Mamma
Ci sediamo a un tavolo di una caffetteria. Miku è stata carina a spostare l'appuntamento con il suo ragazzo o il suo accompagnatore su cui sono andata a sbattere o chiunque sia lui per lei. Io adesso non so davvero come comportarmi, mi sento di nuovo a disagio. La cameriera ci porta due cappuccini caldi, apro la bustina di zucchero con le dita e lo verso sopra alla schiuma di latte, aspetto che la coltre bianca e fine di zucchero affondi nel caffè e mescolo con il cucchiaino senza aprire bocca, poi avvicino la tazza alle labbra e prendo un sorso di cappuccino e perdere lo sguardo assente fuori dalla finestra.
— Allora...
Dice Miku tentando di rompere il ghiaccio.
— Sei tornata per restare, vero?
La guardo negli occhi ma, appena si incontrano con i miei, abbasso lo sguardo sul tavolo.
— È quello che spero.
Le rispondo sottovoce. Inizio a toccarmi le punte dei capelli nervosamente, a sbattere le ciglia più spesso, a sospirare e pensare a come non evidenziare ancora di più il mio imbarazzo di questo momento. Poi mi scrocchio le dita, cosa che non ho mai fatto in vita mia.
— Ferma!
Miku mi prende le mani di scatto ed io per autodifesa mi scosto.
— Ah, scusa, ma non lo fare più, ti si rovinano le tue splendide mani.
Accenno un sorriso malinconico tenendo ancora lo sguardo basso.
— È da quel giorno che non tocco un tasto di pianoforte.
— Mi stai dicendo che non hai più suonato?
Scuoto la testa leggermente.
— E cosa pensi di fare? Smetti per sempre?
— Non lo so, non è quello che voglio, ma al momento non credo di riuscirci.
Rialzo lo sguardo e noto un profondo dispiacere negli occhi di Miku, provo a sorridere, ma è un sorriso forzato, come tutte le mie azioni.
— A te come va?
— Come prima, però sono fidanzata ora. Credo effettivamente che sia una cosa seria e spero lo pensi anche lui di me.
— Ah, bello, come si chiama?
— Edward, non stai pensando di rubarmelo vero?
Soffia una risata.
— No, tranquilla, l'amore è proprio l'ultima cosa a cui riuscirei a pensare.
Riprendo fra le mani la tazza calda di cappuccino e ne bevo un po'.
— Con Taiki?
Riappoggio la tazza sull'apposito piattino e deglutisco.
— Lo studio come sta andando?
Le chiedo, come se non avessi sentito la sua domanda, ma Miku nota che sto cercando di cambiare discorso e fa finta di niente.
— Tutto bene, abbiamo inciso tutti i nostri inediti.
Sorrido forzatamente.
— Allora devi farmelo sentire.
— Se può aiutarti a riavvicinarti alla musica, con enorme piacere.
🌸🌸🌸
Ci salutiamo davanti alla caffetteria e mi incammino per tornare indietro, a casa. Preparo qualcosa da mangiare e mi butto a letto, l'ultimo pensiero va all'obiettivo che decido di prefissarmi per domani: guardare in faccia le persone senza abbassare lo sguardo. Spengo la luce dell'abajour e chiudo gli occhi.
Mi alzo che sono le 10 di mattina, a quest'ora le lezioni dovrebbero essere già iniziate da un'ora. Faccio colazione e guardo intensamente il pianoforte chiuso attaccato al muro del mio salotto. Mi alzo per lavare la ciotola di caffèlatte, poi mi avvicino ad esso con discrezione e lo tocco leggermente con i polpastrelli delle dita.
È liscio, freddo, polveroso; sei mesi fa mi alzavo e suonavo, prima di andare a letto suonavo, adesso anche solo toccarlo mi mette ansia, sento come se il passato in qualche modo potesse ripetersi. Vengo distratta dai miei pensieri dal trillo del mio cellulare che mi segnala l'arrivo di un messaggio.
Miku mi ha detto che sei a casa, oggi pomeriggio passiamo a trovarti se vuoi, io e Aika.
Quella Miku non tiene mai la lingua a posto. Non so che fare, nei buoni propositi non avevo pensato che la prima persona da guardare negli occhi fosse Taiki o Aika. Mi si presenta davanti una scelta difficile, ho davvero voglia di rivedere Aika, osservare quanto sia cresciuta e abbracciarla. Anche Taiki mi è mancato, ma con lui ho paura.
