Capitolo 11 - La squadra di Goethe (R)
Milano - 24 marzo 2026
Andrea.
Lame di luce velata infilzavano le vetrate della stanza del dottor Goethe, specchiandosi sul pavimento rosso lucido. Gli uccelli intonavano gioiosi il loro canto per salutare il sole, che si apprestava a compiere il suo percorso nel fresco cielo azzurro di primavera. La Terra, oggi, si sarebbe risvegliata sotto una nuova luce. Nel frattempo, le capsule antigravitazionali erano schizzate in cielo; le avevo seguite con lo sguardo, le mani poggiate sui vetri della stanza, i brividi sulla pelle e un senso di vuoto nel cuore.
"Mi mancherai, mio Capitano" avevo pensato dentro di me. "Non dubitare della tua forza, mai. Ci hai resi persone libere, con uno scopo e un futuro. Te ne sarò per sempre grata."
Il mio sguardo rimase aggrappato al cielo, anche quando le capsule divennero stelle luminose; Kephas e gli altri si sarebbero impegnati per riscrivere la storia. Tutt'a un tratto il dottor Goethe si schiarì la voce.
"Molto bene!" disse. "Chi abbiamo qui?"
L'ologramma ruotò la testa da destra verso sinistra, lentamente, poi meditò un istante.
"Simone: 40 anni, ex membro della Marina Militare, segni particolari... propensione al ramo della medicina. Ti occuperai della salute del tuo gruppo, in particolare della prevenzione e della cura delle malattie e delle loro basi fisiopatologiche ed epigenetiche. Ti insegnerò tutto quello che c'è da sapere e ti assegnerò diversi libri da leggere. Sei d'accordo?"
Simone fissò l'ologramma dello scienziato con gelido stupore.
"Direi di sì!" rispose il militare. "Anche se non capisco la natura di questa assegnazione. Se non sbaglio, siamo qui in attesa che Kephas e gli altri portino a termine il loro lavoro. Perché dovrei essere istruito in qualcosa, se l'obiettivo è tornare indietro nel tempo e concedere una nuova possibilità all'umanità?"
"Secondo la mia ideologia," formulò il dottor Goethe "ogni essere umano deve essere specializzato in un settore ben preciso. Ragion per cui le vostre capacità verranno evidenziate e rese eccelse da un percorso di studi intenso, che vi attribuirò a seguito di un'attenta analisi fornita dai miei software."
L'espressione stupita di Simone tardò a scomparire dal suo volto. Tuttavia egli aveva già accettato l'incarico del dottore, seppur con titubanza, pertanto Goethe continuò a parlare del suo bizzarro programma, con toni garbati e formali.
"Alessio: 35 anni, anch'egli ex membro della Marina Militare, segni particolari... propensione al ramo dell'infermieristica. Lavorerai a stretto contatto con Simone e ti occuperai dell'assistenza del tuo gruppo, imparando tutto ciò che c'è da sapere sull'etica deontologica. Sei d'accordo?"
Alessio si grattò la nuca, raggrinzendo le sue labbra strette e inarcando in basso le sopracciglia.
"Perché no!" rispose il militare più giovane. "Ma nella stanza ricreativa o nella zona relax è possibile trovare qualche foglia di canapa?"
Goethe tossì, portando la mano davanti alla bocca.
"No!" disse, ricomponendosi. "Ma ci sono tanti altri passatempi molto divertenti."
Alessio chinò il capo, amareggiato, e lo scienziato volse il suo sguardo altrove, incrociando le braccia dietro la schiena.
"Lux: 28 anni, archeologa specializzata nella traduzione di testi antichi. Conosci molte lingue, tra cui l'aramaico e l'ebraico, e possiedi competenze storiche e capacità intellettive di un certo livello. Molto bene! Nella mia biblioteca troverai tutto il necessario per approfondire i tuoi studi. Sei d'accordo?"
Lux annuì, mostrando un sorriso.
"Certo!" esclamò. "L'archeologia è tutta la mia vita. Inoltre, mi congratulo con te per la magnifica scansione della mia personalità."
Alessio sghignazzò a bocca aperta, piegandosi in due e portando le mani allo stomaco.
"Non è magnifica, Goethe?" chiese il militare più giovane. "È una donna bella, intelligente e ironica."
Lo scienziato non batté ciglia e Lux mostrò una smorfia, agitando la lingua fuori dalle labbra. Dopodiché Alessio si ricompose e fece silenzio, mentre Goethe scorse lo sguardo intimidito di Sofia, e poco più tardi il mio.
