Capitolo 42 - Andrea è tornata! (R)
Kephas.
I colori del cielo erano diventati più caldi e radiosi con il passare delle ore, tuttavia un brivido gelido mi aveva attraversato dalla testa ai piedi, elettrizzandomi. Nell'ultimo minuto di vita, le pulsazioni del cuore avevano subito oscillazioni così consistenti che, al suono delle parole di Andrea, dopo essersi placate di colpo, mi sembrò di essere deceduto. L'atmosfera divenne di ghiaccio. Simone si rialzò da terra con movimenti inceppati. La gemella abbozzò un leggero sorriso. Il militare fece un passo in avanti e incespicò.
"Andrea!" balbettò Taddeo. "Sei davvero tu?"
"Sì!" rispose la gemella. "E devo il mio ritorno a Federico." Volse lo sguardo verso il bodybuilder, disteso sull'erba con le mani incrociate sul petto; sbatté le palpebre e una lacrima le scivolò lungo la guancia. "Senza di lui, non sarei mai riuscita a tornare nel mio corpo."
"Temevo che non ti saresti più svegliata" dissi, alzando un angolo della bocca. "Il tuo sguardo... sei tornata davvero."
I suoi occhi verdi con sfumature di grigio brillarono fiocamente. Le gote rosate rigonfie appena.
"Kephas..." pronunciò lei. "Ho molte cose da dirvi..."
Simone fece due passi in avanti e inciampò.
"Alessio?" domandò, scuotendo la testa. "Dov'è Alessio?"
Andrea gli si gettò tra le braccia e lo strinse affettuosamente. Simone rimase paralizzato; le dita tremanti raggiunsero a fatica i fianchi della gemella.
"Alessio vaga nel Regno dei morti in attesa del suo giudizio" annunciò Andrea, staccandosi dalla presa per guardarlo negli occhi. "Ma non temere per lui, starà bene."
Ella gli diede una carezza sul viso, si voltò e s'incamminò verso il corpo di Federico, sotto gli occhi ipnotizzati del militare. Si chinò sulle gambe con aria enigmatica e, poggiando una mano su quelle dita fredde incrociate sul petto, disse: "Amico mio, il tuo gesto è stato davvero prezioso. Solo ora, nell'aldilà terrestre, potrai immaginare quanto".
Le sue ultime parole mi lasciarono di stucco, facendomi balenare nella mente l'idea che sapesse molto di più di quanto aveva espresso finora. Dallo sguardo non sembrava essere preoccupata, amareggiata, impaziente, sebbene avesse passato gli ultimi giorni tra le anime dannate del Regno dei morti.
Perché è così tranquilla?
Un pensiero mi fulminò il cervello.
Sofia!
Simone lanciò un urlo di rabbia al cielo e si avventò su Andrea, stringendole le braccia ai fianchi fino a farla gemere dal dolore. Il militare allentò la presa solo quando la gemella tentò di divincolarsi, quindi la afferrò per il bavero della maglietta. Gli occhi infuocati d'ira.
"Mio fratello è morto, vaga nel Regno dei morti, ed io dovrei credere che 'starà bene'?"
Con uno scatto felino, Andrea si liberò dalla stretta di Simone e affondò le mani nel suo petto, spingendolo con violenza. Non aspettandosi una simile reazione, il militare inciampò indietreggiando e cadde per terra. La gemella sollevò il braccio a mezz'aria e gli puntò l'indice contro.
"Tu!" urlò, d'un tratto assalita dalla commozione. "Hai intenzione di riversare la tua rabbia su di me? Pensi che questo ti farà sentire meglio? Fai pure! Ma non aspettarti che starò ferma a guardare: adesso è tempo di reagire! Ho visto mia sorella morire davanti ai miei occhi, la sua anima dissolversi nel nulla, sciolta dal dottor Goethe, o meglio dire dal terzo cavaliere dell'apocalisse. Tu non hai idea di cosa ho dovuto guardare, patire e accettare. Da sola."
Lo sguardo di Andrea era minaccioso, ma allo stesso tempo afflitto. Le labbra sottili le tremavano. Simone era disteso per terra, poggiato di lato su un gomito, il collo inclinato all'indietro e gli occhi sulla gemella. Egli non aprì bocca. Mandai giù a fatica un grumo di saliva e il cuore perse un battito. Il volto pietrificato.
"Goethe, hai detto?" farfugliai. "Cavaliere dell'apocalisse?"
"Kariot, Lux, Sofia..." balbettò Giacomo. "Non ci sono più?"
"Goethe ci ha ingannati!" mugugnò Filippo. "È stato lui a spedirci qua."
"È stato lui!" ripeté Giovanni.
"Cavaliere dell'apocalisse?" sbottò Tommaso. "Stai scherzando?"
"Oh Andrea!" disse Bartolomeo. "Mi dispiace così tanto per tua sorella."
"Sofia non meritava questa fine" replicò Matteo.
