CAPITOLO EXTRA2 - UNA NOTA SOLITARIA
Ollie
8 mesi dopo l'epilogo...
«Siamo arrivavi?»
«Henry, piantala una buona volta! I bambini hanno rotto meno di te durante il viaggio!» ammonii il mio migliore amico, lanciandogli un'occhiata esasperata dallo specchietto retrovisore, trovandolo ad incrociare le braccia al petto e a sbuffare davvero come un bambino.
«Ma sono quasi due ore che siamo in viaggio! Dovremmo essere già arrivati!»
"Signore mio, dammi la forza!"
Quella domenica avevamo deciso di partire tutti insieme, con figli al seguito, per portarli a Mirabilandia. Era da tempo che i bambini ce lo avevano chiesto e con l'arrivo di Giacomo, quasi due mesi prima, ci era sembrato il momento più opportuno per farlo.
Lanciai uno sguardo sul retro di uno dei due furgoni a 10 posti che avevamo affittato per l'occasione; dal momento che eravamo diventati più numerosi di una squadra di calcio il nostro vecchio e fedele mezzo di trasporto non era più indicato, soprattutto per i bambini, così avevamo ripiegato su quella soluzione. Gli occhi azzurri che andavo cercando erano persi oltre il finestrino alzato, come lo erano stati d'altronde per tutto il tragitto, ad eccezione di quando Sandra, che ora si era addormentata sulla sua spalla, lo aveva interpellato di tanto in tanto.
Stranamente, quei due, erano andati d'accordo dal primo momento. Avevo temuto che l'eccessiva euforia della mia piccolina potesse farlo sentire a disagio, ma, incredibilmente, a nessuno di loro infastidiva il fatto che l'una parlasse troppo e l'altro troppo poco. Spesso passavano il pomeriggio insieme sul tappeto della sala: lei a disegnare e a parlare a macchinetta come al suo solito e lui a suonare mentre l'ascoltava. Avevano trovato il loro strano equilibrio fatto di colori e suoni.
«Per la tua gioia, Henry, e anche per tutti noi che non ce la facciamo più a sentirti, siamo arrivati!» proruppe la mia scimmietta dal suo posto di guida, iniziando a rallentare.
Sollevai gli occhi oltre il parabrezza, scorgendo l'enorme insegna colorata del parco con ai lati le sue due mascotte sopra i cancelli d'ingresso. Parcheggiamo nel primo posto libero che trovammo, aspettando che Matt, insieme a Meg, Andrew e Nina, ci raggiungessero dopo aver lasciato anche loro il veicolo su cui si trovavano.
Facemmo prendere per mano i bambini mettendoli in fila per tre, di modo da averli sempre sott'occhio. Neanche a dirlo Samuel e Alan affiancarono Sandra, anche se lei avrebbe voluto stare con il fratello, ma si accontentò di averlo alle spalle con i gemelli di Trisha, i quali, da quando lo avevano conosciuto, forse anche perché coetanei, lo avevano fatto entrare nella loro cerchia. Cristina, la figlia più grande di Matt e Meg chiudeva il gruppo, affiancata dalla madre che spingeva nel passeggino il piccolo Gabriele, l'ultimo acquisto della nostro team, anche se, tra circa 6 mesi, ci sarebbero stati altri due nuovi ingressi. Eh sì, perché la povera Trisha, santa donna che già doveva avere a che fare con quelle 3 pesti, aveva da poco scoperto di essere nuovamente incinta, alla faccia di Andrew e Nina che di sfornare figli non ne avevano alcuna intenzione; a detta loro bastavano tutti quelli che avevamo fatto noi.
Avanzammo in direzione dei cancelli con i nostri biglietti in mano, comprati in anticipo su internet per evitare di dover stare in fila con uno stuolo di bambini al seguito che decisamente sarebbero stati poco pazienti.
«Bene, bambini, mi raccomando non allontanatevi e restate sempre vicini a uno di noi anche quando ci divideremo per fare le giostre, va bene?» gli intimai nervosa, ricevendo in risposta un sì collettivo da parte loro che era più un: d'accordo come vuoi tu, però adesso andiamo! In pratica non mi stavano ascoltando, troppo incuriositi a rimirare le enormi giostre che li circondavano e su cui puntare il dito con occhi smaniosi.
Sospirai mestamente, mentre un braccio che conoscevo bene, insieme al profumo della mia stagione preferita, mi cingeva per la vita con fare rassicurante. «Stai tranquilla, topino! Andrà benissimo, io mi preoccuperei più di Matt che ha già rotto le file che tu e le altre vi siete impegnate a costruire.»
