UNO

Patrick accostò il mazzolino di fiori che teneva ancora tra le mani al viso, inspirandone l'odore, cercando di scacciare quello fastidioso e nauseabondo del disinfettante di cui l'ambiente in cui si trovava pareva esserne appestato.

«Hanno bisogno di un po' d'acqua.» disse sospirando e accavallò le gambe, rivolgendo uno sguardo furtivo in direzione del compagno.

Vince gli passò un braccio intorno alle spalle e gli baciò la fronte. «Tra poco ci faranno sapere qualcosa e potremo tornare a casa.»

«Non siamo parenti. Non ci diranno nulla.»

«Beh, anche solo che è vivo, no? L'abbiamo portato qui.» disse il moro, indicando con un dito la sala d'aspetto dell'ospedale.

Patrick sospirò. In realtà era abbastanza preoccupato per il tipo che avevano trovato in quel vicolo, anche se non avevano la più pallida idea di chi fosse. Nel suo petto si era subito mossa una grande tristezza quando si era reso conto di quanto giovane e indifeso apparisse lo sconosciuto. La sua richiesta d'aiuto, disperata, l'aveva quasi fatto sentire in colpa per avere passato una piacevole serata in compagnia del proprio innamorato. Aveva persino ricevuto una notizia grandiosa per quel che riguardava il suo futuro di artista, mentre quel ragazzino arrancava in fondo a una stradina senza uscita, solo e spaventato.

Sapeva che era tutto abbastanza insensato, ma lui era fatto così. La situazione di quel giovane non era di certo colpa sua, ma Patrick non riusciva mai a fare a meno di sobbarcarsi le tristezze altrui, anche degli sconosciuti.

«Speriamo non abbia nulla di grave.» disse poco dopo, tornando a nascondere il naso nel mazzolino, assumendo un'espressione pensosa.

Vince gli rivolse uno sguardo in tralice e strinse le mani l'una nell'altra, curvando un po' le spalle in avanti. Si trovavano lì già da un'oretta e lui non aveva smesso un solo secondo di preoccuparsi per il compagno. Sapeva che era una persona particolarmente sensibile – stavano insieme da cinque anni, dopotutto.

Continuò a tenerlo sott'occhio con un po' di apprensione, imprecando mentalmente più volte per il tempismo incredibile con cui la Signora Vita era arrivata a presentargli un tiro mancino. Gli dispiaceva per lo sconosciuto, ma non poteva di certo negare che avrebbe preferito evitare un incontro di quel tipo, e proprio durante una serata come quella che lui aveva meticolosamente preparato per giorni, nella speranza che fosse perfetta, priva di intoppi.

Ed erano finiti in ospedale, trascinandosi dietro uno sconosciuto macilento.

Imprecò ancora una volta, sottovoce, guadagnandosi un'occhiataccia da parte dell'altro.

«Siete voi i signori Vaughn e Norwood?» chiese loro una donna che indossava un camice bianco. Gli andò incontro, sbirciando i loro nomi da un appunto scritto a mano su un foglio allegato ad altri che riempivano la cartelletta che si portava dietro.

«Sì.» rispose Vince, alzandosi e andandole incontro.

«Siete parenti del ragazzo?»

«No, l'abbiamo trovato per strada. Sembrava bisognoso di aiuto.» disse Patrick e la donna si strinse nelle spalle, assumendo un'espressione rammaricata, ma, al contempo, abbastanza distaccata.

«Non ha documenti. Non parla. Stimiamo che abbia intorno ai vent'anni, quindi è pure maggiorenne. Diamo per scontato che non abbia un'assicurazione sanitaria, visto che è evidente che sia un senza fissa dimora. Sta bene. Non ha nulla di particolare. Era parecchio disidratato. Gli stiamo facendo una flebo. Dopodiché...»

«Lo ributtate per strada.» la interruppe Vince, aggrottando la fronte.

Era un po' stupito per tutti i dettagli che la dottoressa stava fornendo loro, senza porsi alcun problema riguardo la privacy del paziente. Si sentì pizzicare da un principio di rabbia nel rendersi conto che, probabilmente, la donna stava agendo in quel modo proprio per via della classificazione sociale che aveva attribuito allo sconosciuto. Ed era una cosa che Vince trovava ingiusta e discriminatoria. Tuttavia, per aiutare quel ragazzo aveva bisogno di sapere qualcosa in più su di lui, quindi preferì tacere, sperando che la donna finisse, in qualche modo, per essergli utile in tal senso.

La dottoressa serrò le labbra, impossibilitata a smentire le sue parole. Annuì e – nonostante le aspettative nutrite da Vince – si congedò da loro, informandoli soltanto del fatto che, nel giro di poche ore, avrebbero dimesso il ragazzo.

