44. Inciampa, cade, ma si rialza
Respinge corto, un colpo passante,
Non lo sorprendi è pronto, scattante,
Mille volè, (tutte le acchiappa, tutte)
Guizza e saetta, (fermati, scappa scappa).
Inciampa e cade, ma si rialza,
Respinge al volo, si aggiusta una calza,
Lui prende tutto, (smasha rovescia)
Un po' di tregua (prendila lasciala).
(N. Fidenco, Jenny la tennista, 1981 - Sì, l'originale era al femminile, licenza poetica)
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7 marzo 1984
L'incontro di Nico sarebbe iniziato a breve. C'era stato un piccolo ritardo per pioggia, erano le cinque e i giocatori ancora aspettavano la chiamata chiusi in spogliatoio. L'attesa era stata talmente lunga che Nico aveva finito tutto l'Urania e si stava girando i pollici. Non aveva portato con sé il Walkman perché non gli piaceva inquinare la sua testa con emozioni artificiali prima di un incontro.
A Elisa aveva detto che l'orario di inizio previsto erano le tre e mezza: sperava vivamente che si fosse annoiata ad aspettare e se ne fosse andata. O che avesse avuto impegni e non si fosse neanche presentata.
«Ma guarda chi si vede!»
Nico si voltò pensando che Raffaele (era la sua voce, inconfondibile) stesse parlando a lui, invece si rese conto che si il ragazzo si trovava dall'altra parte degli armadietti alle sue spalle. Parlava con l'avversario di Nico o col suo allenatore, erano le uniche altre due persone presenti.
«Il grande Raffaele Novelli! A che devo l'onore?»
Dal tono e timbro, quello doveva essere l'avversario, che scambiò un paio di saluti e battute con Raf.
«Marò, se penso che giocavamo insieme da pischelli e mo' io sto qua ar primo turno di un quindici e tu vinci un cento...»
«Quanti punti hai?» gli chiese Raffaele.
«Solo due.»
Beato lui... pensò Nico.
«Ma per fortuna ho beccato un qualificato che sta a zero» proseguì.
«Per fortuna dici? Non sai di cosa parli» disse Raffaele.
Eh? Cosa cazzo sta dicendo, adesso?
«Lo conosci?»
«Eccome! Sai che mi ha battuto l'anno scorso?»
Due anni fa...
«Cooosa? A te? E come mai è a zero? Ha perso i punti?»
«Era un torneo juniores. Ma mi ha surclassato, ti giuro.»
Ma non è vero! È lui che ha giocato di merda!
«Mi prendi per il culo?»
«Per niente. È un tipo cazzutissimo, non molla una palla, ti sfinisce, ti fa sbagliare un casino. Un incubo, ti giuro.»
Ma che stronzo! Gli sta dando delle dritte tattiche!
«Mortacci... e com'è che sta a zero?»
«Problemi fisici, poraccio. Ma si è ripreso alla grandissima, ho visto i suoi match di qualifica.»
Ma che... ma non è vero niente!
«Ho visto sui tabellini che ha vinto in rimonta.»
«Sì. Partitoni. È sempre così con lui. Ti fa credere di essere in vantaggio e poi ti stronca. Con me uguale. Ho vinto il primo set e perso malissimo secondo e terzo.»
E Nico finalmente capì.
Raffaele lo stava aiutando. Stava cercando di instillare dubbi nella testa dell'avversario.
«E poi devi vedere che fisico pazzesco che ha. È un marcantonio!»
«Sì, l'ho intravisto, prima. Ho visto che è alto. Mi dava l'idea che era un po' impedito, però, da come si muoveva.»
Ma vaffanculo?
«Per niente! Ha un brutto gioco, ma non farti fregare, tutta apparenza.»
«Mortacci...»
Nico fu oltremodo infastidito da quell'intromissione, da quelle tattiche psicologiche da quattro soldi.
Pensa forse che non posso farcela da solo?
Sperò che il suo avversario, che professionista già lo era, non si facesse innervosire e giocasse al meglio delle sue capacità.
***
E invece sì che si stava facendo innervosire! Stava giocando tesissimo e su tutti gli scambi lunghi sbagliava qualche colpo e la buttava fuori o in rete.
