Non sapendo dove andare, Aya decise di portare Keigo a casa sua: non l'aveva mai vista dall'interno, e la ragazza aveva pensato che andarci sarebbe stato un buon modo per passare un po' di tempo da soli, lontani dalla situazione, che, pur non sembrandolo, stava diventando sempre più difficile.
La casa di Aya era piuttosto lontana dal posto in cui i due si trovavano in quel momento, perciò dovettero prendere l'autobus. Normalmente sarebbe stato qualcosa di sereno, tranquillo, anche piacevole, ma, data la grande quantità di persone presenti alla conferenza, era inevitabile che non fossero gli unici a salire alla stessa fermata, e si ritrovarono a bordo con addosso decine di sguardi sfiduciosi, sospettosi, quasi infami. Keigo non poteva fare altro che ignorarli e sopportarli: sapeva, purtroppo, che cercare di far cambiare idea a gente così era più un'utopia che un desiderio. Perciò se ne stava lì in piedi, a schiena eretta, con lo sguardo fisso, duro e impassibile; una mano si teneva opprimente alla maniglia appesa in alto, mentre l'altra stringeva disperata quella della sua ragazza, che l'aveva capito senza un attimo di esitazione.
Il ragazzo la guardò e sorrise più che poteva, il ché non era molto, ma vi si vedevano il serio impegno e la premura che ci metteva per non farla preoccupare; fu il suo modo di ringraziarla per farlo sempre così tanto.
Il silenzio scandiva in tono flemmatico e oppressivo ogni secondo che passava, e l'arrivo alla loro fermata si mostrò come la luce del sole alla fine di un tunnel infernalmente buio e lungo. Salutarono in modo formale senza neanche venir ricambiati ed uscirono il più velocemente possibile, come avessero avuto bisogno di respirare un po' d'aria pura dopo essere stati rinchiusi nell'atmosfera ogni secondo più tossica, soffocante ed insopportabile dell'autobus.
Sapevano già dall'inizio che riscrivere le stelle non sarebbe stato facile e si aspettavano di dover avere a che fare anche con problemi di quel genere, ma ciò non toglieva l'enorme peso che questi facevano gravare su di loro, non toglieva quanto ci si potesse sentire male a viverli sul serio.
Alla fine però gli bastò realizzare di non essere soli nelle loro azioni; si ricordarono del perché stavano facendo tutto questo e il pensiero li risollevò, come una folata di vento attraverso le loro anime.
Camminavano sul marciapiede a passo lento, senza mai lasciarsi le mani, con i loro pensieri come sottofondo a quell'alone di silenzio che li circondava e isolava dal resto del mondo; una sorta di bolla invisibile.
Ad un tratto, però, Aya lasciò andare la presa dalla mano del suo ragazzo e, senza un motivo preciso, cominciò a correre. Si girò un attimo per gridare uno spensierato "Prova a prendermi!" e poi tornare a guardare davanti a sé: gli occhi aperti e luminosi, le braccia larghe come ali, i capelli corti lasciati al tocco del vento: quel momento era sinonimo di libertà.
Keigo la guardava volare fermo immobile lì dov'era. Gli occhi spalancati, le labbra avide ma povere di parole, il cuore fremente nel petto quasi volesse uscire: non aveva mai visto niente del genere.
Aya era sempre stata un mistero per lui, uno di quelli che tutti sentono nominare ma non provano mai a risolvere perché pare troppo complicato, uno di quelli che se tenti sul serio a venirne a capo ti fa stare sveglio le ore per poterci riuscire, uno di quelli che ti lascia a bocca aperta una volta che ne scopri i dettagli più nascosti, uno di quelli che ti affascina per la sua segretezza, la sua audacia, la sua genuinità, uno di quelli che passeresti una vita a cercare di capire, spesso solo per il gusto di farlo, solo per l'emozione di vederlo esistere insieme a te; e quel mistero era la sua ragazza.
A quel pensiero, come stregato da un incantesimo potente come pochi, sorrise senza neanche rendersene conto e mosse istantaneamente le gambe per poterla raggiungere: "Sfida accettata!" Le gridò in risposta, e si mise a correre anche lui più velocemente che poteva.