"Andrea e Sofia: 26 anni, due gemelle in grado di separare dal corpo la propria anima, e concederle l'onore di svolazzare via dal mondo terreno, di viaggiare nella cavità astrale, di parlare con le anime dei defunti e tanto altro. Un dono fuori dal comune, non c'è che dire... come saprete già. Vi aiuterò ad affinare la vostra tecnica, se siete d'accordo."
Sofia mi strinse la mano e mi fece un cenno con la testa, mentre i suoi occhi si illuminavano di gioia. Sorrisi nel vederla così felice.
"Non vedo l'ora!" risposi dunque con garbo, facendo un inchino allo scienziato. "Sarà una meravigliosa esperienza per entrambe."
Goethe, soddisfatto, puntò gli occhi sul camionista.
"Taddeo: 28 anni, camionista di professione. Possiedi un'innata capacità creativa; ti piace scrutare il cielo e immaginare spazi, popolazioni e costumi del tutto diversi dai nostri, in mondi lontani, tra fantasia e realtà. Se sei d'accordo, verrai destinato al ramo dell'ingegneria aerospaziale: ti occuperai della progettazione di veicoli in grado di volare nello spazio interplanetario."
Taddeo sbarrò gli occhi e fissò lo scienziato con meraviglia.
"Certo!" rispose. "Non penso di esserne all'altezza, ma il sol pensiero di progettare qualcosa mi fa venire l'acquolina in bocca." Fece più cenni con la testa, approvando appieno la scelta dello scienziato.
"Tommaso!" proferì Goethe, con aria improvvisamente severa e un tono aspro. "28 anni, pro-gamer di professione. Avresti potuto continuare il lavoro di tuo padre, proprietario di un'azienda specializzata nella lavorazione della lana e nella produzione di accessori in pelle e tessuto, invece hai deciso di tuffarti nel tuo più grande sogno, riscuotendo un esiguo successo a livello nazionale. Non possiedi nessuna attitudine, a parte giocare e dormire. La stanza ricreativa sarà il tuo posto per i prossimi mesi."
Tommaso mise il broncio, voltando la testa di lato.
"Quello che tu chiami giocare" brontolò il pro-gamer "è un lavoro serio e mentalmente stancante. Solo chi è del settore può comprendere le difficoltà di una professione simile." Tolse il broncio e, tornando a guardare lo scienziato, mostrò un sorriso. "Comunque accetto volentieri, anche perché non penso che avrei avuto la voglia e la pazienza di concentrarmi su altro."
Il dottor Goethe lo fissò inarcando le sopracciglia, dopodiché volse il suo sguardo su Giacomino.
"Giacomino: 24 anni, artista di strada. Mostri evidenti attitudini verso la pittura, tuttavia non posso fare a meno di notare che hai notevoli competenze nel campo delle droghe leggere e non. Se sei d'accordo, verrai destinato al ramo dell'ingegneria chimica: ti occuperai della progettazione e realizzazione dei vari impianti chimici volti alla trasformazione delle sostanze."
Giacomino annuì ammiccando ad Alessio, che nel mentre si sfregava le mani sogghignando.
"E per ultimo Federico" esternò Goethe. "33 anni, personal trainer di successo. La tua vita è stata caratterizzata da numerosi episodi paranormali negativi; per esempio, vedo che tua moglie soffriva di disturbi psichici e... ed è morta davanti ai tuoi occhi. Se sei d'accordo, verrai destinato al ramo della psichiatria e ti occuperai della prevenzione, della cura e della riabilitazione dei disturbi mentali."
Federico, con il corpo irrigidito e lo sguardo paralizzato, annuì leggermente. La schiettezza del dottor Goethe era stata raccapricciante.
"Molto bene!" esclamò lo scienziato, compiaciuto. "Siete liberi per oggi, vi consiglio di dare un'occhiata alle altre stanze del piano, le uniche accessibili del grattacielo. Nella biblioteca troverete la ricetrasmittente con la quale potrete mettervi in contatto con Kephas. Andate adesso, e tornate da me ogni qualvolta ne avrete voglia. Sarò ben lieto di ricevervi."
Senza pensarci due volte, salutammo Goethe e ci dirigemmo nella biblioteca; Simone afferrò la ricetrasmittente, poggiata su una mensola di legno davanti a una schiera di libri storici, e la accese.
