Capitolo 24 - La nube nera (R)
Milano - 22 marzo 2027
Kariot.
All'improvviso tutto tacque: una nuvola di polvere si sollevò nell'aria e il silenzio si impadronì della pista d'atterraggio, non lasciando altro che un timido stupore sui nostri volti. La piattaforma temporale era scomparsa nel nulla, la stazione elettromagnetica aveva smesso di generare energia. Provai un senso di vuoto interiore, come se avessi perso una parte importante della famiglia; i miei fratelli.
Avvertivo dei brividi lungo il corpo, il cuore distante dal petto, le gambe tremolanti. Cosa avevo fatto? Alzai gli occhi al cielo come per cercare sostegno tra la foschia dell'alba, ma vi trovai solamente l'amara consapevolezza di essere l'ultimo uomo sulla faccia della Terra. Anzi, no!
"Clemente V!" pensai, accigliando lo sguardo. "E i Nuovi Redentori."
Un caldo formicolio partì dalle caviglie e si estese su per le gambe, il busto, le braccia. Strinsi le mani a pugno e serrai la mascella.
"Torniamo al grattacielo!" esclamai. "Qui non c'è più niente da vedere."
Sofia, con le lacrime agli occhi e un'aria triste per la partenza della sorella, si incamminò in direzione della navicella antigravitazionale, mentre Lux mi afferrò per il braccio prima che potessi procedere verso la mia.
"Non sei solo..." disse lei, stringendo la presa.
Un brivido di piacere mi accarezzò la schiena, pervase tutto il corpo e mi intimidì alla vista della pelle d'oca sulle braccia. Mi voltai verso l'archeologa, la guardai intensamente e strinsi il suo corpo al mio. Nei suoi occhi vedevo la profondità dell'universo costellata di luce e di tenebre, come se in ognuna delle sue pupille vi fosse nascosto il senso della vita; come se ogni uomo, animale o creazione discendente dalla materia fossero destinati a risplendere allo stesso modo.
Le spostai una ciocca di boccoli castani dietro l'esile orecchio, in modo da scoprire il suo collo morbido e setoso. Dunque avvicinai il mio volto al suo, lasciandomi trasportare come un'aquila dal vento, e assaporai la felicità di poter rivivere la primavera con occhi innocenti. I nostri nasi si sfiorarono con delicatezza, le vibrazioni mi gelarono le gote, il petto sparse calore in ogni direzione.
In quell'attimo Lux sorrise; i suoi occhi brillarono con un'intensità superiore a quella delle stelle e la Terra smise di muoversi. Afferrai la sua nuca, con l'altra mano la bassa schiena, avvicinai la bocca alla sua e il petto prese a galoppare come un cavallo in corsa. Lei chiuse gli occhi, dischiuse le labbra e così feci anch'io, ma all'improvviso una voce spezzò la magia del momento.
"Dovremmo finire la piattaforma temporale" urlò Sofia. "Kariot, mi sembri distratto."
Di colpo Lux mostrò un timido sorriso e abbassò lo sguardo. Le nostre mani si sciolsero da ogni presa, gli sguardi si allontanarono, i desideri svanirono come sabbia portata via dal vento. Mi voltai verso Sofia, seduta all'interno di una navicella, e la raggiunsi con passo deciso e lo sguardo severo.
"Nessuno ti ha chiesto di restare!" esclamai, puntandole l'indice contro. "Deciderò io quando finire la piattaforma. Tu pensa a passare il tuo tempo nella zona relax, l'unica cosa che ti riesce meglio."
La gemella rimase impietrita e, incapace di obiettare, trattenne il fiato in gola.
"Va bene così" disse Lux, sbucando al mio fianco. "Cerchiamo di non litigare almeno fino a stasera, quando conosceremo il verdetto del viaggio temporale."
Sofia fece un cenno con la testa e mandò giù la saliva rumorosamente. Le lanciai un ultimo sguardo irato e mi introdussi all'interno di una navicella poco distante, e lo stesso fece Lux. Così, in men che non si dica, fummo trasportati al grattacielo, dove ognuno si incamminò per la propria strada. A quel punto mi ritrovai solo nella camera da letto, e una serie di brutti pensieri vorticarono nella mente. Mi distesi sul materasso, frugai nel cassetto del comodino e afferrai il progetto trascritto la sera prima, scrutandolo con attenzione.
