Make

«Io ve l'avevo detto di togliergli il bicchiere dalle mani.» la voce di Stan si levò nel silenzio della notte, una punta di saccenteria nel tono e le braccia incrociate contro il petto, mentre camminava di qualche passo davanti al resto del gruppo.

«Non cominciare.» lo avvertì Bill, alzando gli occhi al cielo, conscio di quello che sarebbe successo se avesse seriamente iniziato a canzonarli. Provò a stare dritto mentre arrancava nella sua direzione, continuamente sbilanciato in avanti da Eddie che gli circondava il collo con un braccio, del tutto impossibilitato a stare in piedi da solo. A quella frase Stan si bloccò di scatto, voltandosi e facendo svolazzare i riccioli che ricadevano corti sulla fronte, l'aria impettita e un broncio risoluto.

«Non avrei iniziato, se voi due mi aveste ascoltato. E invece no, mi avete dato del pesante e gli avete permesso di ridursi in quello stato. - sbottò, indicando con una mano un Eddie semi svenuto, sorretto dagli altri due. - Lo trovate divertente?»

«Infilati un cetriolo in quella bocca del cazzo, Stan.» Richie gli rivolse quelle parole con lo stesso tono affabile con cui si dà un consiglio, ma i suoi occhi, ben evidenziati dagli occhiali che ne raddoppiavano la grandezza, erano furenti. Eddie, con la testa riversa sulla sua spalla, fece una smorfia, lamentandosi per il frastuono generato del battibecco tra i tre, che alle sue orecchie arrivava amplificato.

«Oh, non osare prendertela con me, Richie! - asserì, riprendendo a camminare lungo la via desolata, illuminata unicamente da un lampione che faceva luce ad intermittenza e dalle insegne a neon dei negozi. - Solo perché ti senti in colpa per non averlo fermato.» continuò, borbottando tra sé e sé.

Richie lanciò uno sguardo al suo migliore amico: gli occhi chiusi e le sopracciglia a malapena aggrottate gli conferivano un'aria da cucciolo abbandonato. C'era poco da fare, Eddie era tenero anche da sbronzo.

«In colpa per cosa, Stan? Ha diciassette anni, non è un bambino. - chiese irritato, tornando a rivolgere la sua attenzione a Stan. - Non sono mica sua madre, cazzo!»

«No, ma sei suo amico, porca puttana, Rich: il suo migliore amico! - calcò quelle parole, scandendole lentamente, voleva che all'altro il concetto fosse ben chiaro. - Dove hai la testa? Sai cosa farà la signora K. quando vedrà il suo prezioso angioletto ridotto in quello stato?»

«Vaffanculo, Stanley, ok?» non aveva proprio la forza di litigare con il ragazzo, né la benché minima intenzione di sentirlo blaterare a ruota libera come un vecchio bigotto.

«R-ragazzi, v-vi pare il c-caso?» intervenne Bill, ma nessuno dei due gli diede retta, troppo impegnati a guardarsi in cagnesco.

«Sai Rich, hai ragione! Forse dovrei andarmene a fare in culo e lasciare a te il compito di affrontare quella squinternata di sua madre. Anzi, è quello che farò! Tanto quelle che dico io sono solo stronzate, no?» lo rimbeccò, cominciando ad aumentare il passo e allontanandosi sempre di più.

«S-Stan! A-a-ndiamo, non f-fare così. - provò a fermarlo Bill, i suoi occhi che si spostavano dal volto imbronciato di Richie alla schiena sottile di Stan, che cominciava a disperdersi nel buio circostante. - Rich, ti prego!»

«Bill, onestamente in questo momento non me ne fotte un cazzo della sindrome premestruale di quell'idiota. - borbottò, rafforzando la presa sulla schiena di Eddie, ormai appoggiato unicamente su di lui. - Ok, Eds, adesso sai che facciamo? - sussurrò al suo migliore amico, afferrandogli il viso con una mano e affondando i polpastrelli nelle guance, il tono improvvisamente più dolce e accompagnato da un sorrisino. - Ti faccio buttare fuori anche l'anima, ma tu devi collaborare.» annunciò, facendo cenno a Bill di aiutarlo a spostarlo verso il ciglio sinistro della strada.

«C-che vuoi fare?» domandò sospettoso l'amico, mentre di forza costringevano l'altro a sedersi sullo scalino del marciapiede.

