CAPITOLO 36 - TEMPORALE PRIMAVERILE

Dopo il momento imbarazzo-panico totale, la situazione si era stabilizzata e tornata alla normalità.

Certo, c'erano state delle occhiatacce iniziali da parte soprattutto di Matt e Ry ad Alexandre, finché non gli avevo spiegato chiaramente chi fosse, ma non potevo fargliene una colpa, loro d'altronde pensavano di dover difendere il territorio del loro coinquilino. Invece quel santo di Andrew lo aveva accolto fin da subito senza riserve né pregiudizi, attendendo che glielo presentassi prima di saltare a conclusioni affrettate; ribadisco quanto fosse bravo quel ragazzo.

Meg ed Henry d'altronde, be', non servirebbe neppure dirlo, stavano già erigendo una statua in onore del mio amico d'oltralpe.

Ero dovuta ripassare a casa per un cambio d'abiti, perché Meg ed Henry mi avevano categoricamente vietato di proseguire la serata in pantaloni. Avevo vinto la mia battaglia sulla comodità per le ore della cerimonia, ma per quanto concerneva la festa non avevano voluto sentire nulla.

Avevo optato per un vestititino total black aderente, lungo fino a metà coscia, con due file di pietre azzurre e verdi a ricamare il girocollo, ed i miei amati stivaletti bassi per la gioia dei miei piedi. I miei amici erano stati così gentili da organizzare una piccola festa solo per noi a casa loro. Avrei voluto farla da me, ma era talmente un buco il mio trilocale da rendermi la cosa impraticabile e, dal momento che la scimmietta-finta gelosa era sparita dai nostri radar, sembrava non esservi più problemi in vista.

Ci stavamo divertendo ormai da un paio d'ore tra musica, alcool, anche se io ancora stavo finendo il mio primo bicchiere, ed il secondo avrebbe decisamente aspettato ancora per un bel po', memore della brutta sbornia presa pochi giorni prima, balli e le classiche chiacchiere.

Ad inizio serata ero stata sottoposta ai classici giochi da festa di laurea, come il cruciverba disegnato su di un cartellone da completare con domande attinenti al mio percorso di studio ma elaborate in modo divertente o più spesso imbarazzante. Avevano anche organizzato una sorta di caccia al tesoro per farmi trovare il mio regalo. Ogni bigliettino che mi avevano consegnato era un indovinello da risolvere che mi avrebbe condotta in un luogo della casa, dove avrei trovato una parte del regalo e ricevuto l'indizio successivo.

In totale erano stati tre regali minori, per così dire, ed uno principale: un album riempito con foto scattate tra il primo anno in cui ci eravamo conosciuti e quello appena trascorso, e già lì avevo rischiato di commuovermi per i mille ricordi che molte di quelle immagini avevano fatto riaffiorare; un nuovo trolley da viaggio con sopra disegnate le bandiere di tutto il mondo, con l'augurio da parte di tutti di poter visitare davvero un giorno quei posti; due nuovi pigiami a forma di animali: da volpe e da scimmia, che mi avevano fatto particolarmente ridere perché ormai tutti erano a conoscenza del mio amore verso quell'abbigliamento da notte particolare; ed infine il regalo centrale, ovvero una nuova lente per la mia macchina fotografica, ideale per i ritratti.

Appena l'avevo vista avevo iniziato a saltare a destra e a manca come una pazza, abbracciando chiunque mi capitasse a tiro, pregustando già il momento in cui avrei potuto usarla.

Una volta quietatami da quell'improvviso scoppio di euforia, Ale avanzò verso di me, nel suo jeans scuro abbinato un pullover a girocollo nero di Harmont & Blaine, da cui spuntava il colletto di una camicia blu navy, con una scatola in mano. «Congratulazioni, Bambi! Un piccolo cadeau per te.»

Guardai l'oggetto che mi stava porgendo con stupore. Ero più che convinta che il mio regalo per quel giorno fosse lui che si era imbarcato su di un aereo per più di due ore di viaggio pur di essere presente; di certo non mi aspettavo né tantomeno desideravo altro.

