Amici

È passata una settimana dal mio riavvicinamento a Taiki, sono serena, ma non ho ancora raggiunto il mio obiettivo completamente: tornare ad essere felice costruendo nuovi ricordi nella mia nuova casa. Io e Taiki viviamo di nuovo insieme, Aika è con noi in casa nostra. Dormiamo insieme nello stesso letto, ci diamo i turni per stare a casa quando io lavoro e quando lui ha lezione. Stiamo cercando di risparmiare un po' e fare venire Akiko solo quando non riusciamo ad incastrare i nostri impegni. Anche se ora le lezioni sono finite ed è periodo di esami, Taiki si reca in università per suonare quando Aika dorme ed io sono in casa a studiare. Prima o poi ci tornerò anche io alla Towa, ma non è ancora questo il momento. Mi manca l'università, sembra passata una vita dalla mia ultima lezione e provo tantissima nostalgia. Però, adesso tornare fra quelle mura mi fa paura. Tutti sanno quello che è successo, gli studenti, i professori, anche i segretari, non mi sentirei al sicuro ad andarci, non ancora almeno. Un giorno, spero non troppo lontano, dovrò affrontare questo ostacolo, non posso rimanere in casa per sempre, come sono riuscita a riprendere lo studio voglio riuscire anche a dare gli esami e continuare il mio percorso di studi fino alla laurea.
Fra tre giorni è l'attesissimo primo compleanno della nostra amatissima bambina! Sia io, sia Taiki non vediamo l'ora che arrivi e vogliamo organizzare una bella festa. Abbiamo pensato di invitare i nostri amici e parenti, saremo tutti qui, in questa piccola casetta che diventerà affollata, ma, per quanto mi riguarda, è meglio così. Preferisco ci siano tante persone intorno a me in quel giorno speciale.

— Posso aiutarti con qualcosa?

Mi chiede Taiki, riempendo il suo zaino di spartiti e qualche merendina, si sta preparando per andare in università. Io sono seduta al tavolo della cucina a imbustare gli inviti per la festa di Aika, li ho scritti tutti a mano e ho profumato la carta con un'essenza floreale alla rosa.

— No, tranquillo! Ho quasi finito, oggi vado a consegnarli.
— Sei sicura che vuoi andare da sola?
— Sì, voglio stare un po' con i miei amici.
— Va bene.

Mi dice, per poi piegarsi verso di me e lasciarmi un bacio sulla guancia che mi prende alla sprovvista. Gli sorrido, poi controlla di aver preso tutto ed esce dalla porta salutando me e Aika.
Mi alzo dalla sedia per lavare i piatti della colazione, mentre Aika gioca sul suo tappetino colorato, raggiungo la camera e rifaccio il letto, apro le finestre e mi lavo la faccia. Finite tutte le faccende, finisco di scrivere e imbustare gli inviti, poi mi metto seduta sul seggiolino e strimpello qualcosa al pianoforte.
Fra gli invitati abbiamo incluso anche Yui, le ho scritto una mail in cui le indicavo che ho scritto l'arrangiamento per la sua canzone e mi ha risposto felicissima! Mi ha chiesto di mandarle tutto al più presto, ma preferisco darglielo a mano e con la festa colgo l'occasione per consegnarle gli spartiti riordinati e corretti. Parteciperà al concorso con la sua canzone, la cui musica è mia. Sono davvero contenta e orgogliosa di questo progetto, che ho visto come un traguardo per me stessa. Taiki invece ha voluto invitare anche Lilina e io non ho avuto nulla in contrario, anzi, mi fa piacere rivederla.

🌸🌸🌸

Si è fatta l'ora di pranzo e Taiki rientra a casa, mi trova seduta sul divano a cullare fra le braccia la nostra Aika che proprio poco fa sì è addormentata. Appena Taiki torna e ci vede gli faccio cenno di fare silenzio con l'indice davanti alle labbra e mi alzo per portare la bimba nella sua culla, chiudo gli scuri della finestra e la porta della camera dietro di me. Tornando in sala noto Taiki steso sul divano, allora decido di sedermi accanto a lui e coccolargli la testa, accarezzando i suoi capelli mori.