«Indovina, Tartaglia. - Richie prese a dare piccoli buffetti sul volto di Eddie, riuscendo parzialmente a svegliarlo dallo stato di sonnolenza in cui era caduto. - Adesso ti infilo un paio di dita in gola, Eds. Lo so che ti fa schifo il vomito, ma è necessario, ok?» disse, provando ad essere incoraggiante e riuscendo ad ottenere dall'altro solo un lungo e disperato lamento.

«N-non v-v-o-o-rrai farlo su-sul s-s-erio?» chiese Bill sconvolto, senza nemmeno preoccuparsi di celare l'aria disgustata che inevitabilmente aveva sfigurato i suoi lineamenti solitamente dolci.

«Hai un'idea migliore? E smettila di agitarti così, mi metti ansia.» le mani gli tremarono visibilmente, ma cercò di non darlo a vedere.

«I-io n-non s-s-ono agita-ato.» disse con una certa stizza, ma il tono quasi isterico dimostrava l'esatto opposto.

«Stai balbettando più del solito. - gli fece notare. - Quindi sì, sei agitato.» era accovacciato di fronte ad Eddie, e gli sorreggeva il volto con entrambe le mani per evitare che cominciasse a pendere in avanti e precipitare sull'asfalto. Si ritrovò a sorridere ancora una volta, era assurdo: Eddie era carino anche con quella faccia da pesce lesso e con i capelli completamente scompigliati. Sentì dei passi, avvicinarsi nella loro direzione, così si girò a controllare e si ritrovò la faccia impettita di Stan a pochi metri di distanza.

«Non guardarmi così, Richie. - lo avvisò quando questi inarcò un sopracciglio. - Sono incazzato, non stronzo.» spiegò poi, avvicinandosi al suo gruppo di amici e dedicando a Bill un sorrisetto sconsolato.

«Il pulcino è tornato all'ovile. - sospirò ironico per poi ridacchiare - Ok, Eds, sei pronto?» chiese, stringendogli le gote e facendo pressione per costringerlo ad aprire la bocca.

«Questo traumatizzerà Eddie a vita...» sussurrò Stan, la faccia assolutamente inorridita mentre vedeva le due falangi di Richie invadere la bocca del compagno, fino a toccarne il fondo. Eddie spalancò gli occhi, prima di rimettere tutto l'alcol che aveva in corpo sui pantaloni del suo migliore amico e cominciare a tossire.

«Oh, Cristo... che schifo. - sbottò, per poi sorreggerlo dalle spalle per evitare che si sbilanciasse all'indietro. - Ben tornato tra i vivi, Eds» aggiunse, il tono caratterizzato da quel pungente sarcasmo che utilizzava come facciata, misto nonostante ciò ad una punta di sollievo.

«Non... chiamarmi così. - furono le prime parole che disse, pulendosi le labbra con il dorso della mano e fissando orripilato il disastro che lo circondava. - Che ore sono?» domandò subito dopo, sbattendo le palpebre con fare confuso, probabilmente insospettito dalla strada completamente deserta.

«Le tre, dolcezza. - lo prese in giro Richie, beccandosi un'occhiataccia per quell'appellativo che gli aveva affibbiato; poi Eddie strabuzzò gli occhi, alzandosi di scatto e inciampando nei suoi stessi piedi per ritrovarsi prontamente soccorso dalle braccia del compagno. - Oh, fa' piano.»

«Mia madre mi ammazzerà, merda. - il suo respiro prese a diventare pesante, e le sue iridi cominciarono a spostarsi da destra a manca alla ricerca del suo marsupio. - Dov'è?» Rich capì al volo cosa il minore cercasse, riconoscendo il principio di uno dei suoi attacchi d'asma e facendo un gesto con la mano a Bill per incitarlo a darsi una mossa.

«Oh, s-sì giusto!» disse frettolosamente, agguantando la piccola sacca delle meraviglie che aveva infilato nel suo zaino. Richie l'afferrò velocemente, conoscendo alla perfezione la posizione di ogni stronzata contenuta al suo interno, dunque aprì la tasca anteriore e gli passò immediatamente l'inalatore.

«Adesso ti riportiamo a casa.» sospirò Stan, affiancando Eddie per aiutare Richie a trasportarlo. Sicuramente avrebbe vomitato ancora, ma almeno era tornato ad essere parzialmente cosciente e in grado di muovere qualche passo di sua spontanea iniziativa. Il diretto interessato però non parve particolarmente entusiasta di quell'informazione, così si aggrappò con tutte le sue forze al braccio del suo migliore amico, guardandolo negli occhi.