«Non dovevi, Ale! Il fatto che tu sia qui con me è già più che sufficiente.»

«Su, coraggio, aprilo! Voglio sapere cosa ne pensi», mi spronò e, sotto il suo sguardo impaziente, iniziai a strappare i lati della carta lucida rossa che lo rivestiva.

La prima cosa che scorsi, non appena ebbi sollevato il coperchio di quella scatola di carta marrone, mi fece scoppiare a ridere: era un pacchetto di dolci tipici francesi, i macarons. C'era una storia tutta nostra dietro quelle delizie colorate. Quando eravamo a Londra ci scontravamo spesso sull'argomento cucina, battagliando tra i fornelli sul primato di quella francese o italiana, ma su una cosa concordavamo sempre: i vini e i dolci dei nostri due paesi erano a pari livello. Quando mi aveva fatto assaggiare per la prima volta quei dolcetti, essendo io una ragazza con una seria dipendenza da zuccheri, me ne ero divorata un pacco intero, e così, ogni volta che capitava di discutere tra di noi, o se doveva chiedermi un favore, mi portava una confezione di quelle leccornie per rabbonirmi.

Ci scambiammo un sorriso complice, ma il fautore di quel dono mi incitò ad andare avanti e, controllando meglio il contenuto della scatola, notai una busta da lettere bianca.

La aprii senza indugio questa volta. Sgranai gli occhi di primo acchito, battendo ripetutamente le palpebre per essere certa di non stare sognando e che fosse tutto reale.

«Ma... ma... ma...»

«Allora, ci stai? Sappi però che non è tutto merito mio quel regalo, per la tua parte devi ringraziare anche tutti gli altri ragazzi di Londra. Io ho solo colto la palla al balzo e mi sono unito.»

"E come avrei potuto a dirgli di no? Mi aveva appena regalato un Pass Interrail!"

Essenzialmente era un pass ferroviario che ti consentiva di prendere tutti i treni e traghetti convenzionati per un mese intero, dandoti così la possibilità di visitare più di 30 paesi. Ne avevamo parlato tante volte di fare questa esperienza insieme. Entrambi amavamo viaggiare, e l'idea di stare in giro per l'Europa per un mese con uno zaino in spalla ci era sempre sembrata a dir poco allettante.

«Io non riesco a crederci, voi siete pazzi e allo stesso tempo meravigliosi! Sì che ci sto, Ale! Cavolo, facciamolo!» dissi, saltandogli praticamente in braccio.

Quella sera non riuscivo davvero a tenere a freno il mio animo, c'erano state troppe belle sorprese. Mi stavo già immaginando in giro per l'Europa: zaino in spalla e la mia Canon appesa al collo, pronta ad immortalare tutto ciò che questo mondo aveva da mostrarmi.

«So che è stato un periodo difficile per te. Non immagini neppure quanto mi sia dispiaciuto non essere presente per il funerale di tua nonna a causa di quel colloquio di lavoro», rivelò affranto, quell'angelo che ancora mi teneva abbracciata.

Certe volte riusciva ancora a stupirmi la sua dolcezza. Il giorno della morte di mia nonna mi aveva chiamata per farmi le condoglianze, scusandosi in venti lingue diverse per non avermi potuta raggiungere a causa di un colloquio di lavoro che lo aveva ricondotto nella nostra amata Londra.

«Non dirlo neppure per scherzo, eri al di là dello Stretto e non potevi di certo mollare una cosa così importante su due piedi. E comunque non avresti neppure fatto in tempo a tornare. Piuttosto, sei pronto per il tuo nuovo impiego, mon ami?»

Eh già, il qui presente era stato assunto in un' azienda vinicola, che lo avrebbe condotto a tornare nella nostra vecchia casa, ad iniziare un nuovo capitolo della sua vita.

«Sì, un po' nervoso perché è il mio primo lavoro, ma mi sento pronto. Mi è mancata Londra. Tu invece? Hai deciso cosa fare riguardo quella faccenda?»

"Domanda ostica la sua e con mille implicazioni."

