Silenzio
As your bright and tiny spark
Lights the traveler in the dark,
Though I know not what you are,
Twinkle, twinkle, little star.
È il 9 dicembre, il giorno più importante della mia vita finora. Canto con poca voce alla mia Aika, ancora stanca dal parto e dolorante. Ma guardando la mia bambina tutto il dolore fisico provato ieri sparisce in un soffio.
Dorme beatamente, mi metto seduta intenzionata ad alzarmi dal letto per metterla nella piccola culla che mi hanno portato le infermiere.
— No, aspetta, faccio io. Riposati.
Appena prima che toccassi il pavimento con la pianta del piede, Suwa entra nella stanza e, parlando sottovoce, si avvicina a me. Prende in braccio Aika in modo delicato, posandola poi nella culla.
— Non alzarti, ti porto a fare un giro!
E mi indica la carrozzina all'angolo della porta.
— Ma se si sveglia?
— Guardala. Dorme come un angioletto, andiamo a bere qualcosa di caldo poi torniamo subito.
— Ok.
Faccio per alzarmi, ma le braccia di Suwa mi prendono su di esse, facendomi sembrare leggera. Questo ragazzo mi conosce da un giorno, eppure si sta prendendo cura di me come se fossi parte della sua famiglia. Mi fa sentire in imbarazzo, ma allo stesso tempo meno sola.
🌸🌸🌸
— Cos'è successo al campus?
Gli chiedo, mentre mi spinge.
— Niente, Miku ti è corsa dietro dopo che eri salita e poi ha chiamato l'ambulanza.
— E lui?
— Chi?
— Il ragazzo che era lì.
— Be' ce n'erano più di uno, quale precisamente?
— Taiki.
Deglutisco il the a fatica.
— Ah, lui? Se n'è andato dopo che sei salita.
Sospiro sollevata.
— Perché? Se posso.
— Ah, ma sì puoi, vedi lui è il padre di Aika.
Suwa smette di spingere la carrozzina e viene davanti a me, si piega sulla ginocchia e mi accarezza la testa.
— Non gliel'ho detto perché...
— Non devi dare spiegazioni, io ti capisco in un certo senso. Anche a mia madre è successo lo stesso.
Giro la testa verso di lui, mi porge un sorriso confortante.
— Mi ha cresciuto da sola, anche lei era violinista e per colpa della gravidanza ha dovuto smettere. Ha un corpo cagionevole e già era molto debole all'epoca. Si aspetta tanto da me!
Sorride, ma scorgo dal suo sguardo una sensazione di ansia da prestazione.
— Mi dispiace averti fatto rivivere questi ricordi.
Gli dico, poi, sentendomi un po' in colpa.
— Macché, non preoccuparti. Piuttosto dimmi, che farai adesso?
— Be' penso che porterò Aika con me.
— Alla Towa?
— No, prima di partorire avevo già guardato per dei monolocali lì vicino.
— Ma sarai sola!
— Lo so, ma voglio dedicarmi al piano e ad Aika. La mia vita sarebbe incompleta senza anche solo uno di questi.
— Capisco.
— Poi finalmente potrò suonare in libertà, senza il caos del campus. Magari componendo qualcosa di mio.
— Ah sì?
Mi guarda sbalordito.
— Ci sto lavorando, ma non ne sono sicura.
— Mi devi far sentire.
— Ma non è completo! E poi io mi vergogno...
Mi copro il viso con le mani. Suwa ride.
— Hana, ma dai, suoni davanti alle platee e poi ti vergogni di suonare davanti a me?
— È diverso. È un mio brano. È come se ti aprissi il mio cuore. Forse non sono ancora pronta a questo.
Suwa si alza e riprende a camminare spingendo la carrozzina.
Passando per i reparti, arriviamo alla sala centrale dell'ospedale e il mio sguardo si attacca alle finestre che mostrano una nevicata leggera e, seppure i fiocchi di neve siano tantissimi, emana quella sensazione di calma, di pace profonda. Mentre Suwa si allontana per buttare i bicchieri di carta, mi alzo e lentamente ni avvicino al vetro. Lo tocco ed è freddissimo, ma mi viene da sorridere con nostalgia.
Non avevo più visto nevicare da circa due anni, quella volta ero con Taiki. Eravamo a scuola e, come adesso, all'improvviso iniziò a nevicare. Con la scusa di andare in bagno uscimmo di nascosto in cortile, senza cappotti o guanti, solo con addosso l'uniforme. Al tatto la neve era gelida come questa finestra, il suo amore mi scaldava il cuore.
— Hana, fa attenzione potresti rovinarti le mani!
Mi disse quando mi tagliai con un pezzo di vetro sepolto da quella coltre candida, mentre stavamo facendo il nostro pupazzo di neve.
Poi mi prese il dito ferito che sanguinava e diede un bacio ad esso. Mi disse che ero tutta rossa in faccia e infine rise a crepapelle.
Ricordare i momenti indimenticabili con Taiki mi provoca una stretta al cuore, come se il mio cuore piangesse senza far rumore, come la neve mentre cade dal cielo, in silenzio.
