Capitolo 52 - L'iniziazione (Parte Finale) (R)



Pietro.

Il Maestro contrasse le sopracciglia e la mascella, e disse: "Pietro! Giacomo! A voi confido il titolo di Dominatori dell'aria; governerete lo spazio tangibile e intangibile che avvolge e permea l'universo. La vostra aura color platino rimarrà accesa finché l'ultimo strepito di agonia non cesserà di esistere; essa vi proteggerà e sosterrà nella paura, vi eleverà e glorificherà nel coraggio. Adesso inginocchiatevi e ripete insieme a me:

O, Spirito dell'Aria,
invoco il tuo aiuto e la tua assistenza.
Che nei tuoi flutti irruenti
si perda il dolore che porto,
che il tuo soffio magnanimo,
allontani ogni negatività da me.
Con spirito pulito e aeriforme a te giungo,
con spirito pulito e aeriforme ti saluterò
".

Il Maestro strinse il bastone in uno stato di profonda meditazione e lo poggiò prima sulla mia spalla, poi su quella di Giacomo. All'improvviso un esercito di nuvole cineree foderò il cielo e un bagliore giallastro palpitò di vita; un boato sordo attraversò le onde del suono e infiniti spilli d'acqua caddero dall'alto.

Guardai Giacomo negli occhi e in quell'istante una folata di vento strinse i nostri corpi fino a immobilizzarli del tutto; il simbolo di un'aquila reale dorata venne marchiato sulla nostra fronte e pulsò sottopelle, facendoci contorcere dal dolore. L'energia cosmica dell'aria mi esplose nel cuore e mi investì di una forza sbalorditiva, e l'aura platino si accese a intermittenza intorno al corpo. Il cielo tornò alla normalità dopo qualche secondo e caddi per terra, stremato, sotto gli occhi affascinati dei miei fratelli.

A un tratto i miei sensi si acuirono e i rumori che prima erano solo un sottofondo si amplificarono e divennero nitidi. Riuscivo persino a sentire gli insetti raschiare la fanghiglia, altri muoversi nell'erba tra le folate labili del vento. I secondi parvero dilatarsi e inspirai a pieni polmoni, impressionato; adesso ero Pietro, Dominatore dell'aria.

Il Maestro mostrò un ghigno soddisfatto e si spostò di qualche passo. Sfregò l'estremità del bastone al suolo come fosse un fiammifero, e una scintilla diede origine a una vampata di fiamme evanescente.

Protese lo scettro di legno verso alcuni dei miei fratelli e disse: "Andrea! Simone! Giovanni! A voi confido il titolo di Dominatori del fuoco; purificherete l'oscurità tangibile e intangibile che avvolge e permea l'universo, elevandola a un livello di perfezione trascendentale maggiore. L'energia scaturita dalla vostra aura raffigurerà il principio stesso della vita, e rimarrà ardente fino al vostro ultimo sospiro. Essa vi proteggerà e sosterrà nella paura, vi eleverà e glorificherà nel coraggio. Adesso inginocchiatevi e ripete insieme a me:

O, Spirito del Fuoco,
invoco il tuo aiuto e la tua assistenza.
Che nella tua inesauribile fiamma
si perda la negatività che ho dentro,
che dal tuo impeto purificatore,
il male bruci e svanisca.
Con spirito pulito e ardente a te giungo,
con spirito pulito e ardente ti saluterò".

Il Maestro strinse il bastone, la cui estremità ora spargeva serpentelli di fumo bianco, in uno stato di trance e lo poggiò sopra la spalla dei Dominatori del fuoco. A un tratto la terra tremò e fuoriuscì un vulcano dal sottosuolo, che si eresse per oltre venti metri e iniziò a riversare fiumi di lava gloglottante, poi a sputare piccoli frammenti di crateri rossastri. Un boato pazzesco si propagò dal centro della camera magmatica e una nuvola di zolfo si levò al cielo, serpeggiò a mezz'aria e avvolse i corpi dei miei fratelli, fino a paralizzarli.

Quando il moto di eruzione ebbe fine, un bagliore di luce fece sparire il vulcano e il simbolo di una fenice dorata apparve come un marchio sulla loro fronte. Pulsò sottopelle per una manciata di secondi, poi sprigionò una scarica elettrica che li fece dimenare e cadere per terra, mentre un'aura porpora si accendeva focosa intorno ai loro corpi; adesso erano Andrea, Simone e Giovanni, Dominatori del fuoco.

Il Maestro sorrise lieto del loro stupore e si spostò di qualche passo, intento a continuare la celebrazione senza perdite di tempo. Dunque protese lo scettro di legno in direzione del laghetto e un rumoroso risucchio diede origine a un mulinello.

Il figlio di Dio indicò alcuni dei miei fratelli e disse: "Matteo! Tommaso! Giacomo il minore! A voi confido il titolo di Dominatori dell'acqua; prolificherete il bene nelle profondità della terra, trapassando la materia oscura e densa che avvolge e permea l'universo. L'energia generata dalla vostra aura ritrarrà l'eterna sorgente della vita, e sgorgherà florida fino a quando l'ultima goccia non sarà essiccata. Essa vi proteggerà e sosterrà nella paura, vi eleverà e glorificherà nel coraggio. Adesso inginocchiatevi e ripete insieme a me:

O, Spirito dell'Acqua,
invoco il tuo aiuto e la tua assistenza.
Che la tua goccia primordiale
porti via ciò che mi offusca il cuore,
che dal tuo liquido amniotico,
si rigeneri e fecondi la vita.
Con spirito pulito e frangente a te giungo,
con spirito pulito e frangente ti saluterò".

