Capitolo 26 - Non siamo soli (R)



Milano - 22 marzo 2027
Kariot.

"Presto! Via di qua!"

Le ruote dell'auto slittarono sull'asfalto prima di proiettarci a tutta velocità verso il grattacielo. I vestiti emanavano un odore di terra bruciata, il viso di Lux era sporco di fuliggine, così come i capelli. Tutto sfrecciava rapido intorno a noi, tranne quelle immagini, che sembravano ancorate agli occhi. Tirai giù il finestrino e l'aria fresca diede una ripulita all'orrore inciso nella mente. Cosa era successo in Vaticano?

Lux era seduta al mio fianco; le mani le tremavano sopra le gambe, lo sguardo era paralizzato davanti a sé. Il suo respiro era debole, gli occhi strabuzzati dal terrore. Nessuna parola accompagnava i suoi pensieri. Lanciai un'occhiata allo specchietto retrovisore, quando un brivido mi serpeggiò lungo la schiena: avevo la sensazione di essere pedinato. Ma da chi?

Percepivo un'oscura presenza; si muoveva dietro di noi, la sentivo bisbigliare attraverso il vento, quasi avvolgeva l'auto nella sua morsa, forse era solo nella mia testa. Ma chi o cosa aveva ridotto il Vaticano in quello stato? Il viso di Lux si girò lentamente verso il mio; il resto del corpo immobile. Il respiro adesso era più affannoso, le unghie conficcate nelle gambe, le palpebre tese.

"Secondo te chi è l'artefice di quell'orrore?"

La sua voce era impastata e afona. Inumidì le labbra e mandò giù la saliva, poi riprese a parlare: "Che tipo di arma è in grado di fare una cosa simile? Perché non abbiamo sentito nessuna esplosione? Potrebbe essere stato un mostro sviluppatosi a seguito dell'epidemia?"

Mi voltai verso di lei per un istante: i suoi occhi erano lucidi e brillanti di paura. Sollevai la mano dal cambio e con essa strinsi entrambe le sue, rigide come artigli di un dinosauro.

"Ti prometto che lo scoprirò, Lux. Chiunque sia stato, noi non faremo quella fine. Parlerò con Goethe, faremo del grattacielo la nostra fortezza. Ti prometto che andrà tutto bene."

Lux strinse la mia mano e la avvicinò alle labbra, poi si carezzò il viso e le guance tremarono. Gli sguardi si persero oltre l'asfalto, e per il resto del tragitto il silenzio prese il sopravvento; ma solo fuori dal corpo... all'interno, una voce urlava domande e risposte che mi mettevano paura.

Dopo un po' arrivammo di fronte al grattacielo e parcheggiai l'auto: Sofia stava ancora dormendo, ma adesso la sua schiena era distesa per terra. I raggi del sole erano incandescenti e creavano un'aura giallo-rossastra intorno al suo corpo.

"Percepisco una strana sensazione..." bisbigliò Lux, strofinando le mani sulle braccia.

Spensi il motore della macchina e la guardai. Il suo sguardo era rivolto verso la gemella.

"Che tipo di sensazione?" chiesi, timoroso.

"Prima non te l'ho detto," rispose "ma l'ho percepita anche all'interno del Vaticano."

Strinsi le palpebre.

"Di cosa si tratta?"

Per un attimo pensai fosse la stessa presenza che avevo sentito anch'io nel tragitto di ritorno. Lux si voltò verso di me: il sole esaltava le poche lentiggini dipinte sulle sue gote rosee. Mise le braccia conserte e abbassò lo sguardo sul mio sedile.

"È come se qualcuno cercasse di insinuarsi nella mia mente, come se riuscissi a sentire il suo fiato sul collo... come se tentasse di trasmettermi continuamente una sensazione di angoscia, pericolo e paura."

Il tono della voce era stizzoso e timoroso allo stesso tempo. Brividi di freddo danzarono sulla mia pelle, quando percepii di nuovo quell'oscura presenza nell'aria, simile a quella descritta da Lux. Le parole sembrarono spezzarsi in gola e così decisi di confortare l'unica donna della mia vita con un lungo abbraccio, che improvvisamente mi inebriò i sensi, regalandomi un senso di sollievo e placando l'inquietudine.