«Che intenzioni hai?» domandò Patrick poco dopo, notando una strana espressione adombrare il viso del compagno.

«Chiamo Johnny Boy.» disse Vince, sfilando il cellulare da una tasca dei pantaloni.

«Dannazione! Vuoi continuare a immischiarti in questa storia?»

«Tu no?»

«Ma!»

«Mi stai dicendo che sei disposto a tornare a casa, concludere la serata come avevamo previsto, dimenticandoti di quello che è successo?» gli domandò l'uomo, sollevando un sopracciglio con scetticismo.

Patrick si morse un labbro, sentendosi arrossire. Era ovvio che non sarebbe stato in grado di mettere in pratica nulla del genere. Come minimo gli occhi colmi di paura di quel giovane sarebbero tornati a perseguitarlo nei sogni, se solo si fosse azzardato ad abbandonarlo quando invece avrebbe potuto aiutarlo.

«Okay. Ma... Johnny Boy? Non potremmo limitarci a chiamare tuo padre?»

«Senior ci porterebbe nel Reparto Malattie Infettive soltanto perché abbiamo sfiorato uno sconosciuto che vive per strada. Sai che è ipocondriaco. È sempre pronto ad aiutare gli altri, ma a distanza di sicurezza.»

«Okay. Vada per J.B.» rispose rassegnato Patrick.

Inspirò per un'ultima volta il profumo del mazzolino di fiori, per poi avvicinarsi e abbandonarlo alla base di un piccolo altare religioso che riempiva un angolo della stanza. Incrociò le braccia sul petto, tornando sui propri passi, indispettito nel captare le parole frammentarie della telefonata che stava tenendo impegnato il compagno.

Quando Vince chiuse la comunicazione, gli si fece più vicino, rivolgendogli un sorrisino teso. «Tra poco sarà qui.»

«Grandioso!» esclamò Patrick, caricando quell'unica parola con pesante sarcasmo.

Fece strada verso l'uscita dell'ospedale.

Vince lo tallonava, sbuffando. «Perché stai uscendo?» domandò e l'altro si voltò nella sua direzione, rivolgendogli una breve occhiataccia, prima di riprendere il proprio cammino.

«Va bene che è notte e c'è poca gente. Ma sono sicuro che darà il via al suo solito spettacolino. Perciò preferisco aspettarlo fuori, dove sicuramente avremo meno testimoni!»

«Sta venendo ad aiutarci.» disse Vince, sospirando rassegnato dal ripresentarsi della discussione che stava prendendo vita tra di loro. Ancora una volta.

«E ci credo. Se non lo fa lui, e tu non vuoi chiamare tuo padre, chi altri dovrebbe farlo? Dopotutto aiutare i senzatetto è parte del suo lavoro.»

«Sento che sta per arrivare un ma.» borbottò Vince, arrivando insieme a lui nello spiazzale coperto da una tettoia che si apriva davanti l'ospedale.

«Ma! È più forte di lui. Se incomincia con le solite battute volgari, non voglio che tante persone lo sentano e si sconvolgano.»

«Mio fratello non è così stronzo.»

«Sì, che lo è. Lo ha ammesso lui stesso... aspe'. Com'è che dice sempre?»

«La vita è una merda, se non la prendi per il culo, di tanto in tanto, sicuro ti fotte.» udirono esclamare da un uomo che avanzava nella loro direzione e Patrick sussultò, voltandosi verso colui che aveva parlato.

«Dannazione! Sei già qui?» soffiò quasi senza fiato a causa dello stupore.

Johnny Boy ridacchiò e gli puntò contro un dito. «Che c'è, dolcezza? Ti è bastato vedermi per eccitarti?»

Patrick rivolse un'occhiataccia verso l'amante e poi si batté le mani sui fianchi, mordendosi le labbra con forza.

«Non incominciate, fratello. Per favore, davvero.» implorò Vince e l'altro rise di nuovo.

«Stavo due piani più giù.» disse Johnny Boy, indicando l'ospedale. «Stavo lavorando. Per questo sto già qui.»

«Ti chiedo scusa per il disturbo.» borbottò Patrick, risentito, incrociando ancora una volta le braccia sul petto.

«Sei adorabile quando metti il broncio. Mi viene voglia di prenderti a sculacciate!»

«Ehi!» esclamò Vince, richiamando il fratello e afferrando il compagno per le spalle, impedendogli di correre da lui per prenderlo a pugni.

«Guarda che lo dico a Trisha!» sbraitò Patrick.

Il sorriso di Johnny Boy si allargò. «Attento. Mia moglie potrebbe prenderlo come un invito.»