— Sei stanco?

Gli chiedo sottovoce, al tatto delle mie dita fra le sue ciocche ricce ha chiuso gli occhi.

— No, mi sto rilassando.
— Hai fame?
— Sì, però resta ancora un po' qui con me.

Sorrido. Poco dopo Taiki alza il busto rimanendo seduto sul divano con le gambe distese e mi prende il viso fra le mani, si avvicina a me e mi bacia più e più volte, ad ogni bacio aumenta la passione e mi abbraccia. Ricambio tutto ciò cercando di sciogliermi e farmi trasportare dal momento, ma, appena Taiki passa le sue mani sui miei seni sotto al maglione sento una scossa pervadermi tutto il corpo e mi alzo in piedi di scatto. Il respiro inizia ad affannarsi fino a farmi mancare l'aria nei polmoni, il sudore inizia a bagnarmi la fronte e le mie gambe cominciano a tremare facendomi cadere sul tappeto su cui gioca sempre Aika. Anche Taiki si alza e mi viene vicino, chinandosi e sedendosi accanto a me, senza toccarmi. Durante questa settimana abbiamo passato per ben due volte momenti simili, questa è la terza. Appena siamo sul punto di iniziare a fare l'amore, il mio corpo rigetta l'idea e mi parte automaticamente un attacco di panico.

— Mi dispiace.

Dico a Taiki, con la voce strozzata dal fiato pesante. Sono davvero amareggiata, voglio davvero fare l'amore con Taiki, ma il mio subconscio rifiuta ancora questo passo e il mio corpo si irrigidisce, mi chiudo a riccio proprio come in questo momento.

– Hana, non ti preoccupare, aspetterò.

Rialzo lo sguardo verso Taiki, noto che mi sta sorridendo. Mi offre un bacio sulla fronte per poi alzarsi e riempire un bicchiere con l'acqua del lavandino. Torna seduto qui e me lo porge, bevo a piccoli sorsi l'acqua fresca e lentamente inizio a riprendermi. Mi rimetto seduta sul divano mentre Taiki prepara il pranzo per entrambi ed apparecchia la tavola, mangiamo in silenzio e torniamo a rilassarci sul divano guardando la tv.

🌸🌸🌸

Mi sveglio dal pisolino pomeridiano fra le braccia di Taiki, faccio attenzione a non svegliare anche lui e mi muovo delicatamente per alzarmi. Mi preparo il caffè e gli scrivo un biglietto, per quando si sveglierà.

Buongiorno! Se Aika si sveglia, cambiale il pannolino e dalle la polpa di mela che c'è in frigo. Grazie, a dopo. Ti amo.

Lo lascio sul tavolo e mi metto le scarpe, prendo la borsa ed esco di casa verso il lavoro. Sono uscita in anticipo perché prima voglio andare in gelateria. Da quel giorno, Rika ha iniziato a lavorare lì. Non so se oggi ci sia, ma vale la pena tentare. Entro, la campanella della porta suona come sempre, mi metto davanti al bancone, Rika c'è! È voltata, la sbircio a studiare degli spartiti, è così presa che non ha sentito la campanella. Allora mi schiarisco la gola e subito si gira di scatto.

— Hanami!

Le sorrido.

— Ciao, Rika.
— Che sorpresa, è bello vederti!
— Grazie, sono passata a salutarti prima di andare a lavoro!
— Hai fatto bene! Dai, ti offro un gelato. Come lo vuoi?

Guardo i gusti disponibili nel congelatore a vetrina davanti a me e penso a cosa scegliere.

— Yogurt e mango!

Oggi c'è poca gente, allora io e Rika ci accomodiamo al nostro solito tavolino a chiacchierare.

— Come stai?

Mi chiede, con un tono leggermente preoccupato.

— Bene!

Le rispondo con un gran sorriso.

— Mi sto riabituando. Tu invece, dimmi di te! Come va? Che mi racconti?

Le chiedo, raccogliendo il gelato con il cucchiaino di plastica.

