Capitolo 70 - Il risveglio di Giuda (R)
Galassia Inferno - Giorno Due
Giuda.
Buio. Nella mia mente non scorreva alcuna immagine, il pensiero si era accucciato nell'ombra. Le emozioni sembravano svanite ancora una volta... la rabbia, l'odio, la frustrazione. Smarrite. Pensai di essere morto, ma ero certo del contrario. I led luminosi del mio tracciato cerebrale erano andati in cortocircuito, sovraccaricati dallo sforzo e dal dolore; ero svenuto. Goethe aveva vinto. Quel cavallo! Una particella di luce comparve all'orizzonte, assoluto e buio, e si avvicinò crescendo di volume.
A un tratto arrestò il suo viaggio e si girò intorno, ora grande quanto una navicella, lanciando lampi di luce ovunque, come per identificare il suo luogo di appartenenza. Chissà quanti interminabili secondi ci sarebbero voluti per stabilirlo. Un istante ancora e riprese il suo viaggio, brillando a intermittenza come per comunicare con la parete cerebrale. La decisione era presa, la direzione era chiara.
Adesso la navicella gocciolava rivoli di luce lattiginosa, e più si avvicinava alla stanza in cui vi erano custoditi i ricordi, più pareva modellarsi in una figura umana. Un attimo ancora e mi apparve davanti il volto di Goethe; il cavaliere si piegò lentamente, mi raccolse da terra e richiamò il suo cavallo. Un secondo ancora e mi ritrovai ai piedi del trono di Satana; buio.
Le palpebre fremettero, le ciglia si schiusero, una luce soffusa invase le pupille, le iridi, ero sveglio. Provai ad aprire e chiudere una mano, poi l'altra; le strofinai sul tappeto di velluto cosparso di petali di rosa che mi cullava la schiena, ai piedi del trono di marmo scuro. Le ossa erano integre, come nuove, e non percepivo alcun dolore. Una luce fioca scendeva dal lucernario situato al centro del soffitto e rischiarava la figura del principe del Male. Lux era scomparsa.
Quanto tempo era passato? Cosa era successo?
Un accesso di tosse mi fece trasalire. Con uno scatto mi levai a sedere e improvvisamente mi girò la testa. La mente era confusa, i ricordi sparpagliati in maniera caotica; mi sentivo come se qualcuno li avesse plasmati e riordinati a suo piacimento. Pensai che era davvero così, sapevo che era così. La mia schiena era leggermente curvata in avanti, lo sguardo meditabondo, le gambe distese e immobili, un po' intorpidite.
Un senso di vuoto rese la testa leggera come una piuma, poi un vortice di spossatezza mi annebbiò la vista. Tutto sembrava girare intorno a me; gli oggetti e i colori si mescolavano tra loro. Dopodiché ogni cosa tornò al suo posto, lì dove era sempre stata. In quell'istante mi resi conto di indossare un'armatura color platino; l'elmo non era compreso.
"Bentornato tra noi, Giuda!" esclamò una voce rauca e anziana.
Quel susseguirsi di note vocali mi diedero la forza e l'energia di riprendere il controllo del corpo e riordinare la confusione mentale. Con un balzo mi sollevai da terra, e l'essenza dell'elemento Aria prese a scorrermi nelle vene.
"Mio Signore!" dissi con un mezzo inchino. Gli occhi bassi. "Le mie ossa. Erano fratturate, e adesso non lo sono più. Quanto tempo sono rimasto privo di sensi?"
Nel luogo di estasi, abissale contemplazione, profonda e ineffabile malinconia, un sospiro lungo, cavernoso e afono fece tremare l'aria.
"Hai passato la notte dentro la capsula di Astaroth." Sollevò l'indice dal bracciolo duro del trono e ne indicò una, senza girare la testa. "Oltre a ibernare un corpo, e farlo scampare alla vecchiaia, le capsule hanno la capacità di risanare l'energia vitale di colui che ospitano."
Sollevai il mento, drizzai la schiena e distesi le braccia lungo i fianchi, rigide. Spesse catene di energia pura stringevano il corpo di Satana al trono, e luccicarono dopo che protese l'indice verso le capsule, scaricandogli addosso una scossa elettrica.
