Capitolo 32 - La foresta incantata (R)



Kephas.

"Dove ci state portando voi due?" domandò Alessio, dietro me e Simone.

"Tuo fratello ha pensato di seguire le tracce degli animali" risposi. "Vuole vedere dove si sono nascosti durante la tempesta di pioggia acida."

"Per quale motivo? È solo una perdita di tempo ed energie."

"Dobbiamo valutare ogni ipotesi" disse Simone. "Quegli animali erano enormi; non possono essersi riparati sotto un albero. Questa terra nasconde dei segreti... e noi li scopriremo."

"Ma ci stiamo allontanando troppo!" ribatté il giovane militare. "E Andrea è tutta sola nella navicella."

"Che c'è?" domandai, ammiccando. "Passata la fissa per Lux, ti vuoi lanciare verso nuovi orizzonti? Andrea starà bene."

"Vai a quel paese, Kephas!" esclamò Alessio. "Moriremo in questo posto e tu lo sai. Voglio solo passare dei bei momenti prima che accada."

"Magari prima assicurati che nutra i tuoi stessi desideri" lo canzonò Federico.

"Certamente!" rispose aspro Alessio.

Il sole sorgeva secondo il suo antico rituale, splendente vicino alla vecchia compagna Terra. Raggi ambrati, delicati e ricchi come il profumo dell'erba scendevano obliqui fra i rami nodosi dell'antichissima foresta, e si stendevano sul tappeto erboso fiorito. Sul sentiero sembrava che la sera prima vi fossero passati numerosi orchi fiabeschi; il suolo era tappezzato da enormi impronte e i fiori si erano inchinati ossequiosi al loro passaggio.

"Andare a caccia di dinosauri non è stata per niente una buona idea!" esclamò Taddeo. "Questa cosa non può finire bene."

"E smettila di lagnarti!" lo provocò Alessio. "Potevi rimanere dentro la navicella, se non ti andava di venire."

"Già!" rispose il camionista. "Magari ho solo pensato di concedere ad Andrea un momento di intimità, dato che è l'unica donna nel gruppo."

"Non accadrà nulla, Taddeo!" dissi. "Cercheremo di non dare nell'occhio."

La perlustrazione proseguì lentamente, misurando il rumore dei passi. Nonostante conoscessi già la risposta alle impronte sul terreno, non avevo per niente paura. L'adrenalina scorreva nelle vene inebriante, come se godessi dell'ansia che mi aggrovigliava gli arti.

Il senso di turbamento che avevo provato fissando gli occhi di Andrea era scomparso, tuttavia sentivo che mi stesse nascondendo qualcosa... ella non aveva negato di aver viaggiato nel piano astrale, ma di aver incontrato la sorella nel Regno dei morti. E tutto ciò era molto strano, e anche preoccupante, perché voleva dire che un ostacolo aveva impedito a Sofia di presentarsi all'incontro, e che ad Andrea la questione non aveva suscitato timore.

Assorto nei miei pensieri, camminavo con lo sguardo basso, quando Simone distese il braccio davanti al mio petto e ci andai a sbattere contro, sussultando. Arrestai i passi e alzai gli occhi; l'ultima impronta gigante era svanita in mezzo alla foresta, ai piedi di una parete riflettente che si estendeva senza confini. Dalla terra verso il cielo, dalla foresta fino in fondo al mare, lo specchio diffondeva una luce astrale. Era fresco e cristallino, plasmabile e tremolante, come un budino che si scioglieva continuamente su se stesso, rinnovandosi in un nuovo modello.

"E questo cos'è?" domandò Alessio.

"Sembrerebbe una specie di portale" risposi, osservandolo con stupore.

"Le impronte terminano qui davanti" meditò Simone. "Chi scappava dalla pioggia acida si è riparato al di là di questo specchio."

"Dovremmo attraversarlo!" propose Federico.

"E se ci trasportasse in un'altra dimensione?" chiese Taddeo. "Come farebbe Andrea a trovarci?"

La domanda fece riflettere ogni presente, e per un po' il silenzio avvolse l'aria. Mi sentivo eccitato all'idea di immergermi in questa nuova avventura, ma allo stesso tempo frenato da quella realtà poco chiara. La parete a specchio rifletteva l'immagine dei nostri volti e della foresta alle nostre spalle, senza dare la minima idea di cosa vi fosse dietro. Taddeo non aveva torto, dopotutto.

