Capitolo 54 - Il lato oscuro (R)
Giuda.
Il mio corpo aleggiava sospeso nell'aria in un'ascesa lenta, lo sguardo rivolto al cielo caliginoso spaccato a metà. Mostrai un ghigno di esultanza con tutti i denti a vista; quella crepa ramificata divideva il firmamento in due parti uguali, e dalla fenditura ne usciva un bagliore nero gremito di malvagità che mi attraeva a sé. Poggiai una mano sul petto e il cuore batté più forte, in preda all'emozione. La galassia Inferno era la mia casa, Satana la ragione della mia esistenza, i cavalieri dell'apocalisse coloro con cui avrei ultimato il disegno del principe del Male.
Qualcosa mi graffiò la fronte fino a farla bruciare, un marchio inciso con il fuoco. Vi portai le dita e queste scottarono, dunque le allontanai d'istinto. Aspettai qualche secondo e, mentre le avvicinavo una seconda volta, un frammento di vetro si materializzò nel palmo della mano. Mi specchiai il viso e vidi il simbolo di un'aquila reale nera, che di colpo si ritirò sottopelle lasciando l'ombra della cicatrice, d'un tratto svanita anch'essa. Mostrai ancora un ghigno di esultanza con tutti i denti a vista, lasciai cadere la scheggia di vetro e un improvviso fischio breve giunse nei miei circuiti cerebrali.
"Goethe ti sta aspettando!" esclamò una voce possente. "Focalizza la sua aura e raggiungilo. Dopodiché torna a casa, il Principe vuole vederti."
Sebbene avessi dovuto riconoscere l'identità celata dietro quella voce, non fu così, ciononostante sentivo il dovere di obbedire a quell'ordine. Prestai più attenzione all'accaduto e notai un piccolo, ma arcano particolare: non avevo più ricordi della mia infanzia, adolescenza, vita, ma al loro posto mi erano state stampate con il sangue quattro leggi.
La galassia Inferno è la mia casa. Satana è la ragione della mia esistenza. I cavalieri dell'apocalisse sono alleati. Lux appartiene al Principe.
Mentre le rileggevo, mi accorsi di non provare più alcuna emozione benigna; solo collera pura, distillata, una forza solida e possente che mi stringeva il petto e donava vitalità al cuore. Non distinguevo l'amore, l'affetto, il perdono; ed era tutto così semplice, adesso. A un tratto il marchio sulla fronte pulsò sottopelle, dunque lasciai esplodere la mia aura in una serie di scariche elettrostatiche che percorsero il corpo, e di fulmini che saettarono dappertutto.
Sto arrivando, Goethe...
Aleggiavo sospeso nell'aria in un'ascesa lenta, lo sguardo rivolto al cielo in uno stato di concentrazione estrema, intento a percepire l'energia vitale del terzo cavaliere dell'apocalisse. Chiusi le palpebre e aspettai.
Eccolo là...
A quel punto strinsi i pugni, contrassi le braccia, avvicinai le spalle al collo e piegai in avanti la schiena. Fissai nella mente la destinazione e spiccai il volo. Una strana sensazione mi suggerì di riaprire gli occhi e inaspettatamente mi ritrovai davanti al corpo di Goethe, incredulo.
Egli era in sella a un maestoso cavallo bianco e indossava un'armatura rossa d'acciaio, alla quale erano agganciati una spada e uno scudo circolare. Il ventre di Lux era adagiato sul dorso dell'animale, il cranio e le gambe penzolavano ai lati. La donna era stata spogliata delle sue vesti e la pelle sembrava ricoperta di squame d'un colore rosso purpureo.
Osservai Goethe negli occhi attraverso le fessure dell'elmo che portava in testa, poi mi voltai di scatto. La Terra era ormai un punto lontano, una minuscola sfera di cristallo con varie crepe in superficie; non ero riuscito soltanto a volare, ma a teletrasportami fuori dal pianeta. Con stupore, fissai la mia aura scintillante color platino.
"Non sei ancora in grado di controllare la tua forza!" esclamò Goethe con un tono di stizza.
La sua voce giunse alle mie orecchie, ma non mi girai a guardarlo.
"Devo ammettere che non è da tutti riuscire a teletrasportarsi" continuò a dire.