— Bene, dai, tutto come sempre, il secondo anno è iniziato benissimo e sono in ansia per gli esami.
— Dai, che tanto sei brava!
— Inizia a sentirsi la competizione con i compagni, ci stiamo un po' allontanando.
— È normale, purtroppo.
— Già, Miku ce la sta mettendo tutta. È la prima del corso.
— Be', lo era anche prima.
— Sì, ovvio, ma prima c'eri tu che le tenevi testa!

Mi scappa una risata.

— Taiki?

Poi mi chiede.

— È a casa che dorme!
— Ah! Dai, bene! Sono contenta!
— Sì, anch'io.

Finisco il mio gelato, mi pulisco le labbra con il fazzoletto di carta che era avvolto sul cono e prendo dalla borsa la busta per Rika.

— Rika, tieni.

Gliela porgo.

— Che cos'è?

Mi chiede, prendendola tra le mani.

— Aprila!

Osservo la mia amica aprire la busta con il suo invito alla festa di Aika all'interno e leggendo il contenuto noto il suo sguardo illuminarsi.

— Ah, ma che bello! Certo che ci vengo!

Esclama, il capo la sente dal laboratorio e viene in gelateria per dirle di abbassare i toni, ma poi nota anche me e mi viene incontro salutandomi con un abbraccio, facendo più chiasso di Rika.

— Hai offerto un gelato a Hanami?
— Ovvio!
— Bene, sei tornata per restare vero?

Annuisco sorridendo.

— Oh bene, così finalmente potrò liberarmi di questa combina guai e tornerai a lavorare qui! Sono sollevato.
— Hey!

Lui e Rika bisticciano un pochino e io li osservo ridacchiando.

— Torna a trovarci quando vuoi, sei la benvenuta!

Ci saluta e torna nel retro ad impastare il gelato.

— Comunque, Rika?

Il mio tono di voce da scherzoso torna serio e guardo negli occhi la mia amica davanti a me.

— Sì?
— Mi sei mancata in questi mesi. Mi dispiace se non mi sono fatta sentire, non volevo allontanarmi da te.

Le dico, abbassando lo sguardo sul tavolo.

— Ma scherzi, Hanami? Non mi devi chiedere scusa, sono io che dovrei farlo con te. Scusami se sono sparita, ma qui la vita è andata avanti e ci sono stati conflitti al campus sulla tua situazione, volevo solo scappare. Mi dispiace, tanto.
— Conflitti?
— Sì, ci sono persone stupide che si sono lamentate per la cacciata di Ichinose. Ecco, hanno iniziato a prendersela con te seppure tu non ci fossi, parlando male di te a tutti e inventandosi bugie. A me questa storia non andava bene e mi sono imposta, ma non solo io, anche Miku. Suwa si è persino preso a pugni con dei suoi colleghi che si stavano prendendo gioco di te, avevano imbrattato il tuo armadietto. Taiki è stato deriso da tutti, ma lui non ha mai reagito. Non usciva più dalla sua stanza, solo nel weekend quando tornava a casa. Ti abbiamo protetto, nonostante tu fossi lontana da noi. Ce l'abbiamo messa tutta, avevamo promesso di non dirti niente e per questo non mi sono più fatta sentire. Ma questa non è una scusa, potevo comunque scriverti e invece ho sempre rimandato fino a non farlo più.

Rika mi dice queste cose con una profonda sofferenza che scorgo nei suoi occhi, non riesce nemmeno a guardarmi. Si sente in colpa, lo sento dal tono con cui pronuncia queste parole. Le prendo le mani.

– Hai fatto anche abbastanza per me, non mi devi delle scuse. Non potevo immaginare tutto questo e  sinceramente ho pensato che vi foste tutti dimenticati di me, ma ora che ti sei confidata, mi sento grata e fortunata ad avere degli amici come voi. Quindi non preoccuparti, va tutto bene.

Sento le mani di Rika tremare un po', poi alza il suo sguardo su di me e mi porge un piccolo sorriso. Rimaniamo a chiacchierare del più e del meno per svincolarci da questa situazione di disagio l'una nei confronti dell'altra, scherzando e ridendo delle buffe vicende successe in università in questi mesi.

— Nakamura, invece?
— Ah, con lui bene. Ogni tanto litighiamo, ma è normale no? Tutte le coppie litigano.
— Sì, è normale. Non si può andare sempre d'accordo su tutto.
— Non vuole separarsi dalla moglie, ad esempio. Io non sono d'accordo, ma ho paura di perderlo se insisto.

