" Disse allungando la mano. Sovrappensiero, la strinsi come un imbecille. Appena mi afferrò la mano mi tirò a sé e alzò la manica, mostrando la cicatrice sulla mano. Mi sa che se ne era accorto.

"Ron ed Hermione lo sanno?" Ero già pronto a sentirlo urlare scandalizzato, e a quel punto io avrei urlato più forte in risposta, ma non successe nulla di tutto ciò. Fu calmo e controllato. Anzi, sembrava preoccupato per me. Non che avessi molta esperienza in merito, ma sembrava lo sguardo che un fratello maggiore ha quando il fratellino si fa male e piange. Apprezzavo molto, davvero, ma non mi serviva l'ennesima Mamma Chioccia sul groppone.

"Sì e non sono affari tuoi, quindi ti chiedo di non dirlo a nessun altro."

Lui alzò le mani. "Non lo dirò, ma non puoi andare avanti così. Credi di guadagnarci qualcosa a farti sfregiare dalla Umbridge? Perché non ci credo che sia stato qualcun altro a farlo. Neanche Piton arriva a tanto."

"Complimenti, Sherlock. Ora, se vuoi scusarmi dovrei andare." Cercai di togliermelo dai piedi, ma lui mi si piazzò davanti. Stavo davvero cominciando ad innervosirmi.

"Harry, così fai solo il suo gioco. Non ci guadagni niente, fidati. So che per te è un momento difficile, ma-" A quelle parole persi la testa.

"OH TU LO SAI? SUL SERIO? COME FA UNO COME TE A SAPERE COSA SIGNIFICA PERDERE I GENITORI A CAUSA DI UNO PSICOPATICO, COSA VUOL DIRE ESSERE SEMPRE NEL MIRINO, COSA VUOL DIRE AVERE-"

"-Le aspettative di tutti sulle spalle solo perché hai un nome famoso? Ricevere elogi per qualcosa che vorresti non fosse mai successa? Vivere desiderando di essere solo un ragazzo tra tanti? Fidati, ne so qualcosa. Quindi ora tu CHIUDI IL BECCO E ASCOLTI!"

Un po' perché il suo scatto d'ira mi prese alla sprovvista, un po' per la vergogna per aver aggredito verbalmente una persona per l'ennesima volta, presi un bel respiro e mi calmai. In qualche modo aveva detto esattamente ciò che stavo pensando. Perfino le parole erano molto simili a quelle che avevo pensato. 

Lui chiuse gli occhi, respirò lentamente un paio di volte, dopodiché disse, "Andiamo a fare due passi." Il tono era più calmo di prima, ciononostante fu piuttosto brusco quando mi mise una mano sulla spalla e mi trascinò con sé. Mi portò fino al lago prima di parlare di nuovo.

"Scusami se prima mi sono arrabbiato. Ovviamente non so cosa voglia dire condurre una guerra o cose del genere," notai che sorrise leggermente quando lo disse, "ma so cosa vuol dire far parte di qualcosa di più grande di te. Vedi, da bambino vivevo con mia madre e con quel bastardo del mio patrigno, che si mangiava tutti i nostri soldi. Non proprio una vita da tragedia greca, ma di certo non da commedia. Finché, un bel giorno, non solo scopro di essere un mago, non solo scopro che mio padre è vivo e vegeto, ma che è uno dei tre maghi più famosi e potenti d'America." 

Tutto mi aspettavo, tranne una cosa del genere. Vedendo il suo aspetto curato e l'atteggiamento spensierato, me lo ero figurato come il classico ragazzo popolare e viziato che ottiene sempre quello che vuole. Una sorta di Malfoy, però simpatico, ecco. Ora che lo guardavo bene, però, aveva uno sguardo strano, quasi spento. Non saprei bene come descriverlo, era qualcosa negli occhi. Come se avessero visto qualcosa di troppo, ed ora per compensare non volessero più vedere nulla.

Non aveva specificato molto bene che tipo di 'imprese' aveva voluto svolgere, ma per parlarne così di certo dovevano essere state cose da poco. Ancora una volta avevo giudicato una persona prima di conoscerla. Quando avrei imparato ad andare oltre certe cose?

"Vedi, a causa di mio padre, tutti si aspettavano grandi imprese da me. E sai che c'è? Le ho compiute, tutte quelle imprese. Ormai tutti alla nostra vecchia scuola mi vedono come chissà quale grande eroe. Ma la verità è una sola: senza i miei amici, senza tutte le persone che mi hanno dato supporto, anche solo dandomi una pacca sulla spalla e un sorriso al momento giusto, io non avrei combinato un bel niente. Avrei fallito miseramente anni fa." A quel punto si girò verso di me. "Ovviamente non posso dirti cosa fare, ma posso dirti questo: qualunque cosa tu abbia in mente, qualunque desiderio, qualunque paura, non sei da solo. Hai degli amici che farebbero di tutto per te, e tu lo sai bene; sei solo troppo testardo per ammettere che hai bisogno di loro. Affidarsi agli altri non è segno di debolezza, casomai è dimostrazione di forza." Detto questo si alzò. "Beh, io andrei, a meno che tu non voglia sfogarti un altro po'. Meglio se urli con me che con qualcuno che non ne capirà il motivo." Io non trovai il modo di rispondere, quindi lui sorrise e si incamminò verso il castello.

