{Capitolo 12}
"Eccoci arrivati!"
I due giovani demoni si trovavano davanti ad una villetta costruita in mezzo alla foresta vicino ad una pianura.
Il materiale con cui era stata costruita era bianco come la perla più pura, quasi come gli occhi di Herobrine.
Esso era il quarzo, un materiale proveniente dal Nether.
Il portone di casa era composto da legno di quercia e ghirigori dorati sui lati e basati in verticale verso l'interno, dorati come le maniglie che spiccavano da esso.
Il corvino, avvicinandosi alla porta di quella che Herobrine aveva identificato come "casa di Entity303", lasciò che il minore scendesse dalla sua schiena e che si aggrappasse al suo braccio per poter posare una mano su una delle due maniglie.
"Ora entriamo, come va con la caviglia?" Chiese il maggiore tenendo stretto a sé il castano.
"Va un po' meglio, ma fa anco- ahi... fa ancora l-leggermente male..." Rispose mugolando per il dolore.
Entity annuì alle sue parole e spalancò la porta di casa, oltrepassandola insieme al demone dagli occhi bianchi subito dopo.
Chiuse la porta dietro di sé e continuò a marciare verso il salotto, stanza che si trovava poco più avanti dall'ingresso della dimora.
Entity però non si accorse di un dettaglio importantissimo: i suoi genitori, quel giorno, erano a casa.
Infatti, proprio quando Entity mise piede nella stanza insieme al suo ormai amico, due figure adulte, una femminile e una maschile, spostarono la loro attenzione da ciò che stavano svolgendo e la posarono sulle giovani figure dei due demoni, insieme al loro sguardo.
"Entity? Come mai hai fatto così tardi? E chi è lui?" Chiese con pazienza la figura adulta e maschile che si trovava nella stanza, precisamente seduta sul divano affianco a colei che, secondo Herobrine, sembrava essere sua moglie.
L'uomo teneva una carnagione di pelle davvero molto scura, molto più scura di quella di Entity e tendente al nero, mentre due occhi rossi come il sangue regnavano incontrastati in quel viso composto normalmente, con un lieve accenno di barba che spuntava sulla sua mascella.
Il suo abbigliamento era costituito da una tunica nera con dei lineamenti dorati cuciti sul lembo di essa, sul colletto e sulle maniche, mentre dei pantaloni del medesimo colore coprivano perfettamente le sue gambe con gli stessi lineamenti dorati alla fine di essi, accompagnati da degli stivaletti sempre neri.
I suoi capelli neri erano legati in una treccia bassa, mentre tra le mani teneva delle pergamene composte da un materiale quasi disintegrato, antico a parer di Herobrine.
"Che è successo?" Chiese la figura femminile alzandosi dal divano e dirigendosi verso di loro.
Essa invece sembrava la reincarnazione dell'eleganza e della raffinatezza da come si muoveva, tranne per un piccolo particolare: gli occhi.
Essi erano di un verde tendente all'azzurro e si poteva notare che la pupilla non era tonda, ma bensì verticale e stretta, come quella dei rettili.
Erano due occhi che regnavano indisturbati in un viso dalla carnagione chiara e vellutata, quasi diafana, mentre due ciocche chiare e colorate di biondo le ricadevano ai lati della fronte, incorniciandole il viso.
I capelli erano elegantemente raccolti in uno chignon alto con un fiocco azzurro, mentre la sua agile corporatura era avvolta da un vestito costituito da un corpetto con le maniche lunghe che le lasciavano scoperte le spalle, una gonna lunga fino ai polpacci e tinto di mille sfumature diverse di azzurro e verde, decorato con un fiocco azzurro in vita.
Due ballerine azzurre come i fiocchi completavano quello spettacolo di colori chiari e freddi.
"Mi dispiace se sono tornato tardi, ma nel tragitto ho incontrato Herobrine che stava per essere ucciso da delle guardie, in più si è slogato una caviglia" Spiego con una strana tranquillità il ragazzino di dodici anni, indicando con lo sguardo il minore.
