79. Tutto quello che sai darmi è un amore di plastica
Non sei per nulla obbligato
A comprendermi
E quasi non sento il bisogno
D'insistere
E tu che mi offrivi un amore
Di plastica
Ti sei mai chiesto se onesto
Era illudermi
[...]
Volevo essere più forte
Di ogni tua perplessità
Ma io non posso accontentarmi
Se tutto quello che
Sai darmi
È un amore di plastica
(C. Consoli, Amore di plastica, 1996)
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17 Gennaio 2011
Quel giorno Daniele compiva diciotto anni ed Elisa, dopo non avergli parlato per l'ultimo anno e mezzo, a colazione gli fece gli auguri dandogli due baci sulle guance. Daniele fu talmente stranito dal gesto che le chiese se stesse bene. Lei rispose annuendo e tornò a chiudersi nel suo mutismo.
Fino al pomeriggio, quando andò da Nic in un momento in cui erano soli in casa e gli porse un depliant.
Al silenzio, ormai, Nic quasi ci si era abituato. Elisa non parlava più. Rispondeva a monosillabi o non rispondeva a qualsiasi domanda le venisse fatta da Nic o Daniele.
Da ormai un anno era in cura psichiatrica, anche se Nic era contrario a quelle porcherie. Ma il suo malessere era tale, che avevano deciso di provare anche quella soluzione. Ne aveva cambiati quattro diversi, perché a dire di Elisa non ci avevano capito niente dei suoi problemi, finché non ne avevano trovata una che Elisa aveva deciso di continuare a vedere, e che le aveva prescritto degli psicofarmaci, tipo di cura che Nic aborriva dopo aver visto ciò che non aveva fatto a Raf.
Si sentiva sempre più impotente di fronte a quella situazione.
Ma quel giorno qualcosa era cambiato: prima gli auguri al figlio. Ora il depliant.
Nic lo prese.
Si trattava di una clinica privata di Milano dedicata alla chirurgia estetica.
Nic alzò la testa e le chiese spiegazioni, sperando di non ricevere le solite risposte monosillabiche.
«Mi sento avvizzita. Non sono più io. Ho bisogno di ritrovarmi.»
«E la soluzione secondo te sarebbe un lifting?»
Elisa strinse le labbra, facendo formare tante piccole rughe sul contorno.
La sua ossessione per il proprio aspetto era andata degenerando.
Non usciva più di casa senza un cappello dalla tesa larghissima che la proteggesse dal sole, si cospargeva di creme a diverse ore del giorno e da quando Nic era riuscito a convincerla a dormire di nuovo con lui, si coricava ogni notte con il viso coperto da impacchi e strani nastri adesivi che le tenevano la pelle in tensione.
«Eli. Ma sei bellissima. Ti prego, smettila con queste paranoie... Ti scongiuro!»
«Non mi riconoscono più allo specchio.»
«Ma se sei sempre tu!»
Lei scosse la testa. «La psichiatra mi ha detto che secondo lei mi farebbe bene.»
Nic si trattenne dal tirare un calcio al tavolo. «Quella stronza non capisce un cazzo. Ma quale psichiatra adesso si mette a consigliare interventi di chirurgia plastica per far star meglio la gente? Dimmi la verità... te lo stai inventando?»
«No. Mi ha detto che soffro di una forma di disallineamento percettivo e che...»
«Una forma di cosa?»
«Come al solito non mi credi!» Elisa incrociò le braccia.
Nic si fece forza, e con la massima gentilezza possibile cercò di farla parlare ancora. «Scusa, non volevo interromperti. Vorrei capire che problema hai, me lo puoi spiegare per favore?»
Elisa sembrò fare uno sforzo gigantesco, ma si spiegò. «Mi Ha detto che i miei sentimenti somigliano molto a quelli delle persone transgender. Mi ha spiegato così: una donna transgender, ad esempio, è nata nel corpo di un uomo ma dentro si sente una donna e per allineare ciò che sente dentro di sé con ciò che è fuori fa degli interventi ormonali ed estetici, e questo risolve il suo disallineamento. Io dentro mi sento ancora giovane, ma ho il viso e l'aspetto di una vecchia. Perciò allo stesso modo se faccio degli interventi ormonali ed estetici posso riallineare il mio interno al mio esterno.»
Erano almeno due anni che Nic non sentiva Elisa parlare così tanto, ma forse, piuttosto che sentirle esprimere quei deliri senza senso, avrebbe preferito se fosse rimasta zitta.
«Ok» disse. «Domani cerchiamo una nuova psichiatra.»
