Partenze e arrivi

— Watanabe Hanami

Tocca a me, riuscirò a raggiungerli?
Entro nella sala per l'esame di ammissione all'università di musica, il conservatorio più rinomato di tutto il paese dal quale sono usciti molti musicisti famosi tra cui Kuroda, Uchida, Asakura. Sto tremando dall'ansia, ce la farò?
Entro, la commissione e il pubblico rimangono sorpresi. Li sento parlare sottovoce. Non capisco, ho i capelli spettinati? Per l'agitazione ho delle bolle sul viso? Ah no, quasi mi dimenticavo del pancione.
In un momento come questo penso solo alle mie dita e non alla realtà di essere incinta. Ma come non accorgersene?
Mi inchino davanti a tutti, per poi dirigermi al piano. Sistemo il seggiolino e faccio dei lunghi sospiri prima di iniziare l'esame.
Notturno in mi bemolle maggiore op 9 n. 2 è il brano che ho scelto, di Chopin.
Il silenzio cala nuovamente nell'aula, ascoltando il mio arrangiamento.
La musica è libertà. Seguire lo spartito è giusto, ma interpretare la musica rende liberi. Mi hanno sempre detto che ho la mano delicata e che suonando in coppia con Taiki riuscivamo ad equilibrare la delicatezza e il vigore in ogni brano. Taiki era... il più impulsivo dei due. Io accarezzavo i tasti, lui quasi li picchiava dando un carattere forte alle melodie. Eravamo una bella coppia, sia nella musica e sia nella vita. Era il mio accompagnatore fino a quando suonavo in coppia, poi è finito tutto e ho continuato a suonare da solista. Taiki, il padre della mia bambina. Lui non sa niente, ma non voglio che sappia. Altrimenti tornerebbe e non voglio che il nostro sia un amore costretto. Perché per sette anni ci siamo amati e poi, alla fine del liceo mi ha lasciata dicendomi che non mi amava più. Ho lottato, ma è sparito dalla mia vita ormai.
Dopo sette mesi dall'accaduto eccomi qui, con una pancia rotonda. Mi sono accorta di essere incinta tardi, immaginavo che il ciclo mi saltasse per il nervosismo e l'angoscia. Mi era già successo in precedenza, per l'ansia delle competizioni. Non avrei mai pensato a una gravidanza, ma ormai Taiki mi aveva già lasciato. Questo è il mio settimo mese e la pancia si nota subito. Tuttavia, non voglio fermarmi, voglio diventare una pianista e ce la metterò tutta. Per me e per questa piccola creaturina che sta crescendo dentro al mio corpo. Le dedico ogni nota scritta sul pentagramma di qualsiasi brano che suono.

🌸🌸🌸

— Hai preso tutto?
— Sì, mami, e comunque è tardi per tornare a casa. Sta partendo il treno! Al massimo mi spedirai le dimenticanze.
— Sei proprio sicura di non voler restare fino alla nascita della bambina?
— Sì, papà, ve l'ho già detto, non voglio perdere le lezioni.

Salgo sul treno facendomi aiutare da papà con le valigie, per poi abbassare il finestrino e salutare i miei genitori dalla carrozza.

— Stai attenta, mi raccomando!

Guardo il paesaggio della città scorrere via più veloce di un trillo, prendo il cellulare dallo zaino e infilo le cuffiette alle orecchie.
Inizia un'avventura, decido di fare un pisolino.
Mi svegliano i calci della mia piccolina, giusto in tempo! Il treno è fermo e i passeggeri sono già scesi. Grazie tesoro, la tua mamma è sbadata! Stavolta mi faccio aiutare dal capotreno per scendere.
Chiamo un taxi appena uscita dalla stazione che mi porta al campus dell'università.
All'esito dell'esame d'ammissione femminile sono arrivata seconda. La prima si chiama Miku, Asashina Miku. Ma a me non importano le classifiche, io voglio solo che la gente si ricordi di me dopo le mie esibizioni. È questo il mio scopo, anche se dovessi non avere successo in futuro. Ma a quanto pare si aspetteranno molto da me, questo un po' mi preoccupa, spero di esserne all'altezza.

🌸🌸🌸

Entro nella mia stanza del campus, è una camera doppia e la mia coinquilina dev'essere arrivata prima di me. Guardo il nome sulla porta, è proprio Asashina Miku! Chissà che tipo è, sembrerebbe molto disordinata. Rido fra le labbra.