"Kephas!" comunicò il militare. "Mi senti?"
L'apparecchio emise un intenso fruscio.
"Ehi, Simone!" esclamò Kephas. "Piano, ma ti sento."
"Come state? Siete arrivati a destinazione?"
"Siamo arrivati in un attimo. Una roba pazzesca. Siamo già al lavoro, abbiamo a disposizione di tutto e di più. Goethe non scherzava; secondo Matteo e Bartolomeo la possibilità di viaggiare nel tempo è concreta."
"Ti sento euforico, amico... mi fa piacere."
"E voi? Come state?"
"Stiamo bene, Kephas. Goethe ha assegnato a tutti noi un compito. Credo ci voglia tenere occupati per evitare di fare troppe domande. In ogni caso, se mi dici che non ha mentito, non c'è da preoccuparsi, no?"
"Certo, Simone. Non preoccupatevi, questa volta ci siamo."
"A presto, allora."
"A presto, amico."
Poco a poco, il sole salì nel cielo: torrenti di luce si riversarono sul grattacielo e sulle strade, sui palazzi e sui viali alberati. Ognuno si rilassò a suo modo; chi nell'angolo creativo, chi nella biblioteca o nella sala attrezzi, chi nella zona relax. La sala da pranzo era fornita di un angolo cottura, un tavolo di legno rettangolare dove poter consumare in tutta tranquillità le pietanze cucinate, e una dispensa ricca di ogni alimento e bevanda.
Dopo il pranzo, Alessio si avvicinò a Lux barcollando, con aria di provocazione giocosa, e disse: "Ci vediamo nella zona relax...".
In seguito ammiccò, aprendo la mascella con la lingua che quasi gli pendeva di fuori. La mezza bottiglia di vino, consumata a tavola, gli aveva dato alla testa.
"Sì, sì!" esclamò Lux, agitando la mano destra. "Tu intanto vai, io ti raggiungo."
Alessio mostrò un sorriso a trentadue denti e si diresse verso la stanza adibita al rilassamento del corpo e della mente, barcollando a destra e a sinistra. Quando il militare oltrepassò la soglia della porta, guardai Lux con aria confusa.
"Perché non lo rifiuti," domandai "anziché dargli false speranze?"
"L'ho già fatto, Andrea!" rispose l'archeologa, sbuffando. "L'ultima volta gli ho detto di no sulla nave, ma lui insiste ancora."
"Non capisco" dissi. "È comunque carino, seppur un tantino infantile."
"Hai visto? Ecco il motivo principale: è infantile."
"Il motivo principale?" domandò Sofia. "Quindi ce ne sono altri, tipo... Kariot?"
"Basta con questo discorso!" si infastidì Lux. "Non intendo essere la donna di nessuno. Il mondo sta per morire, e se mai riuscissimo a tornare indietro nel tempo, allora ognuno di noi tornerà alla sua vecchia vita, dimenticandosi di tutti."
"Spero tu stia scherzando" risposi, innervosita. "Dopo tutto quello che abbiamo passato, come puoi pensare una cosa simile?"
"Io ti ricorderò, Lux" disse Sofia, con imbarazzo. "Come potrei non farlo...", e si morse il labbro, facendo scorrere gli occhi sul corpo dell'archeologa.
"Le alte aspettative" rispose Lux, accigliando lo sguardo, "portano solo tristezza; ti illudono che possa esistere un mondo migliore che però sussiste solo nella tua testa." Con passo deciso raggiunse l'uscio della porta e si voltò con aria piena di sé. "Ci vediamo per cena, adesso vado in biblioteca e conto di rimanerci fino ad allora." Poi varcò la porta e la sua sagoma scomparve nel corridoio.
Il resto della giornata trascorse serena: l'oro brillante del tramonto brillava sopra la città e le vetrate del grattacielo rilucevano come piastre di metallo rovente. In alto il cielo era come una rosa appassita, illuminata da un bagliore infernale di braci morenti. Nel tardo pomeriggio, io e Sofia visitammo la zona relax.
"Eppure" rifletté mia sorella, all'interno della vasca idromassaggio, "mi piacerebbe subito impegnarmi in un viaggio astrale sotto la guida di Goethe."
"È un'ottima idea!" risposi, sotto il getto caldo dell'acqua, che proveniva da una piccola cascata sulla parete. "Dopo cena andremo nel suo studio e glielo faremo presente."
