~•8•~
- Qualche giorno dopo -
Mi aggiravo tra i corridoi dell'ospedale come se a momenti ci sarebbe stata la fine del mondo. Mi fermai di scatto davanti ad una porta e su di essa riconobbi il numero giusto. La aprii più in fretta che potei e vidi Chiaki seduta sul letto mentre un'infermiera le medicava una ferita sul braccio. Quest'ultima alzò lo sguardo, leggermente impaurita dal mio ingresso improvviso, e con un cenno del capo mi diede il permesso di entrare.
Chiaki non sembrava essere messa molto male, e ringraziai infinitamente il cielo per questo. Aveva qualche ferita qua e là e un ginocchio fratturato, ma nulla di grave o che non si potesse curare.
La abbracciai delicatamente così da non farle male e le sorrisi per incoraggiarla: "Sono certa che guarirai presto, sei stata forte". Non riuscii a dirle altro, nonostante ci fossero tante cose da raccontarsi. Così fu lei ad incominciare a parlare, e mi disse di come lei e i suoi compagni erano riusciti a fare gioco di squadra, della situazione critica e la tensione che c'erano in battaglia e della morte della professoressa Midnight, alla cui notizia rimasi abbastanza spiazzata e dispiaciuta. Mi espresse i suoi dubbi sulla condizione di Izuku e si mise a parlare con entusiasmo dei miglioramenti di un certo Tenya, che doveva essere un suo compagno di classe. In quel momento un ragazzo alto con i capelli scuri e una montatura di occhiali piuttosto squadrata irruppe nella stanza con quasi la stessa foga che ci avevo messo io. Guardò nella nostra direzione e sospirò dal sollievo mettendosi una mano sul cuore. Chiese esplicitamente il permesso di fare visita a mia sorella e si avvicino al suo letto. Lo vedevo emozionato e sorridente come non mi sarei mai aspettata da un tipo così e, vedendo Chiaki in uno stato non da meno, mi alzai dalla sedia che affiancava il letto e la lasciai al ragazzo. Spettinai lievemente i capelli a mia sorella e mi rivolsi all'infermiera: "Mi scusi, per caso sa dov'è ricoverato l'eroe Hawks?"
"Si trova due stanze più a sinistra di questa, se non sbaglio"
"Grazie mille, buon lavoro" poi mi girai verso i due del primo anno "Ciao, ragazzi!" E uscii dalla stanza, con l'immagine di quattro mani incrociate tra di loro come prova di chi fosse quel qualcuno che piaceva a mia sorella; ora Bakugo non doveva preoccuparsi per avermelo rivelato. Pensai che quello dovesse essere il Tenya di cui mi aveva parlato pochi minuti prima, e ricordai di averlo visto al festival sportivo: era stato classificato terzo ma non si era potuto presentare al podio per problemi familiari.
Smisi di pensarci quando raggiunsi la porta indicata dall'infermiera. Bussai e la aprii, vedendo Keigo steso sul letto ad occhi chiusi. Poco dopo venni raggiunta da un dottore e gli chiesi della condizione dell'eroe. Mi informò che le sue ali sta volta ci avrebbero messo molto tempo a ricrescere e che aveva varie ferite, ma che sarebbe stato dimesso quella sera. Lo ringraziai e chiusi cautamente la porta per non fare troppo rumore. Mi appoggiai con la schiena contro il muro bianco e triste dell'ospedale e sospirai profondamente. La guerra era finalmente finita, portandosi via molte persone di entrambi gli eserciti. Alla fine eravamo riusciti a far arrestare più di 16.000 membri del fronte avversario e a far evacuare e mettere in salvo la maggior parte dei cittadini. I ragazzi del primo anno erano stati molto capaci e se la sono cavata in situazioni a dir poco catastrofiche. Erano state rivelate verità scioccanti e c'erano ancora situazioni in sospeso da sistemare, come ad esempio il legame tra Endeavor e Dabi, rivelatosi essere il figlio Tōya, scomparso da tempo. Inoltre ero sicura che i cittadini avrebbero avuto parecchio da ridire sulla società degli eroi dopo un disastro di quel calibro, ma credevo, o almeno speravo, che saremmo riusciti a trovare una soluzione anche a questo problema. Chiusi gli occhi per un momento e pensai a quanto fosse bello che, nonostante tutto, l'amore stesse comunque avendo il sopravvento.
