47. L'amaro Regno di Yuri
«Skye!» dissero in coro le sue dame non appena la videro apparire dal corridoio centrale. La avvolsero in un caloroso abbraccio, un gesto che le diede una veloce parvenza di rimetterla in sesto. A stringerla furono Pierre e Ginevra. Dietro di loro, Koraline fece una piccola smorfia mentre Lama, instancabile e inflessibile, continuava a medicare il suo braccio, ignorando il dolore che le stava causando. «Stai bene?» le domandò, l'amica annuì borbottando: «È solo un graffio».
Un rumore improvviso la fece sobbalzare, il suono del vetro che si frantumava in mille pezzi a terra. Alzò lo sguardo e vide Greg.
Greg.
Il garzone, che in passato l'aveva accompagnata con le sue chiacchiere leggere e il suo spirito vivace, adesso stava lì, immobile, con gli occhi rossi ridotti a due piccole fessure. Il vetro della bottiglia spargeva il liquido scuro sulla terra secca che si abbeverava, come se il suolo volesse inghiottire ogni traccia. Dan, al suo fianco le dedicò un sorriso di scuse mentre cercava disperatamente di rimettere in ordine l'amico. «Gli ho appena riferito di...» s'interruppe, incapace di finire quella frase. Non serviva, però, che dicesse altro.
Ginevra sciolse il loro abbraccio e le bisbigliò cauta, per non farsi sentire da Greg. «Purtroppo, Tariq e Zaid non ce l'hanno fatta» notò che aveva ripreso a raccogliere i lunghi capelli castani in uno chignon rigido, come se quell'atto potesse darle un senso di controllo. «Lo so» rispose, abbassò lo sguardo. «Non sono riuscita a salvarli» chiarì.
Non aveva mai visto Greg triste come in quel momento. Il suo sguardo esprimeva un dolore profondo, come se gli avessero amputato una parte essenziale del suo essere. In effetti forse era proprio cosi, aveva sempre visto i tre insieme e perfino lei faticava a immaginarlo da solo, da lì in poi. «Mi dispiace» ammise mentre Pierre, che non si era ancora del tutto separato dall'abbraccio, la strinse impercettibilmente. Il biondo raramente si lasciava andare a effusioni o sentimentalismi superflui, ma il modo in cui la stringeva le fece capire quanto fosse davvero sollevato di rivederla viva.
Greg annuì, visibilmente sconvolto. I suoi sensi parvero rallentati e alterati, probabilmente a causa del liquido che gli era sfuggito dalle mani.
«Andiamo a cercare un'altra bottiglia» lo incoraggiò Dan, afferrandolo delicatamente per un braccio e portandolo con sé. Il garzone si lasciò trasportare come un automa, fissando intensamente Skye. O meglio, le sue mani. Quasi potesse scorgere il sangue degli amici macchiarle, o forse stava semplicemente osservando i lividi delle corde mescolarsi alle piccole ustioni, insieme alle impronte delle dita di Yuri che l'avevano stretta nel sottopassaggio, poco prima dell'esplosione.
«Ho un favore da chiedervi» esordì, Pierre si scostò per raggiungere l'amica, che annuì frenetica ancor prima che potesse parlare. «Ho bisogno che andiate accanto a Yuri mentre io...» alzò lo sguardo accigliato verso le pareti del sottoterra, solo allora rendendosi conto che i lamenti di Maicol erano cessati. Un brivido di timore la percorse all'idea di scoprirne il motivo.
«Vado a trovare Maicol» si sforzò di rivelare, continuando a fissare il punto lontano dove sapeva si trovasse la piccola infermeria.
