Capitolo 48 - L'incontro inaspettato (R)
Kephas.
Corpi distesi sulla polvere avorio, svuotati nella mente, colmati nel cuore. Labbra socchiuse, occhi spalancati, in uno stato di trance ma vigili; inondati dalla luce del mattino che sembrava cadere da insondabili altezze. Sagome dalle ali spiegate nell'aria, piante grasse tra i granelli di sabbia, un infinito paesaggio morbido.
Nel fievole vento, la calura di un'estate torrida andava diluendosi in una sottile, quasi inesistente, pioggia odorosa di polvere, mentre la brezza portava con sé il brusio lontano della città. Giacomo incespicò nella sabbia e nascose dietro il suo corpo la sagoma del sole. Le labbra aperte e tormentate dall'affanno.
"Pietro!" disse. "Sei tornato tra noi?"
Sollevai lo sguardo, di colpo accigliato. Le gambe distese e le mani poggiate sulla sabbia, arretrate rispetto ai fianchi, a sostenere il busto.
"Come mi hai chiamato?" chiesi.
Giacomo corrugò la fronte, poi sbatté le ciglia e scosse la testa. L'aria preoccupata.
"Kephas," rispose "abbiamo fatto un giro della zona e non abbiamo idea di dove siamo finiti."
Sfregai le mani sui jeans, ripulendole dai granelli avorio. Chinai il mento sul petto e infilai un dito in ciascuna delle orecchie, per sturarle. Terminato il processo, scrollai la testa e osservai nuovamente Giacomo, felice di essere ovunque io fossi. Mostrai un sorriso e mi sollevai da terra.
"Federico è scomparso!" pensai ad alta voce. "Quella scritta dentro il sepolcro, il viaggio caleidoscopico. Dove siamo finiti?"
Andrea si avvicinò in quel momento e poggiò una mano sulla mia spalla, sporgendo la testa di lato.
"Kephas, ti senti bene?" domandò. "Giacomo te lo ha appena detto. Non sappiamo dove ci troviamo, c'è solo questa distesa di sabbia infinita. A parte quella campagna laggiù e quel laghetto lì in fondo."
La strinsi in un abbraccio, spinto dal desiderio di farlo; lei rimase interdetta dalla manifestazione d'affetto improvvisa, ma si lasciò andare non appena lo stupore fu vano, avvolgendomi i fianchi con le sue mani sottili e delicate.
"Mi sento..." le sussurrai, esitando. "Bene. Di un bene strano."
Sciolsi le braccia dal suo corpo sinuoso e mi girai intorno. Una campagna assolata e silenziosa affollava l'orizzonte verso est, e gli alberi svettavano alti nel cielo azzurro. A ovest, l'affascinante e vanitoso sole si specchiava su un laghetto, grande abbastanza da contenere una dozzina di corpi, la cui superficie sembrava una lastra di colori accecanti.
Chissà dove sarà finito Federico... si è dissolto nel nulla, come se avesse percorso un viaggio antecedente al nostro, forse in un'altra epoca, in un'altra terra, in un altro universo.
Andrea mi scosse il braccio, agitando una mano davanti ai miei occhi assorti. Le palpebre assottigliate. Le labbra corrucciate.
"Cosa facciamo adesso?" mi domandò.
Abbassai lo sguardo sul suo volto e sorrisi.
"Aspettiamo!" risposi.
La gemella si voltò verso il resto dei presenti e allargò le braccia.
"Mi sa che il viaggio caleidoscopico gli ha fritto il cervello" sospirò.
"Cosa dovremmo aspettare?" mi domandò Simone, avvicinandosi con le braccia conserte.
"Non so spiegarlo di preciso" dissi. "Non avete sentito nessuna sensazione durante il viaggio?"
I Viaggiatori si guardarono con aria perplessa e scossero la testa. Eppure ne ero certo; avevo percepito una presenza, un'energia positiva.
"No, Kephas!" rispose Simone, dopo aver atteso l'esito generale. "Nessuno ha visto né sentito niente."
Mi sdraiai per terra con le gambe incrociate, le mani strette alle caviglie, e chiusi gli occhi.
"Io sì!" sussurrai. "Ed era bellissima."
All'improvviso il coro gracchiante tipico delle cicale invase l'area deserta. Dischiusi le palpebre e un luccichio metallico stregò la mia attenzione. Tra i filamenti biancastri del cielo azzurro, mi parve di scorgere un piccolo oggetto luminoso. Stetti col fiato sospeso, aguzzando lo sguardo nell'intento di stabilire cosa fosse.
"Un missile in avvicinamento!" esclamò qualcuno.
Esso schizzò come un fulmine verso di noi, scese di quota e scomparve nel nulla davanti ai miei occhi. Versi di stupore traboccarono dalle labbra di ogni presente. Dopodiché, il silenzio scese soffocante, e una calda folata di vento fece sollevare da terra infiniti granelli di sabbia. Mi parai d'istinto gli occhi; l'aria mi attraversò tagliente, e un fischio breve e acuto si insinuò nelle orecchie. Spinsi le mani al suolo e mi tirai in piedi, voltandomi. I granelli fioccavano sopra i vestiti.
