CAPITOLO 9 - IL CORNETTO DELLA PACE

Le lezioni erano iniziate, ma io ormai in facoltà mi recavo solo per lavorare sulla mia tesi, parlare con il mio relatore e fare ricerche in biblioteca. Qualche volta decidevo di fermarmi tutta la giornata per lavorare di più, a casa in un modo o nell'altro le distrazioni erano sempre troppe.

Le settimane scorrevano velocemente tra: tesi, pranzi e cene con il mio coinquilino, chiacchierate con Meg e sabati sera con i ragazzi. Di Luke non vi era più traccia, tanto per cambiare, come di consueto si era dato alla fuga dal quel nostro primo incontro e non aveva più partecipato ad una serata che mi vedesse coinvolta. Conoscendolo la cosa non mi sorprese poi molto, anche se tutti gli altri mi avevano informata che il motivo delle sue assenze era dovuto ad un maggior numero di turni di lavoro rispetto al solito, ma io ci credevo poco.

Quel giorno ero rincasata verso le 7 di sera, e ormai distrutta dalle troppe ore passate davanti allo schermo di un computer, avevo cenato al volo con Henry, il quale poi era uscito con il nuovo ragazzo della settimana. Come rimorchiava quel ragazzo non lo faceva nessuno!

In quel momento mi trovavo sul mio letto praticamente a sonnecchiare, anche se cercavo disperatamente di tenere gli occhi aperti per guardarmi una delle mie puntate di Game of Throne. Erano solo le 22.30 di venerdì sera ed io già mi stavo per addormentare da brava vecchina quale ero, quando il mio torpore venne bruscamente interrotto da dei colpi ripetuti alla porta. Il mio coinquilino era uscito solo mezz'ora prima ed ero sicura al 100% che avesse con se le chiavi di casa perché gliele avevo viste in mano mentre usciva.

Un profondo senso di inquietudine mi attanagliò.

"Ti prego, ti prego Karma, abbi pietà di me e fa che non sia chi credo, perché giuro che non rispondo di me!"

Mi alzai con non poca fatica dal mio caldo giaciglio e mi diressi verso l'ingresso per svelare l'arcano mistero della notte e guardando oltre lo spioncino, tutti i miei timori si tramutarono in realtà in un secondo.

Io dovevo essere stata davvero una persona orribile in un'altra vita per meritarmi tutto questo, altrimenti ciò era inspiegabile. Feci il mio classico esercizio di respirazione per calmare i nervi prima di spalancare la porta, pregando che bastasse quello per tenere a freno il turbine di emozioni che cominciavano a far capolino dentro di me.

Et voilà, il mio stalker personale era tornato alla carica con il suo classico sorrisetto strafottente e le occhiaie che ormai erano un suo marchio di fabbrica.

Ci fissammo per un lungo momento, attendendo che uno dei due si decidesse a parlare. Io non avevo nulla da dirgli, a parte chiedergli perché provasse un gusto perverso nel tormentarmi a sole quasi tre settimane dal mio rientro, ma fu lui a spezzare quel prolungato silenzio che era sceso su di noi, ponendo la domanda meno opportuna per quella situazione così delicata in cui ci trovavamo.

«Che cosa sei?»

"No, ma davvero?!? Faceva sul serio questo qui?!? Mi ripiombava in casa in piena notte come nulla fosse successo tra noi?!? Va bene che avevo detto: "passiamoci sopra e andiamo avanti", ma un briciolo di coerenza dopo tutto l'accaduto che diamine lo pretendevo!"

Esasperata dall'ennesimo déjà vu lo assecondai, tanto i matti andavano sempre assecondati, e mi alzai il cappuccio come al mio solito per fargli riconoscere il mio travestimento.

«Vuoi fare davvero ancora questo gioco Luke?!? Va bene, se ti diverte tanto... allora sono un pinguino!» lui rise beffardo squadrandomi da capo a piedi per poi soffermarsi sulle mie ciabatte.

"Ti prego non fare commenti, ti prego non fare commenti, ti prego non..."

«Carine, sono una nuova aggiunta?!? Mi piacciono un casino!»

"Vi prego divinità di tutto il mondo, ma che vi ho fatto di male? Ditemelo! Subirò la vostra ira funesta, tutto ciò che volete, basta che non sia questo!"