Stavo per rispondergli, quando il portone di casa venne spalancato di colpo, andandosi a schiantare con un tonfo pestante contro il muro, facendo ammutolire tutti i presenti.

«EHI, È QUI LA FESTA?!?» un Luke barcollante fece il suo ingresso, sentendomi morire nel vederlo avanzare palesemente ubriaco.

Cercai di svincolarmi dalle braccia di Ale il più in fretta possibile, onde evitare altre scenate, il quale tuttavia rinsaldò la sua presa, probabilmente credendo di proteggermi dal tizio molesto che aveva appena fatto la sua comparsa, non sapendo invece che così facendo stava solo peggiorando la situazione, perché non appena gli occhi lucidi di Luke si posarono su noi due, si accesero come due tizzoni ardenti pronti ad incenerirci.

«Oh, ma tu guarda, abbiamo anche tra di noi chi "predica bene e razzola male"! Complimenti, Ollie, mi hai battuto questa volta. Non me lo aspettavo proprio che mi avresti ripagato con la stessa moneta.» il ghigno malevolo che aveva in viso, diede ancora più forza a quelle parole così crudeli.

"Come osava insinuare, anzi peggio, affermare davanti a tutti che io mi stavo comportando come lui solo per fargliela pagare per il dolore procuratomi. Avevo tanti difetti, questo non lo nego, ma mai gli avrei fatto del male deliberatamente e soprattutto davanti a tutti come invece aveva fatto lui."

La rabbia lentamente prese il posto dello sconcerto iniziale. Ero pronta a travolgerlo con una serie di insulti, ma venni anticipata dal mio amico che, una volta lasciatami libera dalla sua stretta, si diresse a passo di carica verso di Luke, pronto ad affrontarlo a muso duro.

«Non osare! Non osare neppure rivolgerle mezza parola di quel genere, mi hai capito? Chi diamine sei tu per arrivare qui e rovinarle un giorno così importante mentre si sta divertendo?!?»

"Oddio, qui stava per arrivare l'apocalisse se Alexandre non si dava una calmata! Apprezzavo il fatto che avesse preso le mie difese, ma per certi aspetti non ci ero abituata, di norma con Luke me la vedevo sempre da sola."

«Chi sono io?!? Chi cazzo sei tu, amico? Sei in casa mia, la tieni abbracciata come se tu per lei contassi qualcosa, ma ti do un' informazione dell'ultima ora: nessuno, a parte me, può valere qualcosa per lei!» nell'udire quelle parole, scandite con durezza, non ci vidi più, esattamente come il ragazzo moro, i cui occhi per la prima volta vidi scurirsi a tal punto da sembrare neri come quelli del suo avversario e non più del loro classico verde bosco.

Mi feci avanti per porre fine a quella disputa ridicola, che stava avvenendo sotto lo sguardo incredulo di tutti i presenti; era inutile parlare con Luke ridotto in quelle condizioni. Avanzai verso i due che continuavano a fissarsi in silenzio, limitandomi ad afferrare il braccio del mio amico e a strattonarlo per richiamare la sua attenzione su di me.

«Ale, basta così! Dico davvero, andiamocene! Ha ragione lui, questa è casa sua e io sono stanca che tutti i nostri amici assistano ad una nuova puntata di questa patetica sitcom da quattro soldi.»

"Ero davvero stufa di tutta quella situazione. Ormai mi aveva rovinato un altro giorno importante per me, bene, ma non gli avrei concesso di portarmi a fondo insieme a lui; la cosa finiva lì!"

«Oh, ma certo, fatti portare via da mammina, bello. Lei sa sempre cosa è meglio fare in qualunque circostanza. Fidati, ha le risposte per tutto, non è vero, Ollie?»

Non lo degnai della mia attenzione. Mi voltai verso Henry, chiedendogli una sola cosa: «Le chiavi!»

Nonostante il mio coinquilino avrebbe voluto prendere la faccia di Luke e pulirci il pavimento, strinse forte la mascella per non aprire bocca e peggiorare ulteriormente le cose, provvedendo a lanciare nella mia direzione ciò che gli avevo chiesto.

