CAPITOLO 13 - ZUCCHERI, VENITE IN MIO SOCCORSO!

Durante il viaggio di ritorno, su quello che ormai consideravo il nostro mezzo di trasporto privato, non aprimmo bocca, tornando in modalità silenzio tombale.

Forse troppe parole erano state dette e troppe invece ancora da dire aleggiavano intorno a noi. Non volevo pensare al senso di quella serata. Non volevo rimuginare sul legame che si stava pian piano creando tra me e quello strano ragazzo, perché non lo capivo. E mi sentivo già invasa la mente da così tanti quesiti senza risposta che, aggiungervi anche quello, mi parve davvero troppo.

Parcheggiammo sul retro della "Dolce Delizia". Io aspettai vicino all'ingresso, mentre lui entrò per riconsegnare le chiavi. Iniziai a contemplare il cielo notturno in cerca di risposte che ovviamente quelle stelle e tutte quelle costellazioni che portavano nomi di antichi miti non potevano darmi.

Finalmente Luke fece ritorno, con in mano l'ormai noto sacchettino delle paste. Me lo sventolò davanti alla faccia come fosse un invito per tentarmi e io avrei tanto voluto essere in grado di resistere, ma sinceramente ero una donna estremamente debole in alcuni frangenti, e quando si parlava di dolci... be'... io non avevo proprio difese da innalzare.

«Che dici, è ancora soltanto l'una, la continuiamo la nostra classica maratona con cornetto annesso?» propose, abbozzando un mezzo sorriso.

Onestamente da una parte avrei preferito tornarmene a casa mia, mettermi sotto le coperte, e chiudere con quella serata che mi aveva turbata così nel profondo; dall'altra, però, sapevo che sicuramente avrei passato la notte a rigirarmi nel letto e a tormentarmi con mille pensieri, cercando di dare un senso alle emozioni che avevo provato, quando invece l'unica cosa di cui avevo effettivamente bisogno era staccare un po' il cervello. Inoltre c'era un cornetto alla crema già pronto a distrarmi, quindi... "zuccheri, venite in mio soccorso!"

«D'accordo, casa mia o casa tua?» domandai, staccandomi dal muro contro cui mi ero appoggiata in cerca di sostegno.

«Casa mia. È quella più vicina.»

Una volta appurata la sede del nostro incontro clandestino, ci dirigemmo a passo spedito verso la meta, ripiombando nuovamente nel silenzio delle vie della città. Passo dopo passo ci ritrovammo finalmente davanti alla fiancata della sua abitazione, dove, il ragazzo scimmia, mi fece cenno di salire per la seconda volta sulla scala degli inferi.

"Ma certo! E figuriamoci se le emozioni della serata sono terminate! Poi ormai lui sembra aver dato per scontato il mio ingresso nella Lega della Notte, quindi scalata sul tetto più, scalata sul tetto meno, non fa alcuna differenza. Tanto che gli frega a lui se muoio!"

Non mi misi neppure a protestare, né a fargli notare che esistevano al mondo due cose chiamate: chiavi e portone di casa. Volevo solo trovare un po' di oblio in quel momento, e se per ottenerlo dovevo mettere a repentaglio la mia vita per la centesima volta, non mi importava.

Luke fece strada e io lo seguii piolo dopo piolo. Ci stavo prendendo la mano con quell'arnese dopo il nostro primo traumatico incontro ravvicinato. Una volta giunti in cima, trovammo il lucernario aperto e, come la volta precedente, ci calammo all'interno della camera immersa nell'oscurità.

Una volta ritrovato l'equilibrio, lui andò ad accendere l'abatjour posizionata sul tavolino basso vicino al letto, mentre io mi toglievo il cappotto per poi gettarlo con non curanza tra i suoi panni sparsi sul suo materasso, non essendoci altro luogo dove riporlo. In quel momento mi ricordai della mia meravigliosa tenuta con cui ero stata costretta a uscire di casa: avevo ancora la coda avvolta intorno alla vita come l'aveva legata Luke, prima che mi trascinasse in quella sua nuova avventura, per non farle fare capolino da sotto il cappotto.

«Sai, credo che non mi annoierò mai di vederti con questi cosi addosso» bisbigliò sghignazzando.

Io ero letteralmente a pezzi quella sera, quindi se si aspettava una delle mie battute salaci ne sarebbe rimasto profondamente deluso. Volevo solo staccare la spina e, per quel che mi riguardava, poteva offendermi o prendermi in giro in tutte le maniere in cui meglio credeva, non me ne sarebbe potuto importare di meno.