Raffaele gliel'aveva detto, l'anno prima: devi puntare a vincere innervosendo l'avversario. Sì, ma voleva essere lui, coi suoi meriti e il suo gioco, a innervosirlo. Non un'influenza esterna che aveva raccontato per giunta un sacco di palle e mezze verità.
No. No. No! Nico non voleva vincere così il suo primo punto ATP.
Ma non poteva neanche perdere e giocò al suo meglio, tutti i punti, senza pietà.
Quel ragazzo era molto più bravo di lui. Aveva mano e profondità di palla, i punti che vinceva li vinceva tutti molto bene.
Ma era anche un tipo ansioso e si faceva intimorire da un nonnulla. Ed era probabilmente il motivo per cui di punti ATP ne aveva solo due, perché per la tecnica che mostrava ne avrebbe meritati di più. Non gli riusciva di dominare. Ogni volta che si trovava sopra col punteggio si cagava sotto e perdeva il vantaggio, di certo influenzato dalle parole di Raf: vuole farti credere che sei in vantaggio tu e poi ti stronca.
E fu esattamente così che andò. Vinse il primo set, pur tra mille difficoltà. Perse malissimo il secondo. Nel terzo parve rialzare la testa all'inizio per poi soccombere in maniera piuttosto maldestra.
«Gioco, partita, incontro Bressan, tre sei, sei due, sette cinque.»
Nico ascoltò incredulo le parole dell'arbitro. Impiegò parecchi secondi a muovere i piedi per andare a rete.
Ho vinto.
Ho vinto il mio primo punto ATP.
Si ripeté in testa quelle parole, che percepì come vuote, insensate. Era appena diventato un professionista, il traguardo di tre sudati anni di lavoro, e invece di esserne felice i muscoli delle sue braccia vibravano dal desiderio di spaccare tutto: la rete, la racchetta incordata di fresco (altre ottomila lire andate dal fondo mamma), la terra del campo, a racchettate, tanti buchi per mandarla in frantumi, ma soprattutto la faccia di Raffaele.
Ma la cosa che gli stava rimestando lo stomaco di nausea, però, era quella piccola parte di lui che dentro di sé di quella vittoria stava gioendo. Quella piccola parte meschina che era felice di aver vinto con l'inganno.
Che era felice di quello stramaledetto punto ATP.
Stritolò la mano dell'avversario, a rete, senza riuscire a trattenersi, con tanta forza da stranirlo, glielo lesse negli occhi.
«Bravo Nic! Grande!» gridò Raffaele.
«Bravo!» gridava Elisa – l'incontro e la rabbia l'avevano talmente assorbito che non si era accorto della sua presenza, non se n'era più preoccupato. Loro e altre quattro persone, tra cui una ragazza che sembrava essere un'amica di Elisa, erano l'unico pubblico di quel misero incontro che aveva regalato a Nico il suo primo punto ATP.
Il primo punto.
Era una storia così sbagliata! Così contraria a qualsiasi narrativa. Se l'avesse letta in un romanzo avrebbe strappato le pagine dall'indignazione.
Mise la racchetta nella borsa e si diresse all'uscita. Ma dopo l'uscita non andò agli spogliatoi.
Andò da Raf.
Che si accorse subito che qualcosa non andava, perché il suo sorriso si spense, gli occhi si spalancarono e due rughette verticali si disegnarono tra le sue sopracciglia.
Nico gettò il suo borsone a terra, caricò verso di lui, digrignando i denti per trattenere la rabbia, ma quando gli fu vicino esplose, lo prese per la maglietta, lo scosse con violenza e: «Brutto stronzo!» gridò in crescendo.
«Cosa ho fatto?» mormorò Raf con gli occhi spalancati.
«Tu! Stare zitto mai? Impicciarti... t... uuuh! Tu! Cazzo! Ho sentito quello che gli hai detto! In spogliatoio! Perché gliel'hai detto! Perché! E perché cazzo mi fai sempre gridare! Io non grido mai! Mai! Solo con te, grido!»
«Ma che... ma io... Nic! Non sei contento che...»
