CAPITOLO 40 - TUTTA LA VERITA'!

Tornai a correre per le vie della città esattamente come quasi due anni prima, con la differenza che questa volta non ero spaventata, non tremavo dalla testa ai piedi, sapevo ciò che volevo e stavo andando a prendermelo.

Giunsi davanti all'edificio in mattoni della casa dei ragazzi in un batter d'occhio. Stavo per avviarmi verso il portone d'ingresso, quando notai la orma celebre scala del destino. Rimasi a fissarla per qualche secondo, incerta sul da farsi, poi però pensai che se stavo facendo un riadattamento della scena di anni prima, tanto valeva replicarla come si deve.

"Sarebbe potuta diventare davvero quella l'ultima volta in cui mi ci sarei potuta arrampicare."

Iniziai ad aggrapparmi ai pioli, percorrendoli uno di seguito all'altro, issandomi con notevole difficoltà; ero decisamente fuori allenamento ma, in compenso, dopo il salto a 165 metri di altezza, non mi sentivo più così intimorita.

Giunsi alla piccola rientranza e sbirciai all'interno del lucernario per verificare se lui fosse in casa. Notai subito che non si trovava disteso sul letto come in passato, e ciò mi fece temere che non fosse in casa ma, spostando gli occhi verso sinistra, lo trovai in piedi davanti alla porta della sua stanza, con la mano avvolta intorno alla maniglia, pronto per uscire. Quasi lo urlai il suo nome, battendo anche le nocche contro il vetro, nel tentativo di fermarlo prima che fosse troppo tardi.

Si voltò di scatto, strabuzzando gli occhi per la sorpresa non appena mi scorse dal soffitto. Venne ad aprirmi immediatamente, aiutandomi anche ad entrare.

Una volta tornata in posizione verticale, incrociai il suoi occhi leggermente arrossati e solcati da profonde occhiaie; aveva chiaramente passato una pessima nottata come me.

«Ollie, che ci fai qui? Stavo per venire io da te. Cioè... sono felice che tu sia venuta, ma hai utilizzato la scala! Tu non usi più la scala e poi...» Blaterava in pratica per quanto era teso come una corda di violino.

Decisi di tirarlo fuori dalla crisi momentanea di cui era caduto preda, prendendo io la parola al posto suo. «Ehi, Luke, stai calmo! Ti va di fare un gioco oggi?» mi guardò per un attimo come se mi fossi del tutto ammattita, e non è che avesse poi tutti i torti, ma io temevo che perdendoci entrambi in futili chiacchiere alla fine non saremmo mai giunti al punto, come eravamo soliti fare nell'ultimo periodo. «Facciamo il gioco della verità! Per una volta ci diciamo tutta la scaro santa verità, senza parole non dette e senza scappare, ci stai?»

Si passò una mano sul viso, cercando di assimilare le mie parole ed anche la forza necessaria per affrontare quella discussione, come d'altronde stavo cercando di fare anche io.

«D'accordo!»

«Perfetto! Allora... vuoi iniziare te o inizio io?» sembravo una pazza davvero con quelle mie domande, ma la cosa più inquietante credo che fosse il senso di tranquillità che si era innalzato dentro di me.

Stavo per rivelargli cose che mi ero tenuta dentro per un anno intero, ed ero in procinto di sentire da lui verità che mi avrebbero potuto radere al suolo nuovamente, eppure dentro di me aleggiava la pace più totale.

"O era la quiete prima della tempesta, o qualcosa in me era decisamente cambiato."

