Perché piangi?

- No... Jewel. Ti prego, non mi puoi lasciare. Ti prego. Jewel, Jewel! - Alex piangeva, disperato, fregandosene di quello che avrebbe potuto pensare qualcuno guardandolo.
- Alexander - una mano gli si posò sulla spalla e lui alzò lo sguardo:
- È solo svenuta. Se la caverà - disse Jack con voce dura. Il biondo tirò su col naso: dov'era finito il Jack che conosceva? Il padre affettuoso, il suo rivale... quello non era Jack. Tenne per sé i pensieri riguardanti l'uomo mentre l'aiutava a medicarla:
- Quanto tempo abbiamo? - domandò.
- Una settimana e mezza, circa - rispose l'uomo passandosi una mano fra i capelli - poi dovremo agire, volenti o nolenti - il ragazzo si torturò le mani:
- Okay... - sussurrò. Rimase sveglio tutta la notte a controllare Jewel, e quando il sonno veniva a chiamarlo Storm gli dava un colpetto col muso. Il mattino dopo, chinandosi a dare un bacio sulla fronte alla ragazza, la scoprì bollente.
- Jack! Jack! - lo chiamò.
- Hm? - l'uomo sembrava piuttosto di cattivo umore, forse aveva dormito male.
- Jewel ha la febbre! - esclamò Alex.
- Ci mancava solo questa... - mormorò, voltandosi:
- Tu pensa qualcosa, io preparo da mangiare - disse sbrigativamente. Alla fine il ragazzo riuscì a convincere Storm a produrre del ghiaccio misto a neve che poggiò sulla fronte di Jewel. Mangiava poco e non dormiva, Alex, restando a fissare il volto arrossato della ragazza, il cui rossore diminuiva appena sotto il rinfrescante ghiaccio dell'unicorno. Passarono tre giorni, una settimana. Jack aveva detto "se la caverà" ma sapevano entrambi che oscillava tra la vita e la morte. E Alex pregava con tutto il cuore che lottasse, che si aggrappasse alla vita con tutte le sue forze, ma se le forze le avesse esaurite... non voleva neanche pensarci. Le ferite si erano rimarginate, ma la febbre persisteva, segno che in quel corpo era ancora in corso una battaglia. Fissò il suo volto in cerca di un segno, un qualsiasi segno che si sarebbe ripresa, ma niente. Si abbassò, lentamente, e la baciò. Rimase immobile, mentre il cuore rabbrividiva, svuotato da ogni affetto. Gli vennero le lacrime agli occhi, quando le labbra sotto di lui si mossero per rispondere al suo bacio. Pensò che forse era solo un sogno, e probabilmente era svenuto anche lui.
- Alex? Perché piangi? - biascicò Jewel con la voce impastata dal sonno. Il ragazzo sgranò gli occhi, scoppiando a ridere, terribilmente sollevato.
- Non sto-... - la abbracciò, continuando a ripetere il suo nome, ancora e ancora.
- Alex... cos'è successo? - gli chiese, guardandolo con quei suoi occhioni castani così dolci ed espressivi.
- Al nostro arrivo - cominciò a raccontare - siamo caduti... io sono atterrato poco più in là, mentre tu sei rotolata per parecchio tempo. Ti abbiamo cercata ovunque, ma è stato Storm a portarti qui. Hai dormito per una settimana, e hai avuto una forte febbre fino ad adesso - spiegò.
- Oh... mi dispiace di-... - si fermò, mentre al ragazzo la vista si faceva annebbiata e la testa pesante.
- Alex? Mi stai ascoltando? - domandò Jewel.
- S-sì... - farfugliò, prima di crollare addormentato. Si risvegliò con la testa appoggiata a qualcosa di incredibilmente morbido, con una mano che gli accarezzava e giocherellava con i suoi capelli. Aprì gli occhi con calma, poi all'improvviso li spalancò. Jewel rise, una risata pura e cristallina.
- Jack mi ha raccontato tutto... però se avevi tanto bisogno di dormire potevi dirmelo, eh, invece di addormentarti sulla mia spalla! - esclamò, continuando a giocherellare con una ciocca dorata. Si sentiva così felice, Alex. Si tirò a sedere, afferrandole delicatamente la mano, che poggiò sul proprio viso. L'attirò a sé, baciandola, e lei rispose con entusiasmo, quasi ferocemente. In un attimo finì sdraiato a terra, con la ragazza sopra di lui. Le mani corsero alle sue, intrecciandosi. Percepì il respiro caldo di Jewel all'orecchio:
- Alex, grazie - sussurrò, con un tono pieno di commozione. Si fissarono, dolcemente.
- Ti amo, Jewel - mormorò, sorridendo. Si abbracciarono, per non lasciarsi mai più.

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