"Maestro!" gridai. La mano aperta lanciata davanti al corpo come per voler fermare la furia di quelle catene. "State bene?"
I suoi occhi rosso fuoco si incupirono. I lisci capelli candidi, raccolti dietro la nuca in una coda di cavallo che toccava terra, divennero tesi come corde di violino. La pelle ambrata del viso mostrava più rughe del giorno prima. Le sue labbra si aprirono in un ghigno di piacere.
"Mai stato meglio" disse. "Queste catene, questo castigo, mi ricordano il motivo della mia esistenza. Nessuno dovrà più patire l'ingiustizia del Padre Onnipotente, l'uomo rinascerà libero da ogni limite. Quando Lux partorirà la nuova stirpe del Male, gli apostoli saranno sconfitti e il Messia si sarà rintanato in qualche triste pianeta, l'Esistente sarà costretto a ricevermi."
"L'Esistente?" quasi balbettai.
Dal buio apparve una figura nera in sella a un maestoso cavallo verdastro: Astaroth. Si affiancò al trono e mi fissò con aria severa.
"Avremo modo di parlare di tutto ciò che vorrai" disse rauco. "Non ora, non domani, ma al termine della battaglia. Adesso è tempo di allenarci."
Per la prima volta finora, la sua voce mi parve quella di un anziano. Aggrottai le sopracciglia, curioso, e lo scrutai con maggiore attenzione, come per capire chi si nascondesse dietro quell'elmo.
Di cosa mi sto meravigliando; Astaroth è fuori dalla sua capsula d'ibernazione probabilmente da quando il Principe è seduto su quel trono. Non potrebbe che essere un anziano, dopo tutto questo tempo, così come lo è il Principe.
Girai gli occhi intorno, improvvisamente frastornato, come se mancasse qualcosa nella stanza. Non era Lux, anche se mi chiedevo dove fosse finita, poi un lampo mi attraversò il cervello.
"Goethe!" esclamai. "Dov'è finito?"
"È partito" disse Astaroth. "Sono tutti sul campo di battaglia. Lo scontro sta per cominciare."
Volsi ancora lo sguardo intorno, come per cercare l'ultimo pezzo di un puzzle. Sentivo una morsa di ferro avvinghiarmi lo stomaco, la testa in fiamme, di nuovo caotica di pensieri. Quella parte del puzzle, questa volta, era Lux.
Cosa vuoi da me, donna? Lasciami in pace! Io devo andare, devo andare.
Indietreggiai di qualche passo e mostrai un ghigno di malvagia esaltazione, come se l'odore e il sapore della guerriglia mi stessero attirando lontano da qui.
"Devo andare!" dissi. "Non posso perdermi l'esordio del loro terrore."
Feci altri due passi all'indietro, i pugni stretti lungo il corpo.
"Tu non andrai da nessuna parte!" disse il principe del Male. La sua voce echeggiò come un tuono e le pareti vibrarono. "Non sei ancora pronto."
Quelle parole furono come lance infilzate nel cuore; allorché caddi in ginocchio, gli occhi bassi sul tappeto rosso.
"Mio Signore!" esclamai. "Chi meglio di voi può sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ditemi quello che devo fare, e io obbedirò."
Un lungo sospiro, seguito da un basso lamento riflessivo, pervase la stanza.
"Giuda!" pronunciò il Maestro. "Ricordi cosa ti ho detto quando sei arrivato qui? Mi aspetto grandi cose da te. Non tradire la mia fiducia. Il Messia non ha schierato i suoi figli Pietro e Giacomo, sul campo di battaglia, e ciò mi porta a pensare che potrebbe avere un asso nella manica. Adesso il tuo corpo è forte, ma il cuore è ancora debole. Scenderai in campo il terzo giorno, e sarai il più valoroso dei guerrieri."
Un velo di commozione mi impregnò gli occhi, il petto sembrava voler esplodere fuori dalla cassa toracica. Sollevai lo sguardo e ammirai il Principe, commosso.
"Maestro!" dissi con un filo di voce. "Le vostre parole mi riempiono il cuore di gioia. Quale sarà, dunque, il mio prossimo compito?"
I suoi spettacolari occhi rosso fuoco brillarono, e parvero due soli nel momento più alto della luce.
"Uccidi Astaroth!" esclamò con tono agghiacciante.
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