"I dinosauri sono riusciti a fare avanti e indietro," disse Alessio "quindi saremo in grado di farlo anche noi. In ogni caso, chiunque avesse paura, può rimanere qui ad aspettare."

Taddeo sbatté le palpebre più volte, nervoso, e fissò il giovane militare con aria di sfida.

"Io non ho paura!" esclamò. "Ma rimarrò qui... per Andrea."

Nessuno si fece avanti per fargli compagnia, dunque osservai lo specchio con uno sguardo rapito; poi allungai la mano gradualmente, desideroso di oltrepassare la parete budinosa con le dita e, non appena la sfiorai, questa ondeggiò su se stessa, restituendomi una sensazione appiccicaticcia sulla pelle. Sorrisi come un bambino, mi voltai verso Simone e feci un cenno con la testa; dopodiché varcai il portale, rimanendo immobile per un lasso sfuggente di tempo.

"Che meraviglia!"

Davanti ai miei occhi si estendeva un paesaggio pieno di colori e creature, e dal cielo azzurro sfrecciavano luccicanti raggi sanguigni che, come cristalli di topazio, si tingevano d'un viola denso e d'un verde brillante. Le sfumature della terra sembravano influenzate dalle tonalità del cielo; infatti gli steli dei fiori spiccavano color salmone, i petali erano dipinti di celeste, e i tronchi d'albero erano solcati da venature purpuree.

"Porca miseria!" esclamò Federico alle mie spalle. "È una foresta incantata."

"È molto meglio che giocare a Jurassic Park!" rifletté Tommaso.

"E adesso che si fa?" chiese Giacomo.

"Io non me ne vado da qui," rispose Alessio "se prima non li avrò visti da vicino."

Simone scosse la testa e grugnì.

"Muoviamoci!" disse. "Ma manteniamo una certa distanza di sicurezza, nel caso in cui fossimo costretti a scappare."

Mentre camminavamo a passo felpato, tra il fogliame dei più alti tronchi d'albero intravidi il luccicante bagliore color ardesia della pelle di cinque dinosauri, due adulti e tre piccoli, che ondeggiavano le loro teste sopra la boscaglia. Erano enormi e indescrivibili, perfino i cuccioli erano grandi come elefanti. La pelle era a scaglie come quella di una lucertola, color grigio con dei riflessi di azzurro, e luccicava quando i raggi del sole la raggiungevano.

Stavano seduti, in equilibrio sulle larghe code possenti e sulle enormi zampe posteriori, mentre con le piccole zampe anteriori tiravano i rami altissimi che poi brucavano. A distanza di qualche minuto, i piccoli si misero a giocherellare intorno ai genitori con goffe capriole, rimbalzando in aria e ricadendo a terra con sordi tonfi.

La forza del padre e della madre sembrava essere senza limiti: quando non riuscivano a raggiungere una macchia di fogliame, che cresceva su un albero più alto di loro, lo sradicavano come se fosse un fuscello. Dopo circa cento metri, vidi una colonia di dinosauri volanti che covavano le loro uova coriacee e giallastre. Il loro vocio assordante rovinava il suono magico della natura, e un mefitico odore di stantio infettava il profumo della foresta, suscitandomi un senso di nausea.

Adesso c'era un piccolo avvallamento, con un argine ricoperto di foglie che scendeva lentamente all'orizzonte, e un ruscello scorreva nel mezzo su un letto di ciottoli sepolti nell'acqua. La stranezza fiabesca del luogo mi sbalordì: non c'erano tenebra, ma una luce verde scintillava ovunque... e l'acqua era appena meno limpida dell'aria. Eccetto i Viaggiatori, nessun uomo avrebbe mai potuto affermare di conoscere a fondo le valli, le praterie, le alture, i fiumi, gli stagni e le rocce di questa magica era.

"Sarà meglio tornare indietro" dissi. "Abbiamo visto abbastanza... qui non c'è niente per noi."

"A parte un luogo tranquillo e isolato" pensò Alessio a bassa voce "dove potrei portare Andrea..."

Simone gli diede uno scappellotto sulla nuca e lo fissò con aria minacciosa.

"Nessuno verrà qui da solo! Non sappiamo se, in futuro, i dinosauri potrebbero ribellarsi alla nostra presenza."

Alessio si massaggiò il collo e si allontanò sogghignando. Nel frattempo i raggi del sole divennero sempre più caldi, segno che fossero passate già diverse ore dalla partenza. Dunque raccogliemmo qualche frutto succoso dagli alberi e percorremmo il sentiero di ritorno, per condividere questa nuova avventura con Andrea.

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