Paura

- Alex? - una voce lontana lo chiamò.
- Alex! - ancora.
- Mmmm... ancora cinque minuti, mamma - biascicò, rigirandosi nello scomodo letto.
- ALEX!!! - la voce gli perforò i timpani, mentre qualcuno iniziava a scuoterlo per le spalle. Spalancò gli occhi di colpo, mettendosi seduto:
- Je'... - cercò di recuperare la lucidità - che c'è? - nella stanza era ancora tutto buio mentre fuori iniziavano a brillare le prime luci dell'alba.
- Idiota, dobbiamo controllare la situazione attuale della radura - sbottò, sempre la solita Jewel: si era illuso che qualcosa, non tanto ma qualcosa, fosse cambiato, ma a quanto pareva non era così. Un sorrisetto gli apparve sul viso, mentre cercava di rubarle un bacio. Lei lo spinse via e lui mise il broncio, offeso:
- E sentiamo, perché dobbiamo andarci a questo orario infausto? - domandò.
- Perché ora non ci sarà nessuno, sicuramente! - replicò con ovvietà.
- Sarà, ma a me non cambiava niente andarci più tardi - borbottò, iniziando a vestirsi. La ragazza sospirò forte, poi il più silenziosamente possibile uscirono di casa. Non si accorsero del bimbo che segretamente li stava seguendo. Camminando, Alex sbatté il piede contro un sasso appuntito: - AHIAAA AHIAAAA AHIA!!! - iniziò a saltellare su un piede solo, tenendosi l'arto ferito, sbraitando improperi a non finire. Jewel scoppiò a ridere, mettendosi una mano sulla bocca. Era così buffo e ridicolo che dovette tenersi la pancia, piegata in due dal ridere.
- Non ridere delle disgrazie altrui - la sgridò, guardandola di sbieco. Dato che non smetteva, le voltò le spalle e riprese a camminare a passo spedito.
- Eddai, Alex, scusami! - lo raggiunse, correndo, ma all'ultimo inciampò, volando in avanti. Il ragazzo si girò a guardarla, mettendosi a ridere:
- AHAHAHA - Jewel non commentò, limitandosi a dire:
- Ora siamo pari.
Raggiunsero la radura, dove soffiava una brezza leggera.
- Wow... è molto più bello che... nel futuro - sussurrò, mentre l'aria le scompigliava i lunghi capelli. Un gridolino giunse alle loro orecchie, poi videro il piccolo Jack scoppiare a piangere tenendosi un dito.
- Jack! Che cosa ti sei fatto? - la ragazza controllò attentamente la manina del bimbo: da un punto minuscolo sul dito usciva qualche goccia di sangue, probabilmente si era punto con qualcosa.
- So-ellona - piagnucolò, e Jewel si sentì invadere da una tenerezza immensa. "Se solo sapesse..." pensò, accarezzandogli la testolina, facendogli emettere un verso deliziato.
- Cos'è tutto questo trambusto? - una voce tonante e brusca li fece sobbalzare.
- Cosa ci fate qui, voi? - Mack. Un brivido percorse loro la schiena. - Ehm... abbiamo sentito un grido e siamo venuti a vedere - infondo non era proprio una bugia. Li squadrò da capo a piedi: in quel momento faceva davvero paura, con gli occhi bui e un'espressione arrabbiata.
- Cos'è successo? - chiese, rilassandosi appena.
- Si è punto con qualcosa... - spiegò Jewel, continuando ad accarezzare la testa del bimbo.
- Oh Jack, cosa mi vai a combinare! - esclamò il padre, sorridendo. Da un'altra parte il Jack adulto fu colto da un fremito, mentre la testa iniziava a girargli. Cadde bocconi, aggrappandosi ai fili d'erba.
- Ugh... - non pensava che Jewel, mettendosi a contatto con il Jack del passato, gli avrebbe provocato accidentalmente dolore. Dentro al petto, sopra al cuore, dove risiedeva la magia, tutto gli pulsava dolorosamente. "Lo sai benissimo, l'hai sempre saputo anche quando hai proposto tutto ciò ai ragazzi che non possono esistere due Jack, neanche in un universo parallelo. Lo sai che scomparirai, e allora perché non gliel'hai detto? Perché l'hai illusa?" la voce nella sua testa aveva ragione, aveva maledettamente ragione, ma non voleva e non poteva ascoltarla.

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