«Credi che sia un'ottima idea?» prese parola Lama, dopo un lungo un sospiro pesante, chiudendo con un nodo alla rinfusa il bendaggio della dama. Scosse vigorosamente il capo, lasciando che i suoi capelli sudati si incollassero alla pelle. «Ovviamente no, ma devo farlo» proferì, rivolgendo di nuovo lo sguardo ai cocci di bottiglia. Koraline, che nel frattempo le si era avvicinata, la strinse in un abbraccio fugace. Appena lo sciolse la rincuorò dicendo «Puoi sempre contare su di me» le dispiaceva pensare che quella ragazza, così giovane e un tempo solare, sarebbe stata costretta a rimanere accanto al suo amico e vederlo in fin di vita. Ripensò ai suoi fratelli, a quanto uno di loro assomigliasse a Cal e a cos'avevano fatto per lei, pur di salvarla.
«Ci saremo sempre per lui» si aggregò Pierre, allacciando le sue dita intorno a quelle di Ginevra, che annuì nuovamente, solo con più determinazione.
«D'accordo» provò ad abbozzare un sorriso mentre si avvicinava all'infermeria. Sebbene le grida di Maicol fossero terminate, il loro eco continuava a risuonarle nella mente come una cupa melodia di sottofondo.
Una volta aperta la porta in legno della stanza, si ritrovò in un'ambiente più illuminato rispetto a tutto il resto della Trincea. Lo spazio era semplice e funzionale, ricavato da un angolo più riparato del corridoio. Al centro della stanza, un tavolo di legno consumato fungeva da superficie di lavoro per i medicamenti. Sopra di esso, si trovavano vari strumenti rudimentali: garze, bottiglie di disinfettante e qualche boccetta di erbe curative, tutto disposto in modo caotico ma accessibile. In un angolo, due lettini spartani erano coperti da sottili coperte e su uno di essi, c'era Maicol.
«Ragazzina» squillò una voce rauca. Si voltò verso Raya, che nel frattempo stava ferma al centro della stanza, reggendo una bacinella di metallo molto simile a quella che aveva utilizzato poco prima Lama. Skye venne fissata con occhi sbarrati, come se davanti a sé, la donna avesse appena visto un fantasma. Da quando si erano separate alla tenute e rincontrate nella Trincea, pochi erano stati gli incontri casuali tra loro.
«Vieni qui» gracchiò, posando con gesti lenti la bacinella sul tavolo. Tamburellava le dita ossute, simili agli artigli di un corvo spennato, sul legno opaco. Avanzò di qualche passo, gettando un'occhiata a Maicol disteso poco oltre, ma Raya si frappose tra loro, erigendo una barriera con il suo corpo scarno. Quando Skye fu abbastanza vicina, le posò una mano rugosa sulla spalla, e quel tocco le provocò un dolore improvviso. Non perché la stretta fosse particolarmente intensa, ma per il fatto stesso che sentisse quanto fosse malandata. La fece sedere con la schiena rivolta all'uomo, facendole distendere le braccia sul tavolo. Alla luce della stanza, per la prima volta, riuscì a osservare chiaramente le sue condizioni: non era ferita gravemente come Yuri o lo stesso Maicol, ma i suoi arti tremavano di stanchezza, e la pelle era segnata da lividi e ustioni. Non stava bene, tuttavia dubitava che chiunque fosse ritornato dalla battaglia lo fosse.
La donna si sporse a prendere un vecchio batuffolo, lo imbevette di disinfettante, e iniziò a tamponare le sue bruciature. «Non avrei mai creduto che ci saremmo riviste» le disse mentre un singhiozzo soffocato dall'altra parte della stanza inondò la stanza. Fece per voltarsi, ma la mano di Raya le premette sulla spalla, bloccandola con delicatezza, eppure con decisione.