Sul volto di Rika torna quel velo di tristezza che ho percepito anche prima.

— Ma vabbè! Non ci voglio pensare, adesso! Sono felice di essere con te, qui, a parlare! Proprio come prima!
— Sì!

Entrambe sorridiamo. Poi guardo l'ora dallo schermo del cellulare e mi rendo conto che è ora di andare a lavoro. Saluto Rika che quasi non vuole lasciarmi andare, ma le prometto che verrò a trovarla più spesso d'ora in avanti.

— E non preoccuparti, tornerò alla Towa, prima o poi!
— Non metterci tanto! Finisce che mi laureo prima di te!

Mi dice, scherzando. Esco dalla gelateria e mi incammino verso il negozio, con il sorriso sulle labbra.

🌸🌸🌸

La giornata finisce con una bella cenetta di famiglia: Aika sul seggiolone, Taiki che la imbocca giocando con il cucchiaino a fare l'aeroplano e io che li guardo entrambi con il sorriso sulle labbra. Poco dopo aver messo la nostra bambina nella culla, decidiamo di andare a dormire anche noi. Domani mattina dobbiamo svegliarci presto entrambi, io per lavoro e Taiki per studiare. Ci accoccoliamo nel letto vicini, quasi attaccati. Mi metto comoda sul fianco e lui mi abbraccia da dietro, mi avvolge il fianco con il suo braccio e io gli prendo la mano intrecciando le mie dita nelle sue.
Inizia una nuova giornata, mancano due giorni al compleanno di Aika! Oggi devo assolutamente consegnare gli inviti a Miku e Suwa. Appena mi sveglio accendo il cellulare sul comodino, mentre Taiki scosta le tende e apre gli scuri della finestra. La prima notifica che mi incuriosisce è un messaggio di Miku:

Rika mi ha detto che stai pensando di fare una festa per Aika. Inviti lei e non me? Ingrata.

Mi scappa una risatina appena finisco di leggere e Taiki si volta verso di me, perplesso, mentre digito la risposta.

Buongiorno Miku! Sei sempre la solita permalosa, certo che voglio invitare anche te! Oggi a pranzo sei impegnata?

Inviato. Mi alzo e prendo Aika in braccio, svegliandola delicatamente.

— Buongiorno amore!

Le dico, ancora sottovoce. Le sorrido mentre le accarezzo la schiena. Ci riuniamo tutti e tre in cucina, mentre Taiki prepara la colazione per noi due, io preparo il latte ad Aika. Inzuppo i biscotti nel biberon e poi scuoto tutto per formare una pappetta liquida. La prendo dal seggiolone e mi siedo, per poi appoggiarla sulle mie gambe e darle il biberon. Aika fra due giorni ha un anno, riesce a tenere il biberon con le sue manine, ma a me piace ancora tenerla sulle mie gambe come quando la allattavo. Sta crescendo così in fretta, sembra ieri che fosse nata.
Finita la colazione, mi faccio una doccia veloce e mi preparo velocemente per il lavoro. Non voglio arrivare tardi, mi metto le scarpe, il cappotto e prendo la borsa. Do un bacio a Taiki, Aika libera una risatina quando io e lui ci baciamo davanti a lei, che carina! Le accarezzo le guanciotte e scappo via di corsa. Durante il tragitto casa-negozio ascolto sempre la musica dalle cuffiette del mio cellulare, ultimamente mi piace ascoltare le canzoni di Yui: sono sempre così romantiche! Anche se esprimono anche tristezza, a tratti. Raccontano le storie di un amore sofferto, non ricambiato. Chissà se la riguardano personalmente, me lo chiedo sempre.
Svoltando l'angolo della strada principale del centro, mi imbatto nella figura di Suwa. Lo scorgo seduto al tavolino all'aperto di un bar, da solo. Tiene la custodia del violino sulla sedia accanto a sé e sta sorseggiando un caffè. Nonostante sia lontano da me, noto il suo sguardo spento. Rimango immobile a guardarlo, non vedo Suwa da sei mesi, ma vederlo adesso mi fa uno strano effetto. Non è come con Rika o con Miku, loro non vedo l'ora di rivederle! Vedere Suwa mi scalda il cuore. Lui mi ha salvato, quel giorno, se non fosse arrivato, probabilmente sarei rimasta sul pavimento di casa mia a lasciarmi morire. Qualcuno in ogni caso sarebbe arrivato prima o poi, ma il destino ha voluto che fosse Suwa. Mi ha visto nuda, in quelle condizioni pietose, mi ha portata sul letto e ha persino fatto a botte con i suoi colleghi per proteggere la mia reputazione. Gli sono davvero grata, di tutto. Mi avvicino a passo lento a quel tavolino, Suwa non mi nota arrivare, è assorto nei suoi pensieri.