Tuttavia, se i presenti sapevano bene di non dover infastidire il qui presente padrone di casa ubriaco in certe circostanza, il francese al mio fianco o non aveva ben compreso la situazione, o semplicemente se ne fregò, perché, prima di avviarsi verso l'uscita con me, si chinò in avanti, mettendosi alla stessa altezza del ragazzo che continuava a rivolgermi uno sguardo truce, rifilandogli un' ultima stoccata.

«Già, lei sa sempre cosa è meglio fare, sarà per questo che si è resa conto che per un coglione come te non valeva più la pena continuare a piangere notte e giorno, sprecando così il suo tempo. Ti dirò una cosa che tutti i presenti pensano, ma che nessuno ha mai avuto le palle di dirti, ragazzino: lei è troppo per uno come te!» detto ciò, fu lui a prendermi per un braccio e trascinarmi via di lì, visto che ero rimasta imbambolata come una cretina a bocca aperta.

Il rumore della porta che si richiuse alle nostre spalle fu l'ultimo sono che si diffuse per le strade. Scese un silenzio tombale su di noi, con lui che continuava a tenere le sue dita strette intorno al mio polso, mentre io gli facevo strada; non sapevo davvero che cosa dire dopo quanto accaduto e quanto sentito da entrambe le parti.

Il rumore dei nostri passi, nel mutismo di quella notte gelida, scandì il tempo che impiegammo a raggiungere il palazzo di casa mia. Mentre salivamo le scale, ed oltrepassavamo l'ingresso, pensai che forse gli dovevo delle scuse per averlo fatto finire invischiato in una circostanza simile, ma non appena lo vidi iniziare a percorrere avanti ed indietro ripetutamente tutta la lunghezza della mia stanza, capii che dovevo dargli del tempo per sbollire la rabbia accumulata.

Sospirai, gettando le chiavi di casa sul letto e poggiandomi al muro vicino alla finestra, traendone sostegno per il mio corpo e la mia mente esausti da quella girandola di eventi che si erano susseguiti dalla mattina; non avrei mai voluto che la serata prendesse una piega simile, né tanto meno che il ragazzo qui presente assistesse a quella sceneggiata.

«Succede spesso?» chiese, continuando nel suo incedere nervoso.

Inizialmente non compresi la sua domanda, perché con Luke cose di questo tipo negli ultimi tempi erano all'ordine del giorno. Quel pensiero mi fece comprendere quanto fosse diventata estrema la nostra situazione. Cose simili non dovrebbero essere la normalità, non dovrebbero essere la regola, sarei dovuta essere sconvolta tanto quanto lui, e non rassegnata all'accettazione degli eventi.

Pensai anche che in Inghilterra era tutto diverso. A Londra non avevo dovuto destreggiarmi in continuazioni con circostanze simili. Non stavo di certo dicendo che lì fosse tutto rose e fiori, ma avevo trovato un po' di quiete, quel briciolo di normalità che mi lasciava respirare ogni tanto e che non mi faceva sentire costantemente sul filo del rasoio, con qualche catastrofe pronta ad abbattersi su di me se solo avessi commesso un passo falso.

«Qualche volta...» Non era propriamente la verità, ma non volevo far impensierire ulteriormente il ragazzo che mi aveva anche difesa a spada tratta poco prima.

«Tutto ciò è inaccettabile, Ollie! Lui non può trattarti così! Non dopo ciò che ti ha fatto, non dopo come ti ha fatto stare nell'ultimo anno, maledizione!» lo vidi portarsi una mano davanti alla bocca, come per frenare un fiume di parole che preferiva non pronunciare.

"E per fortuna non sapeva neppure che cosa era successo con Caterina! Decisamente non era il caso di dirglielo vista la sua reazione."

«Lo so, Ale, non ti preoccupare. So gestirlo da me. Non gli permetterò più di procurarmi altro inutile dolore.»

Era una cosa più facile più a dirsi che a farsi quella, perché Luke trovava sempre il modo di ferirmi anche quando io alzavo le mie difese.

