Capitolo 3 - Eva

"Gli altri?" domandò Pietro. "Si trovano qui, a Palermo?" Batteva i denti dal freddo; rivoli d'acqua gli carezzavano il collo e rotolavano giù per il petto, sotto la polo scura. Avrebbe voluto essere altrove, distinse Eva tra tutti i pensieri dell'apostolo. Ora vi era una donna avvolta da una luminosità lattea, dai lunghi capelli lisci e ramati, che sorrideva. Lo sfondo era nero. Aveva una margherita di seta infilata dietro l'orecchio e le mani incrociate sotto il ventre che ospitava una nuova vita.

Più distante, nel buio più denso, vi era il ritratto sfocato di un bimbo con la mano aperta davanti al petto, come a chiedere aiuto, le labbra chiuse con forza. Piangeva e si sentiva solo. Sembrava intrappolato dentro quell'oscurità da cui voleva ma non riusciva a fuggire. Dal nulla si materializzò una tromba d'aria che spazzò via ogni ombra, sfumatura, sagoma o fotografia, poi si dissolse lasciando al suolo un uomo girato di spalle e in ginocchio, lo sguardo rivolto a un cielo violaceo e basso, tra le macerie di una città distrutta. Eva ebbe la sensazione che Pietro si fosse accorto che era entrata dentro la sua testa, dunque sgattaiolò via e tornò nella realtà. Era giunto il momento di mostrare le sue doti.

"Non ti preoccupare, papà!" disse Eva, e il suo corpo prese a sgretolarsi tra le braccia di Giuda, come un puzzle tridimensionale che all'improvviso comincia a scomporsi.

Eva disgiunse il suo corpo in milioni di pezzettini e diede l'impressione che questi fioccassero sull'asfalto per poi sparire nel nulla.

Giuda era rimasto paralizzato nella posizione in cui sua figlia era stretta tra le sue braccia, anche se ormai non c'era più.

"Dov'è finita?" domandò.

Eva era diventata invisibile e sapeva che nessuno poteva vederla, anche se non si era mai mossa. Lux non sembrava colpita quanto Giuda, anzi sorrideva, come se riuscisse a percepire sua figlia nell'aria.

"Non è nella realtà intangibile o piano astrale, se ve lo steste chiedendo" disse Astaroth. "E rispondendo alla domanda di Pietro, non ho idea di dove siano gli altri, ma Eva lo sa. È stata lei a trovarvi."

"E come ci è riuscita?" Giuda sembrava sempre più perplesso.

"Sente la forza vitale delle persone" rispose Astaroth. "Noi, come essere umani, abbiamo una luce interna che ci identifica; lei riesce a vederla. Inoltre possiede il dono del teletrasporto, non inteso come spostamento rapido di un corpo da un luogo a un altro, come noi saremmo in grado di fare. Lei è capace di smaterializzare le sue cellule e ricomporle nel luogo prescelto come destinazione. Questo le dona una seconda dote, l'invisibilità."

Achille scoppiò in una grassa risata. "Dovevate vedere che era buffa durante gli allenamenti. All'inizio non ci riusciva e riappariva con una gamba al posto del braccio e viceversa. Oppure non riusciva a smaterializzarsi del tutto e sbucava in un altro luogo lasciando un piede nella posizione di partenza."

Eva diede un pugno allo stomaco del fratello, che si ritrasse fino a diventare un tutt'uno con le costole. Achille si piegò in avanti tossendo e divenne rosso in viso.

Astaroth rise sotto i baffi. "È vero. Ma imparando a gestire i suoi poteri è riuscita a farci fuggire dalla galassia Inferno."

Eva si materializzò accanto a Lux. "Quel posto non mi piaceva. Non vi è luce in Satana, mamma, e neanche negli angeli che vivono con lui. È tutto così... oscuro."

Achille si riprese e lanciò un'occhiataccia alla sorella. "A me non dispiaceva. L'esposizione era più figa; potevo andare sotto il pavimento di ghiaccio e interagire con le anime, studiare la morte, l'oscurità. Qui non c'è nulla."

Giuda fece una smorfia di incredulità e orrore. Lux sembrava in imbarazzo. Eva si vergognò per le parole del fratello.

"Ahi! Mi fai male!" gridò Achille.

Astaroth lo aveva appena afferrato per un orecchio. "Quante volte ti ho detto che l'esposizione è pericolosa e non sei ancora pronto?"

"Questo lo dici tu, vecchio!" rispose Achille e gridò nuovamente piagnucolando, dopo che Astaroth ebbe tirato ancora più in alto l'orecchio del piccolo. "Ti farò vedere io quello che riuscirò a fare."

"Direi che ti sei divertito abbastanza" disse Lux. E non trovò altre parole. Eva lesse la sua mente: "Sei ancora un bambino, per te quel posto era un gioco. Spero che quell'essere non ti abbia sfiorato. Dio, no!" Eppure non aveva il coraggio di affrontare la questione. Lux mandò giù un grumo di saliva e si voltò verso Pietro, intenta a cambiare discorso. "E tu, hai ritrovato tua moglie e tuo figlio?"

"Sì!" disse Pietro, di ritorno dai suoi pensieri. "Mia moglie Marie... mio figlio Ettore non c'è, non c'è ancora. Ma mia moglie sta bene ed è incinta, incinta di Ettore a quanto pare, le ho parlato qualche ora fa al cellulare. Dovrei tornare a casa. Le ho detto che ero al lavoro e che non sapevo a che ora avrei finito. Si è fatto tardi. Dobbiamo anche cercare gli altri, dobbiamo spiegare tutto quello che è successo alle persone a noi più care. Avevamo tutti qualcuno da ritrovare qui, in questo tempo, in quello che abbiamo generato cambiando il passato, perlomeno. Mio figlio non è ancora nato, ma andrà tutto bene. La gravidanza, intendo, devo occuparmi di questo. Pensavo di riabbracciarlo, non so perché non posso, perché sia andata così. Dobbiamo fare ancora tante cose."