Pur trovandosi in una posizione di svantaggio, dopo un po' Keigo riuscì ad arrivare a un passo da Aya. Gli bastò sporgersi un po' in avanti per abbracciarle la vita e attirarla a sé, facendo cadere entrambi per terra. La ragazza si girò verso di lui e fu loro sufficiente guardarsi qualche secondo per dimenticare totalmente il resto delle persone in strada e scoppiare a ridere l'uno tra la braccia dell'altra.
Sì, Aya era scappata via, ma l'aveva fatto con l'unica intenzione di essere poi presa, trovata, accolta, e soprattutto per riportare il sorriso sul volto di Keigo, per sciogliere il nodo teso dei suoi pensieri e farlo rilassare, essere felice, anche se solo per qualche minuto.
Chi c'era oltre a loro riservava sguardi sconcertati, confusi, ma anche alquanto inteneriti dalla giovane coppia, a cui brillava negli occhi l'immagine del mondo migliore che stavano, passo per passo, cercando di costruire: uno in cui non sarebbero stati costretti ad affrontare da soli tutto e tutti per poter stare insieme, uno in cui la corruzione e l'ipocrisia non sarebbero più stati un problema così grande, uno in cui gli eroi non avrebbero dovuto costantemente sentirsi giudicati perché non perfetti, uno in cui chiunque sarebbe stato libero di starsene un po' tranquillo, con la certezza che sarebbe andato tutto per il meglio.
I loro sguardi si incrociarono l'un l'altro e il suono fragoroso delle loro risate si affievolì con rapidità fino a diventare puro e semplice silenzio, con lenti e profondi respiri come unico sottofondo delle loro azioni. Premettero le loro fronti l'una contro l'altra e sorrisero complici, malinconici, ma felici, tanto felici.
Aya si alzò svogliatamente in piedi e porse una mano a Keigo per aiutarlo a fare lo stesso. Lo guardò per qualche secondo accentuando la curva di allegria presente sul suo volto. Come essendone contagiato, il cuore del ragazzo sorrise a sua volta, iniziando a bussare violentemente alla porta del suo petto quasi come volesse sfondarla sul serio.
Strinse la mano della ragazza accettando il suo aiuto e si alzò, per poi riprendere a camminare sotto la sua guida senza mai lasciare la presa.
Dopo qualche minuto di cammino, i due raggiunsero la casa di Aya. Appena furono davanti alla porta d'ingresso, la ragazza tirò fuori un mazzo di chiavi, che maneggiò per qualche secondo finché non afferrò con decisione una delle chiavi che lo componevano. La inserì nella serratura, la fece girare come ormai sapeva a memoria e aprì la porta, lasciando entrare Keigo per primo. Lui si prese i lembi di una gonna immaginaria e si inchinò scherzosamente verso la ragazza, ringraziandola. Lei stette al suo gioco: "Allora, signorina Takami, cosa pensa della mia umile dimora?" Cercò di mascherare la voce e di usare un tono che la facesse sembrare un gentiluomo ottocentesco.
"Trovo sia splendida, carissimo!" Rispose lui in tono pomposo ed espansivo, recitando alla perfezione quella piccola parte che si era affibbiato.
A quel punto Aya ridacchiò, tossì per ricomporsi nel suo personaggio, e prese Keigo come si fa quando si ballano i lenti in coppia. I due danzarono passi puramente improvvisati sul momento fino ad arrivare, con la guida della ragazza, in camera sua. "Madame, è con grande onore che vi introduco nella mia umile stanza". Aveva gli occhi chiusi mentre indicava la via al ragazzo con l'aria seria e solenne che aveva assunto ormai da cinque minuti o giù di lì. Ma mentre lei rimaneva ancora nella sua parte con successo, Keigo non riusciva più a trattenersi e prese Aya in casquè, scoppiando a ridere e portando la ragazza a fare lo stesso. Pochi istanti dopo nella mente di quest'ultima si accese una lampadina. Prese la scaletta appoggiata al muro e la mise sotto ad un punto del soffitto in cui era presente una porticina quadrata. Salì per aprirla e vi entrò, facendo cenno al ragazzo di seguirla. Si ritrovarono così sulla piccola ma graziosa terrazza della casa. Si appoggiarono coi gomiti alla ringhiera e si misero ad ammirare le sfumature di bianco, rosa e viola che coloravano l'immensa distesa azzurra su di loro. Aya realizzò solo in quel momento, stupendo sé stessa, che non andava lì sopra da davvero molto tempo. Fino a quattro mesi prima ci saliva almeno una volta ogni giorno, perché quel contatto con il cielo ed il vento le dava una sensazione di bellezza, di libertà, di casa di cui non poteva fare a meno; poi però aveva incontrato Keigo e la sua presenza le bastava. Con quel dolce pensiero in testa, si chinò verso quell'essere magico che era il suo ragazzo e si appoggiò alla sua spalla. Lui lasciò andare la sua testa su quella della ragazza e avvolse quest'ultima con le braccia.