Accarezzai la sua schiena, e feci scorrere le dita lungo il vestito sporco di polvere stringendole attorno ai fianchi. Le risollevai in direzione del collo e le sfiorai le guance, incrociando le mani dietro le orecchie. Inclinai il viso in avanti, in modo da avvicinare la mia fronte alla sua, e i nostri nasi si sfiorarono vibrando. Le labbra vicine... tanto da poter sentire il suo respiro dentro il mio.

"Non preoccuparti" sussurrai. "Insieme ce la faremo, Lux. Non permetterò a nessuno di farti del male, dovessi sacrificare la mia vita. Se ti accadesse qualcosa adesso, io..." Strinsi le palpebre più forte che potevo e digrignai i denti. "Io... morirei dal dolore. Nulla avrebbe più un senso."

Lux poggiò le mani sulle mie guance e la guardai con meraviglia. Entrambe le pupille erano cosparse da sottili venature di vari colori, che si intersecavano fino a creare figure magiche. Una lacrima si staccò dai suoi occhi e in quell'attimo mi diede un bacio; un semplice bacio sulle labbra... che di semplice non aveva nulla.

Era uno di quei baci che si danno quando sei in procinto di partire per un lungo viaggio, per rincuorarti e guidarti contro ogni difficoltà, per dirti che qualsiasi cosa accada non sarai mai solo, e che l'amore, quello vero, non svanisce con la morte, ma rimane intatto per il resto dell'eternità. Strinsi a me quel bacio fin quando le labbra non fecero male, dopodiché presi un lungo respiro e guardai Lux negli occhi, che nel mentre aveva lasciato scorrere altre lacrime color pervinca sulle guance.

"Kariot..." sussurrò lei. "Io..."

Sollevai due dita e le poggiai sulle sue labbra, scuotendo di poco la testa con un sorriso.

"Non c'è bisogno che tu dica niente... io ho capito. Adesso sarà meglio entrare dentro. Qui fuori non è più sicuro."

Lux fece un cenno con la testa e tirò su col naso. Poi asciugò le lacrime dal viso e scese dalla macchina. Spalancai lo sportello e, facendomi forza, mi catapultai su Sofia. Al mio arrivo sgranai gli occhi: sulla fronte della gemella vi era uno strano simbolo che raffigurava una chiave, disegnato con il sangue di un coniglio squarciato nel ventre al suo fianco.

"Che cosa significa?" domandai con indignazione, guardandomi intorno come per cercare il colpevole.

"È un simbolo sacro egizio" disse Lux, piegandosi sulle ginocchia. "L'ankh, conosciuto anche come chiave della vita o croce ansata. Può assumere diverse sfumature in base al contesto in cui è inserito, sebbene sempre con caratteri mistici e religiosi." Allungò la mano e la passò sulla fronte della gemella. "La croce simboleggia una sorta di chiave per l'accesso al regno dei morti e, a giudicar dalle capacità di Sofia, tutto tornerebbe."

Mi chinai sulle ginocchia e fissai l'archeologa, assorta nei suoi pensieri.

"Ma come ha fatto a spuntare?" chiesi, con un po' di agitazione. "E questo coniglio sventrato, cosa c'entra?"

Lux staccò i suoi occhi dalla fronte di Sofia e mi fissò con aria preoccupata.

"Kariot, i simboli non spuntano da soli... qualcuno lo ha disegnato quando noi non c'eravamo."

Chinai il volto e passai una mano tra i capelli, poi perquisii il corpo della gemella per controllare se vi fossero altri strani indizi. Sofia fece per aprire gli occhi, ma li richiuse subito dopo e dalle sue labbra uscì un gemito sommesso.

"Niente!" esclamai.

Quella strana presenza era intorno a noi e ci stava osservando; sentivo il suo fiato a tratti gelido e a tratti torrido sul collo, ma non riuscivo a vederla, a sentirne l'odore. Ciononostante era lì, nascosta da qualche parte, forse dietro qualche abitazione; e ne ero sicuro così come ero sicuro che Lux fosse al mio fianco.

"Ehi!" dissi a bassa voce. "Devi pensare a Sofia, non possiamo lasciarci prendere dal panico. Accompagnala in bagno e dalle una ripulita. Io andrò dal dottor Goethe... con tutte le telecamere che possiede, deve avere pur visto qualcosa."