— Suwa?

Arrivo a pochi centimetri dietro di lui. Subito dopo avermi sentito, raddrizza le spalle e volta lentamente la testa finché non si accorge della mia presenza a pochi metri da lui e sbarra gli occhi. Si alza in piedi e mi guarda in silenzio per qualche secondo.

— Hana?

Gli sorrido.

— Sei davvero qui?
— Certo che sono qui, mica sono una visione!

Gli dico scherzando, per poi avvicinarmi un po' di più e prendergli la mano.

— Visto? È tutto vero.

Al tocco della mia mano, sul palmo di Suwa passa un brivido che riesco a percepire anch'io. Poco dopo spalanca le sue braccia e mi avvolge con esse dolcemente, appoggiando la sua testa sulla mia. Lo lascio fare senza dirgli nulla, anzi, gli accarezzo anche la schiena. C'è una sensazione d'intimità fra noi in questo momento, capisco perfettamente come si sente. Anch'io avrei voluto fiondarmi da lui e abbracciarlo, ma non sapevo bene come avrebbe potuto reagire quindi mi sono avvicinata di soppiatto. L'ultima volta che mi ha visto ero sotto shock, disperata, profanata, sporca e assente sotto ogni punto di vista. Vedendomi adesso, dopo sei mesi, sorridente e scherzosa, ho scatenato in lui la felicità. Suwa provava dei sentimenti per me, non so se in questi mesi li abbia affievoliti, ma vedere con i propri occhi la persona che si ama in quelle condizioni deve averlo distrutto.

— Suwa, grazie di tutto. Non so se sarei qui, se non ci fossi stato tu.

È proprio vero. Glielo dovevo dire, sentivo il bisogno umano e il dovere di dirgli queste parole. Suwa si stacca lentamente dal mio corpo e vedo i suoi occhi lacrimare, ma il suo volto si è acceso in un sorriso.

— Non piangere, sennò piango anch'io!

In effetti, sono così commossa da questo incontro che i miei occhi sono lucidi.

— Scusami, ecco.

Mi dice, mentre si asciuga gli occhi con le maniche del suo cappotto.

— Sto andando a lavoro, mi accompagni?

Gli propongo, anch'io asciugandomi le palpebre. Suwa prende in spalla la sua custodia e si mette al mio fianco, camminiamo insieme.

— Come stai?

Gli chiedo, guardando davanti a me la strada sul marciapiedi.

— Non mi posso lamentare, dai.

Mi risponde, per poi aggiungere: "tu?" poco dopo.

— Anch'io, sta andando bene.
— Sono contento.

Mi sorride dolcemente.

— Lo studio?

Gli chiedo nuovamente.

— Va avanti, un po' a rilento, ma sì, va.
— A rilento?
— Sì, sono rimasto indietro per qualche mese.
— Ah, capisco, mi dispiace.
— Di cosa?
— È colpa mia.

Dico, per poi abbassare lo sguardo sentendomi di nuovo in colpa di essere stata la causa dei problemi anche di Suwa.

— Non lo dire neanche per scherzo!

Esclama, per poi fermarsi poco dietro di me. Mi volto, lo guardo perplessa.

— Non è stata colpa tua, Hana! Non pensarci neanche!

Ammiro con quanta forza Suwa mi stia dicendo questo, vuole infondermi il suo coraggio. Mi sta di nuovo proteggendo, gli porgo un piccolo sorriso e lui mi raggiunge.