Una scarica elettrica mi fece rizzare i capelli sulla nuca. Il fiato strozzato in gola, gli arti paralizzati. Le palpebre tese. L'uomo avanzò verso di me con passo solenne; il viso abbronzato era incorniciato da una chioma fluente di capelli neri con una riga in mezzo, che copriva le orecchie e lambiva le spalle. Una tunica di lino celeste chiaro, stretta ai fianchi da una spessa cintura di corda dorata, sagomava il corpo. Gli occhi erano dello stesso colore della tunica, e la barba di tre giorni nera come i capelli.
"Vi stavo aspettando!" esclamò l'uomo, fermandosi a pochi passi da me.
Egli elargì un lieve sorriso che mi trasmise un senso di pace al cuore. Senza fiatare, rimasi incantato dall'espressione del suo sguardo: simile nello scintillio degli occhi a un fiero dio greco.
"Pietro!" esclamò. "Non mi riconosci?"
Di colpo aggrottai le sopracciglia.
Come faceva a conoscere il mio nome?
Egli protese le braccia e mi strinse le spalle con le sue mani possenti.
"Potranno anche essere passati millenni," disse "tramutati gli oceani, le terre, gli animali, le persone, le lingue e le loro pronunce, ma non voi."
Egli volse lo sguardo intorno e osservò ogni presente con un sorriso, riportando le braccia lungo i fianchi.
"Da tempi immemori vi ho seguito in ogni vostra reincarnazione, creando, quando necessario, le condizioni indispensabili per una crescita in equilibrio con le leggi dell'universo. È stato difficile rinunciare alla vita sulla Terra e osservarvi da una piccola stella distante anni luce dal vostro sistema solare, tuttavia adesso so che ne è valsa la pena. Siete la perfetta reincarnazione della prima generazione di apostoli approdati sul pianeta, ma con più di duemila anni di storia inglobata nel vostro dna."
Egli prese a camminare con passo cerimonioso, fermandosi davanti a ogni presente, le labbra incurvate in dolci sorrisi.
"Luogo dello spirito e del tempo – 33 d.C." pensai. "No, non può essere davvero lui. Aspetta! Cosa sta dicendo? Apostoli?"
Dopo aver osservato con studiata calma il volto di Simone, Filippo, Giovanni, Taddeo, Andrea, Matteo, Bartolomeo, Giacomino, Tommaso e Giacomo, riprese a parlare guardandomi negli occhi.
"Dovete sapere che i primi dodici apostoli, nonché i dodici angeli rimasti fedeli al Padre Onnipotente, dopo essere divenuti umani e mortali, tramandarono la parola di Dio alle successive generazioni. Questa consuetudine, ahimè, si perse nel tempo, facendo sì che l'uomo si dimenticasse dei suoi antenati, inducendolo quindi a pensare che gli angeli fossero solamente frutto dell'immaginazione. Di conseguenza il sogno, espressione purissima dell'intelligenza creante, divenne mera fantasia, tanto da trascinare l'uomo a scinderlo da ciò che cominciò a considerare reale. E così la creazione venne separata dal creatore, allontanando il cielo dalla terra."
Feci due passi indietro, incespicai e caddi per terra. Mi allontanai carponi di qualche metro con le mani che slittavano sulla sabbia, mantenendo alto lo sguardo. Le palpebre spalancate, le labbra tremanti. Un'aura a più strati color platino, porpora, cobalto e bronzo avvolse il suo corpo.
"Chi sei?" balbettai. "Cosa stai cercando di dirci?"
"Non è forse chiaro, Pietro?" domandò a sua volta.
"Non è possibile..." sussurrai. "È uno scherzo!"
"Pensavo che questi ultimi anni vi avessero preparato per questo momento" rifletté a voce alta. "Ma forse mi sbagliavo."
Mostrò un sorriso, si voltò di spalle e fissò l'orizzonte, scrutando la campagna assolata e silenziosa. Si girò nuovamente e protese il braccio, allungando l'indice.
"Osservate i raggi del sole che si specchiano su quel piccolo laghetto solitario" disse. "Al suo interno troverete le risposte che cercate, e nulla vi apparirà più come prima. Mutamenti dell'aria, del fuoco, dell'acqua e della terra sconvolgeranno il vostro spirito, cosicché l'unione dei quattro elementi pulserà nei vostri cuori e allora giungerete al segreto del tempo e coglierete l'aurora."
In quell'istante, brividi di eccitazione corsero sulla mia pelle, e ogni emozione che cercava di opporsi a quella realtà abbandonò il corpo. Ora, quelle parole sembravano essermi giunte alle orecchie come note di una soave melodia, inserite tra le linee e gli spazi di un pentagramma magico.
Un gavettone colmo di pensieri piombò nella mente e, quando all'impatto esplose, non ebbi più paura, timore, turbamento. Sapevo chi avevo davanti, sapevo chi ero. A un tratto il figlio di Dio si incamminò con passo trionfale in direzione del laghetto e, attratti come magneti dalla più forte calamita dell'universo, lo avremmo seguito, emozionati, nelle sue gesta.
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