Il Maestro strinse il bastone in uno stato di estasi e lo poggiò sopra la spalla dei Dominatori dell'acqua. A un tratto le onde del laghetto si incresparono e il mulinello prese a turbinare sempre più veloce. Dopodiché si staccò dalla superficie e trasvolò con moto rotatorio fino all'estremità del bastone, sputando piccole schegge d'acqua dappertutto. Il figlio di Dio indirizzò lo scettro di legno verso i miei fratelli e la tromba d'acqua li inghiottì, paralizzandoli.

Quando il moto di turbinoso si arrestò, Matteo, Tommaso e Giacomino caddero al suolo e il simbolo di un leviatano dorato gli apparve come un marchio sulla fronte. La tromba d'acqua si disfece sul terreno, il simbolo pulsò sottopelle e il laghetto tornò alla normalità. Dei brividi fecero tremare i miei fratelli e un'aura cobalto si mostrò lucente intorno ai loro corpi; adesso erano Matteo, Tommaso e Giacomo il minore, Dominatori dell'acqua.

Il Maestro sorrise divertito del loro intontimento, si spostò di qualche passo e osservò la sagoma di una montagna distante, le cui pareti sembravano un susseguirsi di precipizi, strapiombi e rocce sporgenti costellate di pietre caliginose. Lì, un bagliore verde palpitò desideroso di vita.

Dunque si voltò e disse: "Filippo! Bartolomeo! Taddeo! A voi confido il titolo di Dominatori della terra; coltiverete la materia primordiale che vive e cresce nel grembo cosmico, deturpando l'esistenza oscura e densa che avvolge e permea l'universo. Fertile e creativa, nutriente e rigogliosa, la vostra aura pianterà radici spesse e robuste fino a quando l'ultimo bocciolo non essiccherà annichilito. Essa vi proteggerà e sosterrà nella paura, vi eleverà e glorificherà nel coraggio. Adesso inginocchiatevi e ripete insieme a me:

O, Spirito della Terra,
invoco il tuo aiuto e la tua assistenza.
Che dal tuo seme primordiale
io mi possa nutrire e fecondare,
che dalle tue fertili e rigogliose radici,
si coltivi e fiorisca l'essenza vitale.
Con spirito pulito e breccioso a te giungo,
con spirito pulito e breccioso ti saluterò".

Il Maestro strinse il bastone in uno stato di elevazione psichica e lo poggiò sopra la spalla dei Dominatori della terra. A un tratto il suolo tremò e si aprì una voragine che inghiottì di netto un albero rigoglioso del giardino, poi uno sbuffo rauco e agghiacciante si levò al cielo. Un getto di luce bianca esplose dalla voragine, schizzò verso l'alto e fece eclissare la luna e le stelle; infine si riversò sulla terra sotto forma di lampi accecanti.

Un'improvvisa raffica di vento strappò le foglie dagli alberi e si trasformò in una bufera verde che intrappolò i corpi dei miei fratelli nel suo vortice e li fece roteare fino allo sfinimento. Quando il moto travolgente si interruppe, essi caddero al suolo e il simbolo di un drago dorato gli apparve come un marchio sulla fronte. Il fogliame ondeggiò a mezz'aria fino a depositarsi sul terreno, e un'aura bronzea esplose sfavillante dai loro corpi; adesso erano Filippo, Bartolomeo e Taddeo, Dominatori della terra.

Il figlio di Dio, terminata la celebrazione, non sorrise affatto. Lo sguardo cupo e accigliato.

"Ci ha scoperti!" ringhiò, stringendo i pugni.

Increspai la fronte, sbattendo le palpebre.

"Chi ci ha scoperti?" domandai.

In quell'istante mi voltai di scatto e lanciai gli occhi assottigliati al cielo. Un'aura tenebrosa proveniente da molto lontano si dirigeva a grande velocità verso di noi. Un brivido mi intirizzì il collo.

"Erode!" biascicò il Maestro. "Secondo cavaliere dell'apocalisse e servo di Satana."

L'aura malvagia di Erode sfrecciava a una velocità inaudita tra le nuvole, e sembrava di gran lunga superiore di potenza alla nostra, man mano che si avvicinava.

"Dobbiamo andare!" esclamò il Maestro. "Non siete ancora pronti."

Lo osservai con la coda dell'occhio e aggrottai le sopracciglia.

"E dove andremo?" chiesi.

Egli distolse lo sguardo dal cielo e scosse la testa, poi disse: "Sulla Stella di David, un luogo simile alla Terra, ma mille anni luce distante da questo sistema solare".

Un raggio luminoso fuoriuscì dall'estremità del bastone e plasmò una cupola incolore sopra le nostre teste. Nel giro di qualche secondo infiniti filamenti di luce si erano attorcigliati tra loro estendendosi fino a toccare terra. Lampi di energia bianca saettarono da una parte all'altra della cupola a forma di semicerchio e di colpo mi ritrovai in un'altra dimensione.

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