Pian(t)o
Mi preparo un toast e vado in università, anche se oggi non ho lezione ho assolutamente bisogno di suonare.
Non ci sono aule libere o sono tutte chiuse a chiave, a quanto pare dovrò tornare al campus e suonare lì davanti alle compagne, sembrando ai loro occhi una che si pavoneggia della sua bravura come fa Miku. Sono abituata a suonare davanti a degli spettatori, ma non mi piace farlo così.
Non c'è nessuno qui, solo aule vuote. Finché sento strimpellare un pianoforte in lontananza: Rondò capriccioso, Saint Saëns. Mi avvicino alla melodia proveniente dall'aula infondo al corridoio, mi richiama a sé come un flauto magico. Sarà un professore? È sabato, perché mai uno studente dovrebbe recarsi qui? A parte me, ovvio.
Mi scorgo, senza rischiare di essere vista, al vetro per dare un'occhiata e sobbalzo improvvisamente. Come se il mio cuore avesse saltato un battito, perché quello che suona è Taiki. Com'è bello: i capelli mori e ricci, le dita affusolate, il corpo mingherlino ed imponente allo stesso tempo.
Mi appoggio di spalle al muro combaciante all'aula. È strano che stia suonando un brano da accompagnatore. Questo rondò è stato scritto per violino e pianoforte.
Ecco il suo carattere impulsivo uscire dalle note melodiose, ma contemporaneamente colpite con forza. Resto immobile ed estasiata, qui, col cuore in gola che batte all'impazzata. Sto rischiando molto, ne sono consapevole, ma non riesco ad andarmene.
Una fitta alla pancia mi fa emettere un gemito, appoggio il palmo della mano sulla bocca per non essere sentita da altri, da lui. Sono calci? Non mi ha mai fatto così male. Aika, cosa succede? Accarezzo la pancia che continua a darmi fitte dolorose come pugnali.
Proprio quando smette di suonare il brano, cercando di andarmene da lì in questa situazione orrenda, cado a terra provocando un tonfo sensibile, ma che penso abbia sentito anche Taiki da dentro all'aula. Infatti, poco dopo la porta dell'aula viene aperta e dei passi si avvicinano al corridoio.
— Chi c'è?
Le fitte continuano, mi mordo il labbro per non fare il minimo rumore, ma purtroppo un gemito mi scappa quando tento di rialzarmi sostenendomi al muro con le braccia.
— Miku, sei tu? Sei arrivata finalmente?
Eh? Doveva incontrarsi con Miku? Lei sta dormendo beatamente al campus e comunque, venire a sapere così che è venuto all'università non per suonare in intimità, ma invece per incontrarsi con Miku peggiora questa situazione terribile. Mi rattrista che dopo nemmeno un anno, io sia completamente uscita dalla sua vita, che non mi pensi più o che possa essersi innamorato di un'altra in così poco tempo. Mi fa male, più delle fitte di Aika, più di immaginare di non poter toccare un pianoforte per mesi. I gemiti diventano inevitabilmente singhiozzi, che sentirebbe anche un sordo con questo silenzio.
Chiudo gli occhi, lasciando alle lacrime via libera sulle guance e non riesco a muovermi. Sono completamente immobilizzata, come se i piedi si fossero incollati al pavimento, come se fossi fatta di marmo.
— Hana...?
Lo sento avvicinarsi all'angolo in cui sono nascosta. Devo andarmene o mi vedrà, vedrà Aika.
Scorgo la sua ombra sul pavimento ed il cuore sembra stia per scoppiare. Poi un calcio, non una fitta, mi ridà la forza di camminare e appena Taiki supera la soglia inizio a correre verso le scale infondo al corridoio. Più veloce che posso. Se mi ha visto, ha visto le spalle e la schiena di una ragazza apparentemente normale; nessun pancione e nessuna lacrima.
C'è mancato poco. Rallento la corsa per il bene di Aika, all'ultimo mese di gravidanza, e volto solamente la testa verso l'angolo. Taiki non c'è più.