«Non dovresti gestire un bel niente, perché lui non dovrebbe trattarti a quel modo! E non prendermi in giro, ti conosco, so che ti ferisce anche se tu provi a nasconderlo!»

"Cavolo! Mi ero quasi dimenticata di come lui ormai mi conoscesse bene e che frasette di circostanza come quelle non attaccassero. Era l'unico con cui mi ero sempre confidata nell'ultimo anno."

Mi osservò a lungo dall'altro lato della stanza e, vedendo che non replicavo, imprecò ad alta voce. «Merde

La mia mente malata pensò in quel momento che anche le parolacce in francese suonassero bene.

"Io dovevo assolutamente farmi vedere da uno bravo per quella mia nuova turba psichica."

Ma quando lo vidi dirigersi a grandi passi verso di me, con sguardo risoluto, le sciocchezze che di norma affollavano la mia testa si azzittirono di colpo.

«Lo hai perdonato spesso?»

Mi venne un po' da ridere nel sentire quella domanda. Non mi ero ancora rifidata di lui, ma ero passata sopra tante cose, altrimenti non avrei accettato, quando ero tornata, di riprovare ad essere amici, o di invitarlo alla mia laurea nonostante la sera del mio compleanno.

«Alcune volte», dissi tra me e me, quasi a rimproverarmi per la mia stoltezza.

Abbassò lentamente le palpebre, alzando lo sguardo in direzione del soffitto con i pungi stretti lungo i fianchi, prima di riposizionare quei suoi occhi caleidoscopici su di me. «Spero allora che tu sia abbastanza clemente da perdonare anche me, perché ho bisogno di farlo ora!»

Il tempo che quella frase terminasse, che la luce di un auto che sfrecciava sulla strada passasse tra le tende dalla finestra altrettanto rapidamente sul suo volto, ed il suo braccio circondò del tutto la mia esile vita, conducendo le nostre labbra ad aderire l' una all'altra.

Strabuzzai gli occhi per quel gesto inaspettato, pietrificandomi sul posto. Non che non fossi a conoscenza del fatto che Ale avesse quel genere d'interesse nei miei confronti, ormai dopo più di un anno era chiaro anche ad una ritardata come me, ma non credevo d'interessargli ancora, né soprattutto che mi avrebbe baciata in quel preciso momento. Aveva sempre manifestato apertamente le sue intenzioni di tanto in tanto, ma mai, e dico mai, si era spinto oltre alle parole. Ecco perché ero rimasta per un attimo impalata lì come uno stoccafisso.

Ma se io non sapevo che diamine fare, il ragazzo che mi teneva stretta al suo petto lo sapeva e come. La prima cosa che avevo pensato quando mi ero ripresa da quell'attimo di confusione era stata di tirarmi indietro, ma quando lui aveva approfondito il bacio, inducendomi a schiudere le labbra, già semiaperte per lo shock, con la sua lingua, ero rimasta senza fiato.

Conoscevo il sapore di Luke, quello dell'autunno che precede l'inverno: fresco, ma anche malinconico in alcuni momenti; quello che avevo assaporato per pochi secondi con Ale invece era come un temporale primaverile: ti avvolgeva come un manto inaspettato, ma ti lasciava addosso sempre quella tiepida sensazione di calore che era un preludio del sole che avrebbe fatto capolino a breve tra le nubi.

Era un bacio del tutto diverso per me. Luke non chiedeva, lui mi prendeva sempre tutto, mi risucchiava nel suo mondo e non mi dava modo di uscirne se non dopo aver fatto razzie di me; Ale invece sembrava come attendere in un lento scambio di dare e ricevere.

Ma lo sapevo in cuor mio che quel bacio non poteva continuare, perché con lui non avrei mai voluto giocare, e neppure con Luke, anche se non gli dovevo nulla sotto questo punto di vista, ma io ero fatto così: il rispetto veniva sempre prima di tutto per me.

