CAPITOLO 31 - TI ARRENDI?
«Paintball?» chiesi incredula, osservando l'insegna dell'edificio in cemento davanti a cui ci eravamo fermati, situato nelle campagne limitrofe della città.
«Lo so che non è uno sport propriamente femminile, ma vi assicuro che è divertentissimo, ragazze. Non ve ne pentirete!» ci rincuorò, Matt.
Peccato per lui che non sapeva come stessero realmente le cose: adoravo quel gioco e, come me, anche Meg. Ci eravamo cimentate spesso durante gli anni del liceo con i nostri compagni di classe, al posto della classica cena di fine anno e, anche quando era venuta a trovarmi a Londra, eravamo andate in una struttura simile con Ale, Marcel, Nina, Henry ed altri amici.
Scoccai un'occhiata in tralice alla mia amica che si era fermata alla mia destra. Anche lei mi stava osservando di nascosto, e quando i nostri sguardi si incontrarono per pochi secondi, si scambiarono un messaggio muto: "facciamogli credere che non sappiamo giocare."
«D'accordo, se proprio ci tenete! Però vi piace proprio vincere facile, ragazzi, per sfidare delle pivelle!» rincarai la dose, facendoli così cadere nel nostro tranello.
«Ah, no, state tranquille. Formeremo due squadre: una da 3 persone, l'altra da 4. Vi daremo la maggioranza numerica.» ci informò, Ry.
"Poveri sciocchi, anche un uomo in più volevano regalarci. Li avremmo fatti neri!" pensai, cercando di smorzare il tremolio alle labbra che volevano a tutti i costi incurvarsi in un ghigno di trionfo.
«Io 'sto con loro!»
«Henry, così non le aiuti per niente! Sei un dilettante anche tu!» lo riprese Andrew, ignaro del fatto che seppur il nostro amico non fosse in gamba quanto noi due, anche lui non se la cavasse male.
«È la squadra delle ragazze, quindi io non mi muovo di qui!» asserì il nostro complice in quello scherzetto, cingendoci entrambe per le spalle.
«Ok, lasciatelo fare, tanto non cambierà mai idea. Chi di noi si unisce a loro?» domandò la scimmietta, guardando i suoi amici.
Appena terminato di porre quella domanda, Luke e Matt stavano per farsi avanti, ma vennero anticipati dall'ingegnere del gruppo.
«Vado io!»
«Ne sei sicuro, Andrew?» provò a fermarlo, Ry.
«Io ho poche certezze nella vita, ma una di queste è che se due donne si alleano insieme, io non mi metterò mai contro di loro. Non sono così stupido da non riconoscere il pericolo!» affermò risoluto il nostro nuovo alleato, avanzando con passo sicuro verso di noi e prendendo posto al mio fianco.
"Quel ragazzo era davvero un genio in tutti i sensi. Conosceva una delle regole fondamentali che dovrebbero sempre guidare le scelte di ogni uomo al mondo."
Lo presi a braccetto, regalandogli un occhiolino d'intesa e complimentandomi silenziosamente per la sua ottima decisione.
«Va bene, ora che le squadre sono fatte, che ne dite di andare? Prima iniziamo, prima finiamo questa tortura.» intervenne Meg, sbuffando annoiata, facendo cadere ancora di più i nostri nemici nella trappola.
Con un cenno d'assenso da parte di tutti, entrammo nella struttura. Oltrepassato l'ingresso ci ritrovammo in una piccola reception, con le pareti dipinte in stile militare e vari poster di ragazzi vestiti con la classica divisa del gioco e le loro armi in mano. Un bancone semplice in legno chiaro, con venature leggermente più scure, era posizionato al centro, dove ad attenderci vi era un uomo sulla quarantina brizzolato, con addosso una tuta grigia ed una felpa nera con sopra il logo della sua attività.
Non appena sentì la porta d'ingresso automatica aprirsi, sollevò il capo dal monitor del computer su cui stava lavorando, venendoci incontro per darci il benvenuto.
Ci spiegò brevemente il funzionamento del gioco, per poi passare a ciascuno di noi il necessario per quella partita. Il kit era composto essenzialmente dalla classica maschera protettiva, che serviva soprattutto per proteggere gli occhi, una casacca mimetica di materiale sintetico e con rinforzi e protezioni in diversi punti, una pettorina imbottita, il cui scopo era anche quello di distinguere i due team in base al colore, in questo caso rosso e blu, una protezione per il collo, guanti, pantaloni, sempre mimetici in nylon ed infine il marcatore con la dotazione di 150 paintballs.
Ottenuto l'occorrente, ci dirigemmo negli spogliatoi delle due squadre per cambiarci, indossando il tutto sopra i nostri abiti. Completata l'operazione di vestizione, il mio team rosso aprì la porta che ci era stata indicata come l'ingresso per raggiungere lo scenario della battaglia.
Spalancata quella lastra in ferro, venimmo catapultati all'aria aperta su di in un campo sterrato circolare, delimitato da un fitto bosco. In vari punti erano disseminati bidoni, cisterne e strutture in legno che servivano per nascondersi da eventuali attacchi nemici.
