93. And we mean to go on, and on, and on, and on
No time for losers
'Cause we are the champions of the World
(F. Mercury, We are the champions, 1977)
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28 gennaio 2018
Eccolo lì, Michele, il figlio coccolato, il talento, il genio, la futura leggenda.
Eccolo lì, la contraddizione, il figlio problematico, l'insicuro, il bambino, il ragazzo fragile che non riusciva a dimenticare sua madre.
Eccolo lì con la coppa in mano, a diciannove anni, come solo i più grandi: duemila punti, titoli sui giornali e il numero tre del mondo.
Se a Nic avessero detto, quando sudava e bestemmiava per passare il suo primo turno ai Futures a diciott'anni, per scappare dal buco di culo del mondo, se gli avessero detto: avrai un figlio che alla tua età vincerà uno Slam e verrà raccontato dai giornali come la futura stella più fulgida del firmamento tennistico, avrebbe mandato a fanculo quella persona, non ci avrebbe creduto.
E invece eccolo, Michele, il campione degli Australian Open 2018, che dormiva abbracciando carote di peluche, che non capiva le proprie pulsioni, ma che capiva le traiettorie delle palline da tennis meglio di chiunque altro, e disegnava geometrie, ingabbiava gli avversari, risplendeva con i suoi gesti perfetti suscitando l'ammirazione unanime di esperti e profani.
Eppure, in quel momento di gloria, nel momento del massimo orgoglio mai provato, nel momento della soddisfazione, della consapevolezza che in quella vittoria c'era anche un po' di merito per se stesso, che quel figlio lo aveva allenato, incoraggiato, ma ancor di più criticato, e controllato, salvato dalla propria confusione e dai suoi impulsi a lasciarsi andare, in quel momento Nic pensò ad altre persone.
Pensò a Elisa, che aveva forgiato il bambino a sua immagine, rendendolo... come aveva detto Daniele? Una mini estensione di se stessa.
Quanto c'era di Michele, dentro Michele?
Uno scopo. Nic aveva voluto dare uno scopo ai suoi figli, aveva pensato che il tennis fosse uno scopo perfetto, nonché l'unico in cui lui, in prima persona, avrebbe potuto aiutarli. E Michele quello scopo lo stava onorando nel modo più splendido immaginabile.
Ma quanto c'era di Michele in quello scopo? E quanto la mini estensione di Elisa?
Nic se lo chiese, e si rispose che ogni uomo, in qualche modo, viene influenzato da fattori esterni nella scelta del proprio scopo, e quale fattore più rilevante di un genitore? Questo non rendeva lo scopo meno suo, questo non escludeva la felicità e la soddisfazione.
Poi pensò a Raffaele, che era stato destinato a quella strada, a quei passi, a quei traguardi, che tutti credevano avrebbe raggiunto il numero uno all'età di Michele. Anche lui il suo scopo se l'era visto imporre dall'alto, da sua madre, ma non l'aveva mai fatto suo, a differenza di Michele.
E infine pensò a Daniele, e fu il pensiero più affettuoso e pieno di speranza. Daniele il figlio dimenticato, ma mai da Nic, che non reputava meno importanti i suoi obiettivi all'apparenza più modesti.
I giornali avrebbero parlato di Michele, sempre di Michele, ma Nic avrebbe portato alla vittoria anche Daniele. Lo avrebbe accompagnato nella sua carriera di doppista, gli avrebbe fatto esprimere ai massimi livelli il suo talento, le sue doti. Nell'ottimismo della vittoria di Michele, Nic si prefissò un nuovo scopo: quello di investire quante più risorse possibili nelle aspirazioni di Daniele.
E quello, più difficile, di aiutarlo a placare l'invidia. O ancor meglio a trasformarla, farla diventare una spinta competitiva, positiva, il desiderio di realizzare se stesso e tutte le sue potenzialità.
Un ultimo, piccolo pensiero andò anche a quell'insopportabile ragazzino con i capelli azzurri.
«Th-than you» aveva detto Michele al microfono. Aveva parlato, balbettato, una cosa che non voleva mai fare in pubblico. E l'aveva fatto per ringraziare Ivan. Una persona che mi ha aiutato a dormire, aveva detto coi segni. E poi quel thank you con la sua voce.
Nic era certo Ivan che l'avesse aiutato davvero. Gli piaceva pensare che suo figlio, quella notte, prima della sua vittoria più sfavillante, avesse dormito felice tra le braccia di Ivan, allo stesso modo in cui Nic aveva dormito scomodo stretto a Raffaele.
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Note 🎶
Adesso avete capito perché pubblico tre capitoli questa settimana? Record di brevità! Questo capitolo è gemello di quello in cui Michele vince in Play, e anche quello di Play è il più breve della storia. Inizialmente questo l'avevo unito al successivo, ma mi sembrava talmente fuori tono, con la sua retorica un po' retorica (posso dire retorica sostantivo retorica aggettivo?) che ho deciso di isolarlo.
Ci leggiamo venerdì con un capitolo molto più sostanzioso. E lasciatemi una stellina per tutti i lucciconi negli occhi di Nic mentre guarda il pargoletto vincere lo Slam.
Note 2 - Leggere Play in parallelo ▶️
Opzione 1, no spoiler: leggete il capitolo 51, che è il gemello di questo, e il 52 dove succedono cose a Michele che Nic non saprà mai.
Opzione 2, spoiler su Michele: sono fatti molto importanti per lui e, secondo me, sono molto più interessanti se visti prima dal punto di vista di Michele: leggete dal capitolo 51 al capitolo 63.
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