Sorrisi a quella specie di benedizione.
I miei pensieri vennero interrotti da una voce maschile sconosciuta alla mia destra: "Scusa, tu sei l'eroina Bravel?"
Davanti a me c'erano un uomo e una donna di mezza età vestiti in modo formale ed elegante. Risposi: "Sì, sono io. Mi cercavate?"
I due mostrarono delle carte d'identità e dichiararono di essere due dei principali membri della Commissione degli Eroi per la Pubblica Sicurezza, la stessa per cui lavorava Hawks. Era un'associazione molto importante, e feci un leggero inchino di saluto, per mostrare rispetto.
Mi ringraziarono con un cenno della testa e la donna continuò a parlare.
"Ci è stato comunicato che sai tutto sui fatti riguardanti Hawks perché eri una sua amica in passato, puoi confermare?"
Annuii. Come avevano fatto a venirlo a sapere?
"Questa conoscenza che hai di dettagli così personali che abbiamo cercato di tenere nascosti per dieci anni è pericolosa per l'immagine del tuo amico. Alla conferenza stampa che si terrà sull'accaduto lui dovrà dire che è stata tutta una messa in scena di Dabi e che niente di tutto quello era vero. Per quanto riguarda te, non dovrai più parlare con lui per alcuna ragione, o la carriera da eroi di entrambi sarà compromessa. Inoltre è una questione di sicurezza e tempo, non potete rischiare così".
A quelle parole rimasi pietrificata. Quel discorso non aveva senso.
"Hawks è completamente libero di dire quello che vuole alla conferenza stampa, lui non è il suo passato, non sarà certo un racconto a renderlo un eroe meno valido per la società. E poi credete che non ci si possa fidare di me? So mantenere i segreti, chi siete per dirlo, non mi cono-"
"La nostra decisione è stata presa, non ammettiamo ulteriori insolenti proteste. Le auguriamo una buona giornata"
Detto questo proseguirono per la loro strada, lasciandomi senza parole e indubbiamente confusa da ciò che era appena successo.
Uscii dall'ospedale a passo svelto e crollai a terra una volta fuori. Mi mancava l'aria e non riuscivo a capire.
Presi l'autobus per tornare a casa e decisi che sarei passata a vedere come stavano Nejire e gli altri il giorno dopo.
Le vie di Tokyo erano come al solito trafficate e sempre in movimento, e rispetto a loro mi sentii un pesce fuor d'acqua: la sensazione che pensavo fosse sparita sembrava non avermi mai lasciata.
Entrai in casa e mia madre mi abbracciò come mai aveva fatto prima. Mi fece piacere e ricambiai la stretta. Quando si staccò mi riempì di domande e mi esaminò il corpo almeno cinque volte per controllare se ci fossero ferite che non aveva notato. Poi si sedette, lasciando che qualche lacrima solcasse il suo viso. "Sapevo che non dovevate iscrivervi a quella scuola, in questa situazione potevate morire..."
"E non è successo"
"Ma potrebbe succedere! Non è certo la prima volta che vi mettono in pericolo così, ma questa è la goccia che fa traboccare il vaso!'
"Mamma, ci alleniamo per diventare eroi-"
"Questa non è una scusa per mettere in pericolo le vostre vite!"