"Nessuno dovrà scoprire le mie intenzioni" pensai, alzando lo sguardo al soffitto. "Sarebbe meglio se non le scoprisse nemmeno Lux, al momento... probabilmente non capirebbe."
Fissai di nuovo il foglio di carta, cercando di scovare ogni punto debole del progetto. Presi la matita dal cassetto e iniziai a sbattere la coda sulle labbra.
"Se voglio costruirmi un futuro con lei, dovrò eliminare qualsiasi tipo di pericolo... per noi e per i nostri futuri figli."
Un impeto di rabbia mi indusse a stringere la mano talmente forte da spezzare a metà la matita.
"Avrei dovuto eliminarli tanto tempo fa! Avrei dovuto farlo."
Lasciai cadere i due pezzi della matita sul petto e piegai il foglio di carta in quattro parti uguali.
"Adesso che il prospetto del Vaticano è pronto, non mi rimane altro che pianificare un piano di assalto e uccidere Clemente V."
Strinsi il foglio tra le mani e lo infilai nella tasca dei jeans, dopodiché poggiai i pezzi della matita sul comodino.
"Se riesco a uccidere lui, levare di mezzo i suoi scagnozzi sarà un gioco da ragazzi. Il problema è che è passato molto tempo dall'ultima volta che li ho spiati, dovrei prima fare un giro di ricognizione."
Fissai il soffitto e chiusi gli occhi.
"Ma cosa dico a Lux? Forse dovrei parlargliene... o forse no..."
All'improvviso alcuni passi echeggiarono lungo il corridoio; mi voltai verso la porta della camera e l'archeologa apparve sull'uscio. Lux aveva in mano un vassoio, contenente due boccali riempiti con diversi cubetti di ghiaccio e una bottiglia di Jack Daniel's. Indossava lo stesso corto vestito di seta color prugna della nostra prima notte d'amore, e una collana bianca di perle a girocollo.
"Disturbo?" chiese lei, con un sorriso ammiccante.
"No!" risposi, balzando seduto sul letto.
Chiuse la porta, girò la chiave nella serratura e, avvicinandosi con passo sensuale, poggiò il vassoio sul comodino, inarcando le sopracciglia alla vista della matita spezzata, che feci sparire all'istante sotto al cuscino.
"Stavi lavorando alla piattaforma?" domandò, sospettosa.
Prese la bottiglia e fece girare il tappo tra le dita.
"Sì!" risposi freddo, continuando a seguire i suoi movimenti con gli occhi.
Il collo della bottiglia tintinnò contro i bordi dei due boccali e il whisky gorgogliò immergendosi tra i cubetti di ghiaccio. Lux mi guardò con la coda dell'occhio per un istante e sorrise.
"Qui qualcuno è diventato freddo come una calotta polare. Ma so io come scaldarlo nuovamente."
La sua voce calda mi fece rabbrividire. Un attimo dopo mi porse il boccale più colmo e strizzò un occhio. Lo afferrai, e così lei prese il suo dal vassoio. Mi alzai in piedi e scrutai i lineamenti delicati del suo viso.
"A cosa devo questa visita?" chiesi, poggiando una mano sul suo fianco.
"Dobbiamo brindare!" esultò lei, sorridendo.
"A cosa?" chiesi, stupito.
"Brindiamo al nostro futuro, uniti verso la stessa meta, promettendo di proteggerci l'un l'altro per non soccombere a questo triste mondo, dove l'amore è ormai un fragile sentimento utopico. Brindiamo al nostro affetto, a cui daremo forza e nutrimento giorno dopo giorno, affinché possa donarci la vita che ci è stata negata in passato. Brindiamo ai nostri futuri figli, nella speranza che possano vedere il mondo sotto un'altra luce."
Mentre Lux pronunciava il suo discorso, i miei occhi erano rimasti incantati dal movimento delle sue labbra carnose. Mostrai un sorriso compiaciuto, sollevai al cielo il boccale e lo feci sbattere contro quello suo, che nel frattempo mi aveva seguito nel movimento, ed esclamai: "Lo prometto!".
Tutto d'un fiato, buttammo giù il whisky; e così ancora una seconda e una terza volta. Passarono un paio di minuti e i nostri muscoli divennero leggeri. La mente cominciò a viaggiare con la fantasia e mi lasciai trascinare dai miei desideri senza inibizioni. Posai sul vassoio entrambi i boccali, afferrai la schiena di Lux e la tirai verso di me.