Mi tirai indietro, spingendo con le mani sul suo petto, per riacquisire un briciolo di distanza. Restammo per qualche secondo occhi negli occhi, con il respiro corto, e le mani ancora strette intorno all'altro. Osservai quella distesa verde-azzurra che erano i suoi occhi e per la prima volta da quando guardavo un ragazzo dopo averlo baciato, non ne venni catturata, ma mi rispecchiai in essi, anche se l'immagine che vidi riflessa non so se mi piacque.

«Dio... è stato molto meglio di come avessi mai immaginato!» la sua fronte si adagiò sulla mia, espirando rumorosamente ad occhi chiusi, come distrutto. D'altro canto io mi sentivo come una gelatina alla frutta; se non ci fosse stato lui a sorreggermi sarei sicuramente crollata a terra.

«Io... ecco... io... »

"E ora che diamine gli dicevo? "Bel bacio! Ma non sperare di avere una qualche risposta o frase di senso compiuto da me! No, no, no! Io non ho né le capacità mentali, né tanto meno la forza per capire che diamine voglia dire tutto questo. Scusami, ho sempre un casino enorme nel mio cuore di nome "Luke", quindi se per ora possiamo fare finta di nulla ed amici come prima, finché io non mi raccapezzo in questo disastro che è la mia vita sentimentale, te ne sarei eternamente grata!" Ceeerto... come no! Poteva funzionare alla grande un discorso simile! E soprattutto lui avrebbe accettato il tutto con un sorriso in fronte dopo mesi e mesi di rifiuti. Vai tranquilla, Ollie, aspetta e spera!"

«Non serve che tu dica nulla, Ollie, lo so che non sei ancora pronta per tutto questo.» Spalancai la bocca, interdetta da quelle parole che sembravano stare esaudendo il mio desiderio. «È per questo che ti ho detto che speravo mi avresti perdonato. Tu mi piaci e ti voglio davvero, ma so che in parte nel tuo cuore c'è ancora lui. Non gli hai mai detto completamente addio. Ed è per questo che non sei pronta per me, né per nessuno», emise una piccola risata prima di proseguire. «Non temere, non ho intenzione di farti pesare questo bacio, né di spingere troppo sulla cosa. Saremo amici come lo siamo stati fino ad ora.»

Per una volta fui felice di sbagliarmi, perché avevo valutato Alexandre con lo stesso metro che avrei utilizzato con Luke, quando in realtà al mondo non potevano esistere persone più diverse.

Il problema però era anche il loro essere agli antipodi, perché se Luke era una persona qualche volta titubante, che non amava avanzare nell'ignoto del futuro, Ale era il suo esatto contrario: se voleva una cosa ci si buttava a capofitto per averla, pazientava, studiava la situazione e lottava pur di arrivare al suo obiettivo e, in quel caso, come mi dimostrarono le sue parole, il suo obiettivo finale ero io.

«Saremo amici, ma solo fino a quando tu non sarai finalmente pronta per stare con me. Perché fidati, Bambi, alla fine, tu sarai mia!» Il suo sguardo deciso non ammetteva replica, ed io comunque non avrei saputo che accidenti ribattergli.

L'assurdità del tutto era che mi trovavo dall'altra parte della barricata questa volta. Con Luke ero stata io a rincorrerlo pur di averlo al mio fianco un tempo, con Ale invece la preda in fuga ero diventata io, ed il mio cacciatore sembrava armato fino ai denti e pronto ad intraprendere un lungo inseguimento.

Deglutii sonoramente.

"Mi sa tanto che ero passata dalla padella alla brace."

Dopo innumerevoli minacce di morte, ho deciso di pubblicare leggermente prima. Mi rendo conto che adesso mi vogliate fare la pelle, ma vi informo che ho abbandonato l'Alaska e mi sto trasferendo direttamente in un'altra dimensione :D In questi giorni non rispetterò sempre le solite date pattuite per pubblicare i capitoli, quindi occhio che potrebbero arrivare da un momento all'altro. Vi avviso già da ora che Giovedì ci sarà un doppio aggiornamento. Detto ciò, mi dileguo.

Ed ora i saluti... oggi torniamo in Sardegna...

CHE IDIMUS A SU PROSSIMU PIGIAMA!

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