CAPITOLO 26 - HAI DEI MODI DAVVERO CREATIVI PER ATTENTARE ALLA MIA VITA!

Luke accese la radio e, come eravamo soliti fare in passato, ci limitammo ad ascoltare le note di No you Girls dei nostri amati Franz Ferdinand, che si diffondevano nell'abitacolo. Un tempo adoravamo fare lunghi viaggi in auto in totale silenzi, accompagnati solo dal suono della nostra musica preferita, e quella cosa non era ancora cambiata. Per certi aspetti era una situazione piacevole da rivivere, proprio perché aveva un sapore familiare; per altri invece mi creava una lieve morsa al petto, causata proprio da quei salti indietro nel tempo che mi mettevano sottosopra emotivamente.

Il tragitto fu abbastanza lungo, ci volle più di mezz'ora per arrivare nel luogo scelto dalla scimmietta per quell'ennesima avventura in cui mi ero imbarcata. Osservando la strada che sfrecciava veloce fuori dal finestrino, riconobbi immediatamente la nostra meta: stavamo andando al lago. Mi rilassai notevolmente, scoprendo quale fosse la nostra destinazione. Mi piaceva quel posto, anche se brulicava dei nostri ricordi; ma la bellezza di quel piccolo angolo di modo dalla natura incontaminata era tale da oscurare il senso di disagio che provavo ogni qual volta il passato si mischiava con il presente anzi, mi dispiacque non essermi portata dietro la mia amata fotocamera.

Parcheggiammo però in un punto diverso dal solito: un piccolo spiazzo al lato del ponte che si ergeva al di sopra del bacino d'acqua. Non capii inizialmente perché non fossimo scesi sotto come al nostro solito, ma pensai ingenuamente che mi volesse far vedere la vista dall'alto di quel luogo che aveva un qualcosa di magico.

A ripensarci ora, ero stata proprio una cretina. Perché mi ero decisamente sbagliata, e di grosso anche!

Non appena Luke spense il motore, scendemmo rapidamente dal furgoncino e, richiudendo gli sportelli in contemporanea con un colpo secco, ci iniziammo ad incamminare in direzione del ponte, al cui lato vi era uno stretto passaggio pedonale. A circa metà del percorso, notai che vi erano quattro uomini intenti a guardare di sotto con della strana roba in mano.

Quando fummo ad paio di metri da loro, Luke si fermò di colpo e voltandosi verso di me, con sguardo grave, pronunciò le prime parole da quando eravamo partiti, che a posteriori probabilmente gli avrei consigliato di non proferire affatto: «Ora devi stare calma e non incazzarti. Ti ho portato qui non per vedere il panorama, come immagino tu stia credendo visto che ancora non hai iniziato ad inveirmi contro, ma perché quei tizi là giù organizzano sessioni di "Bungee Jumping". Io l'ho già fatto una volta con loro, ed oggi ne ho prenotata una per te.»

Lo fissai come se stesse parlando arabo, perché quella era l'unica spiegazione plausibile per cui non gli sarei saltata al collo per strangolarlo.

"Devo aver capito male!"

«Tu non mi hai appena detto di aver organizzato per me un salto da un cavolo di ponte, da non so neppure io quale altezza, con una misera corda attaccata ai piedi, vero?» chiesi nella speranza di non dover commettere un omicidio sotto gli occhi di qualche testimone.

«Sono solo 165m di altezza e 120m il primo rimbalzo, il secondo ed il terzo saranno più corti. E comunque sarai legata alle caviglie, non ai piedi», mi spiegò, credendo che con quelle informazioni in più mi sarei calmata. Ma se pensava che quelle nozioni sarebbero state sufficienti per farmi rilassare si sbagliava, perché sortirono l'effetto contrario.

«165 dannatissimi metri, Luke?!? Ma sei serio?!? Ti devo ricordare per caso come ho reagito la prima volta che sono salita sulla cavolo di scala per arrivare al tetto di casa tua? E sono più che sicura che quelli non fossero 165 stramaledetti metri!» respiravo con affanno per l'agitazione e la rabbia mentre opponevo il mio totale veto a quella sua assurda trovata.

"Stavo cominciando a pensare che la battuta di usare il furgone per nascondere il suo corpo non fosse poi tanto da escludere come idea, perché se uno dei due doveva morire quel giorno non sarei di certo stata io!"