«Sì, è il mio nuovo acquisto e non mi servono complimenti per rabbonirmi, voglio sapere perché sei qui e senza tanti giri di parole per piacere, sono stanca!» dalla mia voce trapelavano una leggera nota di fastidio e nervosismo, ma non riuscii a celarla del tutto per quanto mi sforzassi. Non mi piaceva questo gioco, mi stava bene comportarmi da persona civile con lui, ma non fare finta di nulla.

Lui si passò una mano sul viso, come era solito fare quando cercava di schiarirsi le idee, e guardandolo negli occhi per la prima volta da quando era apparso sul mio pianerottolo, notai che erano arrossati ed un po' lucidi.

"Perfetto, o è fatto, o è ubriaco, o entrambe le cose, visto che con lui una non esclude necessariamente l'altra."

«Senti, ti volevo parlare di... di noi due, insomma... posso entrare?»

"Ok, è davvero fuori come un balcone questa sera!"

«Sei ubriaco? Mi hai snobbato per settimane e l'unica sera in cui ci siamo visti mi hai rivolto sì e no mezza parola, nonostante io abbia cercato di essere educata e gentile con te, e adesso invece vuoi parlare? Cosa è successo? Hai avuto una folgorazione sulla strada di Damasco?!?»

Forse sarò stata un po' troppo pungente, ma capite anche la situazione paradossale in cui mi ritrovo: ogni volta che lo vedo era un dannato ritorno al passato e non riuscivo davvero a reggerlo.

«Non sono ubriaco, ho fumato solo un po' prima di venire per potermi rilassare. E lo so che ho fatto il cazzone quella sera, è per questo che sono qui, per chiederti scusa per il mio comportamento. Non sarà molto, ma ho anche portato una pasta alla crema di questa mattina come simbolo di pace», alzò il sacchetto bianco di carta che aveva in mano, che fino a quel momento non avevo notato.

"Ottimo, ora mi offriva anche il ramoscello d'ulivo. Cosa credeva che avremmo diviso a metà il cornetto insieme ed amici come prima?!? Niente era come prima! Io non sarei più potuta essere quella di prima, e tutto questo era a causa sua!"

Cercai di ritrovare la calma, perché mi ero ripromessa che davanti a lui non avrei mai perso la pazienza, né gli avrei concesso il privilegio di vedere tutto il male che mi aveva fatto. Dovevo essere fredda e distaccata, anche quando la rabbia cominciava a montarmi dentro imperiosa. Ritrovata la quiete necessaria, afferrai il sacchetto con forse ancora troppa irruenza e lo feci entrare. Lui sembrò sollevato, come se quella mia concessione gli avesse tolto un peso di dosso, io invece l'avevo fatto solo per non farmi vedere vacillare in sua presenza.

Lo condussi in camera mia, lasciando però la porta aperta. Appena varcò la soglia lo vidi pietrificarsi per un istante, ed in quel momento mi rallegrai per la scelta fatta; non si aspettava di trovare la mia stanza tappezzata di foto. Nella mia precedente casa non avevo appeso nulla alle pareti perché ai tempi negavo con tutta me stessa chi ero e mi nascondevo ancora dietro un immagine sbiadita di me, ma ora tutto era cambiato. Mi ero accettata, mostravo le mie passioni e i miei difetti senza vergogna, senza più timore del giudizio altrui, e quelle immagini appese alle pareti ne erano una piccola riprova.

Cominciò a vagare per la camera osservando le varie foto una ad una. Ce ne erano di tutti i tipi. Alcune le avrei definite artistiche: paesaggi, tramonti, ombre, altre invece mi ritraevano con i miei amici, sia con quelli di qui che con quelli di Londra. Di lui non vi era traccia, e sapevo che la cosa non gli sarebbe sfuggita, ma tutto ciò che lo riguardava era stato chiuso in una scatola e riposta lontano da me. Dopo aver passato mesi a contemplare le nostre foto insieme ero riuscita a dirgli addio per sempre e a smetterla di torturarmi in quella maniera.

Si soffermò più a lungo su una foto che ritraeva me ed Ale il giorno del mio compleanno. Eravamo entrambi un po' ubriachi, ridevamo come due scemi verso l'obiettivo, mentre lui mi abbracciava da dietro con la testa poggiata sulla mia spalla ed insieme mostravamo al nostro fotografo Marcel il suo assurdo regalo di compleanno, che io invece avevo adorato.

Non mi importò minimente se vedendo quella foto avesse frainteso la situazione; dopo il racconto di Henry e la scoperta del suo anno all'insegna del divertimento, se avesse creduto che me la fossi spassata anche io peggio per lui, in fin dei conti voleva solo dire che non mi conosceva davvero.