"Questa guerra era in vista da quattro mesi, non abbiamo fatto altro che prepararci a questo"
"Ah, quindi era pianificato anche che sareste potuti morire! Hanno avuto molto tempo per reclutare eroi"
"Ci attaccavano in 111 000, mamma! Hanno dovuto includerci per forza, e in più è stata un'esperienza per aiutarci a migliora-"
"Tu e Chiaki non metterete mai più piede in quell'edificio, non farete la fine di vostro padre"
"Ancora con questa storia?"
"Sono cose che possono succedere!"
"Credi che non lo sappia? Non è detto che se qualcosa è andato storto una volta poi andrà allo stesso modo per sempre! Anch'io ho paura, cosa credi? Ma pensi che ritirarsi per non rischiare risolva qualcosa?"
Uscii da casa mia immediatamente e corsi verso l'unico posto in cui niente mi avrebbe potuta intralciare.
Raggiunsi l'edificio abbandonato in cui ero andata più volte insieme a Keigo, l'edificio che era diventato il nostro rifugio, il nostro posto; il luogo in cui anche senza ali potevamo volare.
Trovai una scala lì accanto e la usai per salire sul tetto. Una volta in cima mi misi seduta e mi abbracciai le ginocchia guardando il cielo, che quella sera sembrava più luminoso e solo che mai.
Presi il telefono da una delle tasche della mia felpa e controllai le notifiche: niente se non i messaggi di Keigo.
Hey :D come stai?
Mi hanno detto che sei passata a trovarmi
Scusami, dovevo riposare
Anche tu devi essere stanca, Tsukuyomi ha detto che hai fatto davvero un bel lavoro
Sai che sta sera mi dimettono? :D
Magari poi possiamo vederci, ci concediamo una serata libera
Aya?
Ci sei?
Decisi di non rispondere e rimisi a posto il telefono. Detestavo l'idea di doverlo perdere di nuovo, ma odiavo altrettanto che potessero togliergli quel che ha sempre voluto per colpa mia. Non potevo fargli questo, così pensai fosse meglio dare retta a quei signori. Peggio di così non poteva andare.
( Punto di vista di: Hawks )
Ci sei?
Scrissi un ultimo messaggio ad Aya e spensi il telefono. Probabilmente era solo stanca per tutto quello che era successo, come tutti del resto: una situazione del genere non è di certo facile da superare.
La mia preoccupazione però iniziò a crescere quando vidi che aveva visto i messaggi ma che non aveva neanche provato a rispondere. Proprio mentre stavo per chiamarla, fuori dalla mia camera sentii delle voci tristemente familiari: tre o quattro membri della Commissione stavano conversando. Riuscii a sentire quel poco che mi sarebbe bastato per sbatter loro la porta in faccia. Tutto potevano fare, tranne mettere in mezzo lei, non c'entrava nulla e non potevo permettere che la trattassero come avevano fatto con me.
Era già sera e mancava poco perché il dottore venisse a comunicarmi che fosse ora di uscire, perciò mi vestii per avvantaggiarmi.
Appena venni dimesso uscii dall'ospedale il più in fretta possibile e ringraziai che non mi fossi ferito le gambe, o sarei stato ancora più impossibilitato.
Passai a casa della ragazza e bussai, attendendo impaziente come non ero mai stato una risposta. Ad aprirmi trovai una donna poco più bassa di me dai lineamenti molto simili a quelli di Aya con gli occhi rossi e lucidi e un'aria tutt'altro che tranquilla. Mi inchinai per cortesia e dissi: "Scusi se la disturbo, lei è la madre di Aya Yūkanao?"
"Sì, e nessun disturbo, non si preoccupi" si sfregò lo spazio tra il naso e la bocca con la manica della sua maglietta. Io le porsi la mia mano e mi presentai. "Keigo Takami" mi strinse la mano e mi fece cenno di continuare. "Sono qui per parlare con sua figlia, è possibile?"
Scosse la testa: "Purtroppo neanch'io so dove sia, mi dispiace"
"Ah, va bene, grazie lo stesso. Buona serata, signora Yūkanao"
"Anche a lei" concluse lei, e senza esitare si chiuse la porta alle spalle.
