51. Alles klar, Herr Kommissar?

Dreh' dich nicht um, schau, schau,
Der Kommissar geht um!
Er wird dich anschau'n
Und du weißt warum.
Die Lebenslust bringt dich um.
Alles klar, Herr Kommissar?

Non voltarti, guarda, guarda,
Il commissario sta arrivando!
Ti guarderà, e sai perché,
la gioia di vivere ti ammazza.
Tutto chiaro, signor commissario?

(Falco, Der Kommissar, 1982)

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27 marzo 1986

«Buon compleanno, amore!»

Il regalo di Elisa era gigantesco. Nic non aveva mai visto un pacco regalo tanto grosso. «Ma... che roba è?» chiese perplesso.

«Aprilo e lo saprai.»

La scatola che aveva davanti era larga, a occhio, almeno un metro, profonda poco meno e alta una trentina di centimetri. Nic pensò a qualche tipo di attrezzatura tennistica, ma non gli venne in mente nulla che potesse stare in una scatola di quelle dimensioni.

«Oh, be'. Non ha senso che sto qua ad aspettare, eh?»

«Esatto.»

Nic strappò la carta a pois.

«Oh... una... valigia?»

Elisa roteò gli occhi. «Cosa c'è scritto sopra?»

«JVC Videomovi vu acca esse ci» lesse Nic.

«Si pronuncia videomuvi» lo corresse lei.

«È un videoregistratore?» chiese meravigliato. Gli sarebbe piaciuto possederne uno.

«Meglio! Apri!»

Nic fece scattare le chiusure della valigia e all'interno c'era...

«Wow!»

Una telecamera!

«Ma... cazzo! Ma... è...  ma quanto ti è costata? Sei pazza? Per me?»

Perché diamine gli aveva regalato una telecamera? Nic non era un tipo dall'indole artistica, era Raf quello fissato con le foto e le Polaroid. 

«Non preoccuparti del prezzo, non è stupenda? È l'ultimo grido, in America è esplosa la mania, sai? Ero indecisa tra questa che funziona a VHS e quella della Sony che va a Betamax. Ma il commesso mi ha detto che la VHS tira di più ed è più facile trovare le cassettine per registrare. Sai che si attacca direttamente alla TV se vuoi rivedere quello che hai registrato? Non serve avere il videoregistratore!»

La telecamera era davvero bellissima, nuova, scintillante, color nero e rosso cupo. Il manuale d'istruzioni era più grosso del suo libro di storia di quinta superiore. «Ci impiegherò almeno un anno per imparare a usarla e a cosa servono tutti questi bottoncini.»

«E invece devi impiegarci pochi mesi. Non ti va di farmi qualche registrazione al combined di Francoforte, quest'estate?»

«Be', mi piacerebbe provare, sì!»

Elisa aveva comprato anche qualche videocassetta vergine e trascorsero il pomeriggio a cercare di capirne il funzionamento. Impiegarono dieci minuti buoni solo ad attaccare e connettere il mirino all'aggeggio. C'erano due batterie in dotazione, una da mezz'ora e una da tre quarti d'ora, già cariche. Il manuale consigliava di farle scaricare sempre del tutto prima di usarle, pena la riduzione della durata.

Nic infilò una cassettina, rischiando di rompere cassetta e telecamera perché al primo colpo sbagliò verso d'ingresso. Erano più piccole delle VHS normali, quelle che Tazio usava in sala video per mostrare i colpi registrati dei grandi campioni.

Accese l'arnese, guardò l'immagine bluastra nel mirino. C'erano milioni di opzioni da regolare: luce, esposizione, zoom, macro... che cavolo significava macro? E persino registrare qualcosa era più complicato del previsto perché c'era un interruttore da spostare sulla modalità registrazione, e si dovevano premere due pulsanti contemporaneamente anziché uno solo come aveva scioccamente pensato Nic appena l'aveva accesa, ma alla fine ci riuscirono, la lucetta rossa di registrazione si accese e Nic inquadrò Elisa per registrare il primo video della sua storia. Che cosa emozionante! 