«Comincio io», affermò sicuro, drizzando le spalle e prendendo un respiro profondo prima di proseguire. «Per prima cosa, mi voglio scusare per quello che ho fatto la sera del tuo compleanno. Quando te ne sei andata via, lasciandomi intendere che ancora una volta le cose tra noi non sarebbero tornate come prima, non ho retto. Ho perso la testa, ero arrabbiato, deluso, mi sono smarrito come al mio solito nei recessi della mia mente. Sai come sono fatto, mi estraneo del tutto in quei casi, e non mi ero proprio accorto di ciò che Caterina stava per fare.» Solo sentire il nome di quella stronza mi venne da storcere la bocca per il disgusto, ma non dissi nulla; in fin dei conti almeno avevo avuto una delle risposte che cercavo, ma ne volevo ancora delle altre, così rimasi in silenzio ad ascoltarlo. «Inoltre, voglio scusarmi anche per come mi sono comportato ieri. Ero in ritardo per la tua discussione perché ero dovuto passare a casa dei miei nonni per un problema urgente, tuttavia so che non dovevo trattarti in quella maniera. Matt poi mi ha spiegato che lui era solo un tuo amico di Londra che era venuto a farti una sorpresa, ma quando vi ho visti insieme abbracciati non ci ho visto più dalla rabbia. Lo avevo riconosciuto da una delle foto che hai in camera tua, quella in cui sorridi più sinceramente. Poi diciamo che Henry mi aveva fatto intendere in passato che tu ti stessi rifacendo una vita in Inghilterra, ed io già da allora avevo iniziato a fare mille congetture in merito. Quando il suo nome è spuntato qua e là più volte, e poi vi ho visti insieme, ho iniziato a collegare i fatti e le informazioni a mia disposizione per conto mio, lasciandomi travolgere dalla mia classica gelosia. Non volevo perderti di nuovo, non volevo che ti portasse via da me, ecco.»

Comprensibile anche quello. C' ero arrivata da me che era saltato da solo alle conclusioni prima di chiedere, ma ciò non toglieva che si era comportato da perfetto cretino; per lo meno si era scusato.

«Accetto le tue scuse ma, per quanto riguarda Caterina, sappi che quella sera mi hai strappato il cuore per una seconda volta. Non mi sono mai sentita così tradita da qualcuno in vita mia, e so di aver sbagliato in quel caso a non starti ad ascoltare, ma prova a metterti nei miei panni: le se mani tra i tuoi capelli, lei che si avvinava a te dopo solo pochi minuti in cui ci eravamo baciati. Non ho retto. Mi dispiace, ma sono umana anche io, ed in quel momento non volevo né vederti né starti ad ascoltare.»

«Lo so, non te ne faccio una colpa. Hai visto come ho reagito per quel tuo amico. Al tuo posto avrei ribaltato il locale.»

Ed ora era giunto il momento di toccare una delle note più dolenti. «Per quanto riguarda Ale... sì, lui è un mio amico che ho conosciuto in questo anno all'estero. Mi è stato vicino quando io stavo male per te, perché è così che sono andate le cose, Luke: ho pianto mesi interi la tua assenza ed il tuo rifiuto. Ho passato centinaia di notti insonni a chiedermi perché non mi cercassi, se tutte le parole che ci eravamo detti, se tutto quello che avevamo creato insieme, non fossero altro che delle mere bugie. Ed è stato grazie a lui, a Marcel, a Nina e a tutti gli altri, se non mi sono richiusa in me stessa lasciandomi sprofondare nei ricordi.»

«Anche io Ollie... anche io ho passato come te notti intere a pensarti, a ricordarti, e non ti ho mai cercato non perché non mi importasse nulla di te, ma avevo scelto di lasciarti andare e temevo che se ti avessi contatta, e tu giustamente non mi avessi degnato neppure di una risposta, non ce l'avrei fatta a reggere. Volevo che fossi libera di viverti quell'esperienza senza che i miei problemi ti travolgessero. Ma quando ho iniziato a fare supposizioni su di un fantomatico ragazzo, sono uscito fuori di testa. Dovevo sapere, conoscendoti, che non ti saresti mai concessa ad un altro come nulla fosse, ma lo sai, le mie paranoie spesso mi sovrastano.»