Mi voltai verso quel ragazzone che nonostante fosse più vicino ai 40 che ai 30 era ancora peggio di un ragazzino: aveva già caricato Alan sulle spalle per fargli toccare il becco dell'uomo travestito da anatra, facendo così disperdere i ranghi, mentre sua moglie lo guardava senza sapere se sbattere la testa al muro o meno.
«Non ne usciremo vivi da questa giornata. Dobbiamo essere dei pazzi masochisti per aver deciso di portare a un parco divertimento 8 bambini, senza contare quelli adulti che sono anche peggio!» borbottai, osservando Henry distribuire a tutti i ragazzi una nuvola di zucchero filato, fregandosene amenamente della raccomandazione fatta di non fargli mangiare troppi zuccheri quel giorno se non volevamo che diventassero ingestibili.
Una sommessa risata si riverberò contro il petto su cui ero poggiata, insieme alle labbra che si mossero contro la mia tempia in un bacio leggero. «Coraggio, sei saltata giù da un ponte di 150 metri, questo non potrà essere peggio!» provò a tranquillizzarmi, pizzicandomi il naso con le dita, prima di inforcare gli occhiali da sole e seguire gli altri in quella che sarebbe stata una lunga ed estenuante giornata, perché lui poteva dire ciò che voleva, ma francamente mi facevano più paura quei ragazzini che una seduta di bunjee.
Buttai una rapida occhiata in direzione di Giacomo che stava osservando il suo cono di zucchero filato come fosse un oggetto misterioso, rammentandomi che stavamo tentando quell'impresa soprattutto per lui: per quanto tutti lo trattassero come se fosse da sempre un membro della nostra famiglia allargata, lo vedevo che lui continuava a preferire restare sempre un passo indietro a tutti, come se non si fidasse, e c'era anche da capirlo, visto che tutto questo era una novità per lui.
Probabilmente, prima di quel momento, non era mai stato in un posto simile, né aveva conosciuto il calore di un abbraccio. E io avrei tanto voluto concederglielo quel posto sicuro dove rannicchiarsi, ma prima, doveva imparare a fidarsi di noi.
Cominciò così quella nostra giornata all'insegna del divertimento, passando dalla zona Far West Valley, con tutte le attrazioni a tema adatte ai più piccini, agli spettacoli, come quello della Hot Wheels in cui i maschietti erano impazziti per le acrobazie a quattro ruote realizzate dagli Stuntman del parco, terminate sul giro della morte più alto del mondo.
Non eravamo riusciti a trattenerci quando Luke aveva esordito dicendo: "ma che vuoi che ne sappiano quelli di cosa sia un vero giro della morte". Eravamo esplosi tutti in una fragorosa risata al ricordo di quel gioco incosciente da ragazzi a colpi di cicchetti di cui la mia scimmietta, un tempo, era campione indiscusso e che era stata la prima cosa che di lui mi avesse lasciata senza parole. Ci eravamo scambiati un'occhiata complice e anche un po' nostalgica a quel ricordo, mentre i bambini ci guardavano come se ci fossimo bevuti tutti il cervello per quello scoppio di ilarità generale.
Avevamo fatto anche una piccola pausa pranzo per ricaricare le energie al Toro Seduto Saloon, un self service nella zona ristoro a tematica ovviamente Western, per poi ricominciare quella giornata che aveva il sapore dell'infanzia.
«Allora, Giacomo, cosa ti va di fare? Ognuno dei ragazzi ha scelto qualcosa, ora tocca a te!» domandò Luke, accovacciandosi sui calcagni per mettersi alla sua stessa altezza.
Lui lo guardò corrucciato, forse non aspettandosi una richiesta simile, mordendosi il labbro inferiore con fare pensoso e iniziandosi a guardare intorno senza parlare.
Era complicato comunicare con Giacomo, ma noi avevamo i nostri modi per farci capire quando le parole gli pesavano troppo. Quel bambino aveva vissuto buona parte della sua infanzia tra mura in cui le urla riecheggiavano incessantemente, al punto tale da indurlo a rifugiarsi dietro le sue labbra, sigillandole in quel silenzio che lo confortava.
Il suo braccio esile si sollevò, puntando in direzione della giostra che aveva scelto. Seguii il percorso del suo indice con gli occhi, ritrovandomi a sgranarli dinanzi alla sua scelta.
E io lo sapevo che se lo avevo chiamato scimmietta la prima volta non poteva essere stato un caso!