«Richie, ti prego, no! - biascicò, barcollando ma tenendosi ben saldo al suo corpo. - Se torno a casa così mia madre mi farà uscire direttamente per il diploma.» sospirò disperato, gonfiando le guance e mettendo su un musetto che, generalmente, Richie avrebbe definito adorabile. Stava per proporgli di passare la notte a casa sua, non gli importava un accidente del fatto che fosse ubriaco fradicio, si sarebbe preso cura di lui in qualsiasi caso.

«S-se non torni a-adesso, n-n-non vedra-a-i mai più la l-luce del so-ole.» gli fece notare Bill e Rich non poté che trovarsi d'accordo con lui, nonostante il pensiero di lasciarlo tra le grinfie di quella schizzata di sua madre non lo entusiasmasse. Quella donna non conosceva il minimo senso del tatto ed era convinto che stesse aspettando suo figlio sveglia, pronta ad rimproverarlo fino allo sfinimento; nemmeno le condizioni pietose in cui versava Eddie l'avrebbero fermata. Ma allo stesso tempo era ben conscio del fatto che, se avesse permesso al suo migliore amico di passare l'intera notte fuori, avrebbe condannato sia lui, sia se stesso e il resto dei perdenti a morte certa.

«E conoscendo tua madre, dobbiamo sperare che non abbia già chiamato la polizia per la tua scomparsa.» aggiunse Stan, e Rich quasi riuscì a vedere se stesso arrestato la mattina dopo per sequestro di persona, denunciato direttamente dalla signora K.

Eddie fece finta di non aver sentito le proteste degli altri due, consapevole dell'ascendente che solitamente riusciva ad avere su Richie, continuò a guardarlo con gli occhioni scuri e lucidi nella più tenera delle espressioni.

«Rich...» bisbigliò solamente e quelle parole furono seguite da un singhiozzo, la stretta delle dita sulla camicia hawaiana del compagno era ferrea, a tratti spasmodica e disperata. Richie lo guardò, facendosi scappare un sorriso intenerito, prima di fare un cenno di assenso agli altri due, che immediatamente lo affiancarono per dargli sostegno.

«No! No, cazzo! Vi odio, siete dei figli di puttana!» sbraitò, le guance arrossate, le sopracciglia aggrottate e le iridi infuocate dirette verso il suo migliore amico, come se le parole appena pronunciate fosse in realtà indirizzate solo a lui.

«Domani mi ringrazierai, Eds.» sospirò, ricevendo da Bill una pacca sulla spalla di incoraggiamento, prima di prenderlo sotto braccio e costringerlo a farlo camminare.

La via del ritorno fu lunga ed estenuante ma - tra una colorita protesta, una tentata fuga di Eddie interrotta dall'improvviso senso di nausea e seguita dal giuramento che non avrebbe guardato più in faccia nessuno di quelli che aveva definito amici fino a poco prima - riuscirono a raggiungere l'abitazione. Quando giunsero sul vialetto di casa Kaspbrak, tutti e quattro avevano il fiatone. Richie aveva provato più volte a passare l'inalatore ad Eddie durante il tragitto, ma quest'ultimo si era rifiutato di prenderlo, insinuando che i suoi amici l'avessero riempito con del sonnifero. Rich dovette trattenersi con tutto se stesso dall'insultarlo, dicendosi che tanto sarebbe stato inutile, visto che il giorno dopo Eddie avrebbe ricordato poco e niente.

«C-chi bussa?» domandò Bill in un bisbiglio. Stan fece immediatamente un passo indietro, per poi sbuffare all'occhiataccia ricevuta dagli altri due. Bill raccolse tre rametti da terra, spezzandoli e rendendoli di lunghezze differenti, prima di stringerli in un pugno.

«B-bussa c-chi pesca il più p-piccolo.» annunciò solenne, e Richie alzò gli occhi al cielo.

«Ancora con questa stronzata? L'ultima volta sono dovuto entrare nel covo di un clown assassino!» fece notare loro, rabbrividendo al ricordo di quell'evento passato, ma ben vivido nella sua memoria.

«V-vuoi paragonarlo a-alla s-signora K.?» domandò Bill esterrefatto, come se l'amico avesse cominciato a soffrire di demenza senile.

«Beh...» sussurrò Stan, dando manforte a Richie.

Bill tese il pugno, dalla cui stretta uscivano tre bastoncini apparentemente della medesima lunghezza, incitando gli altri a pescare.

Richie sospirò affranto non appena constatò di aver preso proprio quello più corto.

