Capitolo 28 - Sei mia! (R)


Andrea.

Mi ritrovai catapultata fuori dal corpo, frastornata come se mi avessero dato una serie di pugni in testa. Lanciai uno sguardo intorno, e solo allora ricordai cosa fosse accaduto all'interno della piattaforma temporale, a causa di quel terremoto improvviso. Una benda bianca mi avvolgeva la fronte, due pannelli di gommapiuma separavano la mia testa dal pavimento.

Kephas si trovava al mio fianco e mi fissava con quei suoi occhi dolci, probabilmente immerso nei suoi pensieri, intanto che il mio corpo fisico veniva scosso da spasmi involontari. Fluttuai davanti a lui e agitai le mani pronunciando il suo nome; la mia unica intenzione era quella di fargli sapere che stessi bene, e per quanto l'idea potesse apparire semplice nella mia testa, egli non riusciva a percepire il piano astrale... né con la vista né con l'udito.

Tuttavia, dal momento che non volevo arrendermi, iniziai a calpestare il pavimento con tutte le forze, ma la mia anima riuscì a malapena a farlo scricchiolare lievemente; poi picchiettai con le unghie alcuni oggetti metallici, ma l'inconsistenza del mio corpo ottenne soltanto sottili ronzii. Dunque mi avvicinai al suo orecchio e, tra un respiro profondo e un altro, sussurrai semplici parole di conforto: "Kephas... non preoccuparti per me... io sto bene... cerca di riposare adesso. Proverò a scoprire cosa è andato storto... sento che Sofia mi sta aspettando nel Regno dei morti. Tornerò presto, ti voglio bene!".

Sul collo si disegnò un brivido che gli fece rizzare i capelli sulla nuca, e in quell'istante il mio corpo fisico si quietò d'incanto. Fiduciosa che avesse percepito la mia presenza, mostrai un sorriso e mi voltai verso l'ingresso della piattaforma. Il portellone si trasformò come per magia nella grande Porta Rossa, contornata da uno strato sottile di nebbia bianca. Non appena la attraversai, fui catapultata in un luogo dominato dalle tenebre, uno spazio infinito lacerato dal grido delle anime condannate a vagare in eterno senza uno scopo: il Regno dei morti.

Cominciai a muovermi esattamente come gli abitanti del posto, fluttuando a destra e a sinistra con lo sguardo assente e perso nel vuoto, drizzando gli occhi di tanto in tanto nel caso in cui fosse sbucata nel buio un'anima color bianco-perla. Dopotutto la missione non pareva difficile; le anime dei defunti erano nere e ricoperte da un'aura biancastra, e non sembravano notare la differenza dei colori. Se solo avessero percepito la mia energia vitale, però... una di loro avrebbe potuto prendere possesso del mio corpo fisico, intrappolandomi in questo luogo per l'eternità.

A ogni passo immerso nella dura oscurità adornata di caligine, il rischio di perdere la cognizione dello spazio aumentava a dismisura, e con esso il pericolo di non trovare più la strada di ritorno. Tra le innumerevoli anime vaganti che ondeggiavano ammassate, all'improvviso una di loro si mise a fluttuare all'impazzata scintillando di bianco: era Sofia.

La osservai mentre volava verso di me, e d'un tratto ebbi come la sensazione che stesse fuggendo da qualcosa... o qualcuno. La sua anima era piegata in avanti, le braccia distese lungo i fianchi, lo sguardo severo e irriconoscibile. Sembrava quasi che non fosse felice di vedermi! Cercai di eliminare il pensiero dalla testa e, non appena giunse a una distanza ravvicinata, chiusi le palpebre e feci come per abbracciarla, ma ella sfrecciò al mio fianco e mi trascinò con sé, acchiappandomi per la mano. Strabuzzai gli occhi e il respiro divenne affannoso.

"Sofia!" esclamai, fluttuando con tutte le forze per stare al suo passo. "Cosa sta succedendo?"

Lei si voltò verso di me senza allentare il passo, e in quell'attimo tremai dalla paura.

"Perché hai quel marchio sulla fronte? Non dirmi che..."

Le sue sopracciglia erano aggrottate, le palpebre tese.

"Non c'è tempo per parlare!" urlò lei. "Dobbiamo scappare!"

Allargò le narici e incurvò gli angoli della bocca, aperta appena.

"Ma da chi?" gridai, sentendo il panico introdursi nelle vene. "Da chi stiamo fuggendo?"