Giuda si avvicinò a Pietro e con una mano gli strinse una spalla. "Ehi! Tuo figlio sta bene e tua moglie partorirà senza problemi. Ci occuperemo tutti noi di lei e delle mogli, figli o mariti degli altri. Siamo una grande famiglia, ora."

Astaroth si schiarì la voce e sembrò a disagio. "A proposito di questo, non potremo occuparci di loro o portarli con noi. Sarebbero solo un peso. So, Pietro, che non vedevi l'ora di riabbracciare la tua famiglia, ma sai benissimo che questa in cui ci troviamo è una nuova linea temporale, che cambiando il passato abbiamo creato un nuovo futuro, e che abbiamo vinto solo il primo round e non la battaglia. Se non riusciremo a fermare Satana e il male che si sta diffondendo sulla Terra, e nell'intero universo, non ci sarà nessun futuro per i vostri cari. E per di più questa volta non avremo alcun aiuto. Siamo soli."

"Lo so." Pietro strinse i pugni e la sua espressione mutò da uno stato di depressione e confusione a rabbia e determinazione. "È per questo che sono ancora qui con voi, perché devo prendere la mia decisione. Voglio sconfiggere Satana con tutto me stesso perché non dimenticherò mai i momenti più bui della mia esistenza a causa sua, d'altro canto devo occuparmi di mia moglie e di mio figlio adesso che sono in vita."

"Staranno più al sicuro al nostro fianco" disse Giuda, e lanciò un'occhiata gelida ad Astaroth.

"Ti sbagli!" rispose l'angelo caduto. "La causa di questo male è qui, adesso, accanto a noi. Non può essere altrimenti. Non possiamo mettere in salvo nessuno. Chiunque non abbia i requisiti per aiutarci in questa battaglia è inutile."

"Ehi!" sbottò Giuda, e si mise faccia a faccia con Astaroth. "Come puoi dire una cosa simile? Anche se fosse, potremmo sempre tornare indietro nel tempo, una volta scoperta la causa."

"No, Giuda." Astaroth poggiò una mano sul braccio destro dell'apostolo. "Non è così. Non questa volta. In questo tempo il male non è distillato da secoli, ma è sfociato sulla Terra quando io, Achille ed Eva abbiamo lasciato la galassia Inferno, poco prima del vostro risveglio. Satana deve avere trovato un modo. E tra l'altro la piattaforma temporale non esiste più, così come non esistono più i progetti di Goethe, perché si sono persi nel passato. Anche se servisse a qualcosa, non possiamo costruirla."

"Il paradiso terrestre" disse Lux, attirando l'attenzione di tutti. "Potremmo spostare là le persone."

"Le donne..." pensò Astaroth ad alta voce, e rise sotto i baffi. "Sono sempre un passo avanti agli uomini. Come ha detto bene Lux, avevo già in mente di trasferire una parte degli abitanti della Terra sul paradiso terrestre. Ad accoglierli ci sarà Federico; lui, al contrario di Alessio e Sofia, ha scelto di rimanervi."

"Va bene" pronunciò Pietro con un tono di voce basso, rassegnato.

"Come?" domandò Giuda, incredulo, girandosi verso l'amico.

"Ho detto va bene, è giusto così. Nel paradiso terrestre Marie starà bene e la gravidanza non subirà alcun trauma. Abbiamo già visto questo scenario, il male... Deve ancora esplodere! Ed esploderà. Ma non sarà una parte della Terra a beneficiare di questo trattamento, no! Trasporteremo tutti, sette miliardi di persone, nessuno escluso."

"Pietro!" urlò Astaroth, di colpo rosso in viso. "Sei impazzito? Eva non può sottoporsi a un tale stress fisico. Potrebbe rischiare di..."

"Posso farlo!" esclamò Eva, e tremò per l'adrenalina. "Li trasporterò tutti insieme."

"Wooooo!" gridò Achille alzando le braccia al cielo, con un sorriso a trentadue denti.

"Eva!" esplose il vecchio. "Dovrai spingerti oltre ogni limite. Potresti perdere la vita, non posso permetterlo!"

"Mi allenerò intensamente, zio Astaroth. Oltrepasserò il limite umano."

"È deciso, allora" disse Pietro, e si voltò di spalle senza incrociare gli occhi di nessuno tra i presenti.

"Ma Pietro..." sussurrò Astaroth con un tono di voce frustato, come se fosse l'unico a pensarla diversamente. "È solo una bambina."

"Non lo è" intervenne finalmente Lux con uno sguardo fiero. "Ci ha già salvato la vita portandoci sulla Terra. Io credo in lei."

Giuda si avvicinò alla sua amata e avvolse i suoi fianchi con un braccio. "È nostra figlia. È destinata a salvare il mondo, come sua madre. E Achille è destinato a combattere come un guerriero..."

"Come suo padre" concluse Lux, e i suoi occhi luccicarono.

"Siete pazzi!" mormorò Astaroth facendo no con la testa. "Esaltati e pazzi."

Achille abbracciò la sorella come suo padre aveva fatto con Lux.

"Bene!" disse Eva sorridendo. "Andiamo a trovare Andrea e Sofia."

Era ormai notte fonda quando Astaroth, Giuda, Lux, Achille ed Eva giunsero ai piedi di una piccola chiesa sconsacrata, a Milano. Le luci all'interno erano soffuse, la musica tuonava di folle allegria, la folla applaudiva e le due sorelle danzavano come se avessero le ali ai piedi.

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