«Ribadisco che l'idea di misurarci il cazzo e mandare avanti quello che ce l'ha più piccolo sia più imparziale.» si lamentò a quel punto, passandosi una mano tra i capelli scompigliati e lanciando uno sguardo ad Eddie, che nel frattempo pareva essersi appisolato seduto sul marciapiede.

«Taci Boccaccia, tanto perderesti anche in quel caso.» sibilò Stan, guadagnandosi un'occhiataccia di rimando.

«Oh ma davvero? Allora perché nessuno accetta?» lo sfidò, sorridendo per schernirlo.

«Perché è disgustoso.» rispose con ovvietà.

«O forse perché non sapresti nemmeno dove cercare!»

«Richie! S-sono le t-tre e m-mezza. M-uovoti.» s'intromise Bill, prima che la situazione degenerasse completamente.

Richie sospirò, afferrando Eddie per un braccio e costringendolo a sollevarsi.

«Tu sei sicuro che tra le pillole e le cazzate varie che hai in quel marsupio non ci siano le chiavi di casa, vero? - domandò, ricevendo da Eddie solo una flebile lamentela e uno "stronzo" a malapena farfugliato. - Certo, come non detto.- annuì sarcastico, trascinandolo a tentoni attraverso il giardino - Questo lo aggiungiamo a tutti i favori che mi devi.» concluse.

Le sue nocche sfiorarono a malapena il legno bianco della porta, prima che questa si spalancasse rivelando l'espressione sfigurata dalla rabbia della madre di Eddie. Rich dovette trattenersi con tutto se stesso dal ridere in faccia alla donna che, con i capelli tenuti su da bigodini colorati, la vestaglia rosa (nonostante fosse estate) e il grosso faccione arrossato, pareva più che altro un fenomeno da baraccone scappato dal circo più vicino.

«Salve signora K.» disse, provando a sorriderle affabile, e ricevendo in cambio un grugnito spazientito.

«Cosa hai fatto al mio bambino?» domandò pericolosa, afferrando Eddie per un braccio e costringendolo a varcare la soglia di casa. I suoi occhietti indagatori guardarono con disgusto i jeans sporchi del più alto, arricciando il naso e coprendo la figura del figlio con tutta la sua imponente stazza.

«Niente signora, le giuro che sta-»

«Tu e quel branco di animali selvatici dovete stare lontani da Eddie. - urlò, ansimando pesantemente. - Non voglio vedervi mai più girare intorno a mio figlio, sono stata chiara?» disse, rivolgendo lo sguardo a Bill e Stan, ancora appostati fuori il vialetto con espressioni mortificate in viso.

«Signora, mi ascolti-»

«No, Richard Tozier, non voglio ascoltare le parole di un teppista che riduce mio figlio in questo stato. Fuori da casa, mia, ora.» se non avesse avuto l'assoluta certezza che, rispondendo a tono a quella donna, avrebbe danneggiato il suo migliore amico in primis, non ci avrebbe pensato su due volte.

«M-Mamma...» provò il ragazzo, ma il sussurro che gli uscì fu così confuso che la signora K. lo bloccò all'istante.

«Zitto Edward, con te non ho ancora iniziato.» lo riprese con una punta d'isteria che quasi rasentava la follia, per poi rivolgere un ultimo sguardo omicida a Richie e sbattergli la porta in faccia.

Aprì e chiuse le palpebre un paio di volte, rimanendo fisso a guardare il punto in cui il suo migliore amico era scomparso per alcuni secondi, imprecando a denti stretti, prima di voltarsi e raggiungere mogio gli altri due. Bill gli diede una pacca sulla spalla, come a dirgli che aveva fatto un buon lavoro, ma lui non rispose. Non era di certo una novità che la madre di Eddie minacciasse lui e gli altri perdenti di stare alla larga dal figlio. La prima volta risaliva a quando Eddie si era rotto il braccio nella casa di Pennywise: la donna se l'era presa con tutti, ma inspiegabilmente quello che pareva continuare ad odiare con più insistenza era proprio Richie. Forse perché aveva provato a raddrizzargli il braccio finendo solo per peggiorare la situazione, ma cosa poteva farci? All'epoca era solo un tredicenne che conviveva con il costante terrore di poter morire da un secondo all'altro e, quando fra tutti aveva visto proprio Eddie ferito, era andato nel panico, agendo d'impulso nel modo che più gli era parso consono.