«Wow che bello!» disse lei sistemandosi i capelli nell'inquadratura. «Sono una diva della TV, finalmente!»

«Non vedo l'ora di rivederlo, chissà come viene a colori.»

«Hai attaccato il microfono?»

«Ah no, cazzo, mi sa di no.»

Nic stoppò la registrazione, infilò il piccolo microfono nel buchino frontale, e ricominciò da capo.

«Ciack due» disse Elisa. «Prova prova prova bla bla bla.»

Nic si stava divertendo un mondo. Di sua spontanea iniziativa non l'avrebbe mai comprata, sarebbe stata forse l'ultima cosa al mondo che avrebbe desiderato acquistare per se stesso, ma ora che l'aveva ne era felice. Avrebbe potuto registrare tanti bei ricordi e si sarebbe divertito a usarla. Elisa aveva indovinato proprio un bel regalo.

«Ma se parlo io secondo te si sente?» chiese Nic.

Elisa allargò le mani e fece spallucce. «Boh? Non so, il microfono è rivolto verso di me, forse si sente solo quello che dico io?»

«Benissimo, allora dirò di te delle cose orribili che nessuno saprà mai.» 

Elisa rise. «Chiudi e vieni qua, scemo.»

Nic spense la telecamera, prese Elisa tra le braccia, chiuse gli occhi e la baciò.

Nic compiva ventun'anni, quel giorno, e la sua vita non poteva essere più bella.

Il suo anno di naja era quasi finito.

Era allievo di un'importante accademia tennistica.

Aveva sette punti ATP, e il suo gioco migliorava di giorno in giorno.

Era fidanzato con la più bella tennista italiana, una ragazza promettente dal gioco spettacolare avviata a entrare in top cento. Una ragazza intelligente, simpatica e dolce che gli aveva appena fatto un regalo bellissimo.

E quando ci faceva l'amore, ormai il suo corpo si era quasi abituato a lei.

***

30 luglio 1986

«Nic! Sono qua, Nic!»

Nic si voltò col cuore in gola. Raf! Corse verso di lui, sentendosi come il Dottor Zivago quando rivedeva Lara tra la folla sull'autobus, e quando notò che l'altro lo aspettava a braccia aperte non resistette, si lasciò andare e l'abbracciò anche lui.

Non indugiò troppo, batté un paio di pacche sulla sua schiena, si impose di allontanarsi, con la testa sottosopra e il cuore che voleva uscire dal petto.

«Due anni cazzo! Non ci posso credere che non siamo riusciti a incontrarci prima» disse Raf.

«Come sei cresciuto!» esclamò Nic.

«Ma che cazzo dici Nic? Sembri mia nonna!»

Ma era cresciuto davvero. Aveva preso quattro o cinque centimetri d'altezza, dall'ultima volta, e si era fatto un po' più muscoloso, pur restando un ragazzo molto magro. Del resto, per il suo stile di gioco non gli serviva e non gli sarebbe mai servito essere troppo massiccio. Portava i capelli corti, li aveva dovuti tagliare perché aveva iniziato la naja da pochi mesi, proprio quando Nic aveva terminato la sua, e col viso scoperto si notavano ancor di più i suoi bellissimi occhi verdi, che erano cerchiati da due profonde occhiaie scure.

«Sei stanco?» gli chiese Nic.

Raf sbuffò. «Sì, cazzo... in caserma a Cecchignola si dorme veramente, veramente di merda. Sempre tutti a far scherzi, a far casino... Non vedevo l'ora di scappare qua e testare i leggendari materassi di legno d'oltrecortina.»

Nic rise. «I materassi di legno?»