«No! Ma non capisci? Ma cosa pensi che sia il tennis per me? Un gioco per bambini? Una cazzata? Uno sfizio che mi voglio togliere? Cosa pensavi di fare, raccontandogli quelle balle? Ahah! Adesso faccio un regalino al mio migliore amico!» Nico calcò in modo esagerato quelle due parole. «Il mio migliore amico a cui regalerò questa... questa cosetta che lui vuole tanto! Gliela do io! Non importa che lui si stia rompendo il culo da tre anni per ottenerla da solo, questa cosetta, non importa che lui abbia un orgoglio! Una cazzo di dignità! Che preferisca non vincerlo mai nella vita, quel punto, se deve vincerlo in modo disonesto!»
«Ma non è disonesto, è...»
«Fammi finire, stronzo! Non ho finito! Tu non mi rispetti! Pensi che sono una specie di handicappato e le cose me le devi regalare! No! Tu mi hai insultato, dicendogli quelle cose, lo capisci? Ah, quel poveretto di Nic, da solo non ce la farà mai, aspetta che gli do io l'aiutino.»
«Ma cosa dici, Nic! Hai vinto tu, hai...»
«Non avrei mai vinto se tu non gli avessi messo in testa quelle cazzate! Era seicento volte più bravo di me! Sei il mio migliore amico? Sono il tuo migliore amico? No! Se cerchi di aiutarmi così non lo sei e non lo sarai mai perché non hai capito un cazzo di me!» Sulle ultime parole la voce di Nico si incrinò un po', ma deglutì e trattenne tutto dentro.
L'espressione di Raf era dura, adesso. «Ok, Nic, vuoi sapere la verità? Sì. È vero. Tu non avevi speranze di vincere contro Maresca, se lui avesse giocato tranquillo. Ma io so che lui è un tipo emotivo e ho giocato con le sue emozioni per aiutarti a vincere.»
«E sei uno stronzo! Questa vittoria per me è solo una vergogna!»
«Ascoltami tu, adesso. Io me la ricordo la promessa che hai fatto a Ravaioli. E so che manca meno di un mese. E so che non hai soldi per giocare un altro torneo nelle prossime due settimane e che soldi da me non ne vuoi anche se io ti darei il mio intero conto in banca, se potessi. Che cazzo te ne frega di come hai vinto questo punto? L'hai vinto, puoi scrivere a Ravaioli e da lì puoi costruire la tua carriera e vincere gli altri mille punti che io sono sicuro che con la tua tigna vincerai! Senza nessun aiuto!»
Nico scosse la testa. «No» disse, un ruggito sommesso. «Non hai capito. Io a Ravaioli non gli scrivo neanche morto. Io non inganno nessuno. Ravaioli mi ha detto che sarebbe stato interessato a me solo se fossi riuscito a vincere un punto entro il mio compleanno. C'era un motivo se me l'ha detto. E il motivo è che se io quel punto non lo vinco, significa che non ho abbastanza tigna per interessargli. Quindi no, non gli scriverò.»
«E allora vinci il prossimo turno, no?»
Nico si voltò a guardare Elisa. Era rimasta in silenzio a osservare il litigio insieme alla sua amica, una tipetta più bassa di lei, sguardo sveglio e faccia da ragazzina.
«Se ci tieni al tuo onore, smettila di mandare a fanculo un ragazzo che voleva solo aiutarti, rimboccati le maniche e vinci un altro punto vincendo il prossimo turno.»
«Come se fosse facile...»
«Non pensare da perdente!» lo ammonì lei. «Anche questo discorso che hai fatto era un discorso da perdente. Se non gli dicevi quelle cose non avrei vinto mai! Ma che cazzo dici? Ma pensa ai tuoi meriti! Ai punti che hai giocato bene! A come l'hai messo in difficoltà! Non hanno contato niente secondo te?»
«Certo che hanno contato» rispose Nico, in tono un po' più calmo.
«E allora invece di rosicare, riparti da lì e metticela tutta per vincere anche domani!»
Nico pensava che quella ragazza la stesse facendo troppo facile. Ma pensava anche che avesse ragione, sulla mentalità da perdente: scendere in campo con la certezza di perdere non era il modo in cui sarebbe sceso in campo un campione.
«Va bene. Vincerò anche domani.» Cercò di suonare convinto, ma non lo era.
«Mi dispiace solo che domani sarò andato via» disse Raffaele.
«No, meglio, così non fai altri casini» disse Elisa, e la frase strappò un mezzo sorriso a Nico. Fu a lui che lei si rivolse subito dopo. «Ti serve mica qualche dritta? O pensi che sia barare anche questo?»