«Beh, non è andata male!» disse Stan, facendogli un sorriso incoraggiante al quale Rich non riuscì a rispondere.

«S-sta zitto, Stan.» ordinò Bill, indicandogli con la coda dell'occhio la condizione di pietosa tristezza in cui versava Richie.

...

Eddie non si fece vedere per tutta la settimana seguente, saltando il consueto appuntamento pomeridiano al lago, dove andavano a prendere il sole e a fare il bagno. Più i giorni passavano più l'aria nel gruppo diventava pesante, i silenzi cominciarono a diventare più frequenti del solito scambio di battute, i momenti morti avevano pian piano sostituito le risate. Fu Stan il primo ad esplodere, esausto di quella situazione la quale - ne era convinto - sarebbe solo peggiorata se non avesse fatto qualcosa.

«Dio, come abbiamo fatto a ridurci così?» mormorò un pomeriggio, sollevando gli occhiali da sole e poggiandoli tra i capelli umidi. Voleva probabilmente intavolare il discorso nel modo più leggero possibile e, nonostante le parole usate, il suo tono risultò dolce. Richie capì immediatamente a cosa si stesse riferendo, ma decise di non prendere parola, non avrebbe saputo comunque cosa rispondere.

«Che i-intendi?» domandò Bill rivolgendogli uno sguardo interrogativo.

«Siamo rimasti in tre! - indicò lo spazio che li separava per esplicitare il concetto. - E voi due avete una faccia da funerale per quasi tutto il tempo.» aggiunse, con un tono che poteva assomigliare ad un rimprovero ma che, e gli altri due lo sapevano, era il suo modo di esternare la sua preoccupazione. Richie sospirò mestamente, allungandosi verso la sua camicia a maniche corte azzurra, per infilarla e coprire la pelle pallida dai raggi solari.

«Io non-»

«Certo che lo sei Bill, pensi ancora a Bev e lo so, manca anche a me, però-»

«Però niente, Stan. - s'intromise Richie, mortalmente serio. - È ancora innamorato di lei, è ovvio che stia così.» concluse, lasciando gli altri due di stucco. Se Richie Tozier si metteva a fare discorsi seri allora la situazione era più grave di quanto i suoi amici credessero.

«E tu perché stai così? - domandò, guardandolo dritto negli occhi. - È da quando Eddie è in punizione che non ti si può parlare.» gli fece notare poi, mettendo su un broncio risentito. Rich era stanco, stanco di fingere che tutto andasse bene quando in realtà non era così, stanco di doversi nascondere dietro alla maschera del buffone ventiquattro ore al giorno perché gli altri non stessero in pena per lui.

«Stan, ma p-perché c-con te è se-sempre t-tutto così di-difficile?» borbottò Bill. Richie lo guardò stranito, trattenendo il respiro e cercando di non dare a vedere il suo turbamento. Stan spostò lo sguardo dall'uno all'altro, un cipiglio buffo tra le sopracciglia e le labbra increspate, poi spalancò occhi e bocca, come illuminato da una verità improvvisa.

«Rich, sei innamorato anche tu? - il diretto interessato si voltò a guardarlo, ma non rispose, in attesa che il ragazzo si schiarisse le idee da solo. - E di chi? Non mi hai mai parlato di nessuna ragazza!» disse esterrefatto, voltandosi poi verso Bill in cerca di approvazione, ma trovandolo con le mani davanti agli occhi e un'aria rassegnata. Stan allora si corrucciò, quasi indignato, prima di sbuffare spazientito.

«Cosa posso saperne io se non me lo dici? Parli sempre e solo di Eddie! Eddie di qua, Eds di là, la mamma di Eddie, le guance di Eddie, le pillole di... - trattenne il fiato, le labbra schiuse per lo stupore mentre fissava Richie che di rimando lo guardava con le sopracciglia inarcate. -...Eddie. - esalò, voltandosi di scatto verso Bill. - E tu lo sapevi!» era fatta, arrivato a quel punto non avrebbe avuto nemmeno senso ridere in faccia al compagno per quella deduzione o dargli del pazzo, così si limitò a spostare lo sguardo sulle minuscole increspature dell'acqua verdognola a pochi passi dai suoi piedi scalzi, cercando distrarsi, di non pensare a quello che avrebbero potuto dire i suoi due amici da lì a pochi istanti.