Lo sapevo bene... sapevo perfettamente quanto i suoi fantasmi che si portava dietro dall'infanzia lo travolgessero in continuazione, e sapevo anche che quello che gli stavo per dire lo avrebbe ferito a morte. Ma non gli avrei mai e poi mai nascosto un dettaglio simile, perché era stato proprio il non dirci le cose chiaramente in faccia a portarci a questa situazione, ed ormai era giunto il momento di spezzare quel cerchio.

«Lo so, o meglio, ora lo so, e sicuramente appena parlerò con Henry vorrà venirsi a scusare con te. Non credo, conoscendo com'è fatto, che volesse ferirti, più probabilmente spronarti. Comunque, tornando a noi, no, non ho permesso a nessuno di avvicinarsi neanche di mezzo metro da quando sono stata via.» Presi un attimo fiato prima di sparare quella bomba. «E per quanto riguarda Ale, siamo sempre stati solo amici, non è mai successo nulla tra di noi, anche se lui ha sempre manifestato apertamente il suo interesse nei miei confronti, ma ha anche saputo rispettare la mia scelta di rimanere sola... fino all'altra sera... quando mi ha baciata e nulla più!»

Ora penserete che sia una folle suicida che si lanciava verso il fuoco nemico, ma la verità era che non volevo giocare una partita, o iniziarne una nuova, nascondendo delle pedine al mio avversario.

Lo vidi stringere con forza le mani a pugno, conficcandosi nella carne le unghie tagliate corte, e quasi li sentii i suoi denti stridere l'uno sull'altro mentre serrava la mascella. Come era prevedibile si era innervosito parecchio e, per come potei, cercai di calmarlo. «Ci siamo baciati UNA volta, ma lui ha capito che non ero pronta perché ho altro nella testa. Ed è talmente un bravo ragazzo da aver scelto di fare un passo indietro e darmi tempo per fare chiarezza nella matassa di emozioni che ho dentro di me.»

I muscoli in tensione delle braccia tornarono a rilassarsi, come anche le sue dita, che si sciolsero mentre buttava fuori l'aria dalla bocca. «Ok... cioè... non è ok, perché, ad essere onesto, ora come ora vorrei spaccargli la faccia. Ma capisco anche che ti ci ho praticamente spinto io verso di lui con le cazzate che ho commesso in questo periodo. E se mi dici che c'è stato solo un bacio, ti credo.» Mi sentivo morire nel vederlo in quello stato, ma era giusto che glielo avessi detto, anche perché, con le sue parole seguenti, quella che si sentii morire fui io.

«Anche io devo rivelarti una cosa.» Abbassò il capo come se si vergognasse profondamente per quello che stava per rivelarmi, deglutendo più volte a vuoto, prima di riposizionare quei suoi pozzi scuri come la notte su di me, e riprendere il discorso.«Come ti ho detto Caterina quella sera non l'avrei mai e poi mai baciata, ma devi sapere che... ecco... quando sei andata via, io ho iniziato a bere e a fumare parecchio, ed in una di quelle sere, che francamente a malapena ricordo, è successo che io e lei... sì... insomma... che io e lei finissimo a letto insieme! Ma ti giuro Ollie che è successo una sola volta, e addirittura ricordo poco e niente, altrimenti non lo avrei mai fatto!» Non appena le sue parole si arrestarono, la sentii di nuovo, esattamente come due anni prima: il rumore di una vetrata che si infrange al suolo; si era rotto per la seconda volta qualcosa dentro di me.

Non ero una stupida, avevo ipotizzato che potesse essere successo qualcosa con Caterina, dopo ciò che avevo visto la sera del mio compleanno e dal modo in cui lei gli si era avvicinata, ma un conto era solo supporlo, un conto sentirselo dire. E faceva male... faceva terribilmente male. Uno di quei dolori che ti arriva come un colpo secco sullo sterno, togliendoti il fiato e lasciando un macigno al suo passaggio. Ma ora lo sapevo che quel dolore non ero la sola a provalo. Ci eravamo feriti entrambi.