Andrea abbassò il capo e nascose un'espressione sofferente, piegando la testa di lato. Poi strinse le palpebre come per frenare il dolore della perdita e crollò con un ginocchio sull'erba, di colpo priva di forze. La mano premuta sulla terra, lo sguardo basso; le lacrime si staccavano dalle ciglia e inumidivano il suolo. Poggiò la fronte sul dorso della mano e singhiozzò.
"Goethe era sopra un cavallo e indossava un'armatura. È stato lui a dirmi di essere il terzo cavaliere dell'apocalisse. Non ha fatto il nome di Kariot né di Lux. Ci ha ingannati, ci ha divisi, ci ha spediti in questa era. È un bugiardo manipolatore e non mi fido delle sue parole, ma ho visto con i miei occhi quello che è in grado di fare... e va oltre l'immaginabile."
Strinsi i pugni dalla rabbia e fissai il cielo.
Pagherai per quello che hai fatto, Goethe...
Simone si drizzò in piedi facendo leva sulle braccia, con aria rattristata, e si avvicinò timidamente ad Andrea. Le porse una mano invitandola ad alzarsi, ed ella sollevò piano lo sguardo; in quel momento, i suoi occhi lucidi brillarono come due stelle. Andrea adagiò la mano su quella di Simone, e lui la trascinò al petto con un gesto possente ma pieno di morbidezza, e lei finì in punta di piedi.
"Goethe la pagherà!" esclamò Simone, guardandola negli occhi. "Chiunque sia, qualunque cosa voglia da noi, qualsiasi prezzo dovremo pagare. Lui morirà!"
Andrea annuì solerte. Le iridi fisse sulle labbra del militare.
"La morte di Sofia, Alessio e Federico alimenterà la nostra sete di vendetta" disse lei.
Simone allentò la presa e la gemella poté di nuovo toccare terra con i talloni. Egli indietreggiò, si voltò e prese a camminare fino alla parete riflettente. Dopodiché arrestò i suoi passi.
"Hai detto che Alessio vaga nel Regno dei morti in attesa del suo giudizio" rifletté a voce alta Simone. "Lo hai incontrato?"
"No!" rispose Andrea, facendo un passo in avanti. "Ho saputo del suo arrivo poco prima del mio ritorno."
Simone si girò con un balzo.
"Come? E se la tua fonte si fosse sbagliata?"
Andrea emise un gran sospiro e mostrò un sorriso, come per lasciare intendere che quel luogo di sbagli non ne commetteva. Levò lo sguardo al cielo e divenne seria.
"Il tempo, nel Regno dei morti," prese a dire "scorre molto lento. Un giorno sulla Terra equivale a un anno, in quel luogo maledetto. Per due anni ho camminato nella foschia, nell'oscurità più fitta di qualsiasi notte terrestre, in cerca di qualcosa; qualunque cosa che tenesse a bada il ritratto della morte di mia sorella. Due anni senza né alba né tramonto, senza né luce né speranza.
A ogni passo affondato nella caligine, il rischio di perdere la ragione aumentava sempre di più, e con esso la paura di sprofondare nel vortice della follia. Non ricordo bene quando accadde, ma a un tratto il mio viaggio fu stravolto da un episodio inaspettato. Davanti ai miei occhi, innumerevoli anime, ancorate al suolo da braccia pallide e muscolose che sbucavano dal nulla, ondeggiavano in fila indiana, dietro un antico cancello di ferro battuto dipinto di bianco.
Incuriosita, mi avvicinai a una delle anime, domandandole cosa vi fosse oltre il cancello. Mi disse che, a turno, tutte loro sarebbero state giudicate per i peccati commessi in vita sulla Terra. Quando mi accorsi che l'estremità della coda non finiva mai, indietreggiai, scoraggiata. Una strana sensazione mi suggeriva che non potevo aspettare, che dovevo agire alla svelta, che il mio tempo stava per scadere; e così fluttuai con tutte le mie forze, scagliandomi contro l'apatica folla che, inerte, mi consentì di aprire un varco e oltrepassare il cancello.
Una volta dentro, rimasi a bocca aperta: una creazione divina avvolta da una coltre bianca, dalla quale emergevano solo il capo e le mani, sedeva su un brillante trono dorato e, davanti a esso, un enorme tavolo in bronzo sosteneva una pergamena lunga chilometri. Una corona bianca, con due piume di struzzo ai lati e delle corna di ariete alla base, adornava la testa, e le mani dal colore verdastro impugnavano antiche armi bianche, quali scettro e flagello. Quando la divinità si accorse della mia irregolare presenza, non si meravigliò in alcun modo, come se sapesse già del mio arrivo. Fu lei a parlarmi del destino di Alessio, Sofia e Federico."
Un'ondata di stupore mi pervase l'anima.
"Una creazione divina nel Regno dei morti?" domandò Simone, aggrottando le sopracciglia. "E chi mai potrebbe essere?"
Andrea lo fissò con occhi radianti, sollevando un angolo della bocca.
"Osiride!" esclamò con voce profonda.
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