«B-beh, n-non è c-che me l-lo ave-avesse d-detto. - disse sulla difensiva, le guance rosse come se quel segreto riguardasse lui. - P-però, si ca-capisce, i-insomma...» possibile che fosse così evidente? Era forse per questo che le occhiate preoccupate di Bill non lo abbandonavano un attimo da un po' di tempo a quella parte? E lui che pensava di aver fatto dei progressi nel nascondere quel segreto grande quanto una casa che si trascinava dietro come un macigno. Illuso, ecco che cos'era.

«Cazzo, Rich... è-»

«Lo so, Stan.» lo interruppe immediatamente, non aveva bisogno di sentirsi dire quanto quella situazione nel suo insieme fosse un totale disastro. Ne era amaramente consapevole, e il solo pensiero riusciva a togliergli il sonno.

«Sua madre è-» una svitata, si ritrovò a pensare.

«Già.»

«E lui-» l'ultima persona di cui mi sarei dovuto innamorare.

«Non lo sa.» e come avrebbe potuto saperlo, con che coraggio avrebbe dovuto dire al suo migliore amico di essere completamente perso, cotto a puntino, fuori controllo. Come si poteva svelare un segreto così grande ed essere pronti ad affrontare le conseguenze che ne sarebbero derivate. Avrebbe perso Eddie, il suo Eds, tutto per colpa di un sentimento che non sarebbe nemmeno dovuto nascere. Ma lui non avrebbe permesso a quelle infide emozioni di frapporsi tra loro, se l'era ripromesso anni prima quando si era reso conto della realtà: avrebbe represso tutto, nella speranza di riuscire ad annientare quei desideri, di cancellarli.

...

La domenica mattina seguente Richie si convinse del fatto che, se avesse continuato di quel passo, sarebbe impazzito: aveva bisogno di vedere Eddie. Erano passati otto giorni, e di lui non aveva avuto alcuna notizia. Ogni volta che provava a chiamare a casa sua era la voce squillante della Signora K. a rispondere, e lui puntualmente si ritrovava dover attaccare per evitare di essere odiato ancor di più da quella donna malefica.

Così quella mattina si alzò di buon ora, si vestì velocemente, e prese la sua bicicletta. Direzione: casa Kaspbrak. La madre di Eddie la domenica mattina partecipava alla messa delle nove, e facendo un breve calcolo, avrebbe avuto più o meno due ore a disposizione per parlare con il suo migliore amico, per cercare di trovare assieme a lui una soluzione a quella situazione fuori controllo.

Appurato il fatto che la signora K. fosse fuori casa, data l'assenza dell'automobile, Richie lasciò cadere tra l'erba la sua bici, fiondandosi a bussare alla porta. Era impaziente di rivederlo e il tocco poco elegante delle sue nocche contro il legno ne era la prova schiacciante. Sentì la voce spazientita e assonnata di Eddie proveniente dall'altro lato mentre borbottava un: «Arrivo, un attimo!»

Non appena aprì la porta, Richie non riuscì a trattenere un sorriso, Eddie dal canto suo schiuse le labbra, prima di guardarsi intorno e poi alle spalle del ragazzo, come ad assicurarsi che non ci fosse nessuno a spiarli. Era carino come sempre: i capelli castani in disordine, probabilmente si stava alzando in quel momento dal letto; gli occhi vigili benché ancora velati dalla patina tipica di chi si è appena svegliato. Assolutamente adorabile, con quella maglietta slabbrata e scolorita che utilizzava come pigiama e i pantaloncini rossi che arrivavano appena sopra il ginocchio.

«Ti sono mancato, Eddie Spaghet-» non gli permise di continuare, lo afferrò per un braccio tirandolo in casa, per poi chiudersi dentro con un tonfo.

«Che stai facendo qui?» bisbigliò, come se qualcuno potesse sentirli Richie allora si mise sull'attenti, affacciandosi nel salone e trovando la poltrona dove solitamente la signora K. sprofondava con i suoi rotoli di grasso per lavorare a maglia e guardare la tv.

«Tua madre non è in casa, giusto?» chiese, bisbigliando a sua volta.

«È in chiesa.» ancora un mormorio, e a Richie tremò visibilmente l'occhio per quell'accortezza chiaramente inutile.

«E allora perché diamine stai parlando così, ti sei rincretinito? - fece, afferrandolo per le spalle e scuotendolo, come a volerlo far riprendere. - Sapevo che la vita di clausura ti avrebbe fatto perdere la ragione!» disse drammaticamente, poggiandogli un palmo sulla sua fronte, per constatare che non avesse la febbre. Eddie si svincolò infastidito da quella presa, facendo un passo indietro.