«Rilassati, topino! Mi ricordo perfettamente la tua discendenze koala, ma ti vorrei rammentare che poi ci hai preso la mano e ti sei anche divertita. Ricordi l'adrenalina e l'euforia che hai provato? Qui sarà quintuplicata! Qualunque brutto pensiero verrà scacciato via, farai tabula rasa, ti sentirai libera come mai prima d'ora. Fidati di me, Ollie! Non permetterei mai che ti succedesse qualcosa di brutto, mai! Voglio solo aiutarti a liberarti da qualche pensiero troppo. E lo so che stai pensando che ci sono modi più umani e razionali per aiutare qualcuno a fare queste cose, ma questo è il mio e, per quanto tu voglia negarlo, anche un po' il tuo. Ti conosco e so che il gettarti nell'ignoto ogni tanto ti attrae, basta che sia tu a sceglierlo.» Ammutolii del tutto quando terminò di parlare.

Avrei voluto mandarlo a quel paese e dirgli che non mi conosceva affatto e che lo avrei buttato io stessa giù dal ponte con le mie mani se non se la smetteva di dire scemenze. Avrei voluto poter ribattere qualunque cosa per smontare pezzo dopo pezzo quella sua teoria, ma non potevo negare che c'era un fondo di verità in quello che aveva appena detto: mi piaceva davvero gettarmi nell'ignoto, compiere ogni tanto qualche pazzia, sperimentare sempre qualcosa di nuovo nella vita e quella sua proposta, per quanto da un lato mi faceva accapponare la pelle al solo pensarci, dall'altro lato mi attraeva, richiamando a sé il mio lato sconsiderato. Ma ciò che più mi frenò dal mettergli le mani addosso e farlo fuori una volta per tutte, fu leggere la sincerità nelle sue parole quando aveva affermato di volermi aiutare in qualche modo, o meglio, nel suo modo complicato e contorto. Fu quello l'elemento chiave che mi fece perdere quella partita.

Chiusi gli occhi per un attimo, stringendo forte i pugni fino a lasciare il segno delle unghie sui palmi, e mi preparai mentalmente ad accettare quella nuova sfida, o più probabilmente la mia prematura dipartita.

«D'accordo, facciamolo! Ma sappi che se muoio tornerò in vita in qualche modo e ti verrò a cercare per portarti all'inferno con me, dove potrò torturarti a mio piacimento per l'eternità», lo minacciai, riducendo gli occhi a due fessure e cercando di rallentare il battito del mio cuore, che sembrava star correndo una maratona intera, con dei respiri lunghi e profondi.

Il volto di Luke s'illuminò, aprendosi in un enorme sorriso di pura soddisfazione e, prendendomi per mano, mi trascinò verso quelli che erano stati da me ribattezzati come i suoi complici nel mio tentato omicidio.

«Vedrai, ti piacerà da morire una volta superata la paura iniziale.»

«Sempre se non muoio d'infarto nel frattempo», bofonchiai a mezza bocca, percorrendo gli ultimi metri che ci separavano da quelli che scoprii essere due degli istruttori e due ragazzi che avevano appena terminato un lancio.

I due che erano a capo di quella follia mi spiegarono tutta la procedura, in modo più dettagliato di come aveva fatto Luke poco prima. Mi fecero firmare una deliberatoria una volta terminato di illustrarmi tutto ciò che avrei dovuto fare, perché ovviamente vi erano innumerevoli rischi nel compiere quella pazzia.

Una volta legatami tutta l'imbracatura addosso, mi aiutarono a salire sulla pedana di lancio e fu a quel punto che le mie gambe cominciarono a tremare come due fuscelli al vento. La paura mi stringeva lo stomaco e la vista di ciò che mi attendeva di sotto non aiutava per nulla a calmarmi anzi, aumentava solo il senso di vertigine che si stava facendo sentire nella mia testa svuotandola completamente.

Chiusi gli occhi, aggrappandomi ancora più forte, con mani sudate per l'agitazione, al palo al mio fianco che doveva aiutarmi a rimanere in piedi fino a quando non mi avessero dato il segnale, in un futile tentativo di trovare un appiglio e non pensare a quella misera lastra di cemento che mi separava dal vuoto sotto i miei piedi.

Percepii una stretta familiare avvolgermi la caviglia sinistra, che mi indusse a riaprire gli occhi e ad abbassare lo sguardo verso quella sensazione di calore che scoprii essere la mano di Luke che, fermo vicino miei piedi, mi osservava dal basso, cercando di rincuorarmi e dicendomi solo con quel gesto che sarebbe andato tutto bene, anche se per me nulla stava andando bene in quel preciso momento.

