Capitolo 36 - Una vita in cambio di una vita (R)



Federico.

"Demone, cosa era quell'aura luminosa?"

"Questo non posso dirtelo."

"Allora perché mi hai confessato che tutti loro, a parte me, non possono morire?"

"Perché mi piace guardare il terrore negli occhi, Federico."

"Ma se non possono morire, perché hai cercato di uccidere Tommaso?"

"Volevo giocare con voi. Vivi o morti, rimarrete qui per l'eternità."

"C'è dell'altro, demone! O il tuo piano era uccidere me e Alessio subito, oppure qualcosa è andato storto e hai cambiato idea. In ogni caso tu volevi finire qui, legata su questa poltrona."

"Federico, conosci già la risposta. Tu morirai."

All'alba varcai il portellone e lo chiusi alle mie spalle, lasciando Andrea all'interno della navicella, sola. Mi avvicinai ai Viaggiatori, che parlottavano al centro dell'arida pianura, e portai con me una bottiglietta di plastica vuota e un fazzoletto.

"Hai scoperto qualcosa?" mi domandò Kephas.

"Dice che, a parte Alessio, nessuno di noi può morire, e che ha voluto prendersi gioco di Taddeo e Tommaso."

"E tu le credi?" pronunciò Kephas, accigliando lo sguardo.

"Tu le credi?" gli chiesi di rimando.

La notte era trascorsa lenta, insonne e silenziosa, senza incidenti. Seppur legata a una poltrona, Andrea non aveva pronunciato una parola, né si era mossa, né aveva manifestato esigenze particolari. Era rimasta per ore a fissarci, uno dopo l'altro, con gli angoli della bocca tirati indietro e sollevati in un ghigno deforme. Gli occhi di Kephas erano arrossati, stanchi, invecchiati dalla sofferenza; occhi che desideravano una tregua più di ogni altra cosa.

"Cos'altro ti ha detto?" mi domandò.

Un senso di angoscia mi assalì le gambe; sentivo il desiderio di scappare, di interrompere l'interrogatorio, di rintanarmi in un posto distante, lontano da tutti, nel silenzio della natura, e meditare sulla vita e sulla morte, e di quello che avrei potuto fare per loro, e per Andrea. Con tutto il cuore, speravo che Kephas lo leggesse nei miei occhi.

"Non vuole parlare!" risposi. "Ma non ha importanza. Il nostro unico interesse è far rientrare l'anima di Andrea nel suo corpo, e sperare che porti con sé buone notizie."

Kephas mi fissò con aria sospettosa, e rimase in silenzio per un istante. Poi si avvicinò con passo lento e poggiò una mano sulla mia spalla.

"Va tutto bene?" chiese con un filo di voce. "Posso fare qualcosa per aiutarti?"

"Al momento no!" risposi. "Adesso vado al fiume e preparo ciò che mi serve. Nel pomeriggio vi dirò quello che c'è da sapere sugli esorcismi, e stanotte cercheremo di cacciare via quel demone."

Kephas ritrasse la mano e fece ricadere il braccio sul fianco. I suoi occhi sorridevano malinconici; nell'iride rispecchiava barlumi di inquietudine e fierezza, come se condividesse il dolore che portavo nel cuore e, al tempo stesso, provava orgoglio per il tuffo che avrei fatto nei miei incubi più cupi.

"Vuoi che venga con te?" mi domandò.

"Assicurati che Andrea rimanga legata alla poltrona" risposi. "Ho bisogno di rimanere solo."

Presi a camminare e, per un lungo tratto, guardai dritto davanti a me senza battere ciglia, e nessun pensiero offuscò la mente. Quando giunsi dinanzi al fiume, mi sedetti sulla riva con le gambe incrociate, e sospirai. Il nucleo del sole era diventato d'oro e la sua corona si era cosparsa di rosso carminio; i riflessi dei raggi brillavano sopra i ciottoli, i pesciolini e gli alberi. Lanciai lo sguardo distante: Simone era lì, oltre la selva oscura, e Dio solo sa cosa stava passando.