Il volto di Elisa si incattivì. «Lo sapevo che mi volevi mettere i bastoni tra le ruote! Ce l'hai con me! Stai diventando vecchio tu e vuoi che divento vecchia insieme a te!»
«Ma possibile che non ti rendi conto da sola che questa pseudo dottoressa ti ha detto una marea di cazzate?»
«Non sono cazzate! Questi disturbi esistono!»
«Ma cosa cazzo significa che dentro ti senti giovane e fuori sei vecchia? Tu hai cinquant'anni, Elisa. Li hai dentro e li hai fuori. Prima ti rendi conto di questa cosa, meglio vivrai con te stessa.»
«Ne ho ancora quarantanove!»
«Ne compi cinquanta a giugno.»
Gli occhi di Elisa si inumidirono di lacrime.
Nic le prese le mani.«Non è una tragedia. È una fase della vita. Devi accettare la tua età. Cosa cazzo te ne frega di quante rughe hai sulla faccia?»
«Ma io non mi sento così, dentro di me!»
«E non capisci che quello che devi cambiare è il modo malato in cui ti senti e non il tuo aspetto?»
«Ma le persone trans vivono meglio dopo che...»
«Scusa, ma mi sembra una cosa completamente diversa. Perché nel caso dei trans, fai uno o due interventi e stop, no? Nel tuo caso, cosa vuoi fare? Fai un lifting quest'anno, ok. Magari dopo che hai fatto il lifting dimostri un paio di anni di meno, chissà. Io non credo, a me le donne rifatte sembrano tutte identiche e tutte molto brutte. Ma ok, ammettiamo che dimostri un paio di anni in meno. Tra un paio d'anni il problema si ripresenterà, e lo farai di nuovo, e andrai avanti così all'infinito, e finisce che diventi tipo Michael Jackson. Vuoi diventare come Michael Jackson?»
Elisa pianse ancora più forte. «Tu mi vuoi proprio male! Mi odi! Non vuoi la mia felicità!»
«È proprio perché voglio la tua felicità, che vorrei che accettassi che hai cinquant'anni e che sei una bellissima donna di cinquant'anni, e potrai essere una bellissima donna di sessanta è di settanta. Una donna con le sue rughe, i suoi capelli bianchi, il suo sorriso bellissimo con le fossette, che è stata la prima cosa che ho ammirato del tuo viso, e che per qualche motivo non vuoi mai mostrare. È per quello che non ti fai mai venire le fossette quando sorridi? Perché ti sembrano delle rughe?»
«Le odio, quelle fossette di merda!» Elisa si indicò una guancia. «Guarda questo segnaccio verticale orrendo! È tutta colpa delle fossette!»
«Ma la cosa che ti vorrei far capire, quella più importante, è che il tuo aspetto fisico è sempre stata la cosa che mi è interessata di meno della tua persona. Tu mi piaci perché sei intelligente, dolce, simpatica, perché ti piace leggere e fai osservazioni interessanti sulle tue letture e sulla realtà. Questi sono aspetti della tua persona che resteranno sempre con te e che non dipendono dal tuo aspetto fisico. Sono queste le cose che contano di più e queste non cambieranno mai. Cosa cazzo te ne frega di come appari fuori?»
Erano già cambiate, in realtà. Elisa non era più la donna dolce, simpatica e arguta che Nic aveva conosciuto a diciotto anni. Qualcosa aveva iniziato a rompersi quando aveva scoperto di essere incinta di Daniele, e la crepa, con gli anni, si era fatta sempre più profonda.
Ma Elisa quel giorno gli aveva parlato. Dopo un anno di silenzio aveva ricominciato a parlare, e gli aveva chiesto aiuto.
Certo, l'aveva fatto nel modo più sbagliato possibile. Ma forse era un passo avanti. Forse era un segno che capiva anche lei che era arrivato il momento di cambiare.
***
12 febbraio 2011
Elisa e Michele stavano comunicando da almeno cinque minuti con la lingua dei segni, e Nic stava iniziando a spazientirsi, perché gli sembrava evidente che lo stessero facendo per escluderlo.
Elisa non aveva perso l'abitudine di parlare con lui in quel modo. Anche dopo essersi chiusa nel suo mutismo, con Michele ci aveva sempre parlato, sia a parole che coi segni.
Nic si era rifiutato di imparare quella strana forma di linguaggio. A furia di vederli gesticolare, aveva imparato alcuni segni, quello che indicava mamma, alcuni relativi al tennis. Ma non voleva cedere: a suo figlio non faceva bene parlare in quel modo, era una scappatoia. E negli ultimi anni era diventata anche una forma di auto isolamento.