Alla nostra destra, a una giostra di distanza, si ergeva una struttura alta... troppo alta per i miei gusti, sui cui delle riproduzioni di macchine da fuoristrada scorrevano veloci verso l'alto per poi ridiscendere a tutta velocità.
Deglutii a vuoto.
"Signore mio tutto ma non questo!"
«Ottima scelta! Andiamo sul Master Thai!» concordò con lui la scimmietta senior.
"Master? Devono aver sbagliato le lettere, secondo me volevano scriverci Monster!"
«Sììììììììì! Che bello! Voglio venire anche io, papà!» proruppe Sandra, iniziando a saltellare sul posto tutta eccitata. Sicuramente quel suo entusiasmo verso il pericolo non lo aveva ereditato da me!
Luke si volto verso di lei, elargendole un sorriso affettuoso. «Non si può, topina, sei ancora troppo piccola per quel gioco. Perché mentre aspetti non ti fai accompagnare da zia Meg a Fantasyland con Alan e Samuel, poi noi vi raggiungiamo subito?» cercò di rabbonirla, ma con scarsi risultati.
«Ma voglio venire anche io!» obiettò, tirando fuori la sua arma micidiale, quella che usava sempre per far capitolare l'uomo davanti a lei: il broncio con aggiunta da occhi da cucciolo.
Sfortunatamente per lei quella non era una cosa su cui suo padre avrebbe potuto accontentarla, a differenza mia che avrei fatto di tutto pur di fare a cambio con il suo posto. «Non si può, topina, non dipende da me. Ma ti prometto che ti ci riporterò tra qualche anno quando sarai cresciuta, così potrai fare tutte le giostre che vuoi e nel frattempo, per farmi perdonare, ti comprerò un gelato, va bene?» provò a corromperla.
Mosse la sua scarpina rosa da tennis avanti e indietro, sollevando un po' di terra al suo passaggio, con un cipiglio in volto. «Me lo prometti?» gli domandò, stendendo il mignolo nella sua direzione per siglare quell'accordo nel loro modo particolare.
Lui gli sorrise benevolo, allacciando le loro dita in quel giuramento che sapevo la mia scimmietta avrebbe mantenuto ad ogni costo. «Te lo prometto!»
Un cenno di assenso da parte di lei con la testa segnò la fine di quel patto, prima che la nostra piccolina si voltasse e corresse in direzione della mia migliore amica che la stava aspettando con tutti gli altri.
«Molto bene, e anche questa è fatta. Direi che possiamo andare» sentenziò il ragazzo moro che si stava rialzando, scrollandosi di dosso la polvere dai suoi jeans scuri tagliati al ginocchio.
«Ehm... che dici se accompagno io Sandra a Fantasyland? Non vorrei far affaticare troppo Meg stando dietro anche a lei» tentai di tirarmi fuori con la prima scusa che mi balzò alla mente.
Potavano essere passati anni, ma io e le altezze continuavamo a non andare d'accordo del tutto.
«Oh, no, topino, tu devi assolutamente venire con noi. Poi sono solo 155 metri di altezza, ci sei già passata. Non sarà nulla di nuovo!»
Appunto! Ci ero già passata e non volevo farlo di nuovo!
Tentai di aprire la bocca per protestare, ma quando sentii qualcosa aggrapparsi alla mia mano mi arrestai. Abbassai lo sguardo, trovando la mano di Giacomo stretta per la prima volta alla mia, che mi guardava dal basso in silenzio, chiedendomi di seguirlo.
E se Luke aveva avuto in passato mille modi diversi per convincermi, a quel bambino gli fu sufficiente uno sguardo per farmi capitolare. Ero fregata! Per quegli occhi e per quel calore che si stava irradiando dal palmo, salendomi lungo tutto il braccio, per arrivare infine centro del mio petto scaldandomi dentro al punto tale che mi sarei messa a piangere, avrei fatto di tutto.
Sollevai gli occhi leggermente umidi verso di Luke, che ci stava osservando con la mia stessa espressione sorpresa e commossa. Ci fissammo lungamente, scambiandoci in silenzio, come solo noi sapevamo fare, quel messaggio che non aveva bisogno delle labbra per poter arrivare: stiamo andando bene con lui, vero?
Quella era la nostra preoccupazione principale: volevamo farlo sentire parte della nostra famiglia, amato, accolto, non volevamo che credesse che solo perché non era sangue del nostro sangue fosse diverso dagli altri, e quel piccolo passo avanti ci stava dando la conferma di cui avevamo bisogno.