Dopo il trattamento nella vasca idromassaggio, seguì quello nella sauna e nel bagno turco, e infine ci dirigemmo nella sala da pranzo, per consumare il pasto serale. Nel frattempo la luna era spuntata come di consueto nel cielo, ora terso, limpido e trapunto di stelle.
"Dopo cena andremo dal dottor Goethe!" fece presente Sofia al gruppo, mentre mangiavamo seduti attorno al tavolo. "Io e Andrea non vediamo l'ora di vedere quello che ha da mostrarci sui viaggi astrali."
"Molto bene!" rispose Simone. "Almeno non penserà che lo abbiamo abbandonato, dato che siamo praticamente scomparsi."
"Questo posto" giudicò Matteo "offre davvero molti svaghi. È impossibile non innamorarsene."
"Sono d'accordo con te!" affermò Federico.
Poi il bodybuilder, rivolgendosi a me e Sofia, disse: "Parlatemi di questa vostra capacità extracorporea. Come è nata?".
"Eravamo molto piccole" risposi, portando gli occhi al cielo. "Forse 8 anni. La prima volta capitò per caso; entrambe ci ritrovammo a giocare con le porte e i muri della nostra camera, affondando le mani nel legno e nel cemento, pur vedendo i nostri corpi addormentati sul letto."
"Wow!" esclamò Federico. "Deve essere fantastico. E dopo? Come sono continuati i vostri viaggi?"
"Le volte successive" dissi, mostrando un sorriso, "ci divertimmo a volare sulla città, poi su pianure e montagne, visitando le case di amici o parenti lontani. Nel periodo adolescenziale, ci spingemmo oltre, accedendo a mondi incredibilmente magici, difficili da descrivere a parole. La sensazione di poter volare senza alcuno sforzo rendeva tutto irresistibilmente suggestivo."
Quando abbassai gli occhi per finire la cena, e mandai giù l'ultimo boccone, notai che i presenti mi guardavano con stupore. Bevvi un sorso d'acqua e mi alzai dalla sedia.
"Forza Sofia!" esclamai, poggiando una mano sulla sua spalla. "Adesso andiamo, non sto più nella pelle."
Sofia si alzò in piedi e, dopo aver salutato il resto del gruppo, si diresse verso la porta, camminando al mio fianco.
"Mi raccomando!" allertò Federico. "Fate le brave."
Mi voltai un attimo per annuire con un sorriso, poi, stringendo la mano di mia sorella, raggiunsi la stanza del dottor Goethe.
"Mie care ragazze!" esultò lo scienziato, al nostro arrivo. "Speravo che qualcuno fosse venuto a farmi visita. A cosa devo questo onore?"
"Ciao Goethe!" recitò Sofia, facendo un rapido inchino. "Siamo qui per metterci alla prova sotto la tua guida."
"Immagino stiate parlando della vostra dote straordinaria" rifletté il dottore con enfasi.
"Sì, sì!" risposi. "Proprio quella."
"Allora ho già un'idea che fa al caso vostro" disse lo scienziato, allegramente. "Nella stanza per le attività ricreative ci sono due sedie bianche, molto particolari, con sopra dei caschi neri. Li dovrete indossare e sedervi in maniera comoda; in questo modo potrò trasportarvi nel Regno dei morti."
"Il Regno dei morti?" ripeté Sofia, con aria allarmata. "Non abbiamo mai voluto accedervi per paura."
"Potete stare tranquille" rassicurò Goethe. "In ogni momento, se le cose dovessero mettersi male, potrò farvi tornare indietro all'istante."
"Ma perché proprio il Regno dei morti?" replicò ancora Sofia, con le labbra socchiuse e gli occhi pieni di terrore.
"Al vostro arrivo, troverete un membro della Resistenza. Dovrete comunicargli che il piano sta procedendo secondo gli ordini prestabiliti, e che presto tornerete indietro nel tempo."
In quell'istante un brivido attraversò il corpo di mia sorella e la vidi tremare. Allora strinsi forte la sua mano.
"Non preoccuparti, Sofia. Ha detto che se le cose dovessero mettersi male ci riporterebbe subito qui."
Lei annuì, con aria ancora titubante.
"Bene!" esclamò Goethe. "Potete andare. Liberate la mente da ogni cattivo pensiero e andrà tutto bene."