"Qualcuno si sta lasciando andare..." disse lei con un filo di voce.
La feci alzare in punta di piedi e, solo allora, la spinsi contro il petto. I suoi seni lo sfiorarono e ne assaporai la consistenza, provocandole un fremito che le percorse il bacino. Chiuse gli occhi e le accarezzai i capelli, facendole roteare la testa con le dita premute sulla nuca, mentre la lingua lambiva il suo collo da un'estremità all'altra.
Lux si lasciò avvolgere dalle mie braccia e afferrò con tutte e due le mani i miei capelli, tirandoli dolcemente. Il suo respiro divenne affannoso, le labbra lasciarono fuoriuscire dei gemiti di piacere. Feci scivolare le dita lungo i fianchi e, sollevando di poco il vestito di seta, infilai i pollici tra la carne e l'elastico degli slip. Li sfilai delicatamente verso il pavimento, mi chinai sulle ginocchia e le baciai il caldo ventre e l'ombelico, mentre le mani massaggiavano con fervore l'interno coscia.
Sollevai lo sguardo e la fissai, tenendo a bada per un attimo la passione. Lei aprì gli occhi, quasi temesse che mi sarei fermato, e con un'espressione di trepidante attesa, mi afferrò per la nuca e mi spinse contro di lei.
"Oh no!" esclamò Lux, ansimando. "Sta succedendo qualcosa."
"È normale!" risposi, muovendo la lingua vorticosamente. "Lasciati andare..."
"No, Kariot! Non hai capito, voltati subito."
Lux afferrò la mia faccia e la guidò verso la parete di vetro.
"Dannazione!" esclamai. "Cosa sta accadendo lì fuori?"
Una densa cappa di fumo nero aleggiava fuori dal grattacielo e continuava a incrementare la sua consistenza, a tal punto che ormai non si riusciva a vedere più niente oltre le vetrate.
"Sofia!" sbottai.
Lux si ricompose, e con uno scatto felino uscimmo fuori dalla stanza, urlando il nome della gemella per tutto il corridoio e dentro ogni stanza, fino a quando la voce metallica di R.E. ci comunicò che il fumo giungeva, probabilmente, dal Vaticano, e che Sofia si era addormentata davanti l'entrata del grattacielo. Così prendemmo le nostre armi e, una volta fuori, ci accorgemmo che la gemella era seduta per terra, con la schiena poggiata alla facciata di vetro, immersa in un sonno profondo.
"Forse sta cercando di mettersi in contatto con Andrea" dissi, perplesso.
"Guarda, Kariot! Sembra esserci stata un'esplosione in Vaticano."
Lux indicò l'origine della cappa di fumo e rimasi a bocca aperta.
"Vado a dare un'occhiata" risposi. "Tu rimani insieme a Sofia; potrebbe svegliarsi da un momento all'altro."
L'archeologa mi fulminò con gli occhi.
"Non se ne parla. Faremo presto, non se ne accorgerà nemmeno."
Sospirai chinando il volto; sapevo che non sarei mai riuscito a convincerla del contrario.
"Va bene!" esclamai. "Faremo un'ispezione veloce."
Portai la mano sopra la tasca dei jeans: il prospetto del Vaticano era rimasto lì dentro. Che fosse un segno del destino? Mi girai intorno in cerca di un mezzo decente e funzionante, e mi accorsi che Lux sbandierava la mano accanto a un'automobile sportiva scura, dall'esterno in buone condizioni. Mostrai un sorriso e portai entrambe le mani ai fianchi: l'archeologa mi aveva battuto sul tempo.
"Muoviti, lumaca!" gridò lei.
La raggiunsi in un baleno, provai a mettere in moto l'auto e questa si accese al primo tentativo. Spinsi il pedale dell'acceleratore e schizzai a tutto gas verso la meta. Durante il tragitto il fumo, che fino a quel momento era stato di un nero carbone, iniziò a schiarirsi sul grigio olivastro per poi divenire bianco sporco, segno che l'incendio volgesse al termine. Quando giunsi dinanzi all'ingresso principale, rallentai la corsa e tirai il freno a mano. Scesi dall'automobile e un terribile scenario si stagliò davanti ai miei occhi.
