Capitolo 6 - Fuori onda (R)


In viaggio verso Genova - 22 marzo 2026

Alessio.


Nel pomeriggio avevo raggiunto il ponte di prua: il panorama blu intenso aveva rilassato i miei muscoli e addolcito le sofferenze... cosa avrei dato per una sigaretta. Una pallida luna era spuntata nel cielo e le stelle più coraggiose e splendenti erano uscite per corteggiarla. Nulla a che vedere con la bellezza di Lux; dei suoi occhi, dei suoi gesti, delle sue parole. Un insieme di virtù dolci e soavi che luccicavano su di lei facendola apparire, ai miei occhi, come l'unico angelo mai esistito su questa terra. Il mio sguardo assorto aleggiava sul suo viso, apprezzandone i tratti delicati e perfetti.

Le poche e sbiadite lentiggini sulle gote esaltavano la sua pelle rosea, e i suoi grandi occhi sembravano fatti apposta per essere ammirati. La sua iride destra scintillava di un colore indaco chiaro opalescente, quella sinistra, invece, di un colore scuro come il cuore di un buco nero. Entrambe erano cosparse da impercettibili venature che creavano mondi magici, dove la maggior parte delle volte vi approdavo senza trovare più la strada di ritorno. Per non parlare delle sue labbra, carnose e rosso-brune anche senza rossetto.

Il mio sguardo si muoveva con cautela, silenzioso e invisibile come un ladro propenso a rubare la sua innocenza. Con leggero imbarazzo, percorreva senza fretta il suo appetitoso collo, scendeva delicatamente verso le parti più prominenti del corpo, per poi rintanarsi nelle più segrete forme e dare sfogo a oltraggiose fantasie. Se solo avessi avuto il coraggio di esternarne solo una di queste... forse mi avrebbero gettato in mare per refrigerare il mio corpo.

Nel tardo pomeriggio, Simone aveva preso il mio posto al ponte di comando e, attraverso gli altoparlanti della nave, aveva iniziato a diffondere un repertorio di musica classica allegra e rasserenante. Dopo il tramonto, avevo trasportato alcuni barilotti di legno in una sala allestita per la cena. Il menù prevedeva tre portate: riso in bianco, carne essiccata di manzo e di vitello, e formaggi vari. Il tutto accompagnato da boccali di succo di cedro.

Anni prima, una cena del genere sarebbe di sicuro passata inosservata per la sua mediocrità; oggi, raffigurava uno dei migliori pasti a cui potessimo aspirare. E tra chiacchiere, incertezze, desideri e visioni, si era avvicinata la sera. Un leggero venticello diffondeva nell'aria il profumo salmastro del mare che, mescolato all'odore sfizioso del banchetto vespertino, glorificava il nostro olfatto verso sublimi emozioni.

Durante la cena, i miei occhi flebili erano rimasti incollati a quelli di Lux, ma distanti per paura di sentirsi nudi e indifesi. Che fosse il profumo del mare o l'aria serena della navigazione, sentivo che vecchie emozioni eclissate stessero per tornare a vorticare nel cuore. Il mio corpo era un tumulto di vampate di calore che non sarei riuscito a tenere a freno ancora per molto. Lei sarebbe stata mia, il mio dolce angelo; ed io l'avrei protetta senza riserva alcuna, come il suo valoroso cavaliere.

Terminata la cena, scambiai due parole con Simone, stabilendo i turni di guardia al ponte di comando. Dopo aver fissato la rotazione, e aver deciso che il primo turno sarebbe spettato a lui, lo salutai e mi diressi verso le cabine. Il resto del gruppo, un po' assonnato, mi seguì a ruota, camminando alle mie spalle. Quando raggiunsi uno dei corridoi di prua, privo di cannibali, ognuno di noi scelse la propria camera, in attesa dell'arrivo al porto di Genova. Salutai Lux mostrando un sorriso, ed entrai nella mia cabina. E lo stesso fece lei nella sua.

Chiusi la porta e rimasi immobile a riflettere, poggiando la schiena su di essa. Davanti a me c'era un oblò realizzato per guardare il mare, un comodino con sopra un foglio di carta e una penna, e un letto a una piazza sul quale era poggiata una lanterna. Qualsiasi altra cosa presente nella cabina aveva perso ogni importanza, perché la mia mente aveva già elaborato un piano. Dunque presi il foglio di carta e la penna, poi mi avvicinai all'oblò.

"Cosa le dovrei scrivere?" riflettei tra me e me, osservando le onde mosse dal movimento ondulatorio della nave. "Pensa Alessio, pensa."