«Posso sapere cosa vi state dicendo?» intervenne Nic.
Michele fece un'espressione seccata.
«Mi ha chiesto se come regalo speciale di compleanno stanotte posso dormire con lui.»
Daniele per fortuna non era presente, altrimenti avrebbe di sicuro preso in giro suo fratello. Si trovava in California a un torneo del circuito Challenger, dove giocava sia il singolare che il doppio, e Nic ed Elisa l'avrebbero raggiunto lì il giorno dopo.
«No» disse secco Nic.
Elisa sbuffò e come al solito non proferì parola.
«Eddai p-p-papà! D-do-domani pa-paaaaaartite!»
Sì. Partivano. Nic voleva seguire Daniele al torneo, dopo che era stato costretto a farlo andare da solo all'ultimo. Ma non si fidava a lasciare Elisa da sola con Michele perché sapeva che se l'avesse fatto avrebbero dormito insieme.
Sei mesi prima era accaduto un episodio che Nic aveva trovato estremamente disturbante: Michele aveva avuto una polluzione notturna ed era accaduto mentre dormiva con sua madre. Si era svegliato piangendo, non capendo cosa fosse successo lamentandosi di essere tutto appiccicoso e credendo di essersi pisciato addosso.
Nic non aveva ancora mai fatto educazione sessuale a Michele, e quella mattina si pentì amaramente della sua scelta.
Con Daniele l'aveva fatto prima che iniziasse ad avere delle pulsioni sessuali. Tra i dieci e gli undici anni gli aveva spiegato cosa gli sarebbe successo crescendo. Daniele aveva reagito con un po' di imbarazzo e risatine confessando al padre che di quegli argomenti aveva già parlato con gli amici a scuola, ma poi si era dimostrato anche incuriosito da alcune informazioni e tutto sommato a Nic sembrava che essere stato aperto con lui fosse stata una cosa positiva. Ci aveva anche tenuto moltissimo, considerando ciò che aveva vissuto lui in passato, a essere chiaro e aperto sulla possibilità che Daniele potesse essere attratto da ragazzi anziché da ragazze, un'accortezza che aveva finito per essere inutile, perché Daniele era indiscutibilmente attratto in maniera univoca da ragazze. Ma Nic ci aveva tenuto a specificarlo.
Con Michele, Nic era stato più restio. Era un ragazzino talmente infantile, che aveva temuto di disturbarlo parlandogli di sesso. Ovviamente era stata la scelta sbagliata e si era poi amaramente pentito di non aver fatto al suo figlio minore lo stesso discorso che aveva fatto al maggiore alla stessa età.
Dopo la polluzione, Nic aveva cercato di rimediare, ma come aveva temuto Michele aveva reagito malissimo a quella lezione, in certi momenti si era quasi rifiutato di ascoltare ciò che Nic gli stava spiegando.
Da quella sera, Nic aveva impedito a Elisa di continuare a dormire con lui. Michele stava vivendo le sue prime pulsioni, stava cominciando probabilmente a fare le prime fantasie di quel tipo, e avere la madre nel letto mentre ciò accadeva era una cosa sbagliata e disturbante.
Né Elisa né Michele sembravano volerlo capire. Elisa dava del malato a Nic, accusandolo di sessualizzare una cosa perfettamente innocente. Nic era convinto che si trattasse davvero di una cosa innocente, ma non riusciva a capire come Elisa non si rendesse conto che innocenza e opportunità non andavano di pari passo.
Michele, invece, voleva semplicemente continuare ad avere il suo orsacchiotto umano nel letto. Nic aveva davvero sbagliato tutto. Non era stato abbastanza deciso nell'imporsi prima, nell'impedire a quell'abitudine malsana e infantile di proseguire durante la sua crescita. E questo era il risultato, che aveva un figlio di dodici anni – da quel giorno tredici – che faticava a dormire da solo, e che aveva ancora bisogno che sua madre gli leggesse almeno mezz'ora di storie ogni notte prima di coricarsi.
Da quel giorno, Nic non aveva più lasciato Elisa da sola con Michele. Sapeva benissimo che quei due avrebbero contravvenuto al suo divieto di dormire nello stesso letto non appena ne avessero avuto l'occasione.
Da quando il fattaccio era avvenuto, Daniele aveva giocato tre tornei. Uno dei tre, per fortuna, si era tenuto vicino a Miami. Il secondo era stato in Sudamerica. Elisa si era rifiutata di partire, e Nic si era visto costretto a lasciare Daniele da solo. Lui per fortuna aveva capito: era davvero un ragazzo straordinario, l'esatto opposto di Michele in quanto a maturità e indipendenza.