«Ma sì, non lo sai che qua in comunistolandia si dorme sui materassi di legno, si mangia pane duro e cicoria e si indossano scarpe di cartone? Almeno a sentire i democristiani. Poi senti i comunisti e invece ti viene il dubbio che è il paese dei balocchi.» Raf si guardò intorno. «Be', a giudicare da quello che vedo hanno ragione i comunisti.»

La sede del torneo era, effettivamente, moderna e molto bella, il palazzo principale era un monumento imponente decorato all'ingresso da un mosaico celebrativo degli atleti della DDR. I tornei tennistici organizzati dall'ITF nei paesi del patto di Varsavia erano meno di quelli del blocco occidentale, e frequentati per lo più da tennisti dell'Est Europa, ma ne erano nati diversi nuovi, dopo le olimpiadi di Mosca del 1980, e spesso cercavano di attirare qualche atleta occidentale per avere più visibilità. Era questa la ragione per cui Nic, dal basso della sua posizione 1009 in classifica, era riuscito a ottenere una wildcard per il tabellone di qualifica di un centoventicinque: Tazio aveva promesso di iscrivere al torneo femminile Elisa, nome in ascesa del tennis italiano, se gli organizzatori avessero concesso quella wildcard a Nic, e loro avevano accettato. «Un po' di confronto con gente più forte ti sarà utile a capire come fare a migliorare» aveva detto a Nic. I due ragazzi erano stati accolti con grandi onori e riguardi. Chissà come dovevano aver trattato bene Raf, che era ancora più famoso di Elisa.

Nic si avvicinò a Raf e abbassò un po' la voce, anche se era piuttosto certo non ci fossero persone che parlavano italiano nei paraggi. «Hai guardato fuori dal finestrino del taxi arrivando qua? Hai visto le macchine? Io pensavo che in Jugo fossero poveri...»

Raf incassò la testa tra le spalle e si guardò intorno con aria circospetta. «Shh» sussurrò, «che la Stasi ci ascolta!»

Nic ridacchiò. «Dai, cazzate a parte... se vinci 'sto torneo diventi numero novantotto del mondo! Sei contento di entrare in top cento?»

«Sei sicuro che lo vinco?»

«Contro 'sti sfigati dell'Est Europa? Certo che lo vinci!»

«Guarda che questi pischelli sono forti, hanno solo la sfiga che li fanno girare poco e prendono pochi punti... oh Elisa, ciao! Ti ricordi di me, vero?»

Elisa, che era rimasta indietro a rilasciare una piccola intervista per la Fernsehen, la tv di stato, arrivò da loro proprio in quel momento. «Anche se non mi ricordassi, ci pensa lui a farmi sapere vita morte e miracoli di quello che fai. Sappi che sono gelosa che me lo porti via un'ora al telefono una sera sì e l'altra sì.»

La risatina di risposta di Raf fu un po' troppo imbarazzata, ma Elisa parve non farci caso.

Nic, Raf ed Elisa cenarono insieme nel ristorante dell'hotel. Nic poté far sfoggio del suo tedesco scolastico per ordinare. Nella sua ancor breve carriera aveva giocato due tornei in Austria e quello era il primo in Germania Est. Erano state le uniche occasioni in cui la conoscenza del tedesco gli era tornata utile. Quanto all'inglese, Nic stava prendendo delle lezioni private perché secondo Tazio era fondamentale conoscerlo per un tennista che volesse ambire a giocare a buoni livelli, ma aveva ancora moltissime difficoltà, con la nuova lingua.

Chiacchierarono a lungo durante la cena. A Nic fece piacere vedere che Raf non ordinò né vino né birra per accompagnare il pasto, e constatò che il suo aspetto era davvero sano e tranquillo, occhiaie a parte, che però erano dovute alle notti di caserma di cui lo stesso Nic aveva fatto esperienza.

