96. Replay
Cadono le stelle e sono cieco
E dove cadono non so
Cercherò, proverò, davvero
Ad avere sempre su di me il profumo delle mani
Riuscire a fare sogni tridimensionali
Non chiedere mai niente al mondo
Ho solo te
Come una cosa che non c'è
(B. D'Onghia, L. Dalla, S. Bersani, Replay, 2000)
--
Sabato 30 giugno 2018
Era successo qualcosa a Michele, e forse Ivan c'entrava qualcosa.
Michele, un sera poco prima che iniziasse il torneo, era tornato a casa scalzo e con l'aria sconvolta di chi aveva appena assistito a un fenomeno paranormale. Ma non aveva voluto spiegare nulla a Nic ed era andato dritto a letto.
Nic, in seguito, chiamò Raf per avere qualche delucidazione in merito. «Dimmi cosa è successo! Perché Michele mi sta vagando per casa da due giorni con l'aria di uno che è stato preso sotto da un treno?»
Ma la risposta di Raf fu: «Non ho nessuna intenzione di riferirti le confessioni private di Vanja, se Michele vorrà dirti qualcosa te lo dirà lui.»
Le insistenze di Nic non valsero a niente, Raf non scucì fuori neanche una parola. La sera del primo turno, però, dopo che Michele aveva vinto piuttosto agevolmente il suo incontro, Nic non lo vide tornare a casa, e gli arrivò un messaggio dello stesso Michele che senza dare alcuna spiegazione diceva: stanotte dormo da Ivan.
Siccome Michele non rispose alle richieste di spiegazione, Nic chiamò Raf. «Stavo per chiamarti io» disse Raf, «posso venire a dormire a casa tua, stanotte?»
«Ma Michele è lì?»
«Sì, lui e Vanja stanno chiacchierando in camera di Vanja. Lasciali un po' in pace, dai...»
Raf aveva un tono sfuggente, frettoloso. Mise in allarme Nic. «È successo qualcosa?»
«La nostra casetta è più piccola della vostra. Vanja è Andrej dormono nella stessa stanza, di solito, io ho la camera per me perché col mio russare sveglio tutti. Stanotte Vanja ha cacciato via Andrej, non voglio costringere quel poveretto a sorbirsi la mia moto sega. Posso dormire nella camera di Michele, per stanotte?»
Il tono di Raf si era fatto via via più mogio, e sulle ultime parole Nic percepì tutta la sua tristezza. «C'è qualcosa che non va?» insisté.
«Ma no. Posso venire? Dai, che ti costa?»
«Ma ovvio che puoi venire. Anzi, adesso esco di casa e ti vengo incontro.»
Rimasero in linea mentre Nic usciva di casa. Le due casette dove alloggiavano non erano molto distanti una dall'altra, nel quartiere residenziale di Wimbledon.
Si incontrarono dietro casa di Raf, sotto un lampione giallognolo. Nic non poté evitare di chiedersi quale finestra fosse quella della camera di Ivan.
«Andiamo, dai. Smettila di fare i raggi X alla casa» disse Raf. «Sappi che hai fatto la felicità di Andrej.»
Nic decise di affrontarlo di petto. «Ho avuto l'impressione che ci fosse qualcosa che non andava, al telefono. Cos'è che non mi stai dicendo?»
Raf, senza alcun preavviso, scoppiò a piangere.
Nic si avvicinò a lui e lo cinse lateralmente mettendogli una mano sulla spalla. Iniziarono a camminare lungo il vialetto. «Riguarda la tua salute, vero?» gli chiese col cuore che si stringeva, ma cercando di farsi forza per non deprimerlo ancora di più.
«Ho un linfonodo grosso così sotto l'ascella. Sono stato da un dottore qui a Londra, oggi pomeriggio. Me l'ha pagato Vanja. Il dottore mi ha detto che forse un piccolo intervento e un ciclo di radioterapia potrebbero prolungare ancora un po' l'attesa.»
Nic lo strinse con più forza. «E allora falli!»