La situazione non mi piaceva affatto, ma almeno, conoscendo la mia amica, avevo un'idea su dove potesse essere.
Corsi verso l'unico altro posto dove credevo l'avrei trovata.
Raggiunsi l'edificio abbandonato in cui ero andato più volte con Aya, l'edificio che era diventato il nostro rifugio, il nostro posto; il luogo in cui anche senza ali potevamo volare.
Trovai una scala appoggiata al muro e la usai per salire in cima, dove, come pensavo, trovai la ragazza, seduta con le ginocchia al petto al margine del tetto.
La raggiunsi e mi sedetti tranquillamente accanto a lei.
"Hey" la salutai.
"Ciao" rispose titubante lei.
( Punto di vista di: Aya )
Mi strinsi le ginocchia più forte e Keigo mi appoggiò una mano sulla spalla. Girai la testa verso di lui e capii che avevo fatto un errore. Mi guardò dritta negli occhi e rimasi incatenata nei suoi, sinceri e amorevoli. Non potevo più mentire ora.
Iniziai a piangere senza che potessi controllarlo e lo abbracciai tanto forte quanta era la paura che avevo di perderlo, e questo credo che lui lo percepì.
"Ho saputo cosa ti hanno detto" mi disse mentre ricambiava l'abbraccio, passandomi ripetutamente la mano sù e giù per la schiena.
"Non riesco a capire perché" singhiozzavo. "Perché cercano di controllare tutti? Il loro discorso non aveva senso, mi ha fatto venire la pelle d'oca dalla rabbia"
Keigo mormorò un "Lo so", accarezzandomi la testa.
"Perché proprio noi?"
Quella semplice parola che uscì dalla mia bocca suonò così nuova e piena di possibilità alle mie orecchie che mi provocò un brivido piacevole sulla schiena, come se qualcosa di altrettanto nuovo e meraviglioso stesse sbocciando dentro di me, e, cosa ancora più strana, mi sentivo come se lui stesse provando lo stesso.
Le lacrime cessarono di scendere e senza dire niente ci staccammo dall'abbraccio più bello della mia vita e ci rimettemmo seduti con i piedi ondeggianti nel vuoto a guardare il cielo. Questa volta era più triste della prima, più emozionante di tutte le altre. Quella notte sembrava essere stata fatta apposta per noi.
"Gli antichi credevano che guardando le stelle si potesse prevedere il futuro perché contengono il destino di ognuno di noi. Tu ci credi?" Gli chiesi, e ad essere sincera non mi aspettavo una risposta.
Ormai avevo iniziato a crederci, a credere che, se stava andando così, doveva essere stato già deciso che io e Keigo non avremmo mai potuto stare insieme. Eppure, talmente sincero da spaventarmi, il ragazzo che mi aveva fatto scoprire cos'è l'amore, rispose:
"No"
"Mh?"
"Nonostante il cielo sia sempre uguale noi non lo vediamo mai allo stesso modo in cui l'abbiamo già visto"
Cercai di seguire il suo discorso.
"Nonostante sia sempre uguale riesce a stupirci ogni volta di più, e io non credo sarei in questa stessa situazione se l'altra sera avessi visto una stella come l'ho vista oggi; non credo che sta sera sarei stato lo stesso, se non avessi scoperto la stella che ho visto da bambino"
Rimasi senza parole a sentire verità così vicine al mio cuore.
Keigo fece una pausa e poi mi guardò negli occhi. "Sappiamo entrambi quanto ci vogliamo, non credo sia un segreto che cerchiamo di nascondere" riportò lo sguardo al cielo. "Vogliono farci credere che non sia nel destino, che esso farà di tutto per tenerci lontani." Si alzò in piedi e mi porse la mano con un sorriso in volto. "Ma che lo vogliano o no sarai sempre dentro di me, perciò chi è che può fermarmi se decido che sei tu il mio futuro?" La presi e mi tirò a sé, stringendomi il viso tra i palmi accoglienti delle sue mani.