Raf ed Elisa sembravano andare d'accordo e Nic ne fu felice: voleva continuare a frequentarli entrambi per tutto il tempo che avrebbe trascorso lì al torneo. Nic non sapeva se sarebbe riuscito a qualificarsi, ma Elisa era di diritto in tabellone come seed numero quattro e aveva già detto a Nic che avrebbe pagato lei l'hotel per farlo stare lì, nel caso (quasi certo) che lui fosse stato eliminato subito. E gli hotel lì in DDR costavano davvero poco. 

«Ma sei un tipo simpatico, non pensavo» disse lei, mentre uscivano dal ristorante ed entravano nella vetusta hall di quell'hotel.

«Pensavi male delle amicizie del tuo fidanzato?» scherzò Raf.

«Se devo essere franca, sì. Un po'. O meglio...»

«Non mi hai mai detto niente...» obiettò Nic, perplesso.

«Fammi spiegare, non mi piace rompere le scatole su queste cose.» Elisa si rivolse a Raf. «Sai, la tua fama da donnaiolo scapestrato ti precede.»

«Modestamente» disse Raf, fingendo di limarsi le unghie.

«E se permetti ero un po' gelosa... pensavo: non è che escono insieme, folleggiano a una festa e Nic mi tradisce con qualche bella stangona che gli presenta il dongiovanni?»

Raf rise. «Giuro, non mi permetterei mai! Anche perché le belle stangone preferisco tenerle tutte per me.»

Raf, al momento, era single. Ma non lo sarebbe stato per molto.

Aveva cambiato un numero infinito di ragazze, durante quei due anni, e la storia più lunga era durata solo quattro mesi. Nic non era particolarmente preoccupato dalla tendenza donnaiola dell'amico: le ragazze che aveva frequentato erano colleghe tenniste, persone di cui Nic si fidava in quanto a serietà. Nonostante Raf gli avesse fatto, in passato, un quadro abbastanza squallido e depravato del mondo del tennis, vivendoci dentro Nic aveva scoperto che i tennisti erano in realtà gente abbastanza tranquilla. E non avrebbe potuto essere altrimenti: erano sportivi professionisti, non potevano permettersi di folleggiare ogni sera. Certo, non erano tutti perfettamente irreprensibili e disciplinati come lo stesso Nic, ma gran parte delle sere andavano a dormire presto, e si permettevano qualche bagordo solo nei periodi di pausa o per festeggiare le vittorie. Alcune delle ragazze di Raf, poi, erano vecchie conoscenze di Elisa, e lei stessa aveva confermato che si trattava di tipe a posto.

Raf giurava sempre a Nic di non bere e soprattutto di non prendere stupefacenti. Quando Nic lo sentiva al telefono, non gli era mai successo, nemmeno una volta, di aver avuto l'impressione che l'altro fosse "strano". Insomma, i suoi problemi di dipendenza sembravano essersi risolti. E averne la conferma coi suoi occhi, quella sera, mise il cuore di Nic definitivamente in pace.

***

31 luglio 1986

Nic trovò il tempo di parlare da solo con Raf il giorno successivo. Elisa si stava allenando insieme a una collega, e Nic, che aveva già finito la sua sessione di palestra e anche quella di scarico, stava testando a bordo campo, circondato da una piccola di colleghi curiosi, la sua telecamera portatile. 

La telecamera gli aveva causato un bel po' di noie alla dogana in aeroporto. I poliziotti di confine inizialmente avevano voluto sequestrargliela. Il tedesco studiato a scuola gli era stato utile, perché era riuscito a comunicare (con l'aiuto del dizionario) coi poliziotti: aveva fatto notare le motivazioni scritte sul visto, sottolineato che lui ed Elisa partecipavano su invito a un torneo di tennis e che erano atleti tesserati alla federazione italiana, perciò dopo due ore di discussione, burocrazia, e persino una telefonata degli organizzatori del torneo, gli avevano concesso di tenerla, ma avevano detto a Nic che i video sarebbero stati controllati prima del loro ritorno in Italia, motivo per cui Nic si ripromise di non fare troppe registrazioni per evitare di perdere tempo e aereo al ritorno.

