III: Shopping in diagonale
Non appena Ecate se ne andò, Percy si avvicinò e mi prese in disparte.
"Ti ringrazio, Hazel, ma non sei costretta a venire se non vuoi."
"Tranquillo, voglio aiutarti," risposi sinceramente, per due motivi: il primo è che noi Sette, dopo averne passate così tante insieme, eravamo praticamente diventati una famiglia allargata; non esisteva che uno di noi partisse per un'impresa da solo. Il secondo motivo era che volevo stargli vicina; da quando era tornato dal Tartaro non era più lo stesso di prima. Lui cercava di non far sembrare la cosa così grave per non farcela pesare, ma chi lo conosceva bene capiva subito che qualcosa non tornava. Il suo sorriso non era più lo stesso, e i suoi occhi assomigliavano ad un laghetto sporco più che al mare aperto. Certo, sarebbe stato meglio se con lui fosse andata Annabeth, ma visto che Ecate non lo permise supponevo che la mia presenza fosse meglio di niente. Giusto...?
In ogni caso, poco dopo tutti ci avviammo per tornare al Campo, mentre Annabeth decise di rimanere a casa di Percy per quella sera (sperai che dormissero in stanze separate).
[Basta crederci, Haz.]
Una volta tornata alla Casa di Ade iniziai a raccattare la roba che avrei portato in viaggio (avrei sistemato per bene la mattina dopo), dopodiché prima di dormire decisi di scambiare qualche parola con Nico.
"Domani a che ora partirai?"
"La mamma di Percy viene a prendermi alle 11, così ho tutto il tempo di organizzare i bagagli."
"Per quanto tempo starai via?"
"Credo per tutto l'anno, ma forse avremo dei giorni di vaca-" e qui mi resi conto di essere una pessima sorella.
"Oddei Nico, scusa! Ho agito d'impulso, non volevo lasciarti solo..."
Lui mi sorrise incoraggiante. "Lo hai fatto per aiutare un amico, io posso solo appoggiarti. Hai visto che mi sono proposto io stesso."
"Lo so, ma già passiamo pochissimo tempo insieme, e ora che potevamo vivere un po' come dei veri fratello e sorella io me ne vado dall'altra parte del mondo. Non mi sto comportando bene nei tuoi confronti. E proprio ora che ti stavi riprendendo da-" lui mi venne vicino e mi abbracciò.
"Hazel, è Percy quello che deve rischiare la vita, non io; per cui è lui che ha bisogno di te, non io. Io starò tranquillo qui al campo a svolgere le normali attività e a stare con gli altri. Sarebbe anche ora che mi facessi una vita, no?" Concluse ridacchiando.
Lo dicevo sempre, e questa fu solo un'ulteriore conferma: ho il fratello migliore che esista. Rimanemmo così per un po', parlando del più e del meno, finché non mi venne in mente una cosa importante. "A proposito di Percy, è da un po' che volevo chiedertelo ma con la ricostruzione e tutto il resto non ho mai trovato il tempo; come è andata la 'confessione'?"
Lui mi guardò terrorizzato. "T-Tu sai? E-E c-che ne p-pensi?" Mi dispiacque un sacco vederlo così preoccupato di quello che potevo pensare.
"Ammetto che lì per lì la cosa mi ha sorpreso un po', ma onestamente non mi fa né caldo né freddo. Sei sempre mio fratello, è questo che conta," poi, con tono esageratamente drammatico, aggiunsi, "anche se così mi hai privato della gioia di diventare zia! Come hai potuto!? Pensavo ci tenessi a me!" E scoppiammo a ridere tutti e due. "Allora, mi dici come ha reagito?"
E lui rispose, "C'erano sia Percy che Annabeth. Io mi avvicinai e in sintesi gli dissi che avevo una cotta per lui, ma che ormai mi era passata. Annabeth sorrise e mi diede il cinque, mentre Percy... credo si fosse rotto. Continuava a ripetere le stesse cose, finché io non mi scocciai e me ne andai da Will."
"Ahh, capisco..." allora i sospetti miei e di Piper erano veri.
"Che? Cosa? Come? Cosa? Eh? Che hai capito? Non c'è niente da capire. Cosa stai dicendo?" disse lui a raffica, più rosso delle fragole che coltiviamo al Campo. Molto sottile il ragazzo su quest'argomento, non c'è che dire.