Immersi la bottiglietta di plastica nel letto del fiume, inclinai il collo e aspettai che si riempisse; dopodiché chiusi il tappo e la gettai al mio fianco. Poi raccolsi una manciata di terra umida e la feci cadere nel fazzoletto poggiato sul palmo della mia mano; lo chiusi immediatamente e lo infilai in tasca. Chinai il volto, mi strinsi nelle spalle, e meditai sulla follia della mia breve, inutile vita; non rimpiangevo niente, ma avevo poco da mostrare a favore di una grazia divina.

Alzai lo sguardo al cielo. All'improvviso era giunto il tramonto, e i colori sembravano essersi ammalati. Il sole era scomparso e un manto blu grigiastro, debole e febbricitante, sovrastava il paesaggio; aveva una brutta cera in volto, la pelle ambrata era diventata pallida, e la fronte si era imperlata dal sudore di alcune nuvole temporalesche. Le erbacce frusciarono e mi girai di scatto.

"Kephas!" esclamai. "Mi hai fatto prendere un colpo!"

Egli arrestò i suoi passi.

"Eri ancora in fase di meditazione?" domandò.

"No, no" risposi. "Dovevo solo riempire questa bottiglietta d'acqua e raccogliere un po' di terra."

Kephas riprese a camminare e si sedette al mio fianco.

"E ti ci è voluta mezza giornata?"

Mostrai un lieve sorriso.

"Già... non mi sono neppure accorto dello scorrere del tempo."

Egli aggrottò le sopracciglia.

"Federico... che ti succede? Vuoi tenermelo nascosto ancora per molto?"

Scossi piano la testa e mi alzai in piedi, sollevando lo sguardo.

"Osserva il cielo, Kephas... non promette nulla di buono. Gli antichi credevano nell'incorruttibilità delle sfere celesti, così come credevano nell'incorruttibilità divina. Un giorno, il cannocchiale di Galileo mostrò le imperfezioni della luna, ma i suoi contemporanei non vollero vedere. Osserva il cielo, Kephas... la luce sembra ammalarsi. Goethe credeva nella sua perfezione, diversamente da quanto affermava Newton, che la considerava una mescolanza di sette colori, e quindi impura. Adesso guardati intorno... e scava a fondo nella tua mente. Anche la vita è malata con le sue imprecisioni, incertezze e distrazioni, che minimizzano di essa il suo vero significato."

Abbassai la testa e lo guardai negli occhi, assorbiti e attoniti dalle mie parole.

"Kephas, dopo questa notte io non sopravvivrò, ma voi non dovrete preoccuparvi per me, è giusto così. Il Male contrasta il Bene sin dall'inizio dei tempi, e non esiste né un vincitore né un vinto. L'equilibrio è la chiave dell'universo e, senza di esso, non ci sarebbe nessun futuro ad aspettarci. Il demone è arrivato nella nostra dimensione perché Andrea ha incrinato questo equilibrio. Quindi, adesso, se vogliamo riuscire a rispedirlo da dove è venuto, e riabbracciare la nostra amica, dobbiamo pagarne il prezzo, e ricostituire l'equilibrio."

Le pupille di Kephas quasi uscirono dalle orbite. Egli si alzò con un balzo e mi fissò con aria smarrita.

"Ma che stai dicendo?" sbottò. "Non è giusto. Non ha senso! La tua vita vale tanto quella di Andrea. Perché lo vuoi fare?"

Istintivamente lo afferrai per le braccia, intento a farlo calmare. Lo sguardo penetrante.

"Deve andare così, Kephas. È il mio momento. È l'unico modo. Forse ritroverò mia moglie, e ovunque guarderete in cielo, io sarò lì a sostenervi."