I miei occhi si persero in un mare di ricordi, e le stelle li accecarono con la loro luminosità prima ancora che potessero prendere forma. Un fulmine trapassò il cervello e allora tutto mi fu più chiaro. Rapido, presi il foglio di carta e lo poggiai sull'oblò, agitai la penna e scrissi: "Non ho dimenticato. Ti aspetto sul ponte di prua, Alessio...".

A quel punto mi girai di spalle, feci volare la penna sul letto e afferrai la lanterna: il serbatoio era pieno. Abbassai la maniglia e spinsi la porta verso l'esterno, e con passo felpato mi diressi verso la cabina di Lux. Con un gesto veloce e deciso, feci passare il foglio di carta attraverso la feritoia nella parte bassa della porta, poi mi incamminai verso il ponte di prua, accendendo la lanterna e aspettando l'arrivo del mio angelo.

Nella fredda notte primaverile, il cielo era pieno di stelle. Nonostante le avessi viste migliaia di volte, non ne avevo mai percepito la profonda poesia. Una luna bianca, coronata di luce, allungava la sua traccia chiara sulle onde lunghe. Le mie mani, poggiate sulla battagliola, tremavano di freddo a ogni tocco del vento. Il mare era una distesa di creste bianche sollevate dai motori della nave e inframmezzate da un tappeto a onde blu notte. Un mare gelato ma pieno di vita, ardente nei suoi abissi, gioioso nei salti dei pesci, portatore di fertilità e non di morte.

E mentre lo contemplavo, rapito, lo scricchiolio di alcuni passi giunse alle mie orecchie, facendomi sussultare. D'istinto mi girai verso quel suono, portando davanti al corpo la mia lanterna, la cui fiamma si piegò di lato, si affievolì e poi crebbe di nuovo. Il viso angelico di Lux apparve nella mezza oscurità, avvicinandosi a me fino a divenire del tutto nitido. Indossava una gonna celeste molto ampia, che le arrivava poco sopra il ginocchio, un paio di stivali di camoscio, una maglietta di cotone bianca e un parka imbottito con il cappuccio sulle spalle. Camminava con passo deciso ed elegante, come una signorina di altri tempi.

"Non pensavo saresti venuta..." dissi con aria imbambolata, appoggiando per terra la lanterna.

In realtà non era vero, sapevo che mi avrebbe raggiunto, ma in questi casi mentire funzionava sempre. O forse no, non ero mai stato un asso con le donne.

"Perché non avrei dovuto?" chiese lei. "E poi non sarei riuscita a dormire... questa nave mi mette i brividi."

Lux si avvicinò al mio fianco, poggiò le mani sulla battagliola e lanciò lo sguardo oltreoceano, senza notare nulla di particolare nei miei occhi.

"Quindi sei venuta solo per questo?" domandai, con po' di imbarazzo. "Pensavo per la lettera..."

Chinai il volto, distogliendo lo sguardo dal suo incantevole corpo. Poi mi girai verso il mare e lanciai un'occhiata in fondo al mio cuore.

"Anche per la lettera" rispose.

Lux non mi guardava, non cercava i miei occhi, non desiderava il contatto. Fissava un punto a caso nell'immensa distesa blu ed era come sentire il suo calore a chilometri di distanza, lentamente spegnersi nell'acqua.

"Ripensi mai a quel che è successo?" chiesi, guardando i suoi capelli muoversi come onde nel vento. "O a quel che sarebbe potuto diventare?"

Lux girò il suo volto verso il mio, senza battere ciglio.

"Stai parlando del bacio che ti ho dato in quella vecchia scuola?"

La sua schiettezza, per un attimo, mi paralizzò dalla testa ai piedi.

"Sì, parlo proprio di quello."

Lux sospirò, chinando il mento verso il collo.

"È stato uno sbaglio, Alessio. Ne abbiamo già parlato in passato..." Con la mano destra spinse i suoi capelli indietro come per pettinarli, rimanendo in quella posa per un po', con la sua folta chioma tra le dita e lo sguardo dispiaciuto. "Pensavo di essere in debito con te e ho agito d'istinto, senza pensare alle conseguenze." Lux sollevò il mento in quell'istante, si voltò verso di me, allontanò la mano dai capelli e afferrò le mie con tutte e due le sue. "Sei un uomo dolce e divertente, ma... il mio cuore è già impegnato."

In quell'attimo una lama di ghiaccio mi trafisse lo stomaco, per poi ruotare nella carne viva e fuoriuscire assieme al suo suono stridente. Gli occhi divenuti di pietra, e il respiro sospeso in gola, furono susseguiti da un forte calore alle tempie. Il mio corpo congelava da una parte e si riscaldava da un'altra e viceversa, attraversato da continui brividi di sgomento.