🌸🌸🌸
26 dicembre, dopo aver passato le feste a casa con i miei genitori diventati nonni sono subito ripartita. Giro la chiave nella porta e per la prima volta entro nel mio piccolo appartamento.
Durante la convalescenza in ospedale i miei mi hanno aiutato a traslocare. Miku ha liberato la mia stanza al campus e fra gli scatoloni ha messo anche una busta con dentro un mese di mutuo. Ho cercato in tutti i modi di restituirglieli, ma non ha voluto. Dice che è un regalo di nascita per Aika, ma io mi sento comunque in debito. Siamo giunte all'accordo che le offrirò la cena per un mese da me, cominciando da stasera. Ma prima di iniziare a cucinare, stendo Aika sul seggiolone a mano che appoggio sul divano per poi mettermi seduta sullo sgabello del pianoforte, il mio piano direttamente da casa. È un pianoforte a muro non molto grande, ma abbastanza per quello che devo imparare. È con me da quando avevo 13 anni e ammetto che in questi mesi mi era mancato il suo suono dolce e delicato, un po' come me.
Lo apro, tolgo la copertina sui tasti e inizio a suonare, con la sordina abbassata per non dare fastidio ai condomini, intonando la filastrocca alla mia bambina.
Appena stacco le mani dai tasti e mi volto verso Aika, mi porge un sorrisino stupendo.
— La musica, amore mio, ce l'hai nel sangue.
Le dico, per poi punzecchiarle il nasino.
— E adesso pappa!
La prendo in braccio cullandola mentre mi sbottono la camicia. Subito si attacca al mio seno, è affamata.
Proprio in quel momento suona il campanello, guardo l'ora all'orologio fissato al muro. È in anticipo.
Senza troppi scrupoli apro la porta, ma non mi trovo davanti Miku come pensavo, bensì Suwa.
In un primo momento rimango immobile, con ancora Aika attaccata al mio seno, poi mi volto dandogli le spalle mentre il viso mi va a fuoco.
— Vieni, entra.
Dico, con un filo di voce. Suwa entra, sbirciando con la coda dell'occhio noto la custodia del suo violino. Molto probabilmente è venuto qui dall'università.
— Scusami, non volevo disturbare, ma ti ho sentito suonare dal pianerottolo. Non pensavo di arrivare in un brutto momento, Miku mi ha dato l'indirizzo.
Anche lui è molto in imbarazzo, lo noto dal rossore delle sue guance.
— Non preoccuparti, io pensavo fossi lei.
Gli dico, staccando con delicatezza Aika dal mio seno. Mi riabbottono la camicia e mi rivolgo a lui con un mezzo sorriso.
— La stai aspettando? Se sono di troppo dimmelo eh.
— Ma no, no, in effetti arriverà più tardi. Accomodati pure!
Si siede sul divano proprio di fronte al piano, ancora aperto.
— Posso offrirti un caffè?
— Ma no, tranquilla. Sono venuto solo per vedere come stavi.
Mi siedo accanto a lui, ma distante.
— Sì, sto bene. Tu come stai?
— Non mi posso lamentare. Ah, ti ho portato questi.
Prende fuori dal suo zaino una cartella di cartoncino e me la porge.
— Gli spartiti di tecnica! Grazie!
Ci do un'occhiata.
— Ma aspetta, violino e pianoforte?
— Quello è per l'esame, fra una settimana.
— Così poco tempo?
Dico, quasi perdendo ogni speranza di poterlo passare.
— Con chi sono in coppia?
Suwa mi guarda sorridendo indicandosi con il petto.
— Cosa?
Suwa si mette a ridere, venendo il panico sul mio viso. È un violinista bravissimo lui, non voglio che venga sminuito stando in coppia con me, una studentessa del primo anno.
— Ho chiesto al professore di esserlo, non sapeva con chi metterti dopo che sei mancata per due settimane.
— Sì, ma tu sei bravissimo, sei al terzo anno, si aspetteranno un'esibizione perfetta e io non ne sono sicuramente all'altezza!
— Smettila dai, anche tu sei bravissima!
— No no, tu non mi conosci. Io non seguo mai lo spartito, io mi lascio molto andare. Verrà una schifezza e sarà solo colpa mia.
Inizio ad agitarmi, sento un peso sul petto che mi accelera il battito. Ma Suwa mi prende le mani, tremolanti.
— Tu sei perfetta.
Poi mi dice, guardandomi dritto negli occhi provocandomi un brivido sul collo.
— Proviamo?
— Dovrei addormentare la bambina.
— Aspetto, non c'è problema.
🌸🌸🌸
Romantico, Dvorak.
Appoggio gli spartiti sul leggio e con una matita annoto alcuni numeri sulle note per capire come posizionare le dita in base alle mie comodità. Mentre Suwa apre la custodia e impugna il manico del violino, iniziando ad accordarlo. Ha un suono così preciso, mi volto verso di lui e, quando lo vedo, rimango a bocca aperta.
— Ma è uno...
— Stradivari, sì.
— È la prima volta che ne vedo uno!
— Era di mia madre, l'ha passato a me.
