Capitolo 51 - L'iniziazione (Parte Due) (R)



Pietro.

Sollevai lo sguardo e vidi la luna piena inchiodata al cielo notturno, sebbene mi trovassi a una profondità di oltre centro metri sotto la superficie dell'acqua. Sparse qua e là, le stelle sembravano sorridere piene di gioia. Davvero buffo, pensai. Percepivo l'energia vitale dei miei fratelli ma non riuscivo a vederli, come fossero qui accanto ma invisibili. Avrei voluto osservare la loro faccia e ridere insieme, sotto le stelle, di una risata trascurata per troppo tempo.

Per un istante un'ombra macchiò il disco lunare, poi scese in picchiata sul laghetto. All'impatto, un tonfo grave e terribile mi perforò le orecchie, creando una tromba marina che risucchiò a sé l'intero volume dell'acqua, lasciando nude le pareti terrose, le cui radici adesso gocciolavano.

D'improvviso mi trovavo sospeso su un baratro, tra la tromba d'acqua, che vorticava così veloce da sembrare quasi invisibile, e le pareti grinzose. Sotto i piedi il buio. L'ombra scese danzando tra le onde imprigionate nel turbine, si fermò davanti ai miei occhi e sprigionò un bagliore di luce purissima. Dopodiché emise un bisbiglio incomprensibile che mi fece rabbrividire le orecchie, provare un calore su mani e braccia, un formicolio nelle gambe.

Il mormorio aumentò d'intensità così come lo scroscio dell'acqua, e il rito di iniziazione spirituale andò avanti per ore, fino a quando il suono e l'energia vitale dell'aria scesero dall'alto e si insinuarono nelle mie vene; a quel punto un filamento d'acqua si separò dalla tromba marina e mi avvolse come una mummia, poi si spezzò in mille frammenti luccicanti e il bagliore di luce purissima esplose, facendo tornare il laghetto al suo assetto originale.

Le onde si mescolarono tra loro, si infilarono nelle narici, nelle orecchie, nella gola, e provai un senso di soffocamento. Dunque spalancai la bocca in un urlo disumano e un'aura color platino, sfolgorante di energia, proruppe dal mio corpo e allontanò la massa liquida contro le pareti terrose, creando un varco rettangolare. I raggi platino saettavano ovunque e, quasi sotto shock, levitai nel vuoto. Il capo rivolto in basso e un'espressione fiera della mia nuova identità.

Chiusi le palpebre, e una percezione alterata dello spazio mi fece apparire il pianeta come un granello di sabbia nell'immensità dell'universo, un seme prezioso di cui d'ora in poi avrei dovuto prendermi cura al costo della vita. In una lenta ascesa, condussi ogni parte del corpo fuori dalle acque, sorvolando lo specchio liquido delle stelle che, adesso, lambiva i miei piedi gocciolanti.

La capacità del volo apparteneva di base a tutti gli apostoli, e ora lo ricordavo; schiusi le palpebre e osservai con un sorriso i miei fratelli, sospesi a mezz'aria al mio fianco. Magnifiche aure platino, porpora, cobalto e bronzo sfavillavano nella notte, e velavano le espressioni intontite tipiche di chi si è svegliato a seguito di un lungo sonno, consapevoli di tutto ciò che un tempo era un mistero. Ma qualche ombra nella mente era ancora presente, e solo il figlio di Dio avrebbe potuto illuminare quelle zone recondite. Tra queste, una saltò in aria in migliaia di lucciole impazzite.

La verità è figlia del tempo!

Goethe, terzo cavaliere dell'apocalisse, mi aveva ingannato e messo fuorigioco per consegnare Lux e Giuda al principe del Male; e inoltre per levare di mezzo Sofia, Alessio e Federico, lasciati in vita solamente per arricchire un disegno folle e meschino. Colpevole del disastro in Vaticano, poiché manipolatore della mente dei Nuovi Redentori, Goethe mi aveva allontanato da Giuda, la cui mente era da tempo soggiogata dall'oscurità di Satana.

Kephas mi era stato assegnato soltanto per occultare la vera identità di mio fratello, che non ricordava altro nome al di fuori di Kariot. Un gioco congegnato soltanto per allontanarci dalla verità e dividerci. Eppure né Goethe né Satana avevano condotto il gioco dei nomi.

Chi, allora, aveva preso le sembianze umane di quel vecchio prete pazzo?

Trasvolai il laghetto con movimenti impacciati, atterrai al suolo e mi inginocchiai al cospetto del Messia. Il mento poggiato sul petto e le mani raccolte in preghiera.

"Maestro!" esclamai con tono cupo. "Come potrai perdonarmi delle parole che ho inflitto nel tuo cuore? Avrei dovuto scoprire la verità con le mie forze e non ci sono riuscito. Avrei dovuto salvare la mia famiglia, i parenti dei miei fratelli, il tuo popolo, il nostro popolo, e non ho fatto altro che peggiorare le cose, avvantaggiando i nemici. Tu, Maestro, saresti dovuto intervenire a patto di ristabilire l'ordine tra Bene e Male, eppure, data la mia negligenza, hai dovuto anticipare il tuo arrivo. Mi hai seguito in ogni mio passo, mi hai dato speranza e ho dubitato. Ho sbagliato ora come allora; quale sarà, dunque, la mia punizione?"

Il Maestro fece un lungo sospiro e disse: "Non esiste giorno in cui io non assolverò te e i tuoi fratelli dal peccato, Pietro! Colui che non riuscirà a perdonare, distruggerà il ponte sul quale egli stesso dovrà passare. Adesso alzati, solleva il tuo volto rinnovato dalla serenità e torna con coraggio al tuo posto".

Rasserenato in cuore e spirito da quelle parole, mi levai in piedi, presi il volo e tornai al fianco di Giacomo, l'unico tra i presenti con la mia stessa aura. Il Maestro si incupì in volto, strinse il bastone e lo protese verso il cielo.

Tese le palpebre e disse: "Verranno giorni in cui dovrete combattere, giorni in cui il sangue si riverserà sulla terra e il cielo piangerà per tale vergogna. Ma non dovrete farvi intimidire perché lotterete nel bene, impedendo all'esercito di Satana, figlio perverso del Padre Onnipotente, di ultimare il suo disegno millenario. Non sarà male la guerra, poiché in cuor vostro offrirete ai posteri un mondo forgiato nell'amore e nella giustizia. Io donerò a ognuno di voi un elevato potere, un'energia assopita che vi appartiene e non aspetta altro che essere riportata alla luce. Vi istruirò a padroneggiarla, a incrementarla e a servirvene per il bene dell'umanità".

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