— Finalmente sei arrivata!

Mi giro verso la provenienza di quella voce, l'entrata della stanza.

— Eh?

Mi guarda sorpresa, come tutti quando mi vedono per la prima volta.

— Sei tu Hanami?
— Sì, esatto.
— Io sono Miku!

Si avvicina e mi porge la sua mano destra, gliela stringo.

— È un vero piacere conoscerti!
— Ma quanto sei educata? Quante storie! Ci siamo appena presentate e sappi che non sono una ragazza acqua e sapone!

Ride, penso stia scherzando.

— Be' sei arrivata prima all'ammissione, sei sicuramente responsabile!
— No, sono solo competitiva.
— Ah, l'opposto di me!

Ridiamo insieme.

— Chi ti ha seguito?
— Mh? Sono andata a scuola di musica, non privatamente.
— Ah, capisco. Anche il mio ragazzo.
— Sì, non avevo le disponibilità economiche per un maestro privato...
— Non preoccuparti, se ti servono soldi puoi chiedere a me!
— No, non mi azzarderei mai!
— Non essere umile... mi fa piacere aiutare gli amici.
— Ma non ci siamo appena presentate?
— Sì, non basta per essere amiche? In qualche modo dobbiamo esserlo, per una buona convivenza.

In effetti...

— E il padre, anche lui musicista?

Aspetto un po' a rispondere.

— Sì, anche se non ho più sue notizie da un po'... non so se abbia continuato, ma spero di sì. Era bravissimo.
— Come non lo senti?
— No, lui non sa niente...
— Era un professore?
— Ma... no!

Sento il mio viso andare a fuoco per l'imbarazzo, Miku ride.

— Non preoccuparti, non giudico!
— Ma no, non era un professore.
— E allora perché?
— Perché mi ha lasciato prima che lo scoprissi.

Cala il silenzio nella nostra conversazione, Miku mi guarda colpita con uno sguardo triste.

— No, non voglio farti pena! Non mi guardare così, per favore.

Le sorrido.

— Ormai è acqua passata.

Concludo il discorso tornando a disfare le valigie. È vero, ormai Taiki fa parte del passato che non posso cambiare. Eppure, ogni volta che qualcuno mi chiede di lui, sento le lacrime arrivare nei miei occhi.

🌸🌸🌸

La prima lezione è di tecnica, i corsi sono divisi dalle iniziali dei cognomi. Non sono con Miku, sono sollevata di questo per non dare sfogo alla sua insaziabile competizione.
I banchi sono stati sostituiti da strumenti musicali. Chi suona pianoforte, chi violino, chi clarinetto, chi violoncello, chi flauto traverso, eccetera. Ci sono più strumenti che persone in quest'aula m

— Watanabe!

Mi alzo in piedi all'appello.

— Presente!
— Venga qui.

Mi avvicino alla cattedra.

— Ragazzi, Watanabe si è classificata seconda all'ammissione. Prendete esempio da lei!

E di nuovo la mia faccia avrebbe bisogno di quintali di ghiaccio. In effetti guardando più da vicino il professore, sembra abbia un'aria familiare. Ma sì! Faceva parte della commissione d'esame!

— Non deve vergognarsi.
— Ma... a me non importano le classifiche.
— Vuole deliziarci con qualcosa per riscaldarsi le mani?
— Certamente!

Torno al mio posto.
Riscaldamento, penso a una sola melodia: Ah, vous dirai-je Maman, le dodici variazioni in do maggiore.
O più comunemente, Twinkle twinkle little star.
Finisco il brano, stacco il piede dalla sordina e senza che me ne sia accorta una lacrima cade su un tasto bianco, un sol. L'ultima volta che la suonai ero con Taiki.

— Watanabe, stai bene?

Un compagno mi chiede.

— Ah, sì! Certo!
— Ottima tecnica.

Dice il professore, a tutto il corso.
E proprio quando distolgo lo sguardo, prendendo gli spartiti dalla borsa, alzo gli occhi sul corridoio affacciato alla vetrata dell'aula.
Taiki, è lì.
È una visione? Mi strofino gli occhi, asciugando le ultime lacrime, non c'è più. Adesso immagino anche le cose. Mi guardava con aria malinconica, ma sorrideva. Continui a ripetermi che ormai è acqua passata, ma io lo amo ancora. Vengo ricatapultata alla realtà con un calcio della mia bambina, mi salva sempre dalle situazioni peggiori. Mi accarezzo la pancia, come per dirle grazie.