Lasciarlo più libero di fare quello che voleva aveva avuto parecchi effetti positivi. Nic aveva notato un leggero calo d'impegno nei ritmi di allenamento, qualche sgarro in cucina (Daniele era una buona forchetta), e ogni tanto tendeva a tirar tardi quando usciva con gli amici. Ma era diventato professionista a diciassette anni, e pur senza risultati strabilianti, partecipava a parecchi tornerei con dedizione, e proprio quella settimana era impegnato nel suo primo Challenger. Era ancora frustrato da non essere bravo come il fratello, e spesso esprimeva sentimenti ambigui nei confronti di quello sport: certi giorni sembrava felice di giocare senza la pretesa di diventare un numero uno, certi altri esprimeva frustrazione e invidia. Ma tutto sommato a Nic sembrava fossero più i giorni in cui era felice di quelli in cui era incazzato.
Proprio perché si trattava del primo Challenger, Nic aveva ritenuto importante stagli vicino, e aveva praticamente costretto Elisa a partire per la California, scendendo a un piccolo compromesso: sarebbero partiti un giorno dopo la data prevista, per poter festeggiare insieme a Michele il suo tredicesimo compleanno.
Michele non sarebbe rimasto da solo: c'era zia Elena insieme a lui. E Sara, ovviamente, che gli stava sempre attaccata ai piedi.
Era da un anno che Elena li aiutava come amministratrice e manager. Svolgeva il grosso del lavoro da Genova, dove ancora viveva, ma ogni tanto andava a trovarli a Miami.
L'assunzione di Elena era stata una specie di aiuto reciproco tra sorelle. Elena due anni prima aveva divorziato dal marito, una brutta storia di tradimento da parte di lui. Non aveva figli, e si era ritrovata sola e un po' sperduta all'età di quarantasei anni, con la prospettiva di rimanere "zitella", termine dispregiativo usato dalla stessa Elena in un momento di autocommiserazione. Memore dell'aiuto che aveva dato a Elisa quand'era ragazza, avevano deciso di coinvolgerla nell'impresa familiare, e lei era stata ben felice di accettare. Elena sapeva dei problemi psicologici di Elisa, e Nic sospettava che uno dei motivi per cui aveva accettato fosse stato proprio quello. La psichiatra ed Elena erano le uniche due persone con cui Elisa aveva continuato a proferire parola. Ogni tanto Nic aveva origliato qualche telefonata, e quando Elena andava a trovarli, Nic aveva sentito sporadici discorsi tra le sorelle.
Quella sera, i litigi andarono avanti molto più di quanto Nic avesse sperato. Michele era sempre stato un bambino molto ubbidiente, e sembrava destinato a rimanerlo. Non metteva mai in discussione gli ordini della madre, e nemmeno quelli di Nic. Quella sera, però, insistette parecchio, e con un atteggiamento molto angosciato. Non gli capitava spesso che sua madre si allontanasse da lui, e la prospettiva lo stava mettendo in crisi.
Quando Elisa alle undici, sentendo Michele mormorare nel sonno nell'altra stanza, si alzò per andare da lui, Nic la anticipò chiudendo la porta della loro camera a chiave per impedirle di uscire, perché già sapeva che a parole non avrebbe voluto sentire ragioni.
***
6 marzo 2011
«Mi perdoni, signora Morandi, ma ci deve essere stata un'incomprensione, forse una cattiva spiegazione da parte mia» disse la dottoressa Anderson, la psichiatra di Elisa. Era una dottoressa italoamericana, e per fortuna parlava l'italiano molto bene, con un leggero accento newyorchese.
«Quindi non è vero che un intervento estetico le farebbe bene...» disse Nic, intimamente trionfante. Elisa non si era arresa di fronte al rifiuto di Nic, e aveva convinto Nic a parlare anche lui con la psichiatra, nella speranza di convincerlo, ma la dottoressa stava raccontando a Nic una storia completamente diversa da quella inventata da Elisa a gennaio.
«Non ho detto neanche questo...»
«Dottoressa, ma lei mi aveva detto...»
La dottoressa alzò una mano verso Elisa e annuì. «Sì, ricordo bene cosa le avevo detto. Posso spiegarvi?»
Nic ed Elisa si misero in ascolto.
«Io non ho mai detto che questo intervento serve ad allineare la sua percezione interna con quella esterna. L'esempio delle persone transgender l'avevo fatto solo per spiegarle che la chirurgia plastica può avere anche degli effetti positivi sulla psiche.»
«E quindi?» la incalzò Nic.