«Certo che tu hai dei modi davvero creativi per attentare alla mia vita ogni volta», gli dissi con voce tremante dalla paura più cieca, che sentivo percuotermi ogni terminazione nervosa.

Le sue labbra, da una linea netta di preoccupazione, si incurvarono verso l'alto in uno dei suoi classici sorrisi laterali. «Tranquilla, topino, non ti succederà nulla! Tu sei la persona più forte e coraggiosa che io conosca. Non ti avrei mai portato qui se non avessi avuto l'assoluta certezza che ce l'avresti fatta. Coraggio, è ora di volare!» detto ciò, si staccò da me, lasciandomi addosso un senso di perdita da quella sua mano che per un attimo era diventata la mia unica ancora di salvezza.

Tornai a puntare i miei occhi dritti verso l'orizzonte, osservando quel tiepido sole dei primi di Marzo che si rifletteva timidamente sulle acque del lago, puntellandolo di leggere tonalità più chiare.

Il countdown alle mie spalle cominciò ed il mio respirò iniziò a farsi sempre più concitato ad ogni numero che sentivo volare via nel vento. Stavo cercando in tutti i modi di calmarmi, di trovare qualcosa a cui stringermi nuovamente per ritrovare il controllo di me stessa ed il coraggio di cui avevo bisogno e, alla fine, mi resi conto che il mio appiglio era più vicino di quanto non credessi: mia nonna.

Alzai il mio braccio sinistro ed osservai le parole che vi erano incise indelebilmente sopra, iniziandole a ripeterle in continuazione come un mantra tra me e me:«Je ne regrette rien, je ne regrette rien, je ne regrette rien...», e quando anche l'ultimo numero di quel conto alla rovescia sfumò nell'aria, conducendomi allo zero che sanciva il non ritorno, aprii le braccia come un angelo e senza pensare più a nulla, feci quel passo che separava il coraggio dall'incoscienza, lasciandomi così cadere nel vuoto.

Fu la sensazione più assurda e pazzesca che io avessi mai provato in vita mia. Un mix letale di emozioni che si susseguirono ad ogni fase del lancio. La prima fu la paura più cieca, tanto che urlai come un' ossessa: «Cazzooooooooooooooo! Oddioooooooooooo!» e francamente credo anche di essermi trattenuta con le parolacce, visto che stavo vedendo tutta la mia vita scorrermi davanti agli occhi a rallentatore, mentre l'aria mi sferzava il viso a tutta velocità, e le mie orecchie riuscivano a sentire solo il battito del mio cure che sembrava essersi tramutato in un rullante per quanto rimbombava ad un ritmo frenetico, al punto da sentirlo scalpitare da sotto l'arteria centrale del collo.

La seconda fu il sollievo, non appena avvertii il primo rimbalzo, capendo tramite quello strattone che la corda aveva retto e che non mi sarei frantumata in mille pezzi al suolo. Peccato che poi subentrò nuovamente l'angoscia, perché cominciai a risalire verso l'alto per poi precipitare nuovamente, facendo ripartire in loop ciò che avevo provato inizialmente.

La terza emozione sopraggiunse terminato il terzo ed ultimo rimbalzo, in cui tutta l'adrenalina che avevo accumulato durante quei tre ripetuti su e giù mi esplose nelle vene come etanolo liquido, pronto ad incendiarsi con il giusto innesco.

Mi tirai su, iniziandomi ad arrampicare sui nodi della corda, come mi era stato detto di fare per non restare appesa a testa in giù, mentre gli istruttori mi issavano verso l'alto dal ponte. Una volta tornata in posizione eretta, guardai verso basso ed il lago, gli alberi, le case in lontananza, persino il cielo e le nuvole sopra di me sembravano aver assunto nuove tonalità ai miei occhi, mostrandomi un mondo di cui spesso siamo abituati a coglierne solo una limitata gamma, precludendoci la possibilità di esplorare e sperimentare sulla tela della nostra vita ogni minima sfumatura.

Le mie labbra cominciarono a tremolare in modo quasi impercettibile, finché non iniziai a sghignazzare come una pazza. Quando mi aiutarono a riposizionarmi con i piedi per terra sul cemento, stavo proprio ridendo platealmente sotto gli occhi divertiti di tutti.

Luke mi venne in contro, probabilmente per accertarsi che stessi bene, specialmente vista la mia reazione inconsueta, ma io non gli diedi modo di proferire parola. Gli andai in contro a tutta velocità, saltandogli praticamente addosso per abbracciarlo. Per fortuna aveva dei riflessi sempre pronti, che gli consentirono di afferrarmi al volo, facendomi anche fare un giro su me stessa; a quel punto iniziai a ridere ancora più forte di prima, con la testa rivolta verso l'alto e le mie braccia a cingergli le spalle.