Sapessi almeno come ci sono riuscito, pensai.
Una brezza gelida mi catturò nel suo velo etereo e tremai. Pertanto sfregai le mani sulle braccia e solo allora mi resi conto di trovarmi sospeso nell'universo. Aggrottai le sopracciglia e volsi lo sguardo intorno; un'aurora australe dai colori chiari e luminosi dipingeva la calotta orizzontale del cosmo, mentre un'altra dall'aspetto ombroso e cupo si estendeva verticalmente.
Una leggera fuliggine offuscava il manto vellutato e gelido dello spazio, intanto che alcune scie gialle e verdognole si manifestavano luminescenti. Macchiettati qua e là, interminabili puntini luminosi con sfumature tendenti al blu, bianco, rosso e oro rivestivano la coltre nera, e a un certo punto mi sembrò di essere circondato dalle fiammelle di una stufa a gas, le cui onde azzurrine e spettrali si increspavano muovendosi avanti e indietro.
"Tutto questo presto sarà nostro!" esclamò Goethe con tono solenne.
"Già!" risposi, continuando a dargli le spalle. "Riuscirai a vivere tanto a lungo da raccontarlo?"
Il cavaliere fece un suono gutturale con il retro della gola e disse: "Metti da parte il rancore, Giuda! Quello che è stato doveva essere fatto. Il Principe voleva che scoprissi la tua vera identità attraverso il dolore. Nulla di personale, insomma, siamo dalla stessa parte."
Mi voltai di scatto con un ringhio.
"Basta!" urlai. "Siamo alleati, ma io servo soltanto il Principe. Le tue parole non valgono niente."
Goethe si tolse l'elmo e mostrò un ghigno perverso.
"Quanta rabbia!" disse. "Riuscirai a tenerla a bada fino alla battaglia contro i tuoi fratelli?"
"Non nutro alcun timore" risposi. "Tu puoi dire la stessa cosa?"
Egli estrasse la sua spada dal fodero e una fiamma color porpora dai contorni bluastri avvolse la lama larga. La protese in avanti e, con lo sguardo accigliato, biascicò: "Pensi davvero di poter fare lo sbruffone con me? Bada a come parli, Giuda! Un'altra parola e riferirò il tuo comportamento ostile al Principe!".
Il cavaliere ripose la spada nel fodero e grugnì.
"Provi ancora qualcosa per questa donna?" chiese.
Mostrai un sorrisino sadico e dissi: "Non provo più niente per nessuno. Forse dovresti preoccuparti di questo".
Goethe emise un brontolio di irritazione e strinse i pugni. All'improvviso un fulmine seghettato squarciò la calotta verticale e l'aria gelida schiacciò la leggera fuliggine verso la calotta orizzontale, annebbiando alcuni puntini luminosi. Un soffio caldo sospirò alle mie spalle e le fiammelle azzurrine si spensero una dopo l'altra. Tremai e vidi Goethe bisbigliare qualcosa.
"Che succede?" domandai, contraendo la fronte.
Egli si schiarì la voce e indossò nuovamente l'elmo.
"Dobbiamo andare!" esclamò. "Il Principe vuole vederti, adesso."
Serrai la mano a pugno e manifestai un ghigno di esaltazione; non vedevo l'ora di trovarmi dinnanzi al più grande esponente del Male. Ebbene fissai il terzo cavaliere dell'apocalisse e feci un cenno con la testa. Egli estrasse nuovamente la sua spada dal fodero e protese il braccio in alto; l'elsa stretta tra le mani e l'elmo inclinato all'indietro.
Spaventosi lampi di luce mescolati all'evanescenza della fiamma porpora e bluastra zampillarono dall'arcaica lama infernale, e un varco dimensionale si plasmò sopra le nostre teste, laddove i lampi giungevano ed esplodevano con un boato. Ciò che all'inizio era solo una breccia rossa lucida in una parete nera, in men che non si dica divenne un passaggio alto tre metri e largo due. Raggi fumosi colmi di elettricità e fiamme dorate fuoriuscivano dai bordi.
Con gli occhi accecati dalla meraviglia, riuscivo già a intravedere il muro di fuoco che aleggiava nella galassia Inferno, a percepire il vuoto profondo del silenzio e a inebriarmi del calore di Satana.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top