Non sei sola
Ho finalmente ripreso le lezioni, da ormai un mese. Mi concentro nello studio e faccio la mamma. Ho assunto una babysitter alla fine, ma ormai mi fido di lei. È una madre come me, si chiama Akiko ed è gentilissima sia con me sia con Aika. Mi sono anche trovata un lavoro part-time per non chiedere aiuto ai miei genitori per il mutuo e anche per prendermi cura di Aika.
Ho una vita piena che mi aiuta a distrarmi dai pensieri, pensieri che mi fanno piangere. Sono sola. Non ho amici e non ho nemmeno il tempo di farmeli. Con Miku non parlo più e con Suwa, be', appena ci incrociamo nei corridoi provo a salutarlo, ma lui fa finta di non vedermi e così ho smesso di farlo. All'esame di tecnica siamo passati entrambi con buoni i voti, lui al massimo, io nella media. Il fatto di mettere la mia anima interpretando gli spartiti mi penalizza sempre, ma a me non importa il numero di in voto, bensì raggiungere il mio pubblico.
Dopo le lezioni corro in gelateria e torno a casa alle nove di sera. Non dormo tanto, ma sono felice di tornare a casa e passare del tempo con la mia bambina. È l'unica cosa che ho e mi riempie di gioia. Le stanno crescendo i capelli. Li ha presi dal suo papà, ha dei bellissimi capelli corvini. Sono morbidi e profumati di talco, li accarezzo con cura e quando smetto sembra che Aika mi chieda altre coccole allungando le sue manine sulle mie dita, così continuo anche dopo che si addormenta fra le mie braccia.
🌸🌸🌸
È mattina, un altro giorno inizia. Faccio colazione con un pezzo di pane tostato accompagnato alla marmellata e bevo il caffè, mi vesto e aspetto l'arrivo di Akiko seduta sul divano con Aika in braccio.
Suona il campanello, poso la piccola sul seggiolone a mano e apro la porta.
— Buongiorno ragazze!
Esclama.
— Buongiorno Akiko!
La accolgo in casa.
— Vuoi il caffè? Ne è rimasto un pochino nella moka.
— Se devi buttarlo lo bevo io, grazie Hana!
Le verso il caffè ancora caldo in una tazzina e mi siedo con lei e Aika attorno al tavolo della cucina.
— Vi ho portato una cosa!
Prende fuori dalla sua grande borsa una scatola e me la porge.
La apro e ci trovo dentro un cofanetto portagioie bellissimo, alzo il coperchio e la musica mi incanta.
— È un carillon!
Esclamo sbalordita.
— Sì, era di mia figlia, ma ha detto che non lo vuole più. Scusa se è di seconda mano, ma a me piace tantissimo e ho pensato subito a voi.
— Macché, non ti scusare! È bellissimo! Poi se è usato è anche meglio, racconta una storia.
Akiko mi sorride, per poi portare la tazzina alla bocca.
— Ora devo andare a lezione, ci vediamo stasera!
— Certamente, vai vai musicista!
Prendo la borsa che avevo lasciato in camera da letto e mi dirigo verso la porta, la apro e prima di chiuderla do un ultimo sguardo ad Aika che mi sorride. Che tenerezza.
Mi incammino verso l'università a passo moderato. Quando sono sola vengo sopraffatta dai pensieri proprio come ora. Cammino a testa bassa, nascondendo lo sguardo pieno di lacrime che però trattengo negli occhi. Mi sono ripromessa di non piangere più, per il bene di Aika. Non voglio che mentre mi guardi veda la sua mamma con lo sguardo sempre triste. Ho deciso di mettere da parte tutta la tristezza per mostrarmi sempre sorridente agli occhi della mia piccolina.
Appena supero la soglia del cortile, rialzo lo sguardo. Sono arrivata in anticipo, ma entro in aula di solfeggio comunque. C'è una ragazza, guarda oltre la finestra attraverso il vetro dei suoi occhiali rotondi. Appena mi siedo, la borsa scivola a terra e tutte le cose al suo interno si disperdono sul pavimento. Sbuffo e subito mi chino per raccoglierle. Mi si avvicina anche lei, porgendomi una matita che è rotolata fin sotto al suo banco.
— Grazie!
Le dico.
— Ti ho vista al Creamy, lavori lì?
— Sì, esatto, ma da poco.
— Allora mi devi un gelato.
— Eh? Perché?
— Perché ieri mi hai dato pistacchio invece di cioccolato, come ti avevo chiesto. Si vedeva che eri sovrappensiero.
— Ah, scusami tanto!
Ride fra le labbra.
— Non preoccuparti, oggi ti accompagno così me ne fai uno giusto stavolta! Comunque io sono Rika! Tu sei?
— Hanami, chiamami Hana se vuoi.
— Hanami è un nome bellissimo, ti chiamerò Hanami.
Mi sorride.
🌸🌸🌸
— Cioccolato e?
— Crema, non lo sbagliare!
Prendo un cono e lo farcisco con due palline di gelato al cioccolato e altre due di crema.
Voltandomi verso la cassa, dalla porta scorrevole dell'entrata scorgo passare Taiki, solo, che entra appena mi vede. Resto incantata sullo sportello della cassa aperto.
— Hanami?
Sbatto le palpebre.
— Ecco a te, spero ti piaccia!
Le porgo il resto.
— Fatto tu?
— No, no, io sto solo al bancone.