La donna lo fece sedere sul divano e si chinò davanti a lui, alzandogli delicatamente la stoffa blu scuro che gli copriva la caviglia.
Herobrine, un po' titubante, lasciò che le docili e vellutate mani della donna si posassero sulla sua pelle ricoperta di piccoli segni violacei.
Un lieve calore, insieme ad una piccola scintilla bianca, si sprigionò dalla mano della bionda, subito dopo la tolse e rivolse al minore un dolce e confortevole sorriso.
Non sentiva più dolore, in più la cura era stata anche piacevole.
"Herobrine, loro sono Izayu e Verlyn" Disse ad un tratto il maggiore "I miei genitori" sorrise alla fine.
Izayu e Verlyn si scambiarono qualche sguardo, come se loro sapessero qualcosa che i due ragazzini non sapevano, ma subito dopo posarono gli occhi sul bambino di dieci anni che prima era ferito.
"Dunque tu sei Herobrine..." Affermò Izayu incrociando le braccia.
Herobrine annuì alla sua affermazione e spiegò lentamente il motivo per cui stava scappando: Notch gli stava alle calcagna e aveva sempre dato la colpa a lui di tutto, persino della morte dei suoi genitori.
Verlyn annuì alle sue parole e si sedette accanto a lui, accarezzandogli in modo materno la testa.
"Allora facciamo così: resterai e vivrai da noi, ci stai piccoletto?" Chiese sorridendo la madre di Entity.
Il ragazzino dagli occhi bianchi sorrise felicemente e annuì alle sue parole piene di speranza.
Anche Entity e Izayu erano molto contenti, ma quest'ultimo era al corrente di verità alquanto ambigue secondo lui: non voleva parlarne proprio in quel momento però.
Da quel momento, una nuova vita era iniziata per il piccolo demone.
[...]
Un rumore di vetro frantumato a terra fece distogliere il sonno ad Herobrine, risvegliandolo.
Era adagiato sul divano rosso carminio del salotto, mentre nella stanza non c'era nessuna presenza oltre lui.
Dov'era Entity?
Si alzò lentamente dal divano e posò i piedi sulla superficie morbida del tappeto, dando una lieve occhiata all'entrata.
Herobrine era certo di aver sentito qualcosa cadere e frantumarsi, seguita subito dopo da un'imprecazione.
Si alzò dal divano e si diresse velocemente verso il piano superiore, scoprendo che i suoni provenivano dalla sala per le pozioni, così si diresse verso essa ed aprì la porta con noncuranza: dei vetri rotti giacevano a terra, erano sicuramente delle ampolle o delle provette prima di essere frantumate.
Il demone più grande aveva posate le mani sulla superficie legnosa di un tavolo attaccato alla parete, mentre bisbigliava parole senza senso in una strana lingua.
Teneva la testa bassa e sembrava abbastanza nervoso.
"Entity?"
Il demone dagli occhi rossi si girò di scatto e posò gli occhi sul suo amico, passandosi nervosamente una mano sulla fronte.
"Oh... Ciao Hero, pensavi stessi dormendo" Affermò il corvino.
C'era qualcosa di strano nel suo comportamento, ma il castano cercò di non farci troppo caso.
"Fino a qualche minuto fa sì, che stai facendo?" Chiese di rimando.
Entity farfugliò un: "nulla di particolare" mentre sistemava alla rinfusa le pergamene e gli ingredienti per creare pozioni: dagli occhi di ragno alle verruche del Nether, dalla polvere da sparo alla agli occhi di ragno fermentati.
Herobrine non fece domande, ma non appena Entity uscì, dopo aver sistemato la stanza ovviamente, egli lo seguì giù per le scale, cercando di chiedergli cosa stesse facendo.
Ma proprio in quel momento, una lettera andò ad attraversare la fessura della porta ed entrò nella casa di Entity.
Allura, che ne dite? :D
Spero che vi piaccia, scusate se sono stata assente per un po' ma ero in gita con la scuola
Chissà cosa stava facendo Entity... Hehehe
Lasciate un commento e una stellina se il capitolo vi è piaciuto e noi ci vediamo ad un prossimo capitolo! Cya :3
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