— Come va con Aika e Taiki?

Mi chiede, riniziato a camminare insieme a me.

— Bene, con Aika bene.
— Taiki?
— Piano piano.

Gli rispondo per poi emettere un lungo sospiro.

— C'è qualcosa che non va? Dimmelo, che lo prendo a calci!

Mi scappa una risata a quelle sue parole, non riesco a trattenermi se penso all'immagine di Suwa che dà calci a Taiki.

— No, non ti preoccupare! Lui è fin troppo buono con me, sono io che non riesco a fare certe cose come prima.

Suwa mi guarda dubbioso dopo le mie parole ed io, incrociando per un attimo il suo sguardo, arrossisco lievemente.

— Ah! Be', è normale, credo che lo sia! Hai bisogno dei tuoi tempi.
— Sì.

Arriviamo a destinazione, Mayu sta aprendo il negozio e noi ci fermiamo un po' prima.

— Lavori qui adesso?

Annuisco.

— Non ti manca la Towa?

Poi mi chiede, con lo sguardo in apprensione.

— Sì, tantissimo, ma sai...
— Lo so, non c'è bisogno che finisci la frase.
— Prima o poi tornerò, ma non ci riesco ancora, al momento.
— Pensa prima a te, poi al resto. Ti aspettiamo, non ti preoccupare.

Sorrido a Suwa mentre mi saluta per tornare indietro, verso l'università. Poi, mi ricordo dell'invito.

— Ah, Suwa!

Si volta e mi raggiunge nuovamente.

— Tieni.

Gli porgo la busta con entrambe le mani.

— Non mancare, ci conto. Ciao!

Appena prende la busta nelle sue mani, un po' sorpreso, lo saluto con un sorriso. Inizio ad aiutare Mayu con l'apertura del negozio e mi preparo per la mattinata di lavoro. Porgo un ultimo sguardo dietro di me e vedo Suwa allontanarsi, mentre legge tenendo fra le mani il foglio dell'invito.

🌸🌸🌸

Oggi il turno finisce all'ora di pranzo, sto raggiungendo Miku al ristorante a cui ci siamo date appuntamento tramite messaggi. Avverto Taiki che torno a casa più tardi, che se deve andare in università può chiamare Akiko.
Arrivo ed entro, scorgo Miku seduta ad un tavolo nella sala e indico ai camerieri che sono con lei, la saluto alzando un braccio e lei mi ricambia. Mi siedo al tavolo e mi tolgo il cappotto che appendo sullo schienale della sedia.

— Scusa il ritardo.

Le dico.

— Ti fai desiderare, come sempre, Hana.

Le sorrido con una smorfia, mentre prendo in mano il menù. Passa il cameriere a chiedere se intanto vogliamo ordinare da bere. Io scuoto la testa, ma Miku mi fulmina con lo sguardo e smetto subito.

— Sì, grazie, prendiamo una bottiglia di champagne.

Dice al cameriere, che segna sul touchpad e si ritira dicendoci che torna fra poco per prendere le ordinazioni.

— Champagne?
— Certo, dobbiamo festeggiare!
— Cosa, esattamente?
— Il tuo ritorno alla Towa.

Alle parole di Miku rimango spiazzata, non aggiungo nient'altro. Fisso il menù facendo finta di niente, come se non l'avessi sentita. Il cameriere torna con il secchiello riempito di ghiaccio e la bottiglia di champagne incastrata in mezzo ai cubetti. La stappa e versa il vino nei nostri calici, per poi riposizionare la bottiglia nel secchiello e lasciarci nuovamente. Miku prende lo stelo del bicchiere fra le dita e lo inalza verso di me.

— Forza, brindiamo.
— Miku, non voglio brindare su una cosa che non posso mantenere al momento, dispiace.
— Invece sì, lo farai, e lo dico io.
— Non insistere, ti prego.
— Sei una vigliacca.
— Miki!
— Se non sei d'accordo allora provalo, non a me, a te stessa!

Sospiro, massaggiando la tempia che inizia a pulsarmi, Miku appoggia il calice sul tavolo e mi guarda.