La curiosità mi spinse in men che non si dica all'interno della stanza adibita alle attività ricreative. Due sedie bianche, sostenute da un tubo cilindrico che sfociava in cinque mani robotiche premute sul pavimento, erano fissate davanti la parete sinistra. Lo schienale, rivestito da cuscinetti bianchi in pelle, era talmente lungo da essere stato incastrato al soffitto, e i braccioli della sedia, anch'essi rivestiti in pelle, curvavano verso il basso all'estremità, allungandosi fino al pavimento. Il sedile era formato da una tavola quadrata rigida, di metallo, con sopra due copricapo neri di plastica, simili a caschi asciugacapelli. In mezzo alle due sedie vi era uno schermo piatto di pochi pollici, rialzato da un case in lamiera metallica trasparente, che lasciava intravedere tutte le sue componenti interne. Il monitor trasmetteva a video una sequenza di caratteri incomprensibili.
Guardai Sofia negli occhi: eravamo entrambe stupite e incuriosite allo stesso tempo. Ci avvicinammo alle sedie, afferrammo i caschi e ci sedemmo, indossandoli. Un attimo dopo era tutto buio. Mi girai intorno frastornata, con Sofia al mio fianco che, come me, si voltava da destra verso sinistra e poi al contrario. Eravamo state catapultate in un'altra dimensione, dove tutto sembrava assumere un unico colore: nero grafite. Il suolo era duro e compatto, sebbene una leggera nebbiolina, che aleggiava per terra lentamente, lo facesse sembrare profondamente infinito. Le mie gambe tremarono, mentre una voce sottile mi chiamò alle spalle. Mi voltai di scatto: una porta rosso fuoco con un pomello nero era sbucata dal nulla, davanti ai miei occhi, sospesa nel buio.
"L'hai sentita anche tu quella voce?" domandò Sofia, stringendo forte la mia mano.
"Sì!" risposi secco.
"Adesso sì che ho paura!" mormorò lei.
"Dai, non dire così" la rincuorai. "Goethe ci sta osservando. Dobbiamo solo consegnare un messaggio per lui, nulla di più."
Sofia mi fissò e annuì, senza sbarazzarsi del suo sguardo impaurito. Sospirai e, prendendomi di coraggio, alzai la mano per girare il pomello e accedere al Regno dei morti. Poco prima che ci riuscissi, la porta si spalancò da sola verso l'interno e un'alta ombra scura, di un nero sbiadito con indosso un camice bianco, apparve sulla soglia, oscurando l'orizzonte alle sue spalle.
"E voi chi siete?" domandò l'uomo, con una voce profonda e corposa, e un'aria sorpresa.
"Mi chiamo Andrea!" risposi. "E questa qui è Sofia, mia sorella. Siamo state mandate dal dottor Goethe per riferire un messaggio importante ai membri della Resistenza."
"Il dottor Goethe, hai detto?", la sua espressione cambiò drasticamente e divenne un ghigno incomprensibile. "Io sono un membro della Resistenza! Cosa ha da dire Goethe?"
"Secondo quanto mi ha detto, il piano sta procedendo secondo gli ordini prestabiliti. Molto presto, torneremo indietro nel tempo."
L'uomo allargò le braccia.
"Ma è fantastico!"
Nello stesso istante una lama affilata trapassò il suo ventre, e la sua anima si sbriciolò al suolo come polvere. Alle sue spalle apparve un cavaliere, vestito di un'armatura blu acqua, con in testa un elmo a coprire il volto e in mano una spada, la cui lama luccicava di un giallo oro.
"Verrà l'apocalisse" pronunciò con tono inquietante "e allora sarete tutti condannati per la vostra superbia. Viaggiare nel tempo non porterà altro che morte e distruzione."
Il cavaliere indietreggiò, facendo oscillare la spada come un pendolo, con la punta rivolta in basso, mentre la mano di Sofia stringeva sempre più forte la mia. Oltre la porta, in lontananza, intravidi un esercito di anime che si dirigeva verso di noi, librando sopra la nebbiolina; il cavaliere si dissolse un attimo dopo, così come i nostri corpi. Quando mi risvegliai sulla sedia, levai il casco immediatamente e mi sollevai in piedi, ansimando. Mia sorella era ancora seduta.
"Ce l'abbiamo fatta!" esclamai, con gli occhi spalancati e rivolti su di lei.
"Dici?" rifletté, con lo sguardo atrofizzato per terra. "E se quel cavaliere avesse ragione, che ne sarà di noi?"
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