«Ollie... strinse le mie mani nelle sue, cercando di richiamare la mia attenzione, mentre a testa bassa tentavo di frenare le lacrime che sentivo spingermi da sotto le palpebre, pronte ad uscire.

Strinsi forte gli occhi, perché non potevo permettermi di crollare in quel momento; quella confessione non era ancora finita.

«Ti devo dire un'altra cosa, Luke...» mi aggrappai forte alle nostre dita intrecciate, lasciando che il calore del suo corpo fluisse nel mio, per scaldare almeno un po' quella lastra di dolore cristallizzato che mi portavo appresso.

«Dimmi!» mi spronò a continuare, facendo un piccolo passo avanti, accorciando così ancor di più quella distanza tra di noi che a breve sarebbe diventata un abisso.

«Sto per partire...» drizzai le spalle, sollevando le palpebre e lasciando che i miei occhi leggermente lucidi incontrassero i suoi che si erano spalancati di colpo; si irrigidì una seconda volta, come era prevedibile. «Luke, io sto per ripartire e, quando tornerò dal viaggio in giro per l'Europa, sosterrò un po' di esami qui, poi passerò del tempo con i miei genitori e da Meg, infine mi dirigerò a Londra per un altro anno e non lo so cosa farò dopo, se chiederò la tesi all'estero da qualche altra parte, o se farò ritorno a casa.»

Un attimo di silenzio, le sue palpebre che tornarono a muoversi come se avesse recepito con un secondo in ritardo quell'informazione, e tutta la sua disperazione venne fuori.

«No, no, no, cazzo, no! Sei appena tornata, non te ne puoi andare di nuovo! È per causa mia, vero? Non vuoi più vedermi? Ti prego, Ollie, anche se non vuoi più stare con me, non te ne devi andare per forza abbandonando tutti. Puoi rimanere qui, saremo solo amici, ti prometto che questa volta non farò stronzate, ti prometto che non sbaglierò più, però ti prego...» la sua stretta sulle mie mani era inflessibile, le sue iridi erano state completamente risucchiate dal nero del terrore, la sua voce intrisa della paura più cieca; non riusciva più nemmeno a vedermi in quel momento.

Sapevo dove stava correndo la sua mente, sapevo che costa stava pensando, ed io dovevo a tutti i costi tirarlo fuori di lì, dovevo in ogni maniera strapparlo da quel suo passato che lo stava fagocitando ripetutamente. Così lo feci... lo richiamai indietro a me nell'unico modo che conoscevo... richiamai il ragazzo che amavo.

«Luca!» afferrai il suo volto tra le mani, posando la mia fronte sulla sua, facendo sì che mi sentisse non solo con le parole, ma anche per mezzo dei nostri corpi.

Si zittì di colpo. L'aria che fuoriusciva rapida dalle mie labbra si scontrò con la sua, il velo delle sue insicurezze venne sollevato, lasciandolo tornare a vedermi.

«Ti prego guardami! Non ti abbandonerò! Non lo capisci?!? Io non ti abbandonerò mai! Però adesso guardami... adesso guardaci! Io ti amo ancora, non lo hai ancora capito? Ti ho continuato ad amare anche quando faceva male, ti ho amato anche quando ero lontana da te e ti ho amato anche quando ero qui con te. Non c'è stato un solo giorno in cui io non lo abbia fatto. Io neppure lo so come si faccia a non farlo.»

I suoi occhi nei miei, le mie mani su di lui, e questo era tutto ciò che eravamo: un unico mondo.

«Ollie... anche io ti amo! Cazzo se ti amo! Ogni... ogni giorno... ogni stramaledetto giorno in cui mi sei stata lontana le ho ripetute queste due parole nella mia testa, ogni secondo che ho passato con te, ogni minuto in cui non eri qui con me.»