«Lei, signora Morandi, sta vivendo molto male i primi sintomi di menopausa. L'invecchiamento non può essere fermato, e lavoreremo insieme in terapia per facilitare la sua accettazione di una condizione umana che non è modificabile. Nel frattempo, penso che potrebbe giovarle ammorbidire questa transizione con degli interventi che possano ridarle la gioia di guardarsi allo specchio, con la prospettiva, in futuro, di trovare la bellezza anche nel suo viso maturo.»
Elisa sembrò molto indispettita dalle parole della dottoressa. «Ma io non mi sento vecchia! E lei mi ha sempre detto che è giusto che io non mi senta vecchia!»
«Nel senso che è giusto mantenere una mentalità giovane, attiva, curiosa» rispose la dottoressa, che a Nic sembrò molto più ragionevole e intelligente di quanto avesse creduto dalle distorte interpretazioni di Elisa.
«Questo mi sembra un atteggiamento sano» commentò Nic. «Ti ho sempre detto anch'io che le tue doti migliori sono l'intelligenza, la dolcezza e lo spirito di osservazione...»
«Signor Bressan, di certo lei non aiuta sua moglie col suo rifiuto fisico.»
Nic si allertò. «Quale rifiuto?»
La dottoressa passò a parlare con Nic ed Elisa della loro astinenza sessuale e scoprì che Elisa aveva addossato tutta la colpa a Nic. «Mi sento rifiutata. So che ti faccio schifo» disse a un certo punto.
Nic pensò fosse un'accusa ingiusta, perché lui si era sempre mostrato, a parole e nei fatti, disponibile con lei. Ma fece un esame di coscienza: e se Elisa avesse percepito, istintivamente, la sua intima mancanza di attrazione? Era un dubbio che non poteva esprimere ad alta voce, perché avrebbe significato rivelare la propria omosessualità.
L'ora finì, purtroppo, prima che Nic potesse parlare della cosa che gli premeva di più: il rapporto morboso di Elisa con Michele. A fine seduta Nic parlò da solo con la dottoressa, chiedendole un appuntamento privato, in cui parlarle di questi dettagli, ma lei si rifiutò dicendo che era contrario al codice etico. Richiamò Elisa in studio e propose loro di rivedersi insieme, ma fu Elisa a rifiutare l'appuntamento: secondo lei tutte le questioni erano state esplorate. Discorso chiuso. Nic si chiese se il rifiuto fosse legato proprio a Michele, se sospettasse che Nic voleva parlare di quell'argomento.
E il suo sospetto fu confermato da ciò che lei disse in macchina mentre tornavano a casa. «Chissà quante cazzate avresti voluto dirle su Michele...» sputò fuori con astio.
«Le avrei detto solo la verità» rispose Nic.
Elisa non pronunciò altre parole.
Per almeno un mese.
***
21 giugno 2011
Nic, alla fine, aveva ceduto a un compromesso. Aveva regalato a Elisa, per il suo cinquantesimo compleanno, un trattamento completo di botox al viso, alla modica cifra di cinquecento dollari.
Ci aveva tenuto a specificare e ribadire che era contrario, e che lui la trovava bellissima così: ci mancava solo che interpretasse quel gesto come un insulto, dopo averlo chiesto per mesi e mesi.
Nic sapeva che di propria iniziativa non l'avrebbe mai fatto. Avrebbe continuato a lamentarsene in eterno.
Anche nella gestione delle spese personali c'era stata in Elisa una regressione. Una strana forma di dipendenza psicologica da Nic, per cui aveva iniziato a chiedere dapprima rassicurazione, in seguito il permesso di usare i soldi familiari.
L'Accademia dava loro una paga per le attività di insegnamento. Il problema era che Elisa aveva ridotto quasi a zero i propri impegni, in una sorta di ritorsione nei confronti del fatto che gli insegnanti le avevano impedito di allenare Michele.
Era stata una scelta, quella di allontanare Elisa da Michele, con cui Nic era sempre stato d'accordo. Michele, quand'era seguito dalla madre, aveva la tendenza a strafare, fino a oberarsi di lavoro ai limiti dell'infortunio. E quando c'era lei a guardarlo, poi, certe volte si emozionava al punto da andare in agitazione e sbagliare tutto. Gli insegnanti lo avevano capito presto, e avevano deciso di rimediare.
Da contratto, Elisa avrebbe dovuto fare coaching ad altri ragazzi, ma Nic non ricordava più quando fosse stata l'ultima volta che si era fatta vedere su un campo. Non lavorando, ovviamente, non riceveva nemmeno uno stipendio. All'Accademia avevano chiuso un occhio su quella violazione, e Nic era convinto che l'avessero fatto solo per non farsi sfuggire il gioiellino Michele.