«Ammetto che eri abbastanza cocciuta da sopravvivere al Palazzo» continuò incurante, picchiettando il batuffolo sui graffi e sulle ferite sparse lungo il braccio, accigliandosi più volte sul segno inconfondibile lasciato dalle funi o dalle dita di Yuri. «Forse già sapevo che eri abbastanza forte da resistere anche all'altra Regina» soggiunse, riferendosi a Constance. Sollevò un sopracciglio grigio; le rughe sul volto si fecero ancora più profonde, come antiche crepe su un volto di pietra. «Ma mai e poi mai avrei immaginato di rivederti qui» la costrinse ad ignorare il resto dei singhiozzi, nonostante sentisse una stretta al petto nel farlo. «Hai combattuto per noi e con tutti noi, hai scelto il nostro Re, anche quando tutto sembrava perduto» nei suoi gesti induriti dal tempo, colse un lampo di orgoglio. Ad un tratto, le parve che i suoi tocchi avevano acquistato un fare materno. «Questo era ben oltre le mie aspettative» concluse, finendo di tamponare il braccio. Le fece cenno di voltarsi su se stessa, e alzandole delicatamente la maglia, iniziò a controllare il resto delle ferite riportate dalla battaglia. Fu in quel momento che riuscì finalmente a posare lo sguardo su Maicol. Sembrava dormire, immerso in un torpore lontano. Al suo fianco, come un angelo, Giun sedeva accovacciata in un angolo, il viso segnato da un dolore così sconfinato che Skye ne fu quasi travolta. Si sentì di troppo in quella stanza e dovette recidere la sua empatia per non appropriarsi del dolore della fanciulla. Nonostante l'uomo avesse miracolosamente smesso di dormire, ogni suo muscolo sembrava comunque teso di fronte ai continui singhiozzi dell'amica.
Terminato di medicarla, la donna le diede una pacca gentile sul braccio. «Non so dove tutto questo ci porterà...ma sono grata che il nostro Re ti abbia trovata» detto ciò, Raya si avvicinò all'infermiera, aiutandola ad alzarsi con estrema delicatezza, come fosse un fragile fiore ormai privo di ogni petalo.
«Andiamo. Lasciamoli soli per un po'» le sussurrò con premura, sorreggendo la ragazza mentre si incamminavano. Prima di raggiungere l'uscio, Giun si fermò un istante, rivolgendo uno sguardo iniettato di sangue e odio dalla sua parte. «Lui non ti vorrebbe qui» non si lasciò scalfire da quelle parole. Sapeva bene che Maicol, se fosse stato cosciente, non l'avrebbe voluta lì, accanto a sé.
«Sta...dormendo?» domandò confusa. Si aspettava di vederlo agonizzante e invece, apparentemente perlomeno, sembrava stare meglio.
Fu Raya a risponderle «Gli abbiamo dato l'ultimo antidolorifico rimasto» spiegò, un'ombra cupa attraversò il suo viso mentre osservava l'uomo disteso a pancia in giù, il corpo martoriato e abbandonato tra le coperte. «E non sappiamo se si risveglierà, perché una volta che l'effetto svanirà, temo che il dolore lo travolgerà e gli sarà fatale» concluse, non lasciando spazio a nessuna speranza. Uscirono insieme, i passi lenti e pesanti come il fardello di un lutto non ancora consumato, ma inevitabile.
Avvicinandosi con cautela, ebbe libero accesso ad osservare completamente la schiena nuda di Maicol. La pelle era un mosaico irregolare di vesciche e bolle, tesa e rosseggiante per le bruciature. La gravità delle sue condizioni la investì con violenza, lasciandola senza fiato; improvvisamente le fu chiaro che, in un modo o nell'altro, Yuri avrebbe perso suo fratello.
Con le dita che le tremavano leggermente, lasciò scivolare una mano nella tasca.
«So che sei sveglio» lo avvertì, avanzando lentamente fino a fermarsi di fronte a lui. Gli sfiorò appena il viso madido di sudore, notando come le sue palpebre restassero forzatamente chiuse. Sapeva che stava fingendo di dormire per sfuggire agli sguardi di pietà che l'avevano tormentato nelle ultime ore, ai sospiri trattenuti degli amici e ai singhiozzi spezzati di Giun, che non aveva mai smesso di sperare.