Un sorriso dolce ed amaro andò a disegnare le mie labbra, mentre quel nostro ti amo pieno di pentimento sgorgava dai nostri occhi sotto forma di lacrime mute.

«Lo so, Luke. Ora lo so. Però adesso fai ciò che ti ho chiesto: adesso guardaci! Quanto male ci siamo fatti in questo anno? Quanto male abbiamo fatto a chi ci circonda, solo perché siamo diventati incapaci di parlarci sinceramente, quando un tempo per noi era la cosa più naturale di questo mondo? Io ci guardo, e so che se ora riprovassimo a stare insieme manderemmo tutto all'aria, perché io partirei, tu saresti qui ad aspettarmi con le tue paure, e non negare che impazziresti al solo pensiero che Ale sia con me. Non mi negare che la gelosia non prevarrebbe, anche se io ti assicurassi mille altre volte ancora che amo solo te, finendo per litigare in continuazione. Non nascondermi questa verità, perché io la so, perché sono la prima ad ammettere che, ora come ora, in quei momenti di discussione, ti rinfaccerei Caterina e tu faresti altrettanto. Io mi rifiuto di diventare come una di quelle coppie che tornano insieme solo perché pensano "Lo amo, questo basta", ma poi non hanno il coraggio di risolvere i loro problemi, di cancellare davvero per sempre tutte le colpe dell'altro. Io mi rifiuto di fare una cosa simile, perché io non ti amo solo come uomo, io ti amo come essere umano. Tu sei qualcosa che va ben oltre, e non lascerò mai che questo legame unico che abbiamo vada in pezzi di nuovo soltanto perché non siamo abbastanza maturi da dirci: prendiamoci tempo!»

Ecco tutto quello che avevo capito in quel periodo: io lo amavo più qualunque altra cosa al mondo ma, se lo amavo davvero, allora dovevo anche essere in grado di perdonarlo per sempre per tutti i suoi errori, come lui doveva fare con i miei.

«Ti prego non mi dire questo... ti supplico non farlo!» strinse gli occhi, lasciando che un'altra stilla del suo tormento discendesse come rugiada di prima mattina su di una foglia ancora inumidita dalla notte trascorsa.

Gli sollevai nuovamente la testa che continuavo a tenere tra le mani, invitandolo con quel gesto a rimanere lì con me e a non perdersi. «La verità, Luke. Solo la verità per noi!»

Mi riconcesse uno scorcio su quel suo mondo ora appannato dal rimpianto, riportando l'attenzione su di me. «Non capisco dove sbaglio, Ollie. Non capisco perché non riesco a cambiare come vorrei, soprattutto quando tu sei il motivo principale per cui cerco di farlo!»

La sua voce lievemente spezzata fu come una miriade di aghi che si conficcarono nel mio cuore; sentivo il suo dolore come se fosse il mio.

Non lo avrei lasciato lì a torturarsi come sempre. Lui in passato mi aveva aiutata in quel lungo percorso che era stato l'accettazione di me stessa, ed io avevo provato in tutti i modi a fare altrettanto con lui, ma se i fatti non erano bastati, quella volta decisi di provare con le parole.

«È lì che sbagli, Luke. È lì dove commetti il tuo errore: lo fai per me, non lo fai per te stesso. Se cambiassi solo per far felice me, sarebbe un cambiamento a metà, ed in futuro mi odieresti perché ti sentiresti intrappolato in qualcosa che non ti appartiene. Devi farlo per te. Devi amare te stesso. Se solo ti vedessi e ti amassi quanto ti amo io, ti accorgeresti dell'enorme potenziale che hai, dell'uomo che puoi essere, e non del bambino che attende ancora i suoi genitori prendendosela con se stesso. Amati, Luke. Amati anche solo un decimo di quanto ti amo io, e quando ti guarderai allo specchio, e quel riflesso non ti piacerà, solo allora pensami, solo in quel caso chiudi gli occhi e prova ad immaginare tutto ciò che scorgo io in te!» cercai di mantenere ferma la mia voce, ma si piegò inevitabilmente ad ogni parola che lasciavo scivolare sulla lingua impastata e riarsa da quei sentimenti che provavo verso il ragazzo che tenevo tra le mani, verso quel bambino che non vedeva un domani.