«Chiudi la bocca ed accendi il computer, scimmietta dei miei stivali!» lo ammonii, prendendo posto sul letto anti - Eminflex, per vere schiene che non devono chiedere mai, intanto che lui preparava sul pc la nuova puntata da vedere.

Sprofondando nel materasso mi ritrovai con gli occhi puntati sul soffitto che scendeva vertiginosamente in obliquo sopra di noi, dove trovai un'altra delle ormai famose citazioni:

"Arte è l'equivalente di una parolaccia usata da un mucchio di gente che ha paura di guardarsi in faccia; invece io mi guardo, temo di far schifo e mi va bene così."

«Questa mi mancava!» Mi limitai a constatare, continuando a contemplare la scritta sopra le nostre teste, che quasi sembrava parlare direttamente a me e alle mie insicurezze.

«È di Bukowski, un estratto di "scuola d'arte". Ho sempre trovato una grande verità nel suo profondo cinismo» mi spiegò, vedendo ciò che ero intenta a rimirare.

Ma quella sera avevo fatto il pieno di informazioni. Non volevo sapere cosa pensasse lui del concetto di arte, né volevo sapere se si rispecchiasse in quegli ultimi versi, perché ogni aspetto che quella notte aveva deciso di condividere con me su se stesso, e sul suo pensiero, mi stavano mandando alla deriva.

Gli feci cenno di avviare la puntata e, fortunatamente così fece senza aggiungere altro, limitandosi a passarmi uno dei due cornetti che aveva preso poco prima.

«Ti dispiace se fumo?»

Non capii inizialmente perché mi stesse chiedendo il permesso, visto che quella era camera sua, ma una volta voltatami compresi perfettamente il motivo: tra indice e medio non teneva una sigaretta... be', non nel senso classico del termine. Non seppi cosa rispondergli lì per lì. Poi, però, mi rammentai che comunque eravamo nella sua stanza, e che lui della sua vita poteva fare quel che voleva; io d'altronde stavo per strafarmi con un cornetto alla crema.

«Fai come ti pare» risposi con aria disinteressata, scrollando le spalle e ricominciando ad addentare il mio adorato cornetto, per ottenere la mia personale ottenebrazione della mente mediante un eccesso di zuccheri nel sangue.

La fiamma incandescente dell'accendino illuminò leggermente di più il suo volto. Prese un primo profondo tiro ad occhi semichiusi, riempiendosi i polmoni e buttando infine fuori il fumo che si disperse tra quelle quattro mura, diffondendone il tipico aroma dolciastro e pungente che mi fece pizzicare il naso. Cercai di deviare la mia attenzione dai suoi gesti, tornando a concentrarmi sullo schermo del portatile.

Mangiammo e guardammo puntate una dietro l'altra, senza lasciare spazio neppure ai commenti; ognuno era chiuso nel suo mondo. Puntata dopo puntata sentivo gli occhi farsi sempre più pesanti. Cominciai a sbattere convulsamente le palpebre nel tentativo di tenerle aperte, ma ero stanchissima e pensavo che tanto, anche se mi fossi addormentata per un pochino, poi Luke mi avrebbe svegliata per rimandarmi a casa.

Quell'aroma si era fatto molto più intenso. Quasi mi piaceva, rilassandomi notevolmente, insieme al calore che emanava il suo corpo steso accanto al mio. E con quegli ultimi confortanti pensieri, sprofondai nel buio della mia mente.

Eccoci sempre qui! Questa volta il capitolo è stato un po' più breve degli altri, infatti sto vedendo se riesco ad aggiornare entro domani, anche se non ne sono ancora sicura. Ma questa parte mi serviva da congiunzione tra la fine della serata e quello che accadrà poi. A quando pare la nostra Ollie si è addormentata, e lo so che voi state già facendo partire a mille la fantasia, ma attenzione, ricordiamoci sempre di chi stiamo parlando! Ovvero della scimmietta e del topino, e con loro nulla va mai come immaginate ;)

Sperando di aggiornarci domani o al massimo lunedì mattina, vi saluto qui, augurandomi come sempre che questa storia cominci ad intrigarvi un po' di più ;) Ed oggi chiedo il soccorso di qualche anima pia che conosca un po' di polacco, perché io lo so che prima o poi Google mi farà scrivere qualche cosa di assurdo! Quindi...

DO NASTęPNEJ PIżAMA!

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