Le mine di difesa erano esplose e il cemento era schizzato da tutte le parti, formando buche profonde attorno al Vaticano. Notai che il cancello era chiuso, osservazione che mi portò a pensare che la causa dell'incendio potesse essere nata da una ribellione interna. Una vampata di adrenalina mi suggerì di approfondire la situazione; Lux si avvicinò al mio fianco con aria guardinga, facendomi notare che vi fosse una strana crepa sul muro, in prossimità del cancello, che continuava ad allargarsi, infliggendo altre spaccature lungo la parete.
"Facciamo piano!" bisbigliai.
Con lei al mio fianco, mi avvicinai per esaminare più da vicino il curioso fenomeno e, non appena sfiorai la crepa dominante con la mano, il muro venne giù in minuscoli pezzi, sollevando un getto di polvere gigantesco. Nello stesso istante afferrai Lux e mi voltai di spalle, piegando la schiena con il braccio davanti al volto per non inalare il cemento. Entrambi tossimmo parecchie volte, poi un tonfo ci fece trasalire: alle nostre spalle, il cancello era crollato al suolo.
"Ho una brutta sensazione..." disse Lux con tono preoccupato.
"Chiunque abbia fatto una cosa simile," risposi "sapeva come agire; conosceva la struttura come le sue tasche. Coprimi le spalle, vado avanti io."
Tirai fuori la pistola dalla fondina e oltrepassai il cancello, mentre Lux, con le braccia distese davanti al corpo, guardava in ogni direzione con il colpo in canna. Procedetti con passo felpato per oltre cento metri, dopodiché una visione sconcertante mi travolse lasciandomi senza respiro. Mi sembrava di essere entrato in una dimensione irreale, un mondo parallelo dove il Vaticano era stato sostituito nella notte con un altro luogo.
Ogni costruzione architettonica era crollata su se stessa, ridotta a un cumulo di polvere, così come il suolo del cortile, che pareva una spoglia brughiera grigiastra cosparsa di sangue. La luce del sole esaltava le macchie rosse sotto i nostri piedi; piccoli incendi ancora vivi sparsi qua e là sprigionavano scintille incandescenti, e le nuvole di fumo riducevano la visibilità al minimo. Tutt'a un tratto il terreno iniziò a tremare, formando piccole voragini intorno a noi.
Asciugai le gocce di sudore apparse sulla fronte, mi voltai e dissi: "Lux, dobbiamo andare! Non è più sicuro qui. Questo posto sta per essere inghiottito dalle viscere della terra!".
Lei non mi diede ascolto; il suo sguardo socchiuso era impegnato a fissare qualcosa oltre le mie spalle. Alzò il braccio e urlò: "Kariot, ci sono dei sopravvissuti da quella parte!".
Mi girai con aria terrorizzata, mentre lei avanzava di corsa in quella terra ostile. Affondai le scarpe sui cumuli di polvere, evitando le voragini, e all'improvviso mi ritrovai davanti al cospetto di Clemente V. Lux ebbe un conato di vomito e si girò di spalle, piegandosi sulle ginocchia.
Le gambe del capo dei Nuovi Redentori erano state accorciate; i piedi gettati poco di lato, il corpo sostenuto dai polpacci in cancrena. Il busto sembrava essere stato immerso in un fiume di lava, e fatto scolare all'aperto poco prima di giungere alla morte. Gli occhi lucidi fissavano il cielo e la bocca, schiusa appena, lasciava passare un sottile respiro rauco.
Accostai l'orecchio alle sue labbra, convinto che volesse fare il nome del protagonista di quell'orrore, ma riuscì a sospirare soltanto: "L'Inferno...".
Dopodiché si spense per sempre, rimanendo paralizzato in quella posizione. Scostai la testa di lato e mi accorsi che Lux mi fissava con uno sguardo impaurito.
"Lo hai sentito?" domandai con un filo di voce.
"Sì!" rispose secco, tremando.
Non avevo idea di cosa fosse successo all'interno e all'esterno di quelle mura. Che avessero fatto imbestialire la persona sbagliata? L'accanimento, la distruzione, l'efferatezza. Quale mente malata aveva potuto mettere in atto un tale orrore? Forse avevano pregato il Dio sbagliato, forse Satana era salito sulla Terra e li aveva castigati, o forse non era nulla di tutto questo. Ma su una cosa Clemente V aveva avuto ragione: quel posto era l'Inferno. Strinsi la mano di Lux, mi girai intorno un'ultima volta, e scappai in fretta da quell'incubo.
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