Decisi di porre fine a quella sua permanenza in camera mia il più velocemente possibile, quindi lo richiamai all'ordine.

«Allora, non eri venuto per parlarmi? O hai deciso di passare la serata a guardare i muri?» si voltò di scatto verso di me con un espressione indecifrabile in volto; vi lessi un mix di sconcerto, paura forse ed un pizzico di rammarico, ma non ne ero del tutto sicura.

«Sì, giusto! Dobbiamo parlare», detto ciò si andò a sedere sul mio letto come era sua consuetudine, ma io non lo seguii, presi invece la sedia della scrivania e mi posizionai davanti a lui a braccia incrociate in attesa che si decidesse ad aprire bocca.

«So che non vuoi sentire le mie scuse per quel che è successo un anno fa... »

«Hai detto bene, non mi servono!» non avevo intenzione di interromperlo, ma volevo mettere in chiaro subito la cosa prima che lui decidesse di porgermele ugualmente, facendomi così saltare del tutto i nervi.

Fece un cenno affermativo con la testa e lo vidi deglutire vistosamente, prima di riprendere il suo discorso: «So che non posso fare nulla per il passato, ma vorrei poter ricominciare con te da ora, come amici... ecco... è questo che vorrei, poter tornare ad essere tuo amico. Mi mancano le piccole cose che facevamo insieme come ascoltare musica, guardare serie tv, mangiare schifezze e parlare del niente. So che non sarà facile, ma mi chiedevo se fosse possibile ricominciare da qui.»

D'accordo... non era quello che mi aspettavo di sentirmi dire da lui! Mi era mancato come amico?!? Ovvio che sì! Oltre ad essere stato il mio ragazzo, era stato prima di tutto il mio caro e pazzo amico che mi aveva spinta a riprendere in mano la mia vita, che mi conduceva in avventure improponibili e con cui mi confidavo su tutto. Ma tra questo e dire che sarei riuscita a far tornare tutto come prima che lui quella notte mi baciasse, ce ne passava.

«Non so se ne sono in grado, Luke. Non è che io non ti voglia bene, o non ci tenga a te, il problema è che non voglio più alcun tipo di merdata. Sono stanca dei giochetti, e sono stanca che i tuoi comportamenti mettano a disagio tutta la nostra compagnia. Il problema è tra me e te, non riguarda loro. Se hai qualcosa da dirmi, lo vieni a dire a me, non me lo fai presente non parlandomi davanti agli altri o non presentandoti alle feste, siamo grandi abbastanza da comportarci da persone mature ed è questo che mi aspetto da te!» mi sentivo come una madre che sgridava il figlio piccolo per un comportamento inadeguato tenuto a scuola. E pensare che tra i due la più piccola ero io!

«Lo so Ollie, l'ho capito, e non farò più cagate simili, anche se vorrei mettere in chiaro che queste sere non mi sono presentato perché ero davvero a lavoro. Ho avuto dei turni estenuanti perché una persona era in malattia, ma non posso negare che sono felice che sia andata così, mi volevo prendere del tempo per pensare a cosa dirti esattamente, non volevo più fare o dire idiozie con te. Capisco il tuo punto di vista e mi rendo conto che ti sto chiedendo l'impossibile, ma almeno pensaci, non ti chiederò altro. È che non riesco a far finta di nulla se almeno non reinstauriamo un rapporto di amicizia. Non dico che dobbiamo essere complici come un tempo, so che non è possibile, ma vorrei che fossimo un po' più che semplici conoscenti, mi accontento di poco questa volta.»

Non lo avevo mai visto così disperato e tanto meno così razionale e pacato, teneva le mani giunte davanti a se e le stringeva talmente forte da far sbiancare le nocche. Nonostante leggessi sincerità nelle sue parole, io non sapevo se ero in grado di dargli ciò che mi chiedeva.

Ripensai a tutti i miei amici, e al fatto che dovevo cercare di fare qualche sforzo anche per loro, ma senza mettere in secondo piano il mio benessere personale. Io venivo prima di tutto, però dovevo anche far qualcosa per non lasciare che quella situazione compromettesse il nostro gruppo.