Sentivo già le mani fremermi per la voglia di incominciare, ed un sorriso belligerante mi spuntò da sotto la maschera.
Feci un cenno con le mani ai miei amici per dividerci in due gruppi: io e Meg dietro una barricata in legno e Henry ed Andrew in un'altra poco distante. Mentre ci preparavamo avevamo messo al corrente il nostro quarto uomo dell'inganno realizzato per i suoi coinquilini e, come era prevedibile, fu estremamente lieto della scelta compiuta.
Come un generale dell'esercito schierai i miei uomini, assegnando a ciascuno il proprio bersaglio. Meg non aveva voluto sentire storie, lei si sarebbe occupata di Matt ad ogni costo. A me spettava la scimmietta e, ovviamente, gli altri due avrebbero accerchiato Ry, venendo subito in nostro soccorso, se ve ne fosse stato bisogno, una volta neutralizzatolo.
Attendevamo il suono della sirena che avrebbe decretato l'inizio dello scontro, accovacciate di spalle dietro il nostro riparo, per sbirciare dai lati le mosse del nemico.
Un rumore al mio fianco catturò la mia attenzione e, quando mi voltai, restai esterrefatta da ciò che stava facendo la mia amica.
«Meg, che diamine combini?» le domandai, osservandola mentre si abbassava la cerniera della zip della casacca, per poi liberare i primi due bottoni della sua camicetta verde acqua.
«Che sto facendo secondo te?!? Mi preparo ad affrontare quell'idiota! È un uomo, di conseguenza non ragiona con il cervello, bensì con il suo amichetto delle parti basse. Non appena avvicinandomi intravedrà a malapena tutto questo, non capirà più nulla, e sarà a quel punto che lo colpirò senza pietà!» spiegò il suo piano, emettendo una lieve risata malefica.
"Lo farà secco! Spero che la struttura abbia uno di quei macchinari per la rianimazione, perché è la volta buona che ci giochiamo per davvero Matt!"
«Meg, so che tu ami vincere ad ogni costo, ti conosco, ma evitiamo di farci scappare il morto!»
«Eddai, Ollie, non mi rovinare il divertimento. Poi lo sai che mi girano particolarmente oggi, dammi modo di sfogare! Anzi, ora che ci penso, com'è che aveva detto Marcel la sera di quella famosa festa di cui mi parlasti?»
"Non stava pensando di farlo seriamente, vero?!?"
Io e quella ragazza, con cui ero cresciuta nel corso degli anni, molto spesso non necessitavamo di parlare per capirci. Era come se tra di noi esistesse una linea privata diretta ai pensieri dell'altra, e quei suoi occhi verdi che risplendevano di puro divertimento, al punto da poter spazzare via anche i nuvoloni grigi carichi di pioggia in quel pomeriggio di Marzo, non mi lasciavano dubbi.
«Ti prego, dimmi che non lo vuoi fare!» la pregai, già pronta mentalmente a fare una stratosferica figuraccia.
«Oh, sì, che voglio! E tu sarai con me, vero?»
"E come avrei mai potuto dirle di no?!? La nostra amicizia era sempre funzionata così: una diceva "salta", l'altra chiedeva "quanto in alto?" "
Abbassai le palpebre da dietro la visiera in plexiglass, pronta per buttarmi in quell'ennesima avventura al suo fianco.
«Sempre!» e quella per me era l'unica risposta che le avrei continuato a dare nella vita.
Ci scambiammo un sorriso complice, alzando le visiere, per poi riposizionarle immediatamente al loro posto non appena la voce del proprietario si propagò dagli alto parlanti, avvisandoci che stavamo per iniziare.
Caricammo i nostri marcatori e quando il suono stridulo della sirena ci diede il via, ci alzammo in contemporanea, pronte per fare una figura di merda colossale insieme, tanto da sperare che al termine di quella disputa ci fosse ad attendermi una fossa dove nascondermi.
Maledissi mentalmente anche il mio amico spagnolo per quella sua trovata, e mi augurai che Zack Snyder non ci facesse causa per aver distrutto in quel modo una battuta del suo film perché, imbracciando i fucili ad aria compressa, e al grido di: «QUESTO È CICLO!» partimmo a razzo sotto gli occhi sgomenti di tutti.
Come era prevedibile i ragazzi ci stavano attendendo allo scoperto, troppo sicuri della loro vittoria. Incedemmo con passo di carica sul terreno, sollevando una nube di polvere e terra al nostro passaggio.
Prossime ormai ai nostri nemici, gettai uno sguardo veloce alla mia destra, dove intravidi gli occhi di Matt da dietro la maschera, abbassarsi ad ogni metro in più che la mia amica percorreva, in direzione della trappola che Meg aveva realizzato per lui, sgranandosi infine per la sorpresa. Il braccio che teneva il marker gli ricadde lungo il fianco e mi immaginai la sua mascella spalancarsi da sotto la copertura per il volto. Fu a quel punto che la mia compagna di squadra colpì, iniziando a riempirlo di vernice rossa da capo a piedi.