Va bene, ma non in casa.
Con altre persone attorno mi sento più al sicuro. So che Taiki non potrebbe mai farmi del male, ma inconsciamente sento il terrore sopraffarmi.
🌸🌸🌸
Ci siamo dati appuntamento al parco sotto casa, nel pomeriggio si riempie di bambini e famiglie all'uscita delle scuole.
Prima di presentarmi direttamente sono andata in un negozio di giocattoli e ho preso un coniglietto di peluche ad Aika. Chissà se le farà piacere. Me ne sto in piedi ad aspettare davanti al grande orologio della piazza con la fontana, tengo lo sguardo alto ma lo sento spento. Guardo le persone passare, ma loro non guardano me.
Un soffio di vento mi sposta i capelli sul viso, li infilo dietro all'orecchio e davanti a me appaiono due puntini che lentamente si avvicinano. Rimango immobile finché riesco a distinguerli chiaramente e inizia a battermi forte il cuore. Non vedo il passeggino, ma Aika stringere la mano di Taiki e camminare sulle sue piccole gambe. In effetti in questi sei mesi mi sono persa molte cose di lei, fra cui insegnarle io stessa a camminare. Si avvicinano sempre di più, fino a una decina di metri da me, poi Taiki si ferma e mi guarda. Mi sento un groppo in gola, difficile da deglutire. Mi sento come se avessi perso tempo a rinchiudermi in me stessa, sento le lacrime cadere anche se non scendono dai miei occhi. Lo guardo anche io, seppure da lontano riesco a vedere i suoi occhi nei miei e mi sento colpevole ancora una volta di un crimine che non ho commesso, sento il terrore dell'imminente incontro fra me e lui eppure non riesco a staccargli gli occhi di dosso. Quel momento gelido viene interrotto da Aika che tira con il braccio Taiki, allora lui si piega verso di lei e le dice qualcosa per poi indicarmi. Noto Aika fissarmi, senza sapere che fare, poi decido di piegarmi anche io come Taiki e di aprire le braccia verso di lei.
— Aika!
Mi raggiunge un po' correndo e un po' saltando, per poi sprofondare tra le mie braccia. La stringo, la annuso, la tocco con le mani per capire cosa e soprattutto quanto del suo piccolo corpo sia cambiato, poi le accarezzo la testa sopra al cappellino felpato e le riempio le guance di baci leggeri. Si scosta leggermente da me e mi guarda sorridendo.
— Mamma!
Quella parola, io non c'ero quando l'ha detta la prima volta e mi sento nuovamente una madre inutile che non c'è stata nei momenti più importanti della mia bambina, ma allo stesso tempo sono felice, estremamente, di sentire Aika pronunciare la parola "mamma" a me, che non sono stata con lei in questi mesi. La stringo di nuovo, come per ringraziarla di non essere arrabbiata con me, poi mi alzo, sempre tenendo la mia bambina fra le braccia, notando la sua crescita anche nel peso. Davanti a me a pochi metri si presenta Taiki, con una rosa blu in mano, la mia preferita.
— Bentornata.
Mi sorride ed io resto impassable con Aika in braccio. Ci sediamo su una panchina, Aika si mette a sedere sulle mie gambe e io prendo fuori dalla borsa il peluche che le ho comprato. Lo accetta con piacere e iniziamo a giocarci insieme.
— Vuoi tenerla tu, stasera?
Taiki rompe il ghiaccio fra noi due.
— Non so se ci riesco.
— Come no? Non vedi quanto è felice di vederti? Cosa può andare storto?
— Come va lo studio?
Cambio discorso anche con lui, ma la verità è che sono io, a sentirmi inadeguata con Aika. Taiki non mi risponde.
— Me lo fai sentire il tuo inedito?
— Io non l'ho consegnato.
Rimango molto colpita e non aggiungo altro, continuo a giocare con Aika come se non avessi sentito niente.
— E ho smesso di frequentare.
— È colpa mia.
— No, non è colpa tua.
— Sì invece, se fossi stata più attenta ora saremmo entrambi felici o se mi fossi presa Aika con me, i miei genitori mi avrebbero aiutato e tu avresti continuato ad andare a lezione.
— Non è stata Aika a bloccarmi.