— Tua madre è ricca?
Suwa ride divertito.
— No, glielo aveva regalato mio padre, lui, sì, era ricco sfondato.
— E vuoi suonare con quello?
— Cosa dovrei farci sennò?
Mi scappa una risata delicata, accorgendomi della mia ingenuità.
— Comunque ci sono.
— Anch'io.
Sospiro, per poi iniziare a ticchettare la melodia sui tasti.
Suwa è incredibile, mi tocca il cuore in ogni sviolinata.
Gli rivolgo un'occhiata, come per avvertirlo, e inizio a interpretare a mio modo il brano. Senza seguire la ritmica degli spartiti, aggiungo una parte di me alla melodia. Suwa riesce a seguirmi, è proprio un professionista.
— Come ti sembrava?
Gli chiedo.
— Dovresti marcare di più, qua e lì.
Mi dice, allungandosi verso il mio spartito per poi cerchiare con la matita gruppi di note in due momenti diversi del brano.
È proprio accanto a me di pochi centimetri, sento il suo respiro tranquillo scompigliarmi le ciocche dei capelli.
— E io?
Mi chiede, guardandomi con la coda dell'occhio.
— Tu sei stato magnifico.
Mi sorride.
Suona il campanello nuovamente, questa volta deve essere proprio Miku. Mi alzo dal seggiolino e apro la porta.
— Hey, neomamma!
Esclama, poi le indico di fare piano avvicinando il dito alle mie labbra.
— Dorme?
— Sì, da poco.
— Ah ok, scusami.
— Non preoccuparti, entra!
Nota subito Suwa, sistemare il violino e gli spartiti nella custodia.
— Ah ah, che stavate facendo voi due?
Chiede con un'espressione maliziosa in viso.
— Provando per l'esame di tecnica.
— Che noiosi! Resti anche tu?
Chiede nuovamente, rivolgendosi a Suwa.
— No, no, ho disturbato abbastanza.
Le risponde, prendendo le sue cose. Lo accompagno alla porta.
— Grazie ancora!
Esce, rimaniamo io e Miku.
— Che c'è fra te e Suwa?
— Niente Miku, siamo solo amici.
Le dico con tutta sincerità, per poi dirigermi in cucina.
— Pasta o polpette?
— Entrambe!
Esclama, stavolta a bassa voce. Mi viene da ridere.
🌸🌸🌸
— Hana, devo dirti una cosa.
A pancia piena, con il bicchiere di vino in mano, Miku mi dice. Non l'ho mai vista così seria prima d'ora.
— Dimmi Miku!
Mi mostro lievemente preoccupata.
— Io, sai, devo confessarti una cosa.
Si interrompe, chinando la testa sulle sue gambe.
— Io mi sto innamorando di Taiki.
A quelle sue parole sento stringermi il cuore, ma non lo do a vedere.
— Be', allora avremo una cosa in comune!
Le sorrido, quasi buttandole giù questa mia frase come uno scherzo.
— No, Hana, io vorrei essere l'unica.
Quelle sue parole mi spiazzano. Cosa intende dire? Dovrei smettere di amare Taiki a suo comando?
— Vedi, lui non mi dimostra molto, è rigido e razionale, ma mi fa sentire speciale. Mi manda il buongiorno e la buona notte, non mi fa mancare niente. Devo ancora capirlo bene, ma intanto, anche se rimane un mistero per me, sono felice con lui. E vorrei vivere questa relazione senza difficoltà, mi capisci?
Torna a rivolgere il suo sguardo di supplica a me. Ma io non so proprio cosa dirle, anzi non so come potrebbe prendere le mie parole.
— Hana?
— E lui?
— Cosa?
— Lui è felice con te?
— Penso di sì, altrimenti perché continuerebbe a cercarmi?
Stavolta sono io ad abbassare lo sguardo sulle ginocchia.
— Hana, ma io voglio essere anche tua amica.
— Mi dispiace Miku, non sopporterei di essere amica della ragazza che rende felice Taiki, più di quanto non ci sia riuscita io. Sarebbe una accoltellata ogni giorno starti vicina, scusami.
— Certo, non voglio recarti dolore.
Si alza dalla sedia, prende il cappotto e la borsa avvicinandosi alla porta.
— Aspetta.
— Dimmi.
— Ti ha mai parlato di me?
— Non esattamente.
— In che senso?
— Be' appena sono io che gli parlo di te, inizia a sorridere e mi risponde sempre lo so, poi perde lo sguardo altrove. Anche quando sono altri a parlare di te, sorride sempre. Non vuole suonare a quattro mani con me o con nessun altro e quando ha nevicato ha fatto un pupazzo di neve che si vedeva solo dalla tua finestra. Penso l'abbia fatto nel caso fossi tornata, per te.
— Allora si ricorda?
Miku apre la porta e supera la soglia, per poi richiuderla dietro di sé. Poco dopo, il pianto di Aika mi distrae dai miei pensieri. Corro per cullarla, ma, appena si riaddormenta, le lacrime iniziano a scivolare lungo le mie guance.
Taiki, ricordati di me.
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