«In che senso qualche dritta?»
«Se vuoi domani mattina palleggiamo insieme e ti do qualche suggerimento.»
Nico alzò le mani. «Non ho soldi per pagarti un allenamento.»
«Stupido, non voglio che mi paghi. Uso sparring uomini, per allenarmi, tu mi fai da sparring e io ti do qualche dritta. Ti va?»
«Oh. Be'... allora sì, volentieri.»
«Prenoto io un campo qui al circolo. Facciamo alle dieci?»
«Perfetto! Ma... ehm...»
«Sì?»
«Cioè, non... non devi tornare a casa? Il torneo è finito ieri.»
La ragazza più giovane fece una risatina.
«Ma no, scemo! Io vivo qui, sono di Genova, non hai sentito ieri il mio discorso di ringraziamento? Ho detto che sono felice di aver vinto un torneo nella mia città!»
«Ah no, scusa, i discorsi di ringraziamento son tutti uguali, mi entrano da un orecchio e mi escono dall'altro.»
«Il mio l'hai sentito, però» osservò Raffaele.
«Be', se mi chiami in causa me ne accorgo...»
Raffaele sorrise.
«Ok, a domani, allora» disse Nico.
«A domani!» lo salutò Elisa. Poi schioccò le dita per attirare l'attenzione dell'altra ragazza che si era voltata a osservare un campo distante. «Elena, andiamo.»
Nico si diresse allo spogliatoio. Raffaele lo affiancò. «Scusa, Nic.»
Nico fece un sospiro. «No. Scusa tu. Tu l'hai fatto con buone intenzioni, solo per aiutarmi e... e io sono uno stronzo isterico.»
«Senti... ti darebbe fastidio se resto anche domani?»
«No! Anzi, mi farebbe piacere. Ma tua madre cosa dice?»
«Non voglio tornare a Roma. Ho il mio giro lì e... io... ho bisogno di staccare un po'. Penso che un giorno per i cazzi miei mi sarebbe utile. E vengo a farti il tifo, che mi fa sempre piacere.»
«Ma tua madre ti lascia? Da solo?»
«Tu sei venuto da solo a Milano, l'anno scorso!»
«Sì, ma ero scappato di casa...»
Raf sorrise. «Sì, lei mi lascia fare tutto. Finché mi alleno agli orari che vuole e finché vinco, di cosa faccio nel tempo libero non gliene frega un cazzo.»
«E se quello che fai nel tempo libero influenza il tuo gioco?»
«Non è mai successo.»
«E come fai ad assicurarla che ti alleni, visto che mi hai detto che...»
«Mammamia che rompicoglioni che sei, Nic!»
«Ma mi preoccupo per te!»
Nico si pentì subito di quella frase un po' eccessiva, ma Raf non gli diede tempo di ribattere lo guardò con un sorriso radioso e fuochi d'artificio negli occhi. «Nic, quello che dici mi scalda il cuore!»
Nico distolse lo sguardo da quello spettacolino di pura gioia. «Tu e le tue frasi melodrammatiche! Dai, fammi andare a fare la doccia.»
«A domani, Nic!»
—
Note 🎶
Ve l'aspettavate che Nico vincesse così il suo primo punto? E che non fosse soddisfatto del risultato? Ah, questo ragazzo... ne ha persino troppi, di principi morali. Ma a noi piace anche per questo, vero?
Avviso subito che la canzone del capitolo è provvisoria: ne ho cercata una adatta per settimane, senza trovarla, e siccome quella del prossimo capitolo è anch'essa a tema spokon, ho scelto questo bell'anime vintage, pieno di sofferenza e angst come tutti gli shojo manga anni Settanta. Il mio verso preferito della sigla, però, non è quello che ho messo ma quello iniziale.
Destra sinistra, sinistra destra
la folla guarda, grida e protesta
poi per la legge del fil di ferro
si svita il collo, si stacca la testa.
Ah, i bei tempi in cui non ci si faceva problemi a mettere robe splatter nei prodotti destinati ai bambini 😂
A giovedì, e lasciatemi una stellina per tutte le teste che sono rotolate sugli spalti durante gli incontri di tennis, a forza di fare sinistra destra.
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