«Certo che li farò! Ma se non ci foste tu e Vanja, sappi che avrei già rinunciato da un pezzo a queste manutenzioni per rimandare l'inevitabile...» Raf pianse ancora. Pianse disperato, e Nic lottò con tutte le sue forze per non farlo anche lui e cercare di essere di sostegno all'amico.
«Ho tanta paura...»
«Pensa al tuo lavoro. Trova soddisfazione in quello. Lo so che non è facile... Però... È l'unica cosa che puoi fare.»
Raf tirò su col naso. Deglutì rumorosamente. «Hai ragione. Mi sento così stupido. Ho cercato di ammazzarmi lentamente per quarant'anni, e adesso che finalmente ci sono riuscito mi cago sotto. Dovrei essere contento di essere riuscito nel mio intento...» Fece persino una risatina. «Contento, intento. Faccio anche le rime, vedi che sono proprio un poeta...»
Ridacchiò anche Nic, anche se ridere era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare in quel momento.
«Michele e Vanja... non sarebbe bello se fossero innamorati?»
Nic fece un gran sospiro. «Fossero... o sono?»
Ma Raf non volle sbottonarsi. «Non lo so se lo sono davvero. Ma non sarebbe bellissimo?»
«Non sono sicuro di essere d'accordo, lo sai che Ivan non mi piace...»
«A me piacerebbe...» Raf esitò un istante. «Mi piacerebbe per un motivo un po'... diciamo egoista.»
Nic contrasse le sopracciglia. «Egoista in che senso?»
«Lo so che ti danno fastidio questi discorsi sull'amore, ma lasciamene fare uno, uno solo, e poi ti giuro che non torno più sull'argomento.»
«Hm» borbottò Nic. Stava ancora cingendo la spalla di Raf, e d'improvviso ebbe la sensazione che quel contatto di lì a poco sarebbe diventato imbarazzante. Ma non si fece dissuadere da così poco: Raf aveva ancora bisogno di calore. Lo avrebbe tenuto accanto a sé. «E fammi questo discorso...»
«Io e te non ci siamo potuti amare. Ma i nostri figli sì. Io Vanja lo considero come un figlio. E vederlo felice insieme a tuo figlio, non so, mi darebbe come l'impressione di una redenzione, di un riscatto. Quello che non è potuto succedere nella vecchia generazione si realizza in quella nuova. Non è una cosa che ti dà speranza? Non ti darebbe gioia vedere che la felicità è possibile?»
Nic cercò delle obiezioni razionali a quel discorso, che come molti discorsi di Raf gli sembrava troppo romantico, sdolcinato, senza senso. Ma non riuscì a trovarne nemmeno una, perché quelle parole lo avevano toccato.
Una speranza nella nuova generazione. Non era per quello che si facevano figli? Perché la vita continuasse, per lasciare qualcosa nel mondo, una speranza di amore e gioia.
Daniele la sua gioia sembrava averla trovata con Maria, e quella gioia aveva già generato una nuova vita.
E se adesso anche Michele avesse trovato la sua? Michele che realizzava, in qualche modo, ventisei anni dopo, quello che era stato impossibile realizzare ventisei anni prima.
«Scommetto che stai pensando che ho sparato le mie solite cazzate...»
«E invece no. Penso che fossero delle parole molto belle.»
Lo strinse a sé, e Raf si abbandonò contro di lui, in quella tiepida serata londinese.
--
Note 🎶
Il capitolo è breve ma intenso. Sono successe un po' di cosette tra Michele e Ivan, quindi... ma che sarà mai? Potete leggerlo su Play, nei capitoli che vi avevo consigliato in calce al 94!
Ci rileggiamo lunedì, e lasciatemi una stellina per tutte le frasi romantiche pronunciate da Raffaele.
—
Note 2 - Leggere Play in parallelo ▶️
Se leggete fino al capitolo 72 avrete degli spoiler importanti sulla storia di Michele, MA sono delle cose che considero molto più emozionanti se lette prima dal punto di vista di Michele. Non andate più avanti del 72!
(Sì ho copiaincollato le ultime note)
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top