Vince fu tentato di lasciare andare la presa sul suo amante, permettendogli così di mettere in pratica tutte le minacce che stava sciorinando nei confronti del cognato. «Ah! Questa storia tra voi due non avrà mai fine.» disse dopo qualche secondo, sospirando per cercare di celare il proprio sorriso, stringendo la vita del compagno con un braccio, impedendogli di raggiungere l'altro. «Lo sai che scherza.» mormorò e Patrick grugnì frustato.

«Dillo a tutte le persone che ogni volta finiscono per guardarci manco fossimo dei mostri a tre teste!» sbottò quello, iniziando a calmarsi a sufficienza da smettere persino di scalciare nel tentativo di liberarsi dalla sua presa.

«Allora? Qual è il problema?» chiese loro Johnny Boy, facendosi di colpo serio in viso. Patrick poggiò la nuca contro il petto dell'amante e iniziò a raccontargli brevemente quanto era accaduto.

«Per stanotte sarà difficile trovargli un posto. Sono già le due. L'ospedale che dice?»

«Finiscono la flebo e lo dimettono.»

«E ti pareva!» sbottò l'uomo, irritato. Si passò due dita sugli occhi, cercando di trovare una soluzione alternativa a quella incresciosa situazione.

Tutto a un tratto sembrò illuminarsi e la sua pelle nera parve accendersi per l'emozione. «Ho trovato!» esclamò festante, strofinandosi le mani l'una con l'altra.

«No.» disse subito Vince, facendosi serio, intuendo cosa avesse partorito la mente del fratello.

«Invece, sì. È perfetto.»

«Cosa? Di che parlare? Che ci sta di perfetto?» domandò Patrick con una punta di panico nella voce. Odiava non comprendere cosa gli succedeva intorno, soprattutto quando si trovava in mezzo a quel qualcosa.

«Te l'ho sempre detto. Troppa gnoccaggine ti fotte il cervello. Dovevi trovatelo meno carino e più sveglio, fratello.» lo punzecchiò Johnny Boy e Patrick grugnì, muovendo un passo nella sua direzione.

Vince arrivò in tempo per afferrargli un lembo della giacca, impedendogli di mettere le mani addosso all'altro. «Non ci sono alternative?» domandò, ignorando il modo in cui il fratello continuava a punzecchiare il suo compagno, consapevole che se lo avesse rimproverato a riguardo J.B. si sarebbe impegnato per diventare ancora più molesto.

Erano cinque anni che Patrick e Vince stavano insieme e quasi quattro quelli in cui avevano preso addirittura a convivere. Fin dal primo istante in cui Johnny Boy aveva messo occhi sul compagno del fratello, si era sentito così tanto felice per lui nello scorgere in quell'uomo una persona che subito aveva giudicato non solo bella fisicamente, ma anche gentile, buona e, soprattutto, profondamente innamorata di Vince, da volergli dimostrare con ogni mezzo a propria disposizione tutto il proprio apprezzamento. Ma J.B. era molesto per natura: più entravi nelle sue grazie, maggiore era il grado di tormento che era in grado di riservarti con le sue battutine sconce.

Patrick, a sua volta, che sapeva quanto quella situazione divertisse un po' tutti i membri della famiglia Vaughn, stava al gioco di buon grado, portando avanti quel continuo litigio con il cognato. Entrambi, ormai, avevano acquisito le basi di quel modo di giocare, facendolo diventare loro in un modo così profondo da rifiutare qualsiasi alternativa di interazione.

«Allora?» domandò Johnny Boy con fare retorico e Vince sospirò.

«Solo una notte.» acconsentì e Patrick aggrottò la fronte, voltandosi nella sua direzione.

«Una notte, cosa?»

«Vedrai, dolcezza! Conquisterai anche il cuore dello sconosciuto errante!» esclamò suo cognato, soffiandogli un bacio da lontano sulla punta di due dita.

Patrick gemette di frustrazione. «Non esiste.» disse.

Vince sospirò. «Davvero?» chiese sollevando un sopracciglio con fare scettico e l'altro pestò un piede a terra.

«Una notte sola.» acconsentì alla fine e il suo compagno sorrise.

«Bravo, amore mio.» disse, accostando il proprio viso al suo, in cerca delle sue labbra.

«Ahi! Ahi! Tempo!» esclamò Johnny Boy, distogliendo l'attenzione dai due innamorati. «Aspettate di essere a casa prima di fare certe cose. Non sono ancora pronto per un Pat tutto nudo!» continuò e, mentre diceva quelle parole, iniziò ad allontanarsi velocemente da loro, per togliersi dalla portata di pugno di suo fratello minore.

Entrò nell'ospedale, precedendo gli altri due, abbandonando ogni ilarità, pronto a dare il massimo per svolgere il suo lavoro al meglio. 

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