I ragazzi, per lo più tedeschi dell'est, russi e cecoslovacchi, lo riempirono di domande sul funzionamento della tecnologia, coi tedeschi che facevano da interpreti, e quando arrivò Raf aiutò un po' anche lui aggiungendo il suo inglese piuttosto buono.

«È davvero una meraviglia!» Esclamò Raf avvicinandosi, con in mano la sua Polaroid (chissà se anche a lui avevano fatto storie per quella, al confine?) «Guarda, sto per fare una cosa molto artistica: scatto una foto a te, mentre tu riprendi Elisa, mentre lei gioca. Che è un po' tipo quella canzone di De Gregori: Alice che guarda i gatti che guardano il sole che guarda la luna.» E così dicendo scattò la foto, mentre Nic ridacchiava.

«A dire il vero devo ancora capire bene come funziona, questo affare» disse Nic. «Tipo, la luce non ho ancora capito bene come si regola, è questa levetta qui. Mi pare che se la lascio così le riprese diurne vengono bene.»

«È fichissima Nic, ti invidio un sacco, mi sento un poveraccio con questa Polaroid.»

«Eddai che i soldi per comprarla ce li hai, ti escono dal culo.»

«E tu com'è che hai fatto a prenderla, squattrinato come sei?»

Nic aggrottò le sopracciglia. «Ma non ti ricordi? Me l'ha regalata Elisa per il compleanno, te l'ho raccontato al telefono...»

Raf rise. «Ma sì che mi ricordo, Nic. Era una battuta.»

A Nic sembrò una battuta senza senso, ma non diede peso alla cosa.

Gli altri tennisti ruppero ancora un po' le scatole a Nic, e alcuni si azzardarono persino a chiedergli di poterla tenere in mano – lui si rifiutò.

Quando il clamore sulla novità tecnologica fu esaurito, Raf e Nic rimasero finalmente soli.

«Che palle sti tipi! Sembravano uomini preistorici di fronte alla prima ruota.» Raf sorrise a Nic. «E allora? Che mi racconti? Non vedevo l'ora di stare un po' da solo con te.»

«E che ti devo raccontare? Quello che ti racconto sempre al telefono, non è che ho molto altro da dirti. Sai già tutto.»

«A quattr'occhi si parla sempre meglio. Ero molto curioso di vederti insieme a Elisa. Dal vivo. Aspetta... stai mica registrando?»

«Non ancora. Perché? Vuoi farmi qualche domanda imbarazzante?» chiese Nic a bassa voce.

«No, più che altro...» Raf si guardò intorno e si avvicinò al suo orecchio. «Ma quindi sei davvero bisessuale?»

Nic sorrise. «Penso di sì.» 

Raf sembrò perplesso. «Cosa significa: penso

Nic si rese conto di aver usato il verbo sbagliato. «Sì, lo sono» si corresse.

Raf fece una smorfia e inizio a far ondeggiare a scatti il suo dito indice davanti a sé. «Eh. Eh. Eh. Non funziona così. La prima risposta è quella valida. Cosa significa: penso?»

Nic roteò gli occhi. «Senti... sei stato tu, tre anni fa, a Genova, a chiedermi se fossi sicuro di non essere bisessuale. Avevi avuto l'impressione che Elisa mi piacesse. Mi piacesse in quel senso. Beh, indovina un po'? Avevi ragione. Mi piace davvero molto.»

Raf sorrise. «Se sei felice tu, sono felice anch'io. Voglio solo che il mio migliore amico sia felice.»

«Lo sono» disse Nic. E sorrise anche lui.

Ma si amareggiò nel constatare che quella parola gli faceva ancora male. 

Migliore amico.

Due anni di lontananza, e non era cambiato niente.