«Richie, se lo scopre ammazza te e chiude me in questa casa per tutta la vita. Tu non immagini nemmeno quanto è incazzata.» non nascose da quelle parole una punta di panico che fece sbuffare sonoramente il suo interlocutore.

«Sei chiuso qui da otto giorni, cazzo Eds, non è normale.» gli fece notare.

«Mia madre non è normale, e questo l'abbiamo stabilito tempo fa, ma è pur sempre mia madre, che dovrei fare secondo te?» non era una domanda che necessitava una risposta, ma Richie proprio non riuscì a trattenersi.

«Lavale i piedi, disinfettale i porri che ha sulla schiena, sbaciucchiala il più possibile... che cazzo ne so io!»

«È disgustoso.» esalò esasperato.

«Lo so, Eds, ma è pur sempre tua madre, non essere così crudele.» Rich si lasciò scappare una risata.

«Parlo di quello che dici. - borbottò in risposta. - E non chiamarmi, Eds.» aggiunse spazientito, ma Richie non gli diede ascolto.

«Eds, mi... ci manchi!» non c'era bisogno che l'altro sapesse quanto in realtà quello che veramente stava da schifo fosse lui. Eddie era sempre stato una costante nella sua vita, una certezza inconfutabile. Non importava quanto quell'amore a senso unico fosse impossibile da realizzare, prima o poi se ne sarebbe fatto una ragione, ma perdere quello che aveva faticosamente costruito, era assolutamente fuori discussione.

«Wow, che romanticismo, che hai mangiato a colazione?» domandò ironico, lasciandosi scappare a sua volta un sorriso. E lui avrebbe tanto voluto chiedergli di farlo ancora, di ridere (se di lui o con lui non era importante) e di guardarlo con quegli occhi carichi di affetto che lo facevano sentire così inspiegabilmente appagato.

«Già, dopo un po' diventa noioso prendere Stan per il culo, lo sai che quel primato è tutto tuo.» lo sbeffeggiò. Quello era il bello di Eddie: s'indispettiva per le sue battutacce, talvolta si arrabbiava anche, ma mai gli portava rancore. Forse era stata proprio quella sua caratteristica a farlo invaghire così tanto all'inizio, in fondo quale persona sarebbe stata migliore di lui al suo fianco? Lui che lo sopportava, lui che gli teneva testa, lui che si preoccupava costantemente e genuinamente. Certe volte esagerava di proposito con le prese in giro, una sorta di test, un continuo metterlo alla prova per avere la conferma di quanto giusta fosse la sua teoria. Ed Eddie, seppur inconsciamente, superava sempre brillantemente ogni sfida a cui l'altro lo sottoponeva, e di conseguenza Richie si ritrovava, giorno dopo giorno, sempre più innamorato. Per quanto si rendesse conto che quel piano implementasse un auto sabotaggio, proprio non riusciva a farne a meno: dimostrare continuamente a se stesso che nessuno sarebbe mai stato come Eddie.

«Continua così, mi sto emozionando. - sospirò rassegnato, per poi sollevare un sopracciglio. - Perché sei venuto? Devi dirmi qualcosa?» e Richie di cose da dirgli ne aveva davvero parecchie, nonostante sapesse che sarebbero rimaste un segreto che al massimo avrebbe potuto sussurrare al suo cuscino nelle notti di disperazione.

«Sabato prossimo è la notte delle stelle cadenti. - gli ricordò, inclinando il capo su un lato per riuscire a scorgere i suoi occhi puntati sul pavimento. - Non puoi stare a casa, è una tradizione! Ci sarà anche Mike, e Ben dovrebbe tornare a Derry per quel giorno.»

«Rich, potrebbero scendere anche gli alieni sulla terra, pronti ad invadere questa città del cazzo, e mia madre mi terrebbe chiuso qui.»

«Non ci posso credere, sei ai domiciliari per cosa esattamente? Per aver bevuto una birra? Per essere tornato a casa alle tre? Davvero imperdonabile, in fondo hai solo diciassette anni! Meglio impasticcarti con farmaci inutili e contare i giorni che mancano al tuo fottuto funerale.» sbottò, capendo immediatamente di aver aperto troppo la bocca e di aver esagerato con le parole. Eddie si innervosì, le braccia strette contro il petto e la gamba destra tremante ne furono la prova schiacciante.

«Allora illuminami tu, idiota del cazzo, e che sia un consiglio utile per una volta.»