Mi sembrava troppo strano aver trovato qualcuno che mi capisse, che sapesse cosa stavo passando in quel periodo. Per quanto sembrasse assurdo, aveva saputo trovare le parole giuste, quasi come se parlasse per esperienza, ma questo era impossibile (o almeno questo era ciò che pensai in quel momento. Di certo non potevo immaginare quale fosse la realtà dei fatti).

Ripensai a tutte le 'imprese' che aveva elencato Ron. Era vero, in tutte loro il merito non era mai solo mio; c'erano sempre Ron ed Hermione al mio fianco, ed occasionalmente qualcun'altro. La Umbridge, il Ministero paranoico, rappresentavano solo l'ennesima sfida che dovevo affrontare. E se avevo affrontato tutte le altre insieme ai miei amici, perché avrei dovuto affrontare questa da solo? Anzi, chi mi impediva di farmene altri, di amici?

In un attimo presi una delle mie solite decisioni avventate. Corsi fino a raggiungere Percy, che nel frattempo era già arrivato alle porte del castello (Ma quanto corre, per Merlino?), gli misi una mano sulla spalla e, dopo aver ripreso fiato per la corsa, dissi: "Questa sera, in sala comune, verso le 10, io, Ron ed Hermione discuteremo di un fatto importante. Ti andrebbe di unirti a noi? Anche Hazel è invitata, ovviamente."

Lui mi sorrise orgoglioso. "Verremo volentieri. Di che si tratta?" Gli spiegai a grandi linee la cosa, e Percy, dopo averci riflettuto più o meno tre secondi (forse lo fece giusto per fare scena), si rivelò interessato. Quella sera ci incontrammo tutti e cinque in sala comune, al posto che di solito usiamo per studiare (Il tavolo vicino al camino, quello da sei persone), spargemmo delle pergamene sul tavolo per dare l'impressione che stessimo studiando, e iniziammo a discutere dei dettagli. 

"Allora Harry? Ci hai pensato?" Chiese Hermione un po' timorosa.

"Ricordate che vi ho detto che è stata quasi tutta fortuna, vero?"

"Sì, Harry" disse dolcemente Hermione, "ma comunque, non ha senso far finta che tu non sia bravo in Difesa contro le Arti Oscure, perché lo sei. Sai fare un sacco di cose che nemmeno i maghi adulti sanno, Viktor lo diceva sempre..."

Ron si voltò verso di lei così in fretta che quasi si svitò il collo. "Ah, davvero? Che cosa diceva Vicky?" chiese, massaggiandoselo.

"Ah-ha" rispose Hermione in tono annoiato. "Diceva che Harry sapeva fare cose di cui nemmeno lui era capace, e lui era all'ultimo anno a Durmstrang."

Ron la guardò sospettoso. "Non sarai mica ancora in contatto con lui?"

"E se anche lo fossi?" disse Hermione tentando di apparire disinvolta, ma era diventata un po' rossa. "Non posso avere un amico di piuma..."

"Lui non voleva essere solo il tuo amico di piuma" protestò Ron.

"Bambini, giocherete dopo, ora fate parlare zio Harry," li rimbeccò Hazel. Percy le diede il cinque e le sussurrò qualcosa di simile a 'sono fiero di te', dopodiché lei mi chiese, "Visto che siamo qui, hai deciso di accettare il ruolo di insegnante?"

"Certo che accetto. Non posso mica sconfiggere il male supremo tutto da solo, no?" Involontariamente alzai lo sguardo verso Percy, e lui mi fece l'occhiolino. "Però insegnerò solo a voi, con l'aiuto di Percy, se a lui va."

"Beh, veramente...non sono un gran fenomeno con gli incantesimi. Dovresti insegnare anche a me..." Rispose un po' imbarazzato.

Ci contavo sul suo aiuto... "Oh, beh...sì, non c'è problema...allora insegnerò solo a voi quattro, d'accordo?"

"In realtà..." disse Hermione timida. Dovevo aspettarmelo che avesse già portato avanti la cosa per conto suo... "Abbiamo già sondato un po' il terreno, e ci sarebbero altre persone disposte a prendere lezioni da te..."

"Altre quante?"

"Oh solo un paio," rispose lei, un po' troppo in fretta per i miei gusti. Ti pareva. Conoscendola, aveva già parlato con mezza scuola.

"Beh...d'accordo, chiamiamoli e diciamolo anche a loro."

"Se per te va bene, li ho invitati alla Testa di Porco il prossimo weekend ad Hogsmeade. Così parliamo con tutti insieme."

"Un momento, Hermione," intervenne Percy. "Io non so tu cosa hai detto a queste persone, ma non c'è pericolo che uno di loro vada a spifferare tutto alla Umbridge dopo l'incontro?"

"Tranquillo, ho già un piano," rispose lei con un sorrisetto furbo. Chissà perché la cosa non mi sorprendeva.

"Beh allora è deciso, dunque. Altro lavoro oltre alla valanga di compiti che già abbiamo. YAY!" Esclamò Ron, beccandosi uno scappellotto da Hermione (ma si vedeva benissimo che stava ridendo anche lei).

E così ci ero cascato di nuovo. Mi stavo di nuovo infilando in qualcosa di avventato che poteva andare male in mille modi diversi. E non vedevo l'ora di iniziare.













Spigolo autore

Se la storia vi piace, vi chiedo di lasciare un voto, un commento e di farmi sapere cosa ne pensate.

Alla prossima.

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