"Sto dicendo che te li scegli bene i possibili compagni," gli risposi con un occhiolino. Ansioso di cambiare argomento, lui decise di adempiere ai suoi doveri di fratello maggiore, facendomi una raffica di raccomandazioni riguardo a cosa dovevo fare, a cosa dovevo stare attenta, e di avvisarlo se solo qualcuno avesse osato sfiorare la sua 'sorellina'.
"Grazie, Re degli Spettri, ma so badare a me stessa. E poi tecnicamente sono io la più grande."
"Ahh ma che ne so, noi due siamo troppo strani, anche per gli standard semidivini," disse mentre si infilava nel suo letto.
"Non siamo strani, siamo innovativi," lo corressi io.
"Ah si, giusto," ridacchiò lui.
"Come mai ti sei offerto per andare con Percy?" Sussultò leggermente quando lo chiesi. Stavo per dire che non era importante saperlo, ma poi decise di rispondermi.
"Vedi, dopo che Bianca..." Prese un bel respiro prima di continuare, "morì, passai un sacco di tempo nell'Elisio a cercarla, ma lei mi evitava. Alla fine ho scoperto il motivo e ci siamo chiariti. Il punto è che mi sentivo abbandonato, non avevo dove andare. Per puro caso, nell'Elisio incrociai questa coppia di genitori, piuttosto giovani, che erano morti tentando di proteggere il figlio. Si chiamavano Lily e James Potter." A questo punto sorrise leggermente, come se provasse nostalgia. "Sai com'è, io avevo perso Bianca, loro avevano dovuto abbandonare il figlio...ci capivamo, ecco. Ogni tanto vado ancora a trovarli, sai? Per questo volevo andare. Volevo sdebitarmi per la loro gentilezza." Era raro vedere Nico sorridere così, mentre parlava di certe cose. Così raro, in effetti, che non potei trattenermi dal chiederglielo.
"Ecco, questa è una cosa che non ho mai capito di te. Sei gentile e ti preoccupi sempre per gli altri, ma ti nascondi sempre dietro la maschera del 'ragazzo tenebroso'. Perché non vuoi che gli altri vedano la parte migliore di te?"
Leggermente imbarazzato, si portò una mano dietro la nuca. "Beh, se la metti così in effetti è stupido. È solo che avevo paura. Non saprei neanche dirti di cosa, precisamente, è solo...è più facile quando non devi rendere conto a nessuno."
"Beh, forse, ma stare insieme è più bello, no?" Chiesi con tono più ansioso di quanto volessi.
"Certamente! Non temere, non mi pento di averti portata con me," mi disse lui, rivolgendomi uno di quei suoi sorrisi dolci che erano così rari. "Ora buonanotte, sorellona."
"A domani, fratellino."
Appena sveglia trovai ai piedi del letto un grosso baule, decorato con uno stemma sul quale era incisa la parola Hogwarts (in realtà ci arrivai per logica, perché quel corsivo era indecifrabile). Cercando di risparmiare un po' di spazio per tutta la roba che avrei comprato, preparai tutto ciò che mi poteva servire, ovvero: vestiti sufficienti per un anno (mi chiesi se si usassero ancora le uniformi nelle scuole), la mia spatha, l'armatura (non quella da legionario, una leggera in cuoio tanto per non stare senza), qualche libro gentilmente prestato dai figli di Ecate, e più o meno dieci chili di nettare ed ambrosia, visto che lì non credevo ne avremmo trovata altra, ed io e Percy tendevamo a farci male facilmente (soprattutto Percy).
Quando arrivò l'ora mi avviai verso la sommità della collina, dove trovai Percy, la signora Sally e Chirone.
"Un'ultima cosa prima che partiate, ragazzi; è raro che i nostri satiri arrivino fino in Inghilterra, e il castello dove andrete ospita centinaia di ragazzi. C'è una buona probabilità di trovare dei semidei tra di loro, quindi tenete gli occhi aperti. E ricordate: Ecate non dovrebbe interferire in questa guerra, questa impresa non dovrebbe neanche esserci, perciò dovete assolutamente mantenere segreta la vostra vera identità. Per tutto il mondo magico, voi due sarete degli studenti come tanti. Chiaro?"
"Ne riparleremo quando farò saltare in aria la scuola come le altre," ridacchiò Percy.
Ignorando completamente quest'ultimo commento, Chirone ci augurò buona fortuna per poi ritornare alle sue attività.