"Ed uno lo avevamo sistemato!"
Tornai a concentrarmi sul mio di obiettivo. Luke mi attendeva a gambe divaricate con l'arma punta nella mia direzione, pronto a mettermi fuori gioco.
"Mi aveva chiamato topino dalle prime volte che ci eravamo conosciuti, ma si era dimenticato di un dettaglio fondamentale: i topi sgusciavano ovunque, ed io ero pronta a sfruttare quell'abilità da roditore."
Con una scivolata inaspettata, gli passai sotto le gambe, colpendolo rapidamente dietro il ginocchio con un calcio che lo fece piegare a terra. Ringraziai mentalmente Nina per avermi trascinata con lei a quelle lezioni di autodifesa, in cui avevo potuto apprendere che quel punto di congiunzione tra polpaccio e coscia, avrebbe fatto crollare in ginocchio anche il più grosso degli energumeni.
Mi rialzai in fretta, premendo il grilletto tre volte, realizzando così sullo schienale della sua divisa tre macchie di colore che decretarono la mia vittoria ma, non contenta, non appena si voltò, assestai un altro colpo al centro del suo petto, giusto per vendicarmi di quell'anno in cui non si era mai fatto sentire, il maledetto.
«Ti arrendi?» gli domandai, con il marcatore ancora puntato contro, in segno di minaccia.
Rimanendo steso al suolo, si portò le braccia dietro alla testa, in una posizione rilassata, quasi di sfida, prima di rispondermi: «Con te, topino? Mai!»
Lo avrei colpito altre cento volte più che volentieri per la sua solita strafottenza, ma il divertimento che avevo appena provato, eclissò i miei intenti belligeranti.
Abbassai la mia arma e gli tesi una mano per farlo rialzare. Percepii il calore del suo palmo anche da sotto i guanti, mentre disegnava dei piccoli cerchi concentrici all'altezza del mio polso rimasto scoperto, che mi distrassero a tal punto da non farmi rendere conto quando con uno strattone mi fece cadere a terra con lui, sorreggendomi però lungo la discesa, per evitare che mi facessi male.
Mi ritrovai inginocchiata in mezzo alle sue gambe, con le mani, che erano scattate in automatico in avanti per cercare di aggrapparsi a qualcosa, adagiate sulle sue spalle. I nostri volti coperti erano ad un capello di distanza. Quella sua distesa oscura si scontrò con la luce dei miei occhi. In quel momento, il giorno cedette il posto alla notte.
Abbassò le palpebre per un istante, cercando di regolarizzare il suo respiro che si era fatto sempre più rapido come il mio, andando infine a poggiare la sua fronte bollente sulla mia, sovraccaricando il mio circuito sensoriale come ogni volta che i nostri corpi entravano in contatto.
«Come devo fare con te, topino?» le sue domande erano sempre un tranello ed un'insidia continua per il mio cuore.
Gli avrei voluto chiedere che cosa dovevo fare io con lui, perché ogni volta che ci avvicinavamo in quel modo mi mandava in confusione, non sapendo più se continuare ad avercela con lui o meno, ma un rumore di colpi continui vicino a noi catturò l' attenzione di entrambi, facendo così scivolare via quel quesito dalle mie labbra rimaste dischiuse.
Volsi lo sguardo in direzione di quel suono che non accennava a smettere, scoprendo che si trattava di Meg che stava continuando a riempire di vernice il povero Matt, torreggiando su di lui, che invece continuava a starsene beato a terra, come a godersi quel momento.
«Meg, adesso può bastare! Abbiamo vinto!» la redarguii, cercando di salvare il mio amico la cui divisa ormai era diventata scarlatta.
«Non ancora, dammi un' altra ventina di colpi e sarò soddisfatta. È la volta buona che riesco a rimetterlo in riga!»
«No, no, lasciala fare, Ollie! Mi sto godendo lo spettacolo, chissà quando mi ricapita!» mi bloccò, quel cretino, rivolgendo uno sguardo lascivo alla scollatura della mia amica.
Meg emise un ringhio che poteva essere tradotto in un modo solo: "Ora ti ammazzo!"
Fortunatamente intervennero Henry ed Andrew che, avendo già eliminato facilmente il povero Ry, la presero ciascuno per un braccio, sollevandola leggermente da terra per portarla lontano dal ragazzo con forti istinti suicidi, il quale aveva rischiato di ricevere un colpo in testa con il calcio del fucile.
Scossi il capo, esasperata da quella scena.
"Il mio compleanno rischiava ogni benedetta volta di tramutarsi in una festa col morto! Ed il problema, era che quella giornata non era ancora terminata."
Ed ecco svelata la sorpresa dei ragazzi per Ollie. Mi auguro che questo capitolo vi abbia divertiti. Ma preparatevi, perché il compleanno del nostro topino non è ancora finito. Ne vedremo ancora delle belle! :D Ci vediamo lunedì per fare festa in compagnia di tutti i ragazzi!
Ed ora i saluti... oggi andiamo a Verona...
SE VEDEMO AL PROSSIMO PIGIAMA!
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