🌸🌸🌸
Con lo sguardo basso e gli occhi ancora pieni di lacrime, sono seduta in cortile fra una bellissima fioritura di margherite, coperta da un plaid. Ne raccolgo un po' e faccio una coroncina che poi appoggio sulla pancia.
Non riesco a togliermi dalla testa il brano di Saint Saëns suonato dall'impulsività di Taiki. Una lacrima mi sfugge dagli occhi cadendo sul pancione.
— Watanabe, ancora piangi?
Alzo lo sguardo e mi ritrovo davanti un mio compagno di corso di tecnica, lo stesso che mi rivolse la parola durante la prima lezione.
— Come mai?
Si siede con me sul prato.
— Ah, no, sono solo un po' giù per via delle aule chiuse.
— Aule chiuse? Ma oggi è sabato!
— Lo so, solo che non mi piace suonare davanti alle compagne.
— Ah, capisco. Comunque io sono Suwa. Il tuo nome è Hanami giusto?
— Sì, esatto. Chiamami pure Hana.
— Come ti trovi alla Towa?
— Benissimo, non potrei chiedere di meglio. Tu invece?
Gli sorrido.
— Allora sai anche sorridere!
— Ogni tanto, sì!
Gli porgo una linguaccia.
— Ah, meno male! Comunque questo è il mio terzo anno qui alla Towa.
— Ah davvero? Scusami, allora! Non sono brava a riconoscere a vista chi è più grande di me! Che figura...
Ride fra le labbra.
— Non ti scusare! Anzi, se ti serve aiuto posso dartelo.
— Ma tu non sei violinista?
— Sì, ma so suonare anche il piano. Non chiedermi troppo, ma ho una buona base.
— Ah, capisco. Grazie allora, ma non vorrei farti pena.
— Pena?
Mi guarda con un'espressione stranita, allora io mi scopro e gli faccio notare la pancia anche se penso l'abbia già notata dalla lezione.
— Ah, per quello dici.
— Già.
— Nah, non ti preoccupare. Non mi fai pena, anzi ti ammiro.
— Adesso sono io quella sorpresa!
Ride.
— Ce la metti tutta, nonostante la gravidanza.
— Sì, voglio farlo per me.
— Quanto manca?
— Due settimane.
— Cavoli!
Stiamo a parlare fra le margherite finché una goccia di pioggia mi bagna il naso. Poi due, tre, e decidiamo di entrare all'interno del campus.
Ci sono anche alcuni ragazzi compreso Taiki attaccato al piano mentre Miku suona. Sono di nuovo insieme, non riesco a non pensare all'episodio di prima in cui la stava aspettando in università. Per fare cosa? Posso benissimo immaginare qualsiasi cosa, ma anche pensare a una semplice chiacchierata fra quei due mi provoca una fitta alla pancia.
Per fortuna sono coperta dal plaid e anche se mi dovesse vedere non noterebbe nulla di strano, ma comunque è meglio non rischiare. Camminando veloce mi dirigo sulle scale, sedendomi sui gradini.
— Hana, che fai?
Suwa mi invita a sederci in salotto dove ci sono tutti, dove c'è anche lui.
— Preferisco stare qui, tu vai.
— Ma no! Dai, ti porto un the.
Sbircio dal muro quei due.
Taiki sembra annoiato, mentre Miku ha un sorriso compiaciuto in volto. Le piace proprio stare al centro dell'attenzione.
Rimetto lo sguardo su Taiki, che nel frattempo mi ha visto e mi guarda con mezz'aria sorpresa. Ritiro indietro la testa attaccando il sedere sullo scalino.
Suwa torna con due tazze di the fumante.
— Va meglio?
— Diciamo di sì.
Si siede accanto a me.
— Hai freddo?
Mi abbraccia, facendomi sobbalzare. Il the ha gocciolato un pochino sulla moquette.
— Sono un disastro.
Suwa ride divertito, ma con affetto mi accarezza la testa.
— Vado a prendere una spugna.
— No! Volevo dire... fa lo stesso, dopo pulisco io. Se mettiamo mano ora, spargiamo la macchia.
Sarà vero? Non ne ho idea. Ma non sopporterei stare anche un secondo da sola con l'ansia dello sguardo di Taiki.