Così com'erano stavano così bene che per diversi minuti niente era riuscito a smuoverli da lì e, se non fosse stato per lo squillo improvviso del telefono di Aya, sarebbero rimasti nella stessa posizione per ancora più tempo.
La ragazza prese in mano il cellulare, già illuminato senza che dovesse accenderlo, e vide scritto in grande sullo schermo: "Chiamata in corso da Nejire-chan <3"; non esitò un attimo a risponderle.
"Hey Nejire, dimmi pure"
"Aya, non hai saputo cos'è successo?" Il tono nella sua voce la fece spaventare non poco.
"No, perché?"
"Stanno dicendo tutto ora al telegiornale, accendi la TV"
Lei non se lo fece ripetere due volte: si alzò, chiedendo scusa a Keigo, scese in camera e obbedì; il telegiornale delle undici procedeva con l'argomentare i titoli all'ordine del giorno, la seguente scritta scorreva in fondo allo schermo: "Scandalo: uccisa la presid.ssa della Commissione degli Eroi per la Pubblica Sicurezza".
Aya rimase immobile, con gli occhi spalancati che seguivano con la più completa attenzione parole e immagini che scorrevano davanti a lei come un treno. La donna era stata uccisa da Re-Destro, uno dei più conosciuti esponenti del Fronte di Liberazione del Paranormale e uno dei principali responsabili della disastrosa guerra da poco conclusa. A quanto pareva era stato tratto in inganno dalla commissione: gli era stato detto che volesse stringere un accordo con lui, cosa che lo portò ad entrare nella loro sede e ad essere pugnalato alle spalle, ritrovandosi numerose pistole puntate addosso senza alcuna difesa, anche minima, a cui appendersi. Che sia stato quindi per proteggersi o per semplice vendetta, l'uomo reagì usando il suo quirk in modo violento, risultando nell'eventuale assassinio della donna.
"A prendere il suo posto come presidente sarà Yokumiru Mera, ma rimane inevitabile lo stato di fermo in cui la Commissione dovrà essere per un bel po'. Vi raccomando caldamente di stare attenti e di non perdere la speranza. Come All Might diceva sempre: Plus Ultra. Adesso, passiamo a-"
La ragazza spense la TV con un gesto secco e si riportò il telefono all'orecchio: "È tremendo" mormorò.
"Già..." Rispose l'amica, che non aveva mai smesso di stare in linea con lei.
"Dopo l'evasione dal Tartaro ci voleva solo questa..."
"Infatti..."
"Scusa Nejire, devo... devo andare adesso"
"Va bene, poi aggiornami"
"Certo, grazie per avermi avvisata"
"Di niente" rispose in tono affettuoso. "Ci sentiamo"
"Ci sentiamo" concluse Aya. Chiuse la chiamata con un sorriso alquanto amaro e malinconico. Appoggiò il telefono e si sedette sul letto, cercando di processare per bene ciò che aveva appena visto.
Keigo, che era stato lì dietro per tutto il tempo, si avvicinò alla sua ragazza e si mise accanto a lei; non aveva idea di cosa dire. Sperando con tutto il suo cuore di star facendo la cosa giusta, la abbracciò, e lasciò che si prendesse il suo tempo per decidere di parlare. Non immaginava minimamente che fosse tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
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