🌸🌸🌸

— Allora? Ho sentito che hai fatto scalpore a tecnica.

Miku mi prende di sorpresa appena torna in camera, sobbalzo sul letto, stavo provando a riposare.

— Ma no, non è vero...
— Come no? Tutti i tuoi compagni parlano di te e della tua impeccabile tecnica.
— Ma non ho suonato un brano molto difficile!

Le sorrido, sentendomi al centro dell'attenzione e un po' a disagio.

— Dove sei stata finora?

Le chiedo, è quasi ora di cena.

— A girovagare per il campus maschile, col mio ragazzo.
— Ah capisco, ci avete dato dentro eh?

Si imbarazza e io rido.

— State insieme da molto?

Le chiedo, invidiandola un po'.

— Ma no, non so nemmeno se stiamo effettivamente insieme... usciamo, per ora.
— Be' ti ha baciata?
— Più o meno...
— Che significa più o meno?
— Che, sì, sono baci, ma sono baci abbastanza anonimi... non sentiti. Non so se hai presente.
— Ah... sì.

Negli ultimi mesi Taiki mi baciava proprio così, non erano più baci passionali e pieni d'amore. Ma piuttosto baci anestetizzati, apatici, dati di fretta.

— Be' prova a parlargli.
— Nah, fa lo stesso. Non voglio storie serie al momento.
— Come mai?
— A quanto pare non sei l'unica con le delusioni nel cuore.

Poi mi sorride porgendomi uno sguardo malinconico, mi alzo dal letto per bere un sorso d'acqua.

— Però lui in qualche modo mi incuriosisce, suona magnificamente sai. Può sembrare arrabbiato o che stia punendo il pianoforte per qualcosa, ha un vigore sfrenato. Viene dalla tua stessa città, lo conosci? Si chiama Taiki, Taiki Ono.

Mi sento fulminata; in tutto il corpo mi passa una scossa elettrica che mi fa diventare molli le gambe lasciandomi cadere sul pavimento.
Taiki? È uno scherzo del destino? Mi hai dimenticato così in fretta? Allora non era un'allucinazione quella di oggi, Taiki è davvero qui!

— Hanami, che succede? Ti senti male? Chiamo qualcuno?
— E mi sentito anche lui?
— Oh sì, eccome, i suoi compagni non parlavano che di te al campus e lui stesso ha commentato.
— Cosa ha detto?
— Che riconoscerebbe quell'arrangiamento su centomila. Infatti, penso ti conosca.
— E mi ha visto?
— Be' certo se era lì.
— Intendo, ha visto la pancia?
— Non ne ha fatto parola, quindi non saprei.

Sospiro sollevata, per ora.

— Ma perché ti importa tanto?

Alzo lo sguardo dapprima basso sulla moquette della stanza e con le lacrime che rigano le mie guance incrocio gli occhi di Miku, senza aprire bocca.

— Non mi dire che è lui?
— Non gli dire niente, Miku... per favore, ti supplico.
— Ma perché no? È il padre, è un suo diritto.
— Non immischiarti, ti prego.
— Ma Hanami, io gli voglio bene!
— E io... lo amo.

Le rispondo con voce strozzata dalle lacrime.

— Tornerebbe da me solo per la bambina. Non voglio che sia costretto ad amarmi per questo. Quindi, per favore... non immischiarti.
— Ma ti vedrà, prima o poi.
— Non se mi aiuti a tenerlo lontano da me. Te lo chiedo in ginocchio, solo per due mesi! Per favore, Miku...

Ha atteso un paio di minuti prima di rispondere, ma poi con un sorriso di compassione si è seduta a terra accanto a me e mi ha abbracciato.

— Va bene, ci proverò.

Da quella sera in poi, Miku mi ha accontentato e non ho visto più Taiki nemmeno per caso fra i corridoi dell'università.

Intanto mia madre mi ha mandato uno scatolone con dentro una salopette che metteva lei quando aspettava me, con ricamato un cuore sulla pettorina. Me la sono provata e mi calza a pennello, in quel momento ho deciso il nome per la mia bambina: Aika.

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