Lux mi fece un cenno con la testa; lo sguardo severo. Le poggiai una mano sul braccio e dopodiché presi a correre verso la stanza dello scienziato. Quando spalancai la porta, me lo trovai davanti... il suo ologramma era pronto a ricevermi.

"Goethe!" esclamai, ansimando. "Dannazione, che sta succedendo?"

Egli aveva un'espressione piuttosto turbata.

"Kariot, ti stavo aspettando! Si è verificato un avvenimento inspiegabile."

"Uno solo?" sbottai. "Hai idea di quello che ho dovuto vedere nelle ultime ore? Te lo ripeto nuovamente: cosa sta succedendo?"

"Calmati Kariot! Ho visto quello che è successo a Sofia solo dopo l'accaduto. Ahimè non sono riuscito a identificare il colpevole, e forse ho capito adesso il perché. L'intelligenza artificiale e i vari sistemi informatici sono stati costruiti per far fronte a qualsiasi forma di vita presente sul pianeta prima dell'epidemia. Può darsi che... si siano sviluppate altre forme di vita in seguito."

Barcollai fino a una parete della stanza e mi gettai per terra. Non riuscivo a credere a quelle parole; l'oscurità avanzava come un'onda alta, spessa e inarrestabile, pronta a travolgere qualunque cosa avesse incontrato nella sua sfuriata.

"Quando dici altre forme di vita," domandai "a cosa ti riferisci?"

Goethe si prese un attimo di tempo per pensare, poi sospirò.

"Potrebbero essere mutazioni di persone o animali causate da uno sviluppo inaspettato del virus batteriologico, oppure forze divine scese in terra per ristabilire l'ordine. Ma non essendo mai stato un credente, escluderei quest'ultima ipotesi." Si schiarì la voce, grattandosi la tempia quasi con imbarazzo. "Ricorda che questo grattacielo è invisibile a tutti tranne che a voi. Mi dispiace per quello che è successo a Sofia, ma finché rimarrete dentro queste mura, non correrete alcun rischio."

"Fosse solo Sofia il problema..." pensai tra me e me. "Non hai visto quello che è successo in Vaticano..."

"Kariot!" esclamò il dottore. "Cos'altro ti turba? Sono preoccupato quanto te. Se la cosa può tranquillizzarti, Sofia sta bene, ho appena controllato le sue funzioni vitali con i miei dispositivi elettronici. Mi piacerebbe sapere cosa sta combinando Kephas nel passato in questo momento. Non appena scopriremo lo spessore di questa inaspettata minaccia, ti consiglio di portare a termine la seconda piattaforma temporale e fuggire lontano da questo posto. Non c'è più vita qui, Kariot."

Una morsa mi attanagliò lo stomaco. Il futuro con Lux sembrava sempre più sbiadito, privo di ogni certezza. Strinsi i pugni dalla rabbia e mi rialzai in piedi, dando le spalle al dottore.

"Va bene!" esclamai. "Meglio così, non voglio che accada nulla alla gemella, Andrea non me lo perdonerebbe mai. Adesso torno da Sofia, ci vediamo presto!"

Era tutto sospeso nel nulla, un tunnel buio e infinito nel quale non riuscivo a intravedere l'uscita. Mi diressi verso il bagno e, arrivato sull'uscio della porta, aggrottai le sopracciglia e per un attimo mi mancò il respiro. In preda alla disperazione, Lux strofinava con una spugna intrisa d'acqua e sapone la fronte di Sofia. La gemella aveva la schiena piegata sul lavandino, e con le mani teneva dietro la nuca i capelli. Le sue urla sovrastavano il forte getto d'acqua che scorreva dal rubinetto; ella piangeva e gemeva con voce stridula. Afferrai il polso di Lux bruscamente, decidendo di porre fine a quello strazio.

"Adesso basta!" urlai, chiudendo il rubinetto. "Non vedi che il simbolo non si rimuove? Non è un semplice disegno... è un marchio!"

In un primo momento Lux rimase immobile, con lo sguardo perso nel pavimento. Lentamente abbassò la mano che impugnava la spugna e allentò la presa, lasciandola cascare per terra. Lasciai il suo polso tremante e, scossa da tenui brividi, con le mani che adesso lisciavano le mattonelle della parete, Lux si lasciò scivolare sul pavimento, di colpo esausta. Portò le mani alle ginocchia e scoppiò in lacrime.