Luke si schiarì la voce un paio di volte, trattenendo le emozioni che dalle sue onici lucide continuavano a trapelare. «Bene, allora andiamo!»
Presi un respiro profondo, iniziandomi a muovere con loro in direzione del nostro obiettivo. La fila non fu eccessivamente lunga e quasi mi dispiacque, perché avrei voluto continuare a stringere quella piccola mano per altro tempo ancora.
Prendemmo posto tutti e tre nell'abitacolo, con Giacomo al centro e io e Luke ai lati, attendendo che quella ferraglia si decidesse a partire e ponesse fine il prima possibile alle mie sofferenze.
«Dici che sono chiusi beni questi cosi?» domandai, controllando per la decima volta la sbarra di ferro abbassata su di noi.
«Topino, stai tranquilla, non ti succederà niente! Guarda come siamo sereni io e Giacomo! È solo una giostra per bambini!»
E certo che loro erano tranquilli! Avevano la loro discendenza da primati a salvarli nel caso, io invece potevo solo fare affidamento sul mio spirito koala!
Strinsi la sbarra non appena il vagone cominciò a muoversi, sentendo il mio cuore accelerare sempre di più lungo quella lenta salita lungo i binari.
"Ok, Ollie, niente panico! Niente panico e preghiamo che anche questa volta la grande mietitrice ci risparmi!" mi ripetei un paio di volte nella mente per quietarmi, ma non appena arrivammo in cima e la giostra quasi si fermò per poi di tuffarsi in basso, i miei buoni propositi sfumarono nell'aria insieme al mio urlo disperato.
«KARMA INFAMEEEE! IO LO SAPEVO CHE ANDAVA A FINIRE COSì!»
Ma se credevo di poter riprendere fiato quando ci ristabilizzammo in parallelo al terreno mi sbagliavo, perché poco dopo mi ritrovai inclinata a tutta velocità a un millimetro dal suolo.
«ODDIOOOOOO!» berciai un'altra volta quando una nuova strana curva venne imboccata togliendomi il fiato.
«Coraggio, topino, è quasi finita!» cercò di rincuorarmi, inutilmente, Luke, dopo un ennesimo salto nel vuoto.
Per fortuna però, dopo un'ultima volta, il tutto terminò davvero, facendomi tirare un sospiro di sollievo.
«Oh Signore ti ringrazio! Grazie, grazie, grazie!» mormorai, con la fronte premuta contro quel tubo in ferro, cercandovi sostegno per riprendere fiato.
«Dai, topino, non fare così! Hai visto che è finita? E io che pensavo di portarti a fare un giro sul Katun dopo!» si fece beffe di me quel maledetto.
Digrignai i denti abbandonando il mio rifugio per incenerirlo con lo sguardo. «Te lo do io il Katun dopo, scimmia infame! Il Katun sarà il rumore che sentirai quando ti butterò di sotto!» sproloquiai come al mio solito, dinanzi all'espressione divertita del ragazzo moro che ancora dopo anni si divertiva a punzecchiarmi.
E poi successe. Fu come quando in una giornata di sole sentivi esplodere un tuono in lontananza e ti cominciavi a guardare attorno per capire da dove potesse essere sopraggiunto quel rumore dinanzi a un cielo terso. Una risata sommessa, di quelle che sembravano far fatica ad uscire all'inizio, ma che una volta superato quell'ostacolo avevano la capacità ti toglierti il fiato.
Abbassammo in contemporanea gli occhi tra di noi, trovandoci davanti Giacomo che con una mano davanti alla bocca cercava di nascondere quel sorriso che faceva capolino tra le sue piccole dita e che riuscii ad arrivarmi anche con la sua leggerezza dritto al petto.
Sollevai nuovamente lo sguardo verso di Luke, specchiandomi per la seconda volta nelle sue ossidiane lucide, mentre una piccola lacrima sfuggiva dalle mie palpebre. Poteva essere stato il suono più fievole del mondo, ma era stato in grado di dirigere un'orchestra intera nelle mie emozioni, rendendomelo la melodia più bella che io avessi mai udito, al punto tale che mi ripromisi che avrei fattodi tutto, in futuro, affinché quella nota solitaria continuasse a riempire lo spartito della sua e della nostra vita.
Mi auguro che questa sorpresa sia stata gradita. Di tanto in tanto, quando avrò tempo, mi divertirò ancora a scrivere qualche altro Extra sul topino e la scimmietta e tutti gli altri. Per ora ci salutiamo qui, vi auguro a tutti un buon fine settimana!
AL PROSSIMO PIGIAMA/MARIANGELO!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top