«È stato bellissimo! Me la sono davvero fatta sotto, ma è stato anche incredibile! Grazie, grazie, grazie!»

Lo stavo ringraziando non tanto perché avesse cercato di uccidermi per la centesima volta da quando lo conoscevo, quanto perché mi aveva fatto vivere un' esperienza unica, mi aveva aiutato a scacciare via i tristi pensieri di quella mattina e, soprattutto, mi aveva fatto fare qualcosa che mia nonna sarebbe stata entusiasta di sentirmi raccontare. A quel pensiero il mio sorriso se poté si allargò ancora di più, immaginandomela sorridermi seduta al tavolo di casa sua, mentre le raccontavo di quella mia nuova avventura.

«Sono felice che ti sia divertita, topino. Come vedi ogni tanto qualcosa di buono la faccio anche io», disse una volta terminata quella piroetta sul posto, abbassando gli occhi quasi in imbarazzo, per poi rialzarli pigramente e rivelarmi da sotto le sue folte ciglia scure quelle due ossidiane che sapevano sciogliermi e rifondermi in un attimo.

Il mondo intorno a noi tornò come sempre a dissolversi. Non esisteva più nulla per me ad eccezione dell'universo nei suoi occhi e del calore incandescente delle sue dita che affondavano con veemenza nella carne dei miei fianchi coperti solo dai blue jeans.

Mi protesi verso di lui gradualmente senza neppure accorgermene, lasciando che il suo mondo fatto di endecasillabi tornasse mescolarsi con il mio di istantanee, andando a creare quel nostro piccolo universo di parole ed immagini. Non sapevo neppure io che cosa stessi facendo, sentivo solo la necessità di dovermi tuffare un'altra volta, ma da un altro genere di altezza.

Ad ogni millimetro che percorrevo, notavo le sue iridi rimpicciolirsi sempre di più e le sue mani quasi vibrare in quella morsa in cui mi tenevano legata, mentre le mie avevano abbandonato le sue spalle per percorrere quel tragitto tanto familiare che le conduceva ai suoi capelli, passando per il retro del collo. I nostri respiri si scontrarono, il fiato rotto che fuoriusciva dalle nostre labbra si mescolò, il suo pungente e melanconico odore d'autunno mi invase le narici con prepotenza, quasi volesse sostituire tutto l'ossigeno di cui avevo bisogno per vivere.

Ma proprio quando ormai solo una piuma ci separava dal lasciarci andare a quel bisogno primordiale, che i ricordi di quel gesto compiuto con così tanta naturalezza per un anno sembravano reclamare, quel piccolo momento di magia venne interrotto da uno degli istruttori alle nostre spalle.

Lo sentii schiarirsi in modo discreto la voce, cercando di farmi capire che dovevo togliermi l'imbragatura che ancora avevo addosso, dal momento che loro dovevano passare ad un altro lancio.

Mi bloccai ad un millimetro di distanza dalle sue labbra e, tornando in me, sgranai gli occhi per lo shock, comprendendo ciò che stavo per fare involontariamente. Mi staccai di colpo da lui, quasi spintonandolo. Rimanemmo occhi negli occhi entrambi con il fiato corto. Lo vidi scrutarmi con desiderio, per poi far comparire quel suo sorriso da predatore che avevo imparato a conoscere alla perfezione durante quelle notti in cui lasciavamo che il nostro amore ci consumasse.

Deglutii a vuoto, con la salivazione ormai azzerata e la sensazione che tutto il sangue del mio corpo fosse confluito sulle guance facendole avvampare. Non gli dissi nulla, mi voltai semplicemente verso gli uomini che mi avevano appena salvata dal commettere una sciocchezza inenarrabile, grata per la loro presenza.

Avevo saltato nel vuoto quel giorno, ma avevo anche rischiato di fare un passo oltre uno strapiombo molto più pericoloso per cui non mi sentivo pronta; un precipizio che mi richiamava a sé emanando la fragranza della mia stagione preferita.

Ed ecco quale era la nuova trovata di Luke. Per fortuna Ollie è sopravvissuta; prima o poi rimarrò davvero senza protagonista! :) Vi avviso che questa folle giornata del topino e della scimmietta non è ancora finita. Vedremo cosa altro accadrà Giovedì!

Ed ora i saluti... oggi andiamo vicino Napoli...

CI VRIMM O PROSSM PIGIAM!

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