Sofia sciolse la presa dai suoi capelli scombinati e poggiò le mani sui bordi del lavandino, guardandosi allo specchio fissato al muro. Quello strano marchio pulsava sulla sua fronte, rosso come le fiamme dell'inferno. I suoi occhi erano stravolti dal dolore e dalla paura, e le guance rigate di lacrime.

"Cosa mi sta succedendo?" domandò la gemella con un filo di voce.

Mi avvicinai a lei e la strinsi in un abbraccio, poggiandole la testa sulla mia spalla, e accarezzandole i capelli come per pettinarli. Diedi una ripulita al suo volto con un po' d'acqua, togliendo il sapone che si era asciugato sulla pelle... poi le porsi un asciugamano pulito.

"Non preoccuparti, Sofia. Goethe mi ha detto che le tue funzioni vitali sono in ottimo stato. Chi ti ha fatto questo scherzo la pagherà, puoi starne certa. Per questa notte dormirai in stanza con Lux, mentre io veglierò su di voi dal corridoio, se la cosa ti può fare sentire più al sicuro. Mi sistemerò su un materasso, non sarà un problema. In ogni caso puoi stare tranquilla, Goethe mi ha assicurato che nessuno può entrare all'interno di questo grattacielo."

Sofia fece un cenno con la testa e mostrò un timido sorriso. Poi mi strinse in un abbraccio dolce e affettuoso.

"Grazie!" sussurrò al mio orecchio, allentando la presa.

Lux era ancora seduta sul pavimento, e strofinava le guance con un fazzoletto ormai zuppo di lacrime. Con una mano porsi un asciugamano pulito anche a lei, mentre con l'altra l'aiutai a rialzarsi.

"Non temere," dissi guardandola negli occhi "supereremo anche questa."

"Lo so, Kariot!" rispose. "So che risolverai la situazione."

Tutt'a un tratto ebbi come la sensazione di essere stato assalito da una responsabilità soffocante, un enorme masso da dover sostenere sulle spalle e trascinare con me in ogni decisione futura. Una piccola distrazione avrebbe permesso al peso di schiacciarmi le gambe. Lux e Sofia cercavano in me il sostegno che Kephas aveva elargito per anni, e adesso toccava a me non deludere le loro aspettative.

"Sarà meglio mettere qualcosa sotto i denti!" esclamai. "La giornata è stata piuttosto faticosa."

Al tramonto, il sole si nascose dietro la linea dell'orizzonte, lasciando che il cielo si striasse di diverse sfumature di rosso e arancio. Dopo aver riempito le nostre pance con scatolame di carne di suino e toast spalmati di burro d'arachidi e miele, ci dirigemmo verso le camere da letto, predisponendoci per come avevamo stabilito nel bagno.

Lux e Sofia si sistemarono in un letto da una piazza e mezzo, nel mentre che trascinavo il mio materasso fino al corridoio. Lo posizionai accanto alla porta socchiusa della loro stanza, in modo da lasciare libero il passaggio e, prima di coricarmi, accostai l'orecchio allo spiraglio.

"Sei ancora sveglia?" domandò nel buio Sofia.

"Sì!" rispose teneramente Lux.

"Ho paura per Andrea... Chissà cosa starà facendo..."

"Starà bene, Sofia. C'è Kephas con lei..."

"Sì, probabilmente hai ragione. Kephas non permetterebbe mai che le accadesse qualcosa."

"Infatti, non preoccuparti. Se lui fosse qui in questo momento, direbbe di mantenere accesa la luce della speranza. Adesso chiudi gli occhi, sono sicura che la notte passerà in fretta..."

"Sarà difficile prendere sonno con questo marchio sulla fronte. Brucia da morire."

"A proposito del marchio... promettimi che non cercherai tua sorella nel Regno dei morti, almeno per questa notte. Se ti accadesse qualcosa..."

"Non posso, Lux. Avverto una strana sensazione. Tu che faresti se sentissi che ti restano le ultime ore di vita? Io cercherei mia sorella..."

"Cosa? Non dire sciocchezze, tu non morirai!"

Mi tirai indietro e, amareggiato, mi distesi sul materasso, guardando il soffitto.

"Kephas, amico mio... dove sei?"

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