Si allontana per sedersi a un tavolino gustandosi il suo gelato e lasciando me che devo servire gli altri clienti.
— Nocciola e matcha.
Taiki è proprio davanti a me, mi rivolge la parola dopo mesi.
Prendo un altro cono impilato nella credenza e inizio a mettere le due palline di nocciola.
— Lo porti ancora.
Poi Taiki mi dice, alzo lo sguardo cercando il suo.
— Cosa?
— Il fermacapelli.
— Ah, sì.
Il fermacapelli che mi aveva regalato in prima media per il mio compleanno, il 15 gennaio. È dritto con dei brillanti bianchi.
Con i tuoi capelli sta d'incanto.
Mi disse quel giorno.
Ripensando a quel momento ora, dopo settimane da quel bacio fra lui e Miku, mi si scombussola l'umore. La tristezza che avevo cercato di nascondere scavalca i sorrisi finti e torna sul mio viso, dritta nei miei occhi che rilasciano lacrime su questo cono alla nocciola e al matcha.
— Scusa, te lo rifaccio.
Gli dico poi, dandogli le spalle per buttare tutto.
— No, va bene quello.
Mi risponde.
Allora mi volto, ancora con gli occhi lucidi, e lo guardo non credendo a ciò che mi si presenta davanti: un sorriso. Taiki mi sorride.
Gli porgo il gelato, con la mano tremolante. Prende un cucchiaino e raccoglie il gelato al matcha colato sulla cialda per poi metterselo in bocca.
— È buono.
Mi dice, sempre sorridendo, poi si volta ed esce dalla gelateria. Mi ha parlato, mi ha sorriso. Automaticamente mi scappa un sorriso sulle labbra.
🌸🌸🌸
Sono le otto e mezza, il titolare mi dice di andare dato che oggi sono arrivata mezz'ora prima, ma sa benissimo che ho una bambina a casa che mi aspetta, l'avrà fatto per gentilezza? Anche lui è padre di un bambino.
Mi cambio ed esco. Svolto l'angolo e appoggiato al muro, con lo sguardo fisso sullo schermo del cellulare, trovo Taiki. Perché è qui?
— Taiki?
Mi vede e si avvicina a me.
Avendolo davanti a me, ritrovo quella figura che ero abituata a vedere tutti i giorni. Mi scappa un sorriso nuovamente.
— Ti aspettavo.
Mi chiedo perché e il mio cuore sobbalza nel petto mentre un soffio di vento mi sposta i capelli.
— Cosa c'è?
— Volevo solo sapere come stai.
Mi dice, grattandosi la nuca e guardando altrove.
— Ah, solo questo, be', bene.
Abbasso lo sguardo sull'asfalto del marciapiedi, mentendogli spudoratamente, e Taiki non aggiunge una parola.
— Allora, io vado!
Mi incammino, lasciandolo indietro.
— Aspetta.
Mi volto verso di lui.
— Sì?
— Hai da fare adesso?
Rimando colpita da quella sua domanda. Cosa c'è Taiki? Non capisco.
— Mi stanno aspettando.
Gli rispondo, rimanendo vaga.
— Suwa ti sta aspettando?
Se ero colpita, adesso sono ancora più sorpresa da quest'altra domanda.
— No, perché dovrebbe?
— Vi ho visti il giorno dell'esame, vi stavate baciando.
Sgrano gli occhi.
— Ho respinto Suwa.
Mi guarda.
— Perché sei andata via dal campus?
E adesso che gli dico?
— Perché stai lavorando?
— Perché tutte queste domande?
Si avvicina a me.
— Miku me l'ha detto.
Non posso credere che Miku mi abbia tradito.
— Abbiamo litigato. Mi ha detto che mi ami ancora. È vero, Hana?
I suoi occhi sono davanti ai miei, a pochissimi centimetri.
— Non voglio che mi odi.
Mi dice.
I suoi occhi si riempiono di lacrime che non riesce a trattenere, le libera sbattendo le palpebre. Apre le sue braccia e mi accoglie dentro ad esse, non mi stringe. Anzi, mi tocca molto delicatamente come se fossi di porcellana. Mi scanso leggermente.
— Vai al campus e chiarisci con Miku.
Gli sorrido.
— Io non ti odio, Taiki. Quello che provo io, non è importante ormai. Vai da lei!
Perché lo sto facendo? Perché non lo sto trattenendo? Sto andando contro al mio cuore, ma va bene così.
— Non piangere.
Mi dice, a bassa voce.
— Non sto piangendo.
Invece sì, il mio cuore sta piangendo.
— Taiki, ho anch'io una domanda per te: quello che mi hai detto il giorno del diploma, è vero?
Hana io... non ti amo più.
Mi rimbomba nella testa, ancora dopo mesi.
Mi guarda intensamente negli occhi, senza rispondermi.
— Rispondimi, per favore.
— Ci vediamo, Hana.
Si volta e inizia a camminare, allontanandosi da me proprio come quel giorno fino a diventare un puntino lontano, fino a sparire.
Perché non mi rispondi, Taiki? Non hai il coraggio di ammetterlo davanti a me? Sono ancora più confusa. Non ci voleva, proprio adesso che devo tornare dalla mia bambina, il mio sguardo è triste.
Mi volto anch'io, proseguendo la strada verso casa che era stata interrotta. Aika mi sta aspettando, ma aspetta anche te... Taiki.
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