«E invece io che dovrei fare? - domandò, febbricitante di rabbia. - Aspettare settembre e rivederti direttamente a scuola? - quelle parole furono sufficienti a fargli bruciare gli occhi, il solo pensiero di un'eventualità del genere era doloroso a livelli insopportabili. Poi Eddie sospirò per l'ennesima volta, portandolo definitivamente all'esasperazione. - E smettila di piangerti addosso, non ti sopporto quando fai così.»

«Vaffanculo, Rich, ok? Vaffanculo, tu la fai facile!»

«Sei tu a farla troppo difficile.» Eddie strinse le labbra in una linea dura, poi le sue pupille si spostarono sulla porta d'ingresso.

«Richie, vai via.»

...

Stava andando dai Barren con Stan e Bill quando vide la signora K. uscire con le buste cariche di spesa dal mini market in fondo alla strada. Non ci pensò due volte ad avvicinarsi alla donna, nonostante le proteste dei suoi due amici, che cercarono di trattenerlo afferrandolo per un braccio. Richie si svincolò agilmente da quella presa troppo poco convinta, attraversando a grandi falcate la strada, fino a raggiungere la donna che arrancava verso la sua automobile.

«Posso darle una mano, signora K.?» domandò, sfilandole immediatamente una busta dalle mani e sopportando lo sguardo indagatore che questa gli rivolse, ricambiandolo con un sorriso impacciato.

«Cosa vuoi, Richard?» chiese sospettosa, calcando il suo nome con una voce tanto simile a quella di un serpente che sibila in attesa di aggredire la sua preda e stordirla con quanto più veleno possibile, per poi mangiarla in un sol boccone. E quella donna, lo sapeva, non avrebbe esitato un secondo a banchettare con il suo cadavere.

«La sto solo aiut-» ma la signora K. lo interruppe immediatamente, fermandosi dinanzi alla sua automobile e stringendo in una delle grosse mani il mazzo di chiavi.

«Signora. - riprovò, cercando di mantenere la calma. - Tra qualche giorno ci sarà la notte delle stelle cadenti, Eddie l'adora e noi andremo tutti alla cava per vederle meglio. Lo lasci venire con noi, ci sarà anche Ben!» le sorrise angelicamente, sperando di essere riuscito a convincerla con quel discorso chiaro e conciso.

«Non so chi sia questo Ben e no, mio figlio non verrà con voi.» asserì seria e Richie rimase interdetto per qualche istante: come poteva non conoscere Ben?

«Non può tenere Eddie lontano dai suoi amici per sempre!» mantenne la voce atona, celando la rabbia che ribolliva nel suo petto e che scalpitava per sgorgare fuori dalle sue labbra.

«Oh, lo farò per sempre e anche oltre se sarà necessario.» sorrise sprezzante, guardandolo dalla testa ai piedi.

«Cosa?» il ragazzo assottigliò gli occhi e schiuse la bocca, del tutto rintronato da quell'affermazione.

«Non sono nata ieri ragazzino. - e Richie avrebbe tanto voluto riderle in faccia e dirle che su quello non aveva alcun dubbio. Quella donna pareva esistere, assieme alle sue piaghe e i suoi denti ingialliti dall'abuso di farmaci, dall'alba dei tempi. - Eddie ha un animo puro, e questo lo rende spesso e volentieri ingenuo, ma io non sono stupida, ho visto come guardi mio figlio.» a quelle parole, nonostante il caldo asfissiante, Richie rabbrividì.

«Signora-»

«Lui non è un deviato come te, Richard Tozier. - sputò fuori lentamente, le labbra contratte in una smorfia disgustata, accompagnate dal naso arricciato e dai minuscoli occhietti incavati che parevano volerlo bruciare vivo. - Non te lo ripeterò, stai alla larga da lui» concluse, sbattendo la portiera dell'auto e lasciandolo lì, a guardarla andar via inebetito.

«Cosa è successo?» domandò Stan, correndo nella sua direzione assieme a Bill e guardandolo preoccupato. Richie non rispose immediatamente, il cuore pompava furiosamente nel petto e sentiva le gambe molli come gelatina.

«Richie? - Bill gli passò un paio di volte il palmo aperto davanti agli occhi, costringendolo a tornare alla realtà. - Allora?» prese un respiro profondo, prima di sorridere ai due, passando una mano attorno alle loro spalle.

«La signora K. mi ha appena dato la sua benedizione.» li informò.

«Cosa?!» chiesero in coro, fissandolo con gli occhi sgranati.

«Vedrete

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top