"Visto che l'aereo è fuori questione, come ci arriviamo in Inghilterra?"
"Ci Smaterializzeremo direttamente lì. Afferrate la mia mano, ragazzi." Pure ieri sera aveva usato lo stesso termine. Non avevo mai sentito nominare questa magia, chissà cosa volesse dire. Io e Percy ci scambiamo uno sguardo, poi facemmo come aveva detto sua madre.
Appena le sfiorai il braccio, tutto diventò buio. Mi sentii pressata da tutte le direzioni, come se mi stessero stringendo fasce di ferro attorno al corpo. Meno male che durò poco, perché fu orribile.
"Cosa mio padre in forma greca è appena successo?" Dissi cercando di fermare la nausea.
"Ci siamo Smaterializzati, ovvero siamo apparsi direttamente dove volevamo andare. Da Long Island a Londra in un istante. A proposito, complimenti a tutti e due: la prima volta che l'ho fatto io ho vomitato tutta la colazione."
"E perché mai avremmo dovuto? È stato un viaggio così tranquillo e rilassante," ironizzò Percy. Dopo quest'esperienza persi tutta la voglia di imparare il viaggio-ombra. Proprio ora che stavo iniziando a diventare brava.
[Ah, quindi niente vacanza in Cina per te?]
[Pfft, no, ma che dici?]
[Ah, meno ma-]
[Sono finita in Pakistan. Posto bellissimo, tra l'altro, vorrei tornarci.]
"Molto divertente. In ogni caso, benvenuti a Diagon Alley!" Guardandomi intorno, mi sembrò di essere entrata in un mondo delle fiabe. Eravamo spuntati in una stradina tortuosa, sulla quale si affacciavano negozi di ogni forma e dimensione: alcuni sembravano costruiti in diagonale, altri ancora sembravano sottosopra; alcuni vendevano oggetti piuttosto normali: libri, divise scolastiche, scope volanti da corsa... Aspetta, che!? Sul serio esistono cose del genere?
Altri negozi invece erano decisamente più particolari. Ce n'era uno che vendeva occhi di rospo, lingue di drago e roba del genere ('Per le pozioni', ci spiegò la signora Sally), un negozio di animali che vendeva gufi, gatti e rospi (Va bene. Tutto normale). Camminammo per un po', fino a quando non ci fermammo di fronte ad un negozio che la madre di Percy chiamò 'Olivander'.
"Qui è dove prenderete le vostre bacchette magiche. Dai, entriamo!" Esclamò la signora Sally, chiaramente entusiasta di parlarci di questo mondo. Aveva tenuto il segreto per così tanto tempo che non le sembrava vero di poter essere di nuovo sé stessa. Conoscevo bene la sensazione. Certo però che questo 'nuovo mondo' faceva un certo effetto. Era tutto così familiare, ma allo stesso tempo completamente diverso. Per dire, non mi era affatto nuovo sentir parlare di draghi e creature simili, mi era nuovo il fatto che a parlarne fosse un tizio con mantello e cappello a punta, che io non avrei mai indossato (invece la divisa mi piacque, almeno per quello che vidi dalla vetrina).
Persa nei miei ragionamenti filosofici, non mi resi conto che eravamo già entrati e Percy stava agitando dei pezzi di legno (le bacchette, presumo), sotto lo sguardo di una specie di Einstein che aveva recentemente abusato di caffeina. Agitò la prima, e la finestra esplose dietro di me, facendomi fare un salto in avanti di tre metri. Percy iniziò subito a scusarsi, ma il signore strano liquidò la cosa dicendo; "Non si preoccupi, è assolutamente normale che una bacchetta non adatta reagisca così. Chissà perché però è sempre la finestra a rompersi per prima".
Andammo avanti così per un quarto d'ora circa, fino a quando Percy non prese una bacchetta di legno chiaro, dall'intensa sfumatura rossa e con un manico elaborato; provò ad agitarla, ed un lampo di luce verde fuoriuscì all'improvviso dalla bacchetta, colpendo in pieno sua madre.
[Okay, basta così, si sono spaventati abbastanza.]
[Ma che dici, chiudiamo qui la registrazione e lasciamoli con la suspanze, sospanci, sus...]
[È suspence, e no, non faremo credere che hai ucciso tua madre.]
[Oh, andiamo. Come se ne fossi capace.]
[Appunto, quindi non fa niente se ora continuiamo e diciamo le cose come stanno.]