Nic non aveva mai posto a Elisa limiti nelle spese, era convinto che lei, da persona adulta, sapesse perfettamente quale fosse la situazione delle loro entrate e quanto fosse ragionevole spendere quando doveva acquistare qualcosa. Era stata lei, spontaneamente, a cominciare a porsi in una posizione di sudditanza. E Nic, in parte per pigrizia, in parte per incomprensione, non l'aveva mai messa in discussione. Di tanto in tanto la invitava a lavorare, ma non tanto per i soldi (che comunque facevano comodo), quanto per darle uno scopo, un obiettivo, una ragione di realizzazione personale che andasse al di là dell'accudire Michele.
Elisa tornò dalla seduta di botox molto indispettita. Era identica a com'era quando era uscita, tranne forse un lieve arrossamento della pelle. Nic le chiese com'era andata e lei sbottò: «Io te l'avevo detto che il botulino non serviva a un cazzo!»
Nic rimase senza parole. Era assolutamente certo che Elisa non gli avesse mai detto niente del genere.
«Mi dovevo fare dei filler! Questa roba al massimo mi distenderà un po' la fronte. Il dottore mi ha detto che per le pieghe naso labiali non fa praticamente un cazzo!»
«Scusa, ma io che cazzo ne sapevo? E questo filler quanto costava?»
«Più o meno come il botox.»
«E allora, se lo sapevi, perché non hai fatto quello?»
«Perché tu mi hai regalato il botox!»
«Io ti ho regalato quello che pensavo che volessi! Parli sempre di botox, che cazzo ne so? Secondo te ci capisco qualcosa di questa merda? Secondo te mi interessano questi argomenti? No! Penso che siano tutte cazzate! Il mio regalo era una visita a questo centro estetico di merda, potevi decidere tu cosa fare, porca puttana!»
«Io pensavo che avessi a cuore i miei problemi!»
Nic avrebbe voluto piangere dalla disperazione. «Che coglione. Ma quanto sono coglione! Perché ti ho regalato questa cosa? Tutta colpa di quella dottoressa di merda e delle stronzate di merda che mi avete detto, tutte e due! Sono sempre stato contrario e sono ancora contrario! Cinquecento dollari buttati nel cesso!»
«Cinquecento dollari per cosa?» Daniele spuntò dal corridoio. Nic non l'aveva sentito entrare in casa.
«Come ma non sei ad allenamento?»
«Mi stava facendo male il gomito, Marcel mi ha detto che era meglio se mi fermavo. Domani faccio una visita. Posso sapere di cosa stavate parlando?»
Elisa, ovviamente, rimase zitta. Aveva implorato Nic di non dire niente a Michele. Se Nic l'avesse detto a Daniele, c'era una possibilità che lo andasse a spifferare a suo fratello, anche solo per prenderlo in giro. «Niente. Spese impreviste. Non te ne preoccupare.»
Daniele li guardò con sospetto, ma non insisté.
***
26 giugno 2011
Sia Daniele che Michele avevano notato che c'era qualcosa di diverso nel viso di Elisa.
Ma mentre Michele, completamente ignaro e ingenuo come suo solito, si era limitato a chiedere a sua madre perché sorridesse in modo strano, Daniele, che era un ragazzo sveglio, capì tutto da solo.
«La mamma si è fatta il botox, vero?»
Nic ammise la verità, gli sembrava stupido fare il contrario. Ammise anche di essere stato lui a farle quella specie di regalo, dopo che lei aveva insistito in maniera ossessiva sul desiderio di fare dei trattamenti estetici. «Mi sono pentito cinque minuti dopo che era tornata a casa. Pensavo che si sarebbe un po' tranquillizzata, ma l'unica cosa che ho ottenuto è che adesso ne vuole altri.»
Visto che c'era, Nic decise di spiegare a Daniele la situazione e anche ciò che aveva detto la psichiatra.
«Questi psichiatri americani sono completamente fuori di testa. Medicalizzano tutto. Pensano che la soluzione ai problemi siano sempre farmaci, interventi medici o cagate simili. Spendere, spendere, spendere.»
«Forse hai ragione. Non so più cosa fare per aiutarla.»
La posizione di Daniele fu molto dura. «Sei anche troppo buono con lei. È una stronza infantile egoista. Non dovresti darle corda.»
La discussione finì in amarezza, con Nic che cercava di difendere Elisa e si faceva promettere da Daniele di non dire niente a Michele.