Maicol socchiuse le palpebre e un sorriso lento, quasi sinistro, gli attraversò la bocca prima di trasformarsi in una smorfia di dolore. «Non ti ricordavo così sveglia» non voleva ammetterlo nemmeno a se stessa, ma era contenta che riuscisse ancora a scherzare in quel modo, nonostante quella situazione.
Abbassò lo sguardo, costringendosi a non indugiare troppo sulla sua schiena devastata, cercando invece le sue iridi color ghiaccio. «Perché l'hai fatto?» domandò anche se già conosceva la risposta.
Maicol esitò un attimo prima di rispondere, la voce greve e sforzata. «Se non l'avessi protetto, significava che tu avresti preso il trono. E non potevo permetterlo» si ostinò a fare ancora un mezzo sorriso, carico di amarezza, ma anche questa era solo una mezza verità.
«Beh, non avevo mai desiderato il trono, solo Yuri...ne è stata una conseguenza» rivelò. Ripensò a quella notte nella tenuta, quando Maicol aveva ammesso davanti a tutta la squadra, Yuri compreso, di provare qualcosa per lui. Lo aveva definito «Un problema» che cercava di risolvere. Minimizzò il tutto dicendo: «Sia chiaro, non è che io non ci dorma la notte, eh» allora, Skye non avrebbe mai immaginato che quei sentimenti lo avrebbero spinto a tanto, a sacrificarsi per proteggerlo. Anche se con il passare del tempo aveva sempre più intuito la forza di quel loro strano legame.
Skye strinse il contenuto nella tasca, come se aggrapparsi a quell'ultima possibilità di non farlo potesse frenare la decisione ormai presa. Poi, con un movimento lento e pesato, sfilò il tovagliolo e lo porse a Maicol. Trattenne il fiato, preparandosi ad un rifiuto, ma quando lui fissò per un attimo il tessuto, un'espressione di stupore si affacciò nel suo sguardo. In quel gesto, in quella consegna silenziosa, Skye percepì il peso di ciò che stava facendo incidere in lei una crepa profonda, un punto di non ritorno che si imprimeva come un marchio. Adil le avrebbe detto che stava sacrificando anche l'ultimo brandello di umanità che le rimaneva, compiendo quello che lui avrebbe chiamato "un crimine di fronte alla propria anima."
Ma la guerra ormai l'aveva completamente prosciugata.
Maicol inspirò a fondo, come se dal tovagliolo potesse risalire l'odore antico dei ricordi. «Dimmi che non sto sognando e che questi sono i rimedi naturali di mia nonna» per la prima volta da quando lo conosceva, poté vederlo per ciò che era, e non per l'immagine distorta che aveva creato di lui nella sua mente, ovvero quella di un mostro senza cuore. Lui era soltanto un uomo che amava con ogni pezzo di sé la sua famiglia: la nonna, la madre e perfino Yuri e Giun.
«Sono i fiori di tua nonna» confermò, la voce appena percorsa da un'incrinatura che non tentò più di nascondere, mentre le mani le tremavano impercettibilmente.
«Ora sì che mi piaci» rantolò in risposta, con un sorriso stanco e lo sguardo che indugiava sul tovagliolo come se fosse una salvezza e non una condanna.
«Tu no» ribadì lei con decisione, anche se un'ombra di compassione la tradì. «Eppure siamo qui» restarono in silenzio per un attimo, consapevoli di essere accomunati da qualcosa di più di Yuri. Loro ormai condividevano lo stesso obiettivo di proteggere quel regno e vederlo prosperare.
«D'accordo...» sospirò afflitto, tendendo una mano verso di lei. La pelle era ridotta a brandelli, uno spettacolo orribile che le fece serrare i denti. «Non credo mi resti molto altro da fare» disse, quasi come fosse una domanda, come se sperasse che lei potesse offrirgli un'altra soluzione, che non c'era.
«Quando l'ultimo antidolorifico smetterà di funzionare