[Va bene, va bene. Almeno fammi divertire un po', però!]
Scusate, abbiamo avuto un problemino tecnico. Come stavo dicendo, una luce verde uscì dalla bacchetta, ma non era la l'Anatema che Uccide (che tra l'altro neanche sapevamo cosa fosse, ai tempi). Era più simile ad una nebbia che, dopo aver girato attorno a Percy un paio di volte, si addensò sulla sua testa a formare il simbolo di un tridente. Uh, poetico.
"Curioso, davvero curioso." Mormorò tra sé e sé il tipo strano. "Signor Jackson, ho ragione di credere che lei e la signorina siate ben più di semplici studenti?"
"Beh, vede..."
"E ho ragione di credere che la mia antenata attualmente residente a New York abbia a che fare con la vostra inaspettata visita?"
Antenata attualmente residente a New York? Aspetta un attimo...
"Lei è discendente di Ecate, vero?"
"In famiglia è conosciuta come Trivia, ma sì. Sono un suo discendente. Ci sarà un motivo se le mie bacchette sono le migliori, no?" Rispose lui con fare cospiratorio. "Tornando a te, giovanotto, la bacchetta che ti ha chiaramente scelto è di legno di cedro, tredici pollici, nucleo di crine di unicorno, molto rigida."
"Ehm...ok?" la risposta di Percy suonò quasi come una domanda.
"Ora tocca alla signorina."
Dopo aver provato una ventina di bacchette (e dopo aver ribaltato quasi altrettanti scaffali) ne trovai una relativamente corta, di un legno molto più scuro rispetto alla bacchetta di Percy, con un'impugnatura semplice. Verso la fine la punta si incurvava leggermente verso l'alto per poi tornare dritta. La agitai e non solo misi a posto tutti i disastri che avevamo causato io e Percy, ma addirittura "restaurai" il locale; tutta la polvere sparì, tutte le crepe nei muri e sul soffitto si richiusero, la finestra esplosa poco prima si ricompose... sembrava che il negozio avesse appena aperto.
"Beh, direi che l'abbiamo trovata. Legno di faggio, corda di cuore di drago, dieci pollici, relativamente flessibile. Bene, fanno quattordici Galeoni."
Non ebbi il tempo di chiedere cosa intendesse, che la signora Sally cacciò un borsellino di pelle gonfio di soldi. Ne tirò fuori una manciata di grosse monete d'oro, simili alle dracme che usava Percy.
"Vi auguro buona giornata e, soprattutto, buona fortuna per la vostra impresa."
Appena fuori da lì Percy chiese alla madre dove avesse trovato quei soldi. "Me li ha dati Ecate. A proposito, queste sono per voi," e prese due borse ancora più piene di quella di prima. "Le monete si dividono in Zellini di bronzo, Falci d'argento e Galeoni d'oro. Ventinove Zellini fanno una Falce e diciassette Falci fanno un Galeone. Qui dentro ci sono mille galeoni a testa, che devono bastarvi per tutto l'anno, quindi non sbizzarritevi troppo oggi." Continuò a darci raccomandazioni e a spiegarci come funzionavano certe cose nel mondo magico, finché non venimmo interrotti da una voce.
"Sally? Sei davvero tu?"
Alzammo lo sguardo per cercare la fonte della voce, finché non individuammo un uomo dall'aspetto piuttosto trasandato; poteva avere trent'anni come poteva averne cinquanta. La cosa più strana però fu che appena lo notai provai una sensazione strana, che non riuscivo ad identificare.
"REMUS!" La madre di Percy corse ad abbracciare l'uomo.
"Oh come sono contento di vederti! Ma che fine hai fatto? Te ne sei andata all'improvviso!"
"Purtroppo sono stata costretta a trasferirmi. Tu che mi dici?"
"Oh beh, sai, mi arrangio come posso..." rispose lui, il suo volto era uno strano miscuglio tra la felicità e l'imbarazzo.
"Ragazzi, venite qui!" Ci chiamò la signora Sally, dopodiché ci presentò. "Lui è mio figlio Percy, mentre lei è mia nipote Hazel."
Ah già, dimenticavo. Ufficialmente io ero la cugina di Percy da parte di padre; il bello è che non era neanche una bugia, tecnicamente parlando, ma di fatto con gli dei conta solo la parentela diretta; ciò vuol dire che a livello di sangue io, Percy e il resto dei Sette siamo completi sconosciuti.