***
16 Agosto 2011
Tutto arrivò al punto di non ritorno durante una umida sera di agosto, mentre Elisa e Nic stavano stesi a letto, al buio, poco dopo aver spento la luce.
Dopo non aver più parlato con Nic dal giorno del suo compleanno, Elisa se ne uscì con l'affermazione più drastica possibile: «Se vado avanti così la faccio finita.»
A Nic tornò subito in mente la terrificante immagine di Leonardo sul letto d'ospedale, con la spalla perforata.
Ma cercò di mantenere la calma. «Cosa vuoi dire?»
«Sta andando tutto in merda.»
Nic cercò Elisa con la sua mano, nell'oscurità. Trovò il braccio e lo sentì contrarsi. «Ci sono tante cose belle... trovavi gioia in tante cose, una volta...» Si sentì così stupido e vuoto. Sembravano parole di circostanza.
«Michele ha cominciato a masturbarsi.»
Nic fu allarmato da quell'informazione. Non per l'informazione in sé, ma per come Elisa poteva esserne venuta a conoscenza. «Te ne ha parlato o l'hai beccato?»
«L'ho sentito.» Elisa iniziò a piangere. «Vedi cosa è successo a lasciarlo da solo?»
«Ma è normale... tutti i ragazzini a quell'età cominciano a masturbarsi.»
«Ma cosa dici!» disse lei tra i singhiozzi. «È ancora un bambino! E poi lui... lui era così puro, così innocente...»
«Guarda che non è una cosa impura» cercò di farla ragionare Nic. «È una cosa naturale.»
Elisa pianse ancora. «E io sto diventando un rifiuto, non servo più a niente... Il mio corpo è sterile, la mia faccia casca a terra, mi vergogno a farmi vedere in giro... Faccio schifo, Nic. Schifo.»
«Non è vero. Sei bellissima.»
«Non lo pensi! Lo dici solo per farmi un favore.»
Nic accese la luce. Elisa portò un braccio davanti agli occhi. «Cosa fai?»
Sul suo viso c'era la solita maschera, quella che metteva ogni sera: dormiva con la testa rialzata da due cuscini e aveva due dischetti imbevuti di chissà cosa sugli occhi, una densa crema cosparsa su tutta la pelle del viso, una fascia che le teneva in tensione il sottomento, e degli strani nastri adesivi che tendevano le guance verso quella stessa fascia.
Nic prese un fazzoletto dal comodino e iniziò a pulirle il viso. «No! Ma cosa fai?»
«Poi se vuoi te la rimetti» disse lui, continuando a pulirla. Per ultima cosa le tolse le fasce che la tenevano in tensione.
Poi la baciò. Lei si lasciò baciare per qualche secondo, prima di allontanarlo: «Sul serio ti piaccio ancora?»
Elisa aveva bisogno di sentirsi desiderata e Nic non si era impegnato abbastanza, con lei. Alle prime ritrosie si era arreso, e forse l'aveva fatto perché gli stava bene così.
Ma lei ne aveva sofferto, e quella sofferenza doveva finire.
E quale miglior modo di farla sentire desiderata di un'erezione?
Solo che a Nic, ormai, accadeva talmente di rado, che gli sembrò di aver dimenticato come si faceva. Da quando Elisa aveva smesso di parlare e Michele aveva iniziato a dare i primi segni di sviluppo puberale, la sua testa era stata riempita da queste preoccupazioni, e aveva smesso persino di masturbarsi, un'attività che aveva sempre usato come valvola antistress e per mantenere adeguati gli equilibri ormonali nel suo corpo. Ed erano anni, ormai, più di dieci almeno, che Nic non era riuscito ad associare a un'erezione una vera e propria eccitazione, anche mentale.
Con Elisa qualche volta c'era riuscito, nei primi tempi della loro relazione, associando il rapporto a pensieri estemporanei, suggestioni, odori, sensazioni.
In quel momento non c'era niente, non una singola cosa che gli facesse provare desiderio, ma doveva trovarla, in fretta, altrimenti lei avrebbe capito l'inganno.
E se c'era una cosa che Nic sapeva fare bene era concentrarsi.
Pensò a ciò che gli piaceva. Amava le spalle larghe, i petti piatti, le guance ruvide. Si sarebbe concentrato sulla schiena di lei, infilò le mani sotto la sua canotta, sentì la pelle nuda, per fortuna non indossava il reggiseno, e toccò le scapole fece scorrere le dita sulle costole, visualizzò la schiena di un ragazzo magro, visualizzò corpi appartenenti a nessuno, uomini intravisti sotto la doccia, muscoli tesi su un campo di allenamento.