***

1-8 agosto 1986

Nic riuscì a vincere il primo turno di qualificazione, ma venne eliminato al secondo. I turni di qualifica ai challenger valevano soldi e punti, due, nello specifico. Nic arrivava a quota nove e sarebbe entrato sicuramente in top mille.

Fu una vittoria che gli diede un'incredibile soddisfazione, l'avversario che aveva battuto era il duecentotrentasei del mondo, lui il numero millenove. Era una differenza abissale, ma con la sua consueta tenacia, coi colpi sporchi, il suo top spin sempre migliore e soprattutto con la sua freddezza era riuscito a metterlo in difficoltà e batterlo. Era andato a quel torneo certo di perdere e fare solo una bella esperienza, e aveva invece avuto l'occasione di giocare persino due incontri di livello altissimo.

Nei giorni successivi, Nic si godette il torneo da spettatore ed ebbe l'occasione di fare da sparring a molti ragazzi forti, altra esperienza di cui fare tesoro. Elisa e Raf vinsero i loro primi incontri, Raf un po' in difficoltà proprio sul primo a causa del sonno da recuperare. Nic registrò brevi video di entrambi.

Arrivò il giorno delle semifinali, si giocò per prima quella femminile. Elisa incontrava una giovane tennista russa dell'età di Nic, tale Viktoria Balakina, che si era fatta strada arrivando dalle qualifiche. Raf aveva detto a Nic che gli sarebbe piaciuto vederne almeno un pezzetto insieme a lui, prima di andare a scaldarsi, ma non non si fece vivo, per cui Nic dedusse che avesse deciso di dedicarsi completamente alla preparazione del proprio match: meglio così, avrebbe rischiato di rovinarsi la semifinale senza motivo.

L'incontro fu lungo, talmente lungo che Nic consumò le batterie della telecamera.

L'avversaria di Elisa era forte, decisamente sottostimata dalla propria classifica. L'incontro durò due ore e mezza e finì in tre set, ed Elisa ne uscì vittoriosa. Nic notò che le due ragazze si soffermarono a parlare un po', a rete, con sorrisi di entrambe. Si stupì, perché nel tennis femminile i saluti a rete tendevano a essere piuttosto "acidi". 

Elisa andò verso gli spalti per salutare Nic. «Tu resti qua a vedere la semi di Raf?»

«Sì. Mi raggiungi dopo?» le chiese Nic sorridendole.

«Sai che ho appena giocato contro la sua nuova ragazza?»

Nic sentì il sorriso morire per un attimo sul suo volto, ma si sforzò di tenere gli angoli della bocca sollevati. «Ma dai? È per quello che avete chiacchierato?»

«Sì, mi ha detto un paio di cose... Parla pure italiano! Maluccio, ma lo parla. Mi ha fatto molti complimenti per come gioco e mi ha detto che Raf l'aveva messa in guardia, ieri sera... Senti, scusa, vado a farmi la doccia, sono sudatissima. Poi ti racconto. Ci vediamo più tardi, ha detto che ci raggiunge anche lei!»

Nic la salutò, e rilassò il viso non appena Elisa si voltò. Perché doveva essere geloso? Lui aveva Elisa, voleva bene a Elisa, si trovava bene con lei, era felice di essere il suo ragazzo, e Raf era fuori dalla sua portata. Non aveva senso quella gelosia. Non avrebbe dovuto aver spazio nel suo cuore. 

Ma il suo cervello trovò altri motivi razionali per biasimare quella relazione. L'ha conosciuta qui, si diceva, ed è straniera. Come può definirla la sua ragazza? Poi si rese conto che era stata Elisa a usare quel termine, forse Raf non lo usava. Forse era solo una stupida avventura estemporanea.

Il tempo di pulire e bagnare il campo, cambiare rete, arbitro e i due giudici di linea, e l'incontro di Raf sarebbe dovuto iniziare. Era previsto subito dopo quello femminile.

Ci fu però un ritardo: mezz'ora dopo i tennisti ancora non erano scesi in campo. 

Strano...