[E meno male, altrimenti saresti la zia di Frank, ti immagini?]
[Ancora parli? Aspetta che ricominci a narrare tu, non ti farò dire due parole in fila. E se proprio vogliamo parlarne tu saresti lo zio di Annabeth, quindi non sei in posizione di dire nulla.]
"Quest'anno hanno avuto l'occasione di frequentare una scuola estera, ed hanno scelto Hogwarts. Ragazzi, lui è Remus Lupin, uno dei miei migliori amici ai tempi della scuola." Salutammo educatamente.
"Dicevi sempre che volevi fare il professore, in cosa ti sei specializzato alla fine?"
"Difesa contro le Arti Oscure," rispose lui con una punta d'orgoglio. "Purtroppo però ho dovuto lasciare il lavoro per motivi personali."
"Oh, mi dispiace...mi avrebbe fatto piacere se avessi insegnato tu a Percy. Somiglia molto a Ja-a chi sai tu," si corresse subito, notando l'espressione addolorata che per un momento passò sul volto del signor Lupin. Stava per dire James, giusto? Vuol dire che si conoscevano?
"Non ti preoccupare, Sally. E così abbiamo un possibile nuovo Malandrino, eh?" Prima che Percy potesse ribattere in qualunque modo, la signora Sally lo bloccò subito.
"Oh no, Remus! Non ti azzardare a mettergli idee in testa! L'ultima cosa di cui ho bisogno è qualcuno che ripeta lo scherzo della capra." Sapeva essere alquanto minacciosa quando voleva, non c'è che dire.
Il signor Lupin sospirò. "Ti ho già spiegato mille volte che non sapevo che volessero farlo a te, e ti ho chiesto scusa altre mille. Per quanto vorrai rinfacciarmelo?"
"Finché sarà divertente farlo," rispose lei, poi si girò verso di noi e mimò 'Per sempre' con la bocca, facendo lo stesso sorrisetto storto che aveva reso famoso Percy tra le discendenti di Venere (non chiedetemi come faccio a saperlo, è piuttosto imbarazzante).
La mamma di Percy ed il signor Lupin rimasero a parlare per un po', quindi noi continuammo a comprare il resto delle cose segnate sulla lista che ci aveva dato la signora Sally. Appena ci fummo allontanati, Percy mi disse sottovoce, "Chissà perché non mi stupisce affatto che mamma sia amica di un lupo mannaro."
"Che!?" In qualche modo riuscii a non urlarlo.
"Beh, non ne sono sicuro, ma appena l'ho visto mi ha ricordato immediatamente Lupa. Aggiungici l'aspetto trasandato e le cicatrici sul volto, e mi sembra abbastanza ovvio." Ecco allora cos'era quella sensazione...
"Potrebbe anche essere che non lo sappia..." ribattei io. Avevo sentito brutte storie sui lupi mannari, non mi piaceva tantissimo l'idea che la madre di Percy fosse amica di uno di loro.
"Potrebbe essere, ma anche se lo sapesse non cambierebbe nulla. Mamma è fatta così. E poi, questo Lupin non mi sembra affatto una minaccia." In effetti aveva ragione. Anzi, sembrava molto gentile. E poi, una figlia di Plutone che giudica una persona solo perché è un lupo mannaro? Quanto sarei ipocrita? Decisi quindi di fidarmi dell'opinione chiaramente positiva di lui che aveva la signora Sally.
Proseguendo il giro, comprammo le divise (ci avevo visto giusto: erano davvero comode e calde), la roba per le Pozioni (Io quelle cose le avrei toccate solo con i guanti), saltammo a piè pari il negozio di scope volanti per ovvi motivi (però dovevo riconoscere una cosa a questi maghi: avevano trasformato uno dei più banali stereotipi sulla magia in uno sport. Complimenti per la fantasia) e comprammo i libri, che stranamente quando li sfogliammo risultarono facilissimi da leggere. Forse erano incantati?
Inoltre, io comprai un gufo reale che chiamai Ralph, mentre Percy (che proprio non poteva avvicinarsi ai gufi) scelse un gattino tigrato che chiamò Bob. Alla fine ci incontrammo con la madre di Percy e ci incamminammo verso la locanda dove avremmo alloggiato.
Spigolo autore
La fanart ad inizio capitolo appartiene alla bravissima ashaddock. Seguitela!
Se la storia vi piace, vi chiedo di lasciare un voto, un commento e di farmi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
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