— Allora sono stata io la causa di tutto, dovevo aspettarmelo e invece sono stata la solito ingenua.
— Non è vero, nessuno poteva aspettarselo.
— A quanto ho sentito invece, la maggior parte delle persone ha detto che me la sono cercata, quindi una parte di vero c'è.
— Ma tu non devi nemmeno prendere in considerazione quello che dicono gli altri, tu hai la coscienza pulita.
— No, io sono tutto il contrario dall'essere pulita.
La conversazione termina, nessuno di noi due riesce ad aggiungere una sola parola. Mi ritorna il senso di colpa nei confronti di Taiki e di Aika.
— Tesoro mio, la mamma è stanca, non ti arrabbi se va a riposarsi?
— No no!
— Bene, allora.
Le sorrido e le do un bacio sulla guancia, la faccio scendere dalle mie gambe e mi alzo.
— Ci vediamo domani, ok? Andiamo a prendere un gelato.
Guardo Taiki con sguardo assente e mi incammino verso casa, mi lascio dietro le spalle la possibilità di stare più con mia figlia, dopo mesi di assenza, e di poter riallacciare un legame con Taiki che è diventato inesistente. Ovviamente mi sento incompleta, rotta in mille pezzi, la persona più sola al mondo, che nessuno può capire, poi mi incolpo di tutto, per il fatto di aver rovinato la vita alle persone, ai miei genitori, ad Aika, a Taiki che non segue più le lezioni. Mi sento male anche nel non poter riuscire a fare nulla, persino a piangere. Vorrei davvero farlo, ma si vede che ho pianto troppo prima e adesso i miei occhi sono vuoti di lacrime, di colori da cui nascono le emozioni e il mio cuore spento, arido. La mia cascata di pensieri viene interrotta dal mio piede sinistro, mi accorgo di aver pestato un volantino e che dopo si era attaccato alla suola delle mie scarpe. Me lo tolgo e leggo di cosa si tratta: un concorso per giovani pianisti, comporre una canzone, il vincitore riceverà una borsa di studio alla Towa. Mi guardo attorno e mi accorgo ora di vedere tutti questi volantini appiccicati alle pareti, ai lampioni della luce, prima non li avevo nemmeno notati. Piego il volantino e lo metto nella borsa, ma non mi frulla nella testa l'idea di partecipare.
🌸🌸🌸
Un nuovo giorno per ricominciare, come se potessi premere rewind e riniziare da capo, riprovando ancora ad essere felice e con la testa piena di sogni da realizzare.
Oggi voglio dedicare la mia giornata ad Aika, solo io e lei come ai vecchi tempi. Infatti siamo al parco, ci ho messo tutta la mattina per preparare un picnic coi fiocchi: spaghetti e polpette, dulcis in fundo tramezzini con panna e fichi. È quasi finito novembre, ma oggi avevo proprio voglia di fare un picnic, è davvero una bella giornata e si sta bene, come se la primavera fosse arrivata con largo anticipo.
— Mamma brava!
Le sorrido, almeno provo a sorridere.
— Piaciuto?
—Sì! Gelato!
— Amore, dai, aspettiamo un po' per il gelato, sennò la pancia si riempie troppo e ti viene la bua! Cosa vuoi fare adesso?
Indica i libri illustrati che ho posizionato sulla tovaglia sulla quale ci siamo accomodate, vicino al cestino di vimini. Batto le mani sulle le mie gambe e Aika mi si avvicina, si stende appoggiando la tua piccola testa ormai piena di capelli corvini.
— Vediamo un po', la bella addormentata, c'era una volta...