Beviamo il the riprendendo a chiacchierare.
🌸🌸🌸
— Ah, Hana! Sei qui, maledetta!
— Ciao anche a te, Miku.
— Ti stavo venendo a chiamare, tutti chiedono di te al piano!
— No.
— Ma perché no? Ormai sei famosa!
— Non mi interessa la notorietà e poi tu sai.
Suwa mi guarda, interrogandosi.
Proprio quando mi alzo per salire le scale, quel brano di Mozart riempie la sala.
— La deve smettere, subito.
Mi lego il plaid alla vita coprendo la rotondità della mia pancia.
Entro nella sala, avvicinandomi al pianoforte senza lacrime negli occhi o risentimento sul viso, ma con decisione e quasi rabbia. Prendo una sedia qualsiasi e la affianco al seggiolino sul quale è seduto Taiki, mettendo mano su quei tasti bianchi e neri. Insieme, suoniamo.
Ma non è un suono equilibrato. Appena il mio tocco delicato compone la melodia, le dita di Taiki si fermano tremando e poco dopo mi lascia suonare da solista, alzandosi dallo sgabello.
Allora mi fermo anch'io, ma mi sento osservata dagli altri studenti.
Non so cosa mi sia passato dalla testa, sono proprio stupida. Meglio non pensarci, voglio concentrarmi per raggiungere i cuori delle persone qui presenti. Chiudo gli occhi, lasciando solo che le dita mi guidino sulla tastiera.
T
aiki, ti sto raggiungendo? Io vorrei capire perché. Perché mi provochi così. E perché appena cado nella trappola, poi mi lasci libera senza minimamente toccarmi o parlarmi. Anzi, ferendomi.
Eravamo felici, amavano di più la musica se la suonavamo insieme. Ti ho stancato? Non ero abbastanza per te? Se almeno mi avessi dato un motivo. È vero che non mi ami più?
S
ollevo lentamente le mani dai tasti, per poi sospirare e sorridere. Appena apro gli occhi vengo acclamata da un applauso di gruppo. Mi copro il viso tra le mani per l'imbarazzo, forse lo fanno solo per pena o forse li ho raggiunti davvero. Chi lo sa.
🌸🌸🌸
— Devi suonare più spesso, mi hai completamente rapito.
Mi dice Suwa, tutto emozionato.
— Ma dai, non è niente di che!
— Lo dici tu, io ho suonato per ore e nemmeno un applauso ho preso.
Afferma poi Miku.
— È come se entrassi nel cuore delle persone.
Il mio dubbio è stato risolto, ho raggiunto loro e anche il mio scopo.
— Mi viene naturale, giuro!
È davvero così, mi impegno tanto ma alla fine se chiudo gli occhi e mi lascio andare riesco a raggiungere chi ascolta concentrandomi solo sui miei sentimenti.
Taiki se ne sta in disparte, non mi considera come al solito. Non so se farci l'abitudine o sperare ancora che si ricordi di me e del sentimento che ci univa.
Un velo di tristezza cala sul mio volto; anche se non riesco a vederlo, riesco a sentirlo. Vengo distratta da una fitta che nuovamente mi pugnala la pancia, come se qualcuno mi stesse pungendo con uno spillo.
Provo una sensazione strana, come un mancamento improvviso e mi tremano le gambe.
Salgo le scale più in fretta possibile, ma senza correre e restando attaccata alla ringhiera mentre con una mano mi tengo la pancia che continua a provocarmi fitte e dolori.
Non faccio in tempo a raggiungere la stanza che, in un secondo, cado a terra perdendo i sensi.
Mi risveglia un innocente pianto di un fagottino avvolto in una copertina di plaid, la mia che fino a qualche ora prima tenevo a scaldarmi.
Vedo un po' annebbiato, ma scorgo accanto a me mia madre e mio padre che mi sorridono con le lacrime agli occhi e dall'altra parte del letto Suwa.
Non so come sia successo, ma il tepore che mi coccola le braccia è reale e la mia bambina ha smesso di piangere.
— Aika, amore mio.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top