Capitolo 5 - Cimitero a bordo (R)
Palermo - 22 marzo 2026
Kephas.
Avevo appena attraversato il ponte che portava alla stiva, quando mi accorsi che l'unico suono che si percepiva era scaturito da un tubo pendente che gocciolava. L'eco fastidioso e ridondante metteva i brividi, tutt'attorno il buio ammantava ogni cosa... e si respirava aria di morte. Ognuno di noi prese una torcia dal suo zaino e, con aria guardinga, avanzò lentamente in direzione di quel suono. Simone e Alessio aprivano le file, dietro di loro vi erano Lux e gli altri del gruppo, e infine, all'estremità della coda, Kariot riscaldava il mio fianco. Solo qualche passo più in là, il terrore s'impossessò dei nostri occhi.
C'erano persone sparse ovunque sul pavimento, altre appese a una corda, altre ancora penzolanti come vecchi aquiloni. Sedici torce illuminarono il suolo e il fiato si fermò in gola. Nemmeno un brivido solcò la mia pelle, perché la paura di fare un minimo rumore e svegliare i morti divenne reale. Il timore che il virus potesse essere ancora in circolo, in almeno uno di loro, avrebbe potuto trasformare tutti noi in cannibali. Senza fiatare, Alessio mi lanciò uno sguardo atterrito e gli feci segno di proseguire in silenzio.
Eravamo in allerta e dovevamo procedere con calma: occorreva misurare il rumore dei passi, rallentare l'emissione del fiato e cercare velocemente il quadro generale della corrente elettrica, per poter ispezionare più a fondo una preannunciata realtà dal sapore disgustoso. Con passo felpato e in fila indiana, seguimmo il suono del gocciolio, sorvegliando a ogni centimetro percorso la reazione dei defunti. Ben presto mi accorsi che la stiva non era altro che un cimitero fondato sull'immensa distesa blu. Un incubo che avrei tanto voluto svanisse alla svelta.
Simone si accorse di una luce rossa lampeggiante sopra un quadro elettrico, apparentemente in buone condizioni, e lo comunicò sottovoce. Alzò il braccio verso l'alto e fece segno con la mano di proseguire. Insieme ad Alessio, era l'unico a conoscere questa nave come le sue tasche, e il solo ad averci passato la maggior parte dei suoi quarant'anni di vita. Nel silenzio tombale, Simone sollevò una grossa leva scura, situata accanto al quadro elettrico. Dopo un rumore assordante, proveniente dai motori della nave, gli occhi iniziarono a dare un senso a ciò che, poc'anzi e in parte, gli era stato negato di vedere in maniera nitida. Dunque spensi la torcia e girai su me stesso in un girotondo completo. Il luogo sembrava tranquillo: erano tutti morti.
"Cosa facciamo adesso?" domandai.
La mia voce echeggiò tra le anime dei defunti. Simone mi guardò dritto negli occhi, con un'espressione decisa e severa.
"Se vogliamo approdare al porto di Genova con le prime luci dell'alba, dobbiamo partire subito."
Un effimero cruccio apparve sul mio volto.
"Ciò significa che salperemo con tutti i segreti di questa nave ancora inesplorati..."
"A giudicare da quello che abbiamo visto finora... dubito che ci saranno molte altre sorprese."
Il suo sguardo accigliato e fisso sul mio attendeva una risposta. Simone sembrava intenzionato a partire alla svelta; come tutti del resto.
"Sei tu al comando qui dentro!" esclamai. "Decidi cosa fare."
Mi avvicinai a lui con un sorrisetto sulle labbra. Simone esibì il suo senso di gratitudine dandomi una pacca sulla spalla e, dopodiché, disse: "Seguitemi! Faremo partire questa nave infestata!".
Simone si rimise in marcia davanti a tutti noi. Al contrario del fratello, era un tipo carismatico e affidabile. Alle volte tendeva a risolvere i problemi con la forza, senza riflettere sulle conseguenze. Tuttavia, proprio per questo suo atteggiamento, ci aveva salvato la pelle in più occasioni. Era un uomo intelligente, curioso e avventuroso. Odiava le persone che gli parlavano più del necessario, le espressioni scurrili, essere contraddetto e coloro che non rispettavano le regole. Come Alessio, era riuscito a staccarsi dalle sue radici egregiamente, nonostante avesse conosciuto e vissuto i suoi primi cinque anni di vita con il padre. Un'esperienza brutale che aveva scatenato in lui un senso di smisurata protezione nei confronti del fratello minore, tale da aver creato un legame indistruttibile.
Durante il tragitto, il militare fece una sola sosta, allungando la distanza tra noi e il centro dei comandi. Ma ne era valsa la pena; avevamo trovato alcuni barilotti di legno ricchi di acqua, succo di cedro, carne essiccata di manzo e di maiale, formaggio e parecchie confezioni di riso. Il percorso era un continuo slalom tra corpi putrefatti, i corridoi erano bloccati da carcasse ammassate le une sulle altre, come una sorta di piramide. Eravamo costretti a spostarle pur di farci strada e raggiungere la meta preposta.