— Hana, lo vedi come stai? Non puoi permetterti di fermare la tua vita, più fai così più sarà peggio e non riuscirai ad andare avanti.

Miku è molto dura, ma lo so che con queste parole vuole spronarmi. A modo suo, mi dimostra che è seriamente preoccupata.

— Con Taiki come va?

Mi chiede, sorseggiando lo champagne da sola.

— Bene.

Le rispondo con un tono di voce basso e sconfortato, guardando altrove.

— Sono passati sei mesi e non sei cambiata di una virgola, non sai proprio mentire tu.
— Ma non è vero, va davvero bene!
– Ah sì? E dovrei crederti dopo che me lo dici così?

Sospiro nuovamente, la gola inizia a seccarsi allora bevo anch'io qualche sorso di champagne, non avendo a disposizione nient'altro.

— Sei nervosa?

Mi chiede Miku, forse dopo aver notato la lucidità della mia pelle causata dal sudore sulla fronte.

— Perché mi fai questo? Io volevo solo vederti e chiacchierare con te, come con Rika e Suwa.
— Be', mi dispiace deluderti ma io non sono così superficiale come quei due. Se penso una cosa la dico, lo sai che non mi faccio scrupoli.
— Lo so, ma non mi sembra una buona idea, per il mio bene.
— Hana, proprio perché ti voglio bene ti sto dicendo questo. Non riesco a capacitarmi che stai buttando via la tua vita, i tuoi sogni, il tuo futuro, per cosa?
— Forse per quello che è successo?
— Quello che è successo, non sai nemmeno dirlo? Cos'è successo?
— Ti prego, non insistere!

Il cuore inizia a battere velocemente, proprio come ieri. L'aria inizia a mancarmi, il respiro comincia ad affannarsi e mi sventolo il menù addosso.

— Finché non dirai quella parola, Hana, non lo accetterai mai. E la tua vita rimarrà ferma, ancora per quanto? Reagisci, so che sei forte, credi in te stessa.
— No, ti sei fatta un'idea sbagliata di me.
— Dai, avanti, che sciocchezza! Non sabotarti con le tue stesse mani, mi fai innervosire di più!
— Miku, basta, non riesco a respirare.
— Va bene, è già una reazione! Bevi qualcosa, vedrai che starai meglio.

Miku mi versa dell'altro champagne nel calice, poi lo serve anche a se stessa.

— Forza, su, prendi il tuo calice e beviamo insieme.

Prendo in mano il bicchiere e butto giù nella gola a grandi sorsi il vino, mi sento un pochino meglio ma è questione di pochi secondi e l'attacco di panico continuerà. Cosa devo fare per porre fine a questo inferno? Miku non si fermerà, potrebbe persino arrivare ad ubriacarmi, ma andrà avanti finché non avrò affrontato la mia paura più grande: ammettere e accettare quello che il Ichinose mi ha fatto.

— Allora, come va, un po' meglio?

Annuisco.

— Bene, vedi che è tutto nella tua testa? Sei tu a comandare, non n c'è nessun altro lì dentro. Decidi tu cosa pensare, se vuoi stare bene allora mettiti nelle condizioni per stare bene. Mentre, se vuoi continuare a stare male, fatti prendere dall'ansia come stai facendo ora, cosa vuoi fare?
— Voglio stare bene.
— Perfetto, allora reagisci!

Miku mi guarda, sorseggiando altro champagne. Ricambio il suo sguardo a malapena, non riesco a guardarla per più di due o tre secondi. Cosa mi sta succedendo? Ha ragione, non posso permettere alle mie paure di bloccarmi. Chiudo gli occhi e respiro profondamente, li apro e la guardo dritta negli occhi. Devo resistere, non interrompere il contatto visivo. Miku mi sta infondendo coraggio con il suo sguardo, nelle sue pupille sembra ardere un fuoco che mi trasmette sicurezza. Respiro di nuovo: inspiro e sospiro, fino a calmare il mio batticuore e anche il sudore inizia ad asciugarsi sulla mia fronte.

— Io sono stata stuprata
— Sì, Hana, e chi è stato?
— Il professore.
— Come si chiama?

La guardo, mentre gli occhi mi si riempiono di lacrime.