Non sono riuscita a finire nemmeno la quinta pagina che Aika si è già addormentata. La accarezzo con delicatezza per non svegliarla, intanto metto a posto i piatti e le posate nel cestino. La guardo dormire in silenzio, è proprio bella quando dorme, la mia bella addormentata. Forse lo sono un po' anch'io, addormentata nel passato che non può più tornare. Se potessi riavvolgere il tempo, fermerei tutto alla proposta di Taiki. Mi fermerei lì, felice per il matrimonio imminente con lui, innamorata follemente della musica, una vita non perfetta ma con le basi per diventarlo e invece sono ancorata a quei giorni, caduta in un sonno profondo dal quale non riesco più a svegliarmi. Nemmeno il bacio del vero amore avrebbe effetto su di me, i miei occhi non vogliono aprirsi sul futuro davanti a me, continuo a dormire sulla mia vita priva di emozioni e povera di eventi seppure io sia fisicamente viva. Pensare a Taiki non mi provoca nulla, non un battito più forte degli altri, non il calore al petto. Prima quando mi ha portato Aika, non mi ha detto una parola, ha semplicemente lasciato la bimba a me e si è voltato per tornare indietro. Nemmeno avesse fretta di fare qualcosa, come andare a lezione, dato che non frequenta più per colpa mia. Mi sento ancora più a disagio con me stessa a non sentire nulla, a non fare niente per lui che in questi mesi è stato solo, abbandonato da me. Non ho mai risposto alle sue chiamate, ai suoi messaggi, non gli ho mai scritto e fatto sapere in qualche modo che mi mancava. L'ho escluso dalla mia vita come se fosse un estraneo per me ed ora recuperare, ricominciare, riavvicinarmi è ancora più difficile che stargli lontana, quasi impossibile.
_ Gelato!
Aika si dimena su se stessa e si stropiccia gli occhi.
— Va bene amore, andiamo.
🌸🌸🌸
Non sono pronta a entrare in gelateria, ma l'ho promesso ad Aika e le promesse vanno mantenute. Il campanello sulla porta suona come un trillo e Aika si accomoda al primo tavolo libero.
— Tesoro, come lo vuoi il gelato?
— Fragola!
— Va bene, aspettami qui.
Mi avvicino al bancone, vedo Rika servire gli altri clienti e aspetto che si accorga di me. Mi sposto le ciocche di capelli davanti al viso dietro all'orecchio.
— Sì, prego.
Appena alza lo sguardo, mi vede, si blocca, poi poco dopo sorride ed esce dal banco frettolosamente per venire ad abbracciarmi.
— Oddio, Hanami!
Sento la sua schiena tremare lievemente, rimango sorpresa dal suo abbraccio e resto immobile. Si scosta e si asciuga gli occhi dalle lacrime, credo di gioia.
— È bello vederti, Rika.
Le dico, accennando un sorriso.
— Avevo iniziato a pensare che non ti avrei più rivisto.
Mi risponde, amareggiata.
— Però sei qui! Dai, dimmi come vuoi il gelato per la bimba, offro io per entrambe!
Poi torna al suo posto dietro al bancone.
— Panna montata e fragola, io non prendo niente.
Mi porge il cono più grande che hanno, riempito anche fin troppo. Dovrò aiutare Aika a finirlo, non vorrei andasse sprecato. Mi siedo al tavolo con mia figlia e inizio a imboccarla.
— Ti devo presentare una ragazza che ha girato tutto il campus chiedendo di te.
Mi dice Rika, prendendosi una pausa dopo aver servito tutti i clienti, la guardo insospettita.
— Tranquilla, è innocua.
— Come mai mi ha cercato?
— Dice che ha un favore da chiederti.
— Ma lo sa perché non c'ero?
— Sì, Hana, tutti lo sanno.
Rimango in silenzio.
— Ma non ti preoccupare, non è qualcosa di collegato a quello.
— E tu sai di cosa si tratta?
— Sì, ma mi ha detto di non dirti niente prima che ti parli lei.
Sospiro.
— Va bene, allora dille che sono tornata e che può venire qui a chiedermelo.
— Ma lei è già qui.
— Dove?
— Ora la chiamo, voi restate qui.
La situazione si è fatta tesa, non so chi sia questa ragazza e cosa voglia chiedermi di così importante per avermi cercato in questi mesi. Aika si è messa a giocare con il peluche che le ho regalato e io aspetto con ansia l'arrivo di questo favore. Dalla porta entra una ragazzina, ad occhio e croce adolescente, mi sembra di averla già vista da qualche parte.
— Sei tu Hanami?
Mi chiede con trepidazione.
— Sì, tu chi sei?
— Finalmente ti ho trovata! Io, be', io sono Yui, Yui Minako.
— Ho già sentito questo nome.
Ci penso un po' e ricollego tutto, Yui Minako è una giovane cantante, famosa per la sua voce incredibile nonostante la giovane età di diciassette anni. Più la guardo più mi confermo che sia davvero lei: lunghi capelli biondi e lisci, con la frangetta sulla fronte, gambe perfette, magrissima ed estremamente bella. Inoltre si voltano tutte le persone a guardarla.