"La Porta Rossa!" esultò lei. "Eccola! Devi tornare nel tuo corpo, Andrea, prima che sia troppo tardi."

Scossi la testa, impaurita.

"E tu? Dov'è la tua? Come farai a tornare indietro?"

Sofia si fermò di colpo e mi strattonò tirandomi per la mano. Strinse le labbra e abbassò il volto, adesso triste.

"Io... io non tornerò indietro."

Con un balzo improvviso mi diede un forte abbraccio, avvolgendomi la nuca tra le mani. In quell'istante scoppiò in gemiti e singhiozzi di dolore.

"Questo è un addio, Andrea. Noi... non ci rivedremo più."

La spinsi bruscamente in avanti stringendola per le braccia; la guardavo con gli occhi stretti da una morsa di angoscia, mentre lacrime astrali le scendevano sulle guance, e si adagiavano sulle labbra distese in un sorriso tenero.

"Non sta succedendo davvero..." sussurrai a fatica. "Dimmi che è tutto uno scherzo."

All'improvviso, davanti la Porta Rossa, apparve un cavaliere in sella a un maestoso cavallo bianco, con indosso un'armatura rossa d'acciaio e un elmo dello stesso colore e materiale. Un fremito mi fece sussultare.

"Pensavi davvero di essere riuscita a scappare?" domandò l'uomo con tono infastidito.

Il suo sguardo oscuro fulminava quello di mia sorella.

"Lasciala passare!" urlò Sofia. "È me che vuoi!"

Sofia sembrava conoscerlo già, ed ora capivo da chi stesse scappando poc'anzi.

"Oh no!" rispose il cavaliere con tono beffardo. "Non ho mai detto che l'avrei risparmiata."

La sua voce! L'avevo già sentita! Ma dove?

"Lei non può morire!" sbraitò Sofia, mostrando i denti stretti. "Lo hai detto tu!"

Inarcai le sopracciglia in uno sguardo di stupore, fissando prima mia sorella, poi il cavaliere. Tra i due pareva essersi formata una sfera di energia magnetica scoppiettante.

"Non la ucciderò, infatti!" replicò l'uomo con tono freddo. "Per lei ho in mente un destino più crudele del tuo."

Il cavaliere scoppiò in un ghigno malefico ed estrasse la sua spada dal fodero dell'armatura. La lama, larga e affilata, era avvolta da fiamme color porpora dai contorni bluastri.

"Questo è da vedere!" strillò Sofia, stringendo i pugni.

Gli occhi di mia sorella erano incandescenti tanto quanto le fiamme che scorrevano sulla lama di quell'arma bianca; la mascella serrata e le braccia rigide davanti al petto. All'improvviso un brivido mi gelò le gambe. Protesi in avanti il braccio con un'espressione di terrore, quando mia sorella, inaspettatamente, si scagliò furente contro il cavaliere, allargando la mascella e cacciando un urlo definitivo.

"Scappa Andrea! Torna da Kephas, e digli che il cavaliere è..."

Con un scatto fulmineo la punta della spada trapassò la fronte di Sofia, e paralizzò il suo corpo tremante. Un liquido viscoso color porpora dai contorni bluastri iniziò a colare sul suo viso; spaventosi lampi di luce, mescolati allo scintillio delle fiamme, scaturirono dalla lama d'acciaio, e un silenzio di morte piombò sull'oscurità, schiacciando le grida delle anime dannate e spezzando la continuità dei loro movimenti. L'attenzione del Regno dei morti, adesso, era caduta su di noi.

In quell'attimo, nell'oblio dell'assenza di frastuono, le urla di Sofia tuonarono lancinanti e inumane; il simbolo marchiato sulla sua fronte sprigionò un bagliore di luce rossastro, dal quale sgorgarono fiumi di lava che serpeggiarono su di lei, fino a dissolvere nel nulla la sua anima. Mentre il mio corpo diveniva freddo e duro come il marmo, il cuore perdeva alcuni battiti e il fiato si affievoliva lentamente, l'unica cosa che rimase di mia sorella fu un leggero vapore dall'odore putrido.

"Cosa..." bisbigliai con voce strozzata. "Cosa hai fatto?"

Il cavaliere ripose la sua spada nel fodero dell'armatura, si sfilò l'elmo dalla testa e storse la bocca in un ghigno compiaciuto.