Schiene maschili. Astrazione. Pura astrazione. Schiene, culi.
Eccolo il cazzo che diventava duro. Lei lo sentì, lo toccò, sussurrò il suo nome. «Ti ero mancata così tanto?»
«Sì» mentì lui.
«Questo mi pare che ti piaceva...»
Nic capì, ancor prima che lo facesse, cosa Elisa aveva intenzione di fare, e si, sì che gli piaceva. Era forse la cosa che gli piaceva di più.
Elisa scese sul suo pube e prese l'erezione in bocca. Nic chiuse gli occhi e per circa un minuto godette davvero, lasciandosi completamente andare, tanto da lasciarsi sfuggire persino qualche debole gemito.
Ma per fortuna la sua ragione, la guida fortissima che dominava ogni aspetto della sua vita, riprese il controllo e si rese conto che non lo stava facendo per se stesso, ma per lei.
«Togliti la canottiera» le sussurrò. «Voglio guardarti.»
Lei alzò il viso e lo guardò negli occhi, mentre lo soddisfaceva per un po' con la mano. «Ti piace?»
«Sì.» Ora non stava mentendo, gli stava piacendo davvero.
«Scusami. Avrei dovuto pensare anche a te. Sono stata egoista.»
Lui le fermò la mano, le accarezzò il viso, tornò su di lei, infilò la mano nelle sue mutandine, la toccò.
Non era affatto bagnata.
Lei fu rapida a togliere la mano. Lui accennò a scendere su di lei con la bocca, ma lei lo fermò. «No» disse. Lo rimise steso a pancia in su, ricomincio a fargli il pompino. Nic la lasciò fare, ma non riusciva più a capire cosa volesse.
«Posso farlo anche ogni notte» sussurrò lei prendendosi una pausa.
«Solo se vuoi tu» disse lui.
Lei continuò. Nic non capiva. Sembrava fosse l'unica cosa che lei voleva fare, quel pompino, e Nic si tratteneva, cercando un appiglio per far smettere i preliminari e iniziare il rapporto.
Solo che... lei non sembrava volere un rapporto. Ma allora perché gli stava facendo quel pompino? Perché? Forse era meglio venire subito?
«Ti piace, vero?» sussurrò di nuovo lei.
«Tantissimo» sussurrò lui.
Lei fece un altro paio di affondi, aumentando il ritmo, avvolgendolo anche con la mano.
Ok. Adesso spengo il cervello e vengo.
«Fammi andare a Milano...» sussurrò lei.
«Eh?»
Lei gli leccò il cazzo e ripeté la richiesta. «Fammi andare alla clinica.»
Nic inorridì con tutto se stesso.
Stava cercando di sedurlo. Stava cercando di convincerlo facendolo ragionare col cazzo.
Non aveva provato mai tanta pena per qualcuno come in quel momento per Elisa.
Una donna disperata senza più pulsioni, ossessionata da un traguardo irrealizzabile, che cercava di convincere l'uomo che la manteneva nel modo in cui, forse aveva imparato, tutti gli uomini si convincevano: prendendoli per il cazzo.
Solo che lo stava facendo a uno dei pochi uomini con cui quelle cose non funzionavano.
Elisa era un clown che si esibiva in un teatro vuoto, pensando che davanti a lei, dietro ai riflettori, ci fosse un pubblico; era un cane che leccava un cucciolo morto, credendo che prima o poi si sarebbe svegliato.
Nic avrebbe voluto piangere e gridare, per quando patetica stava trovando quella scena. E la colpa non era di Elisa, ma sua.
Avrebbe voluto fermarla e chiederle scusa, sono un finocchio, Elisa, e in tutti questi anni ho preso per il culo te e me, illudendomi che questa messinscena macabra potesse rendere felice qualcuno.
Avrebbe voluto dirle tutto questo, ma ormai era troppo tardi.
E fece invece il suo dovere da uomo, e da partecipante non consenziente a quello spettacolo patetico.
Venne.
—
Note 🎶
Be', vi presento la scena sessuale più sgradevole che abbia mai scritto (per me che la scrivevo, non so a leggerla).
Elisa distorce non solo la realtà, ma anche le parole delle altre persone, e per quanto possiate (giustamente) disprezzarla per come tratta Daniele, si tratta di una persona con problemi mentali che Nic non solo non capisce, ma alimenta e ha alimentato attivamente.
Vi do appuntamento a lunedì, con un altro titolo di plastica, e lasciatemi una stellina per ogni giorno in cui Nic avrebbe dovuto fare coming out con Elisa e non l'ha fatto.
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