Come se non bastasse, l'aria era diventata rarefatta e si faceva fatica a respirare. Simone lottava con mani e gambe, facendo volare qualunque cosa ostruisse il suo cammino, senza darsi per vinto. Poco più in là, attraverso una vetrata, mi accorsi di un uomo appoggiato al timone che indossava una divisa della Marina Militare. Avevamo appena conquistato la prima meta, il controllo del centro operativo della nave era nostro.
"A noi due amica mia, un lungo viaggio ci attende!"
Simone smanettò sul quadro comandi, accese il motore e visualizzò i vari schemi sulla rotta. Poi spinse la nave alla massima potenza, facendoci barcollare e aggrappare a qualsiasi cosa, pur di non cadere.
Era una tiepida giornata soleggiata. La brezza mattutina, alimentata dal movimento delle onde, si confondeva al suono ipnotico del motore. Mentre il vento mi accarezzava dolcemente, osservavo il blu intenso del mare estendersi fino all'orizzonte, per poi confondersi con l'azzurro del cielo. Avevo appena abbandonato il ponte di comando, per dirigermi sul pontile e concedermi un momento di solitudine. Se c'era un luogo nel mondo in cui poter credere di essere immortale, questo era il mare. Non aveva un paese, un proprietario, ma era di tutti quelli che lo sapevano ascoltare. Era pieno di versi e di visioni, e ogni sua onda aveva una luce differente e una voce distinta. Il vento portò con sé lo scricchiolio di alcuni passi.
"Ehi, capitano!" esclamò Simone. "Che fai qui tutto solo?"
Mi girai d'istinto, staccando le mani dalla battagliola.
"E tu invece? Non dovresti essere alla guida della nave?"
Simone si avvicinò fino a giungere al mio fianco, lanciando lo sguardo oltreoceano.
"Ho incaricato Alessio di farlo al posto mio, avevo bisogno di una pausa. Non pensavo che l'avrei mai rivista..."
Le mie mani tornarono a stringere la battagliola e lo sguardo a perdersi fra le onde.
"Di che parli?"
Simone sorrise, come se si aspettasse già la mia domanda.
"Devo ringraziare il mio lato carismatico se adesso ci troviamo sopra questa nave. Forse gli altri non avrebbero mai accettato di venire con noi, se non li avessi spronati a farlo."
Lo scrutai con la coda dell'occhio.
"Quindi sei stato tu?"
Simone mi fissò, di colpo avvolto da un'emozione intensa.
"Volevo vivere di nuovo la mia vita. Anche solo per un giorno. Non pensavo che fosse possibile, fino a quando non hai proposto di partire per Milano. Lì ho capito che avrei potuto assaporare di nuovo tutto questo."
I miei pensieri volarono tra le onde spinte dal movimento ondulatorio della nave, e gli occhi strinsero quelli di Simone come in un abbraccio.
"Abbiamo molto in comune. Anche a me, i suoni del mare rievocano una parte importante della mia vita."
Simone fece un cenno con la testa.
"La musica, giusto?"
Esitai un attimo, avvolto da un leggero brivido, lasciando scappare un sospiro.
"Sì... la musica. È sempre rimasta con me in ogni istante, non mi ha mai abbandonato."
In quell'esatto momento, la mia bocca si piegò in un sorriso amaro.
"Ti manca così tanto?" domandò lui.
Le sue palpebre si chiusero per un fugace istante, per poi riaprirsi e fissare nuovamente le mie.
"La musica è ovunque" risposi. "Bisogna solo saperla ascoltare."
Simone mi scrutò con aria perplessa.
"E allora perché il tuo sguardo è così triste?"
In un baleno le mie iridi tornarono a cavalcare le onde, i brividi a solcare la mia schiena e le mani a stringere più forte la battagliola.
"Perché ho paura che chi verrà dopo di noi, non avrà l'occasione di conoscerla."
Simone sembrava impietrito; in quel momento si accorse quanto male questo mondo mi stesse arrecando. Come per confortarmi, strinse le mie spalle con le sue enormi mani, riuscendo a trasmettermi un po' di sollievo. Poi si avviò verso il ponte di comando, senza proferire più parola.
"Simone!" esclamai, voltandomi verso di lui. "Se io morissi... vorrei che fossi tu a prendere il mio posto."
Simone fermò i suoi passi, senza fiatare. Dopodiché riprese a camminare, lasciando dietro di sé un alone di mistero. Ben presto il sole divenne gelido in un cielo limpido e pallido come il ghiaccio. Poi discese lentamente per giacere nel rogo di vapori cremisi e fiamme incandescenti, in una desolata terra da tempo inaridita di ogni certezza.
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