«Non lo so Luke, non è così facile, non ti posso dire di sì, ti posso però dire che ci proverò, non sarà una cosa dall'oggi al domani e voglio mettere in chiaro alcuni punti prima che tu inizi a cantare vittoria. Se, e dico se, tornassimo ad uscire come amici, a vedere film insieme e così via, niente più nascondersi, se vieni qui la porta della mia camera rimane aperta, se vengo da te, passo per la porta, tutti sapranno! Non mi interessa se te ne vergogni, o si fa in questa maniera o non se ne fa nulla, a te la scelta! E ricordati che non sarà una cosa immediata, starà a me scegliere come e quando, potrebbero anche volerci mesi!»

«Credevo ti piacesse utilizzare la scala!» osò anche dire il maledetto con un ghigno in faccia. Lo fulminai all'istante sul posto; non eravamo già tornati così in confidenza per simili battutine.

«No, non mi è mai piaciuto attentare deliberatamente alla mia vita, quella era una cosa che faceva impazzire te, l'idea di farmi fuori. Allora, ci stai?»

Non era propriamente vero, avevo iniziato ad adorare quella scala, ma portava con se troppi bei ricordi a cui non volevo più rimanere aggrappata. Gli tesi la mano per siglare il nostro accordo. Lui la fissò per una frazione di secondo per poi afferrarla e stringerla saldamente nella sua.

Al solo contatto con la sua pelle una scarica elettrica mi percorse tutto il braccio fino al centro del mio petto. Anche lui doveva averla percepita, perché la sua espressione stupefatta si tramutò in un sorriso malizioso.

Avevo appena stretto un patto con il diavolo!

Mannaggia a me e in che guaio mi ero andata a cacciare per la milionesima volta. Ero un' ingenua se avevo dimenticato che Luke portava solo guai.

Interruppi bruscamente il contatto tra di noi e per celare la mia tensione mi alzai in piedi invitandolo ad uscire, ma lui non era molto intenzionato a concludere lì la serata.

«Oh, tu guarda! stai guardando GOT!» disse rivolto alla puntata che avevo sul mio computer.

Presi un respiro profondo, cercando di calmarmi. Ovviamente lui non aveva capito un tubo del mio discorso sull'andarci piano su quel nostro tentativo di avere una qualche sorta di rapporto civile, ma non conosceva la nuova Ollie. Un tempo mi sarei lasciata trascinare da lui, ora non più!

«Luke, ho detto di andarci con i piedi di piombo, direi che questa confessione a cuore aperto per questa sera sia più che sufficiente! Per le serie tv c'è tempo, facciamo un passo alla volta, d'accordo?» lui non parve entusiasta della mia scelta, ma non aveva molte alternative perché gli stavo già facendo cenno di seguirmi verso l'uscita, così, a malincuore, fece quanto gli avevo chiesto.

Giunti davanti l'ingresso mi preparai per i soliti saluti di circostanza, ma avevo dimenticato che con Luke neppure un saluto poteva andare come previsto.

«E la pasta? Hai intenzione di mangiartela da sola?» spalancai la porta alzando gli occhi al cielo; ma che diamine aveva quel ragazzo nel cervello?

«Visto il tuo recente comportamento e quello passato, direi che mi meriterei una fornitura di cornetti alla crema a vita, ma sono magnanima e per ora mi accontenterò solo di una!» lui scosse la testa divertito, poi fece un gesto che mi catapultò indietro nel tempo.

Mi sorrise bonario per poi scompigliarmi i capelli con la sua mano e dirigendosi verso le scale disse: «Buonanotte topino!»

Io però non riuscii a pronunciare il suo nomignolo ad alta voce come nulla fosse, quell'appellativo che avevo coniato solo per lui, quel nome che pronunciato anche solo nella mia mente mi lasciava un sapore nostalgico, soprattutto in quei momenti dove passato e presente si confondevano in un unico ed indistinto istante.

«Buonanotte, Luke!» sussurrai ad un pianerottolo ormai vuoto e ad un ricordo che fuggiva via dalle mie mani e dal mio cuore.

E sperai che fosse davvero finalmente una notte serena, in cui i miei incubi avessero smesso di bussare alla porta di casa mia.

Ed ecco un nuovo scontro tra la scimmietta ed il topino. Ollie ha accettato questo accordo per tutti i suoi amici, ma la Luke farà veramente il buono o ha un piano in mente?!? Chi lo sa?!? Staremo a vedere! Intanto per il prossimo capitolo dico solo un nome: NONNA SANDRA! Ebbene sì, andremo da lei per i suoi preziosi consigli! Vi auguro un buon inizio di settimana e ci vediamo tutti giovedì!

Ed ora i saluti... vai con il Napoletano oggi...

CE VERIMM O' PROSSIM PIGIAM!

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