Gli occhi di Kephas divennero lucidi all'improvviso, e le labbra tremarono.

"Io... non so cosa dire. Quello che stai facendo..."

"Sono contento di avere seguito te e tutti gli altri fin qui, nella nostra avventura."

Kephas mostrò un sorriso lacrimoso e mi strinse in un abbraccio, e a distanza di una dozzina di secondi rivolse lo sguardo oltre la foresta e sospirò, triste.

"Simone sta affrontando la morte del fratello da solo..."

"È stata una sua scelta..."

"Non mangia e non beve da un giorno, ormai..."

"Ritornerà Kephas... ritornerà..."

Presi la bottiglietta dal terreno e gli diedi una pacca sulla spalla.

"Dobbiamo andare. È ora."

Durante il tragitto di ritorno, rimanemmo entrambi in silenzio, in uno stato di concentrazione psichica profonda. Giunti davanti alla rampa di scale della navicella, Kephas tentennò un istante prima di superarla, e il suo sguardo si perse nel vuoto.

"Che ti succede?" gli domandai.

"La sento" sussurrò. "L'atmosfera di mestizia, ansia e solitudine che cala lentamente su di noi... sta ricoprendo il vuoto."

"È solo l'inizio..." risposi.

Varcai il portellone e vidi i Viaggiatori intorno alla poltrona nella quale era seduta Andrea, smaniosi e impazienti di liberarsi di quella presenza demoniaca. Kephas seguì i miei passi in quell'istante, frugò nel suo zaino, tirò fuori una bottiglietta e bevve un sorso d'acqua. Il demone, per la prima volta da quando era disceso in terra, iniziò a dimenarsi.

Mi avvicinai al corpo di Andrea, presi il fazzoletto dalla tasca e le feci cadere la terra umida sui capelli. Le immobilizzai la mascella, impiastricciai le unghie nella terra, e graffiai la sua fronte fino a ottenere la scritta: "INRI".

"Se pensi che ti basterà la determinazione," esclamò il demone con la sua vera voce possente, rauca e malvagia, "ti sbagli di grosso."

A un tratto mi voltai: il terrore era apparso sul volto dei Viaggiatori, e il Male stava cominciando a prendersi gioco delle loro menti. Fra i miei denti vibrò un ringhio.

"Dovete essere pronti!" urlai. "D'ora in poi non potete più permettervi di avere paura. Una volta iniziato il rituale, non sarà più possibile tornare indietro o interromperlo. Inizierete a vedere cose strane, suggestive, illusorie. La realtà verrà snaturata e trasformata in un ambiente ostile, gelido e crudele. I vostri cuori si congeleranno di colpo e non riuscirete più a percepire lo scorrere del tempo. Dovrete resistere, combattere, sfuggire alla sottomissione. Se seguirete alla lettera le mie indicazioni, nessuno di voi si farà del male. Resistete per Andrea, lottate per Alessio."

Il terrore, poc'anzi apparso sul volto dei Viaggiatori, si dileguò lentamente, e il coraggio debuttò come d'incanto in questa dura battaglia.

"Ci siamo!" dissi allora. "Io rimarrò di fronte al corpo di Andrea, voi formerete un cerchio intorno a noi due, e vi terrete per mano. Nessuno, senza il mio permesso, abbandonerà la presa. Fidatevi, non fatelo, per nessun motivo."

Kephas si mosse dopo qualche attimo di esitazione e afferrò per mano Filippo, che di conseguenza strinse la mano a Giovanni, che si affiancò a Taddeo, e pian piano il cerchio si formò. All'improvviso, fuori dagli oblò, apparve la luna, e con il suo pallido bagliore rischiarò l'arida pianura, rivelandola alle tenebre della notte. Le stelle rimasero sbiadite nel cielo caliginoso, e un manto velato e brumoso soffocò l'orizzonte, di colpo sparito.

"Sarà una notte indimenticabile..." sogghignò il demone, chinando il mento.

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