Sarei potuto morire in quell'istante, forse ero già morto e non me ne rendevo conto. In quel caso, lo sguardo di Lux mi aveva appena riportato in vita. Trasmetteva qualcosa di ignoto, che con le parole non era riuscita a comunicare. Era fresco, innocente, genuino. Avrei dovuto scoprirne la fonte, forse c'era ancora una possibilità. Una via di salvezza, una luce dopo la morte. In caso contrario, mi sarei rintanato nel mio cuore, aspettando che si sgretolasse come un castello di sabbia in balia del vento. Strinsi le sue mani; a dispetto delle sue dolorose parole, i miei occhi lucidi si limitarono a guardare con incanto i suoi.

"Guarda le stelle, Lux" sussurrai con un filo di voce, portando le nostre mani verso l'alto come a indicarne qualcuna. "Loro sono nate nel passato e sono vissute per milioni di anni. Eppure sono rimaste lì, e tutt'oggi continuano a sorridere." I miei occhi solcarono varie costellazioni fino a capovolgersi sulle onde del mare, inebriati da un leggero senso di vertigine. "Se ci sono riuscite loro, possiamo provarci anche noi."

Le mie ultime parole furono pronunciate con una tale enfasi da far rimanere Lux di sasso. Il suo sguardo rimase incollato al cielo e, per un attimo, pensai di essere riuscito a condurla nel mio mondo. Un luogo dove il nostro amore avrebbe sconfitto ogni male terreno ed edificato un nuovo futuro. Adesso quegli infiniti puntini luminosi erano vicini. Li vedevo brillare accanto a noi, e li sentivo sussurrare una poesia che si diffondeva nello spazio. Lux scosse la testa come di ritorno da un posto talmente meraviglioso, da finire per essere odiato per l'incapacità di poterlo raggiungere. Ritrasse le sue mani dalle mie, diede un colpo secco di tosse e gettò un'occhiata sul pavimento del ponte.

"Le stelle sono figlie del cielo, Alessio. Noi siamo semplici figli della terra. Per noi l'amore è una debolezza... e in questo mondo, chi diventa debole muore."

Il mio cuore divenne di pietra, ora che sentivo che una leggera preoccupazione la stesse allontanando da me. Allora provai con le maniere forti: afferrai le sue braccia distese lungo i fianchi, le strinsi forte al suo corpo e sorrisi.

"So come la pensi al riguardo, per questo motivo ho portato con me una lanterna... per farti cambiare idea."

Lux mi guardò con un'espressione stranita, a tratti spaventata per la forza che stessi imprimendo sulle sue braccia. Poi, aggrottando le sopracciglia, domandò: "Cosa c'entra la lanterna?".

Il sorriso non abbandonò il mio volto, ma le braccia si staccarono dalle sue di colpo. Dunque mi mossi in fretta, acchiappai la lanterna poggiata al suolo e la contrapposi tra i nostri corpi.

"Guardala attentamente" dissi, mentre la sua espressione diveniva sempre più turbata. "Tu sei come questa fiamma: illumini il cuore delle persone, accendi la loro passione e risplendi dove la luce non esiste. Ma allo stesso tempo sei molto fragile; basterebbe un alito di vento per spegnere il tuo ardore. E poi ci sono io, il vetro della lanterna; ti ho protetto fino ad ora e ti proteggerei ancora e ancora fino all'infinito. Tuttavia, ai tuoi occhi sono trasparente... come se per te non esistessi."

Lux trattenne il fiato e rimase immobile. In quell'attimo, il ritmo dei motori, delle onde e del mio cuore parve rallentare fino a cessare del tutto. A seconda di come si muoveva la fiamma della lanterna, la sua iride destra era più azzurra o più lilla. L'indaco era l'essenza del mistero e della perfezione. Un colore speciale con la forza di due colori, il blu e il viola insieme. Percepivo ormai l'intensità delle sue riflessioni, e sapevo che non ci sarebbe stato bisogno di ulteriori commenti. Vite passate nel tumulto, nel rendersi reciprocamente infelici, nel più amaro fraintendimento del cuore, rattristando coloro che Dio non aveva reso tristi. Notte fuori e notte dentro, non una parola di più, solo tempie tambureggianti e un'onda più lunga a coprire il castello di sabbia che avevo immaginato.

Tutt'a un tratto qualcosa fece tremare la nave, e i nostri corpi furono sballottati per terra. Il cielo serale si affollò di nuvole nere e minacciose che oscurarono le stelle, il vento acquistò velocità e l'increspato mantello blu divenne un accavallarsi di onde impetuose alte come montagne. Una di queste si abbatté sulla nave da prua, costringendoci a correre al riparo sottocoperta. Adesso il cielo era un abisso di buio dove le stelle, la luna e la vita erano state divorate.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top