Trascorse un altro quarto d'ora e arrivarono, insieme, Elisa e la ragazza russa. «Piacere Vika» disse lei tendendogli la mano con un gran sorriso dai denti bianchi e regolari. Aveva un bel viso ovale incorniciato da capelli castano chiaro acconciati con un po' di cotonatura, occhi azzurri e un naso importante e mascolino, che però non la rendeva affatto brutta, anzi, dava al suo viso una fattezza intrigante.

«Nicolò» disse lui.

«Nic, Nic! Tanto famoso Nic Raf parla solo di Nic tutta sera, ieri!» disse lei con un accento russo neanche troppo marcato. «Migliore amico best friend Nic, dice. Tu ragazzo che io volio conoscère, dice io... dico io. Scusa parlo male, io studiando italiano, tedesco e inglese, troppa lingua in testa!» Rise.

«Complimenti! Io sto facendo una fatica pazzesca a imparare l'inglese.»

Lei fece un gesto noncurante con la mano. «Ah, inglese facilissimo, super easy! English you learn in two days.»

L'inglese lo impari in due giorni, tradusse mentalmente Nic, che appena poteva faceva un po' di pratica di quella lingua ancora semisconosciuta.

«Where is Rafa?» chiese Vika guardando il campo. «What...» scosse la testa, come se si fosse resa conto di aver usato la lingua sbagliata. «Cosa...» Socchiuse gli occhi e fece cenno a entrambi di aspettare. «Cosa succede qui?»

«Sì, cosa succede qui?» chiese Elisa, facendole un po' il verso. «Come mai non è ancora iniziata?»

«Non lo so, l'arbitro parlotta al walkie-talkie da un po'. Ci dev'essere qualche problema. Avete visto Raf nei corridoi, per caso?»

«No» risposero all'unisono.

Proprio in quel momento l'arbitro prese il microfono e fece un annuncio. «Signore e signori, a causa del ritiro del signor Novelli, l'incontro viene vinto per walkover dal signor Cristante. Ci scusiamo per il disagio.»

«Cooosa?» esclamò Nic. «Ma...» Guardò Vika, perplesso. «Ma... come stava ieri? Noi l'abbiamo visto in mensa intorno alle sette, ti ricordi?» Fece un cenno a Elisa. «Mi pareva stesse bene, ci aveva persino detto che se riusciva veniva a vedere un pezzo della vostra partita...»

«Ah sì» rispose Vika. «Sta beneissimo, ieri, io e lui molto felice! Usciti di locale con venti litri di vodka in bocca!»

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Note

Ahimè. Ci sembrava troppo bello che Raf stesse bene e la "vacanza" a Bovec fosse servita a qualcosa... Che ne pensate, è solo una ricaduta momentanea o il sintomo di qualcosa di peggio?

Due note, oggi, la prima sulla canzone. È un pezzo rap in tedesco (Falco è austriaco, per essere precisi) e vi prego, non fatevi intimorire dal fatto che sia in tedesco, anche se non parlate tedesco: ASCOLTATELO. È una delle canzoni che, personalmente, associo in maniera più potente agli anni Ottanta. È divertente, ritmata, impossibile da non cantare (sì, è rap ed è in tedesco, ma vi assicuro che è impossibile resistere dal mettersi a biascicare suoni a caso cercando di stargli dietro)(e a me il rap di solito non piace), ha uno dei ritornelli più memoriabili della musica pop (giurerei che l'avete già sentito, anche se non sapevate che canzone fosse) e se vi va guardatevi anche l'assurdo, demenzialissimo videoclip.

https://youtu.be/8-bgiiTxhzM

Seconda nota, la telecamera. Guardate che meraviglia di scatolone! Sapete che mi sono cercata online il manuale di istruzioni per sapere cosa far fare a Nic?

Ci rileggiamo giovedì, e lasciatemi una stellina per ogni spalla che è stata slogata dal peso di questa videocamera.

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