— Avrei preferito parlarti in un posto meno affollato, ma se ti fa stare più tranquilla stiamo qui. Lei è la tua bambina?
Faccio cenno di sì con la testa.
— È davvero bella, complimenti.
Non so cosa dire, perché una cantante famosa dovrebbe chiedere un favore a me che sono una nullità?
— Allora, cosa volevi dirmi?
Le chiedo con nonchalance.
— Io ho sentito il tuo brano, quello rilasciato mesi fa dall'università.
Non pensavo lo avessero rilasciato, dopo tutto quello che è successo.
— Me ne sono innamorata, mi sono innamorata della tua musica.
Aiuto, mi sento a disagio.
— Perciò, volevo chiederti di collaborare. Sii la mia compositrice! Te lo chiedo con immensa ammirazione!
Si inchina davanti a me e il mio disagio aumenta.
— Ho visto che faranno un concorso per giovani pianisti, mi piacerebbe che partecipassi con una mia canzone!
— No, aspetta.
— Ho già scritto il testo, manca solo l'arrangiamento!
— Yui, io non credo di farcela.
— Ho pronto anche lo studio per registrare, se mi dai la tua mail possiamo organizzarci per un giorno alla settimana e andare insieme!
— Yui, non ho detto di sì.
Il suo fiume di parole, di progetti per il brano da comporre, termina dopo la mia risposta.
— Mi dispiace tanto, il punto è che ora non riesco a suonare.
—Ma tu hai un talento innato, non puoi smettere.
— Non voglio nemmeno io smettere, ma ora non ci riesco. Perdonami.
Mi alzo dalla mia sedia e prendo Aika per mano.
— Rika, grazie per il gelato, ci vediamo.
Esco dalla gelateria e rivolgo il mio ultimo sguardo a Yui, immobile ancora davanti al tavolo, a cercare di digerire il mio rifiuto alla sua proposta probabilmente. Avrà pensato che me la tiro, sicuramente. Che non vendo la mia musica a una cantante e che di conseguenza non sono una persona seria. Mi dispiace averla delusa in quel caso, ma sono stata sincera con lei. Non è questione di tirarsela o di sprecare il mio talento, innato come ha definito lei, sono io il difetto. Riaccompagno Aika al parco, davanti al grande orologio dalla fontana, dove ci aspetta Taiki. Le do un bacio e la abbraccio.
— Tesoro, puoi venire a passare del tempo con me tutte le volte che vuoi, ok?
Taiki la riprende con sé e non mi rivolge neanche una parola, lo stesso faccio anch'io.
— Bacino!
Aika esclama, guardando me e lui. Le sorrido, come se potesse risolversi tutto con un bacio. Mi piego e le stampo un bacio sulla guancia, poi mi rialzo e guardo Taiki negli occhi, dispiaciuta del fatto che ci sia questa situazione tra di noi e che io non riesca a fare niente. Mi volto per incamminarmi verso casa, poi sento il tocco della sua mano trascinare la mia. Mi volto e mi stampa un bacio sulle labbra, ma io lo rifiuto e lo scanso via da me con uno strattone. Aika si mette a piangere dopo aver visto quella scena. Ecco, io con la mia paura inconscia sono riuscita a far piangere mia figlia. Attacco lo sguardo sul cemento del parco, tremando, senza riuscire a guardare di nuovo Taiki e Aika. Sono davvero una brutta persona.
Rimango sola, immobile, a rimuginare sulle cause che hanno le mie azioni. Ancora una volta, ho sbagliato e ho fallito. Sono tornata al punto di partenza, non riesco a raggiungere i miei obiettivi. Guardare in faccia le persone, sembra così semplice e invece è così dannatamente difficile quando vogliono qualcosa da me che io non riesco a dare, che sia un bacio o che sia tornare a suonare o che io stessa voglia tornare ad essere felice, ma non ci riesco. Mi rendo infelice con le mie stesse mani. Per la prima volta, dopo tanti mesi ho risentito una goccia d'acqua sulle mie guance provenire dal cielo dei miei pensieri, i miei occhi. Sono rimasta lì a piangere, con gli occhi fissi a terra, liberatamente. Senza urlare o sfogare la mia rabbia, ho semplicemente aperto i rubinetti senza cercare di trattenermi.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top