"Tu..." dissi con voce arrochita dalla rabbia. "Sei sempre stato tu, fin dall'inizio... hai agito alle nostre spalle per tutto questo tempo... sei un mostro!"

Le labbra erano aperte nell'atto della respirazione, ma non sentivo l'aria arrivare al cervello. Il cuore, stretto in una morsa d'acciaio, mi gelava l'anima, che veniva attraversata da brividi continui, glaciali. L'espressione del traditore si fece improvvisamente fredda e severa.

"Io sono il terzo cavaliere dell'apocalisse!" tuonò. "E tu... sei finita!"

Le mie dita si chiusero dentro le mani, le sopracciglia ticchettarono frenetiche. La collera raggiunse il culmine e dalle pupille sgorgarono alcune lacrime.

"Mia sorella!" urlai. "Hai sciolto la sua anima! Che ne sarà di lei?"

Il cavaliere mostrò un ghigno beffardo e si passò la mano sui capelli.

"Un patto è un patto!" esclamò. "Io l'avevo avvisata, ma lei ha voluto agire di testa sua, pur conoscendo il rischio di tale scelta ingenua. Che ne sarà di lei... mi hai preso per un funzionario del Regno dei morti? Posso dirti invece che fine farai tu, stupida Andrea. Rimarrai in questo posto per l'eternità, e il tuo corpo verrà posseduto dall'unica figlia rimasta in vita di Lilith, la vergine nera. E quando Kephas si accorgerà della differenza, sarà troppo tardi."

Aggrottai la fronte e scossi la testa, disgustata, nel mentre che un manto di rugiada copriva i miei occhi e rendeva insopportabile quello scenario cupo e spietato. Scoppiai in lacrime.

"Sei un essere immondo!" dissi con voce spenta, sottile, arrendevole.

Il dolore per la perdita di mia sorella mi stava lacerando l'anima. Chinai il volto e strinsi le palpebre; il fiume di lacrime si placò all'istante, ma solo fin quando non rialzai la testa e spalancai di nuovo gli occhi. Allora riprese a scorrere copioso sul viso, per poi sfaldarsi al suolo nero e compatto ricoperto di caligine. Avrei potuto provare a scavalcare il traditore, a raggiungere la grande Porta Rossa, a tornare nel mio corpo fisico e avvisare Kephas di quello che avevo visto e vissuto.

Ma cosa sarebbe successo dopo?

Conoscere il responsabile del nostro fallimento, colui che aveva giocato con le nostre speranze, i nostri affetti, le nostre decisioni, non avrebbe aiutato i Viaggiatori in nessun modo. In assenza di carburante e privi di una stazione elettromagnetica, essi erano destinati a rimanere intrappolati in quella terra spoglia e primitiva, per sempre. La verità non avrebbe allietato le loro anime, ma reso più dura l'attesa della morte.

D'altro canto sarei potuta rimanere in questo regno, e vagare per l'eternità senza uno scopo, una meta... mia sorella. In entrambi i casi sarei morta, dentro perlomeno; il rimpianto di avere permesso a Sofia di rimanere nel grattacielo... mi avrebbe ucciso lentamente. L'unico pensiero che avrebbe potuto allietare, almeno in parte, i giorni restanti di questa fragile esistenza, sarebbe stato vedere soffrire quel traditore. Dovevo fargliela pagare, mi era dovuto.

"Non pensarlo nemmeno..." sussurrò il cavaliere.

Con uno scatto felino mi scaraventai contro di lui, ma nello stesso istante egli agitò il braccio da destra verso sinistra, sprigionando dal palmo della mano lingue di fuoco che si accavallarono fino a formare un muro gigantesco. Non potendo contrastare l'attacco, arrestai la corsa, sconvolta.

"Sei mia!" sussurrò una voce gelida alle mie spalle.

All'improvviso una sensazione d'angoscia mi attanagliò la gola. Mi girai di colpo e un'anima dannata mi strappò dalla bocca il flusso vitale, impadronendosi della mia coscienza. Il muro di fiamme ardenti perse pian piano la sua consistenza e si affievolì del tutto dopo una manciata di secondi. Senza nemmeno rendermene conto mi ritrovai piegata per terra e, priva di ogni capacità motoria, osservai l'assassino di Sofia dissolversi nelle tenebre, in sella al suo cavallo. L'ultima cosa che vidi fu il ricordo del viso uggioso di mia sorella, dopo che l'anima deturpatrice della mia coscienza svanisse al di là della grande Porta Rossa.

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