"Possiamo riscrivere le stelle e gridare al mondo che siamo fatti per stare insieme! Allora nulla potrà separarci, perché dipenderà solo da te e me e nessuno potrà mai dirci chi possiamo essere. Che ne dici, riscriviamo le stelle insieme? Magari il mondo potrà essere solo nostro, anche solo per stanotte"
Mi scansai leggermente e mi incupii, ripensando a tutto ciò che ci stava accadendo.
"Pensi sia tutto così facile... pensi che io non voglia correre da te? Se solo non ci fossero tutte quelle montagne e muri che ci bloccano la strada, noi... Io lo so che qui siamo capaci di essere solo io e te, ma se guardi il resto del mondo puoi accorgerti subito che, alla fine, non abbiamo speranza..."
Ritornai sul margine del tetto e mi rivolsi al cielo come per urlargli in faccia. "Nessuno può riscrivere le stelle! Come puoi dire che siamo fatti per stare insieme se tutto sembra cercare di tenerci lontani? Né io né te possiamo fare niente se tutti ci dicono chi dobbiamo essere, quindi come dovremmo fare a riscrivere le stelle? Come puoi credere che il mondo possa diventare nostro?"
Hawks mi prese in braccio contro le mie aspettative e mi confessò sinceramente: "Tutto quello che voglio è volare con te!" Risi tra le lacrime e dissi: "Tutto ciò che voglio è cadere insieme a te"
Mi mise giù e ammisi: "Mi sembra impossibile..."
"Non lo è"
"Sarà possibile?"
"Basta che ci credi e lo sarà"
Non ci pensai un attimo, gli presi le mani e chiesi:
"Allora, come riscriviamo le stelle?"
"Gridiamo a tutti che siamo fatti per stare insieme"
"A quel punto nulla potrà più separarci"
"Perché so che sei quella che ero destinato a trovare"
"Dipende tutto da te e da me"
"Nessuno può dirci chi possiamo o non possiamo essere"
"Quindi adesso riscriviamo le stelle insieme"
"E cambiamo il mondo così che sia solo nostro"
E così, con la promessa più intima e rivoluzionaria che potessimo mai fare, sotto un mantello di stelle e così in alto che avremmo potuto toccarle, le mie labbra si scontrarono con le sue trovando l'armonia che avevano cercato tutta la vita. La sua mano destra tra i miei capelli e la mia sul suo collo, la sua mano sinistra sulla mia schiena e la mia sulla sua spalla. Chiudemmo gli occhi per assaporare quel momento unico al cento per cento, il momento in cui una nuova luce si era accesa nelle nostre vite, il momento in cui prendemmo la strada che volevamo e non quella che avevano scelto per noi. Il momento in cui capimmo che non ci serviva nient'altro per sentirci liberi.
Agli occhi di tutti eravamo solo due ragazzi innamorati che si cercavano l'un l'altra, ma dentro di noi sapevamo che da allora sarebbe stato tutto più difficile, che il destino non ci avrebbe aiutati e che avremmo dovuto fare tutto da soli. L'avventura dell'anno prima alla fine me lo aveva mostrato: si può cambiare il futuro se ci credi fino in fondo, se lotti con tutte le tue forze. Volevo diventare un eroe e volevo stare con Keigo. Volevo proteggere il mio Paese, i miei amici, la mia famiglia. Volevo rendere questo mondo un posto in cui nessuno imbroglia né discrimina nessun'altro, anche se sapevo che sarebbe stato impossibile, a meno che l'uomo non fosse cambiato.
L'avrei fatto. L'avrei fatto per Mirio, per Nighteye, per All Might, per il nostro mondo e per Keigo, perché niente possiede più forza di una promessa. Avrei riscritto le stelle per tutti loro e nulla mi avrebbe potuto fermare, almeno non in quel momento.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top