— Shu... Ichinose.

Inizio a piangere, le lacrime scendono lungo le mie guance. Dopo aver pronunciato il suo nome, dopo mesi, la mia mente si svuota finalmente. Per un secondo mi è passato di nuovo l'orrore del ricordo di quel terribile pomeriggio, poi il nulla.
Stupro, sono stata stuprata. L'ho detto. L'ho fissato nella mia testa e il battito del mio cuore è tornato regolare, il respiro è calmo, il sudore si è fermato e la gola non è più secca. Ce l'ho fatta. Chiudo gli occhi e sento un fischio nelle orecchie, come un ultrasuono, sento solo l'aria entrare ed uscire dalle mie narici e il battito cardiaco provenire dal mio petto. Poi guardo nuovamente Miku, mi sta sorridendo con le lacrime agli occhi.

— Brava.

Mi dice, per poi tirare su l'aria dal naso e tamponarsi le palpebre con il fazzoletto di stoffa che aveva precedentemente steso sulle gambe.

— Ora sì che brindiamo, vero?
— Sì.

Le sorrido anch'io, orgogliosa del mio grande passo avanti. Prendo la bottiglia dal secchiello e verso lo champagne in entrambi i calici, prendiamo i bicchieri dallo stelo con le dita, li avviciniamo e li innalziamo.

— Cin!

Ritorna il cameriere e prende le ordinazioni, mangiamo di fretta fra le chiacchiere e Miku paga il conto per entrambe. Dopo tutto quel vino mi sento più leggera, ma va bene così. Sarà per l'alcol o per la felicità di aver superato la mia paura, ma sto finalmente: bene. Appena uscite dal ristorante, ci incamminiamo senza decidere una meta, ma i nostri passi ci portano inevitabilmente all'università: l'unico posto a cui sentiamo di appartenere veramente. In questo io e Miku siamo uguali, non ci troviamo accolte in nessun altro luogo come questo: la musica.

— Che facciamo?

Mi chiede, ridacchiando.

— Entriamo.

🌸🌸🌸

Do re mi fa sol la si. Sono sette note, Hana. Portale sempre con te, nelle tue mani e nel tuo cuore. Se lo farai,
loro ti porteranno sempre qui:
a casa.

Perché questo ricordo mi è tornato in mente proprio adesso? Le sette note ti porteranno sempre qui: a casa, diceva la mia maestra di musica alle medie toccando il pianoforte a coda nell'aula. Mi ero appena demoralizzata dopo la mia prima competizione nazionale da solista. Volevo mollare tutto: "tanto non ne vale la pena", dicevo, ma poi, la maestra mi disse questo.
La musica è sempre stata la mia casa, la mia via d'uscita. La musica c'era sempre nei momenti più belli e più brutti della mia vita, è stata la mia amica più vicina sia quando superavo i miei traguardi sia quando avevo bisogno di una consolazione immediata. La musica si è radicata dentro di me come un seme, che con gli anni è cresciuto alimentato dalla voglia di fare musica nella mia vita. La musica è libertà.
Passo dopo passo, percorro il cortile dell'università. Vengo inebriata dalle note che pervadono questo luogo, mi entrano nelle orecchie e si annidano nella mia testa sciogliendo tutti i nodi di pensieri che ho accumulato in questi mesi. Noto gli altri studenti fissarci, Miku è accanto a me, ma in ogni caso i loro sguardi giudici non mi fanno paura. Le voci corrono in fretta e raggiungono anche Rika e Suwa, che vedo arrivare incontro a me e a Miku, unendosi a questa camminata oltre i confini che ero ordinata di non superare. Noto le loro espressioni sorridenti in volto, raggiungiamo tutti insieme l'aula prove in cui troviamo Taiki. È sorpreso di vedermi qui, con tutti i nostri amici intorno, ma poi vedendo la felicità sul mio viso sorride anche lui e mi lascia il posto sul seggiolino. Mi accomodo e guardo intensamente i tasti neri e bianchi del pianoforte davanti a me. Chiudo gli occhi e riempio le narici d'aria facendo un bel respiro. Le mie dita, il mio cuore, la mia anima incontrano la musica: sono a casa.

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