Le sue mani abbandonarono i miei polsi, andandosi ad posare come una piuma su entrambe le mie guance, quasi temesse di rompermi.

E restammo così, in silenzio a guardarci, a toccarci, fin quando due parole si disperso in quella che un tempo era la nostra piccola alcova fatta di sorrisi e ricordi sbiaditi. Due parole... che vennero pronunciate in simultanea da entrambi, come se un pendolo avesse scoccato l'ora decisiva.

«Mi dispiace!»

E fu in quel momento, proprio mentre una canzone al piano di sotto giungeva ovattata alle nostre orecchie, che sembrava far eco a ciò che ci eravamo appena detti:

"I'm reminded of the fool I was

I cut you off and fucked it up again

I'm sorry that I let you go,

I'm sorry that I cared"(*)

Che tornammo ad essere gli stessi di quella sera di Natale: occhi negli occhi, silenzio per silenzio, anime spezzate in ascolto. E quello stesso silenzio, esattamente come molti mesi prima, tornò a riempirsi di parole che solo noi potevamo udire:

"Mi dispiace di non averti capito."

"Mi dispiace di non averti aspettato".

"Mi dispiace di non averti ascoltato."

"Mi dispiace di non averti amato come avrei dovuto."

Il suo pollice a raccogliere quella perla traslucida sotto il mio zigomo, che stava fuggendo via insieme a quelle tacite scuse che ci eravamo trasmessi, e le mie dita a tracciare lo stesso percorso sul suo volto; ognuno cercava di portare via il dolore dell'altro per farlo suo.

«Questo è un addio?» quella sua domanda riuscì a strapparmi un mezzo sorriso.

«No, Luke, non ci sarà mai un addio tra di noi. Non rifaremo lo stesso errore, non resteremo più senza sentirci, senza vederci. Ci prendiamo solo del tempo. Diamo tempo al tempo

Quella era la lezione fondamentale che più di una persone avevano cercato di impartirmi. Anche mia nonna ci aveva provato, ma solo lo stesso tempo me l'aveva fatta apprendere.

Mi protesi in avanti, spazzando via quel piccolo metro cubo d'aria che teneva separata le mie labbra dalle sue. Tornai a saggiare la malinconia della mia stagione preferita. Ale poteva essere un bel temporale primaverile inatteso, questo non lo negavo, ma per me non esisteva nulla di meglio al mondo del volteggiare soave delle foglie che cadono al suolo, esattamente come le sue mani che si erano fatte spazio tra i miei capelli. Non c'era nulla di più inebriante di quell'umidità che il cielo perennemente grigio ti lasciava addosso, proprio come il suo sapore che, passando tramite nostre lingue, andava a riempire ogni poro della mia pelle. Non poteva esserci nulla di meglio della natura che cambiava colore, morendo e nutrendosi per rinascere al tempo stesso, esattamente come lui faceva ogni volta con me: mi uccideva per poi farmi tornare a germogliare con nuova forma e colore.

Un ultimo lento sfregamento tra le nostre labbra, che sembravano continuare a richiamarsi reciprocamente, e alla fine ci staccammo.

Non vi erano più altre parole da aggiungere, o forse nessuno dei due ce la faceva più a dire altro, ma avremmo avuto tempo per rivelarci qualunque altra cosa avessimo voluto; il tempo ce lo avrebbe concesso.

Stavo per arrampicarmi all'esterno, quando la sua mano afferrò rapida il mio polso. «Aspetta un attimo!»

Frugò nella tasca destra della sua tuta, tirandone fuori un piccolo oggetto lucente come la lacrima che scivolando via dai miei occhi, si andò a depositare su di esso.

«Non ho fatto in tempo a dartelo il giorno del tuo compleanno. Spero... spero che tu lo voglia ancora.»

"E come avrei potuto dire di no a quel piccolo ciondolo in argento a forma di aeroplanino di carta, che reclamava i miei desideri... i nostri desideri."

Alzai ed abbassai la testa una sola volta, perché tutte le parole che avevo erano rimaste incastrate sul fondo della gola, creando un blocco che mi rendeva quasi impossibile respirare.

Allungò le mani verso di me, sganciandomi a fatica la collanina che portavo al collo con la rosa dei venti che Meg mi aveva donato anni prima, mentre io sollevavo i capelli in una coda bassa per facilitargli l'opera. Aggiunse anche quel piccolo ornamento al quel filo d'argento, andandolo poi a riposizionare al suo posto. I suoi polpastrelli mi sfiorarono leggermente la spalla destra, lasciata scoperta dal maglioncino con il girocollo asimmetrico che indossavo, per poi allontanarsi da me.

«Così avrai sempre un desiderio da esprimere con te e la rotta verso cui indirizzarlo», asserì fievole, indicando i due oggetti che ora pendevano uno al fianco dell'altro sul mio petto.

Lo abbraccia senza starci a pensare, staccandomi altrettanto rapidamente prima di non riuscire più ad abbandonare quel caldo riparo che era il suo petto.

Mi issai nuovamente all'esterno tramite il lucernario, osservando all'orizzonte il cielo primaverile che iniziava a scurirsi con l'avvicinarsi della sera. Pensai che neppure quella volta ero riuscita a vedere da quella sommità l'unica stagione che mi mancava, ma che forse non ero destinata a farlo, perché l'autunno io lo avevo vissuto sulla mia pelle.

Ridiscesi la scala placidamente, esattamente come le piccole lacrime che non volevano smettere di ricoprire il mio volto come un vestito. Iniziai ad avviarmi verso casa a capo chino con piccoli passi incerti, fino a quando una parola urlata a squarciagola non mi fece voltare.

«Olivia!»

Luke era lì, in piedi sulla sporgenza del tetto, esattamente come la prima volta che mi aveva condotta nel suo mondo. Ci fissammo per un tempo che a me parve indefinito, in quello spazio a dividerci, separati dal cielo e dalla terra.

«Ti aspetterò!» una promessa da parte sua che per me valeva più di qualunque altra cosa al mondo, da mettere in valigia e portare via con me, a ricordarmi che, se volevamo andare avanti, dovevo tornare a fidarmi di lui.

Strinsi forte tra le mani quel piccolo pendente che era diventato il catalizzatore dei miei desideri, prima di salutarlo un ultima volta.«A presto, scimmietta!»

Tornai sui miei passi, incedendo lentamente sui sampietrini grigi ed erosi dal tempo. Non corsi questa volta, perché tutte le energie che avevo le avrei dovute incamerare per riuscire a non voltarmi di nuovo.

"È davvero molto più facile lasciarsi cadere nel vuoto e poi farsi male, che ricostruire qualcosa con le proprie mani."

(*)E mi hai ricordato lo sciocco che ero
Ti ho tagliata fuori e rovinato tutto di nuovo
Mi dispiace di averti lasciato andare
Mi dispiace di averci tenuto.
(AquiloSorry)

Lo so... mi vorreste morta e sepolta ora come ora, ma spero che abbiate capito il senso di questa scelta da parte di Ollie e Luke. Mancano due capitoli alla fine, e cercherò di pubblicarli entrambi in contemporanea domani, se dovessi avere problemi li troverete al massimo lunedì. Non mi dilungo ulteriormente e vi auguro una buona serata, nonostante il capitolo.

Ed ora i saluti... andiamo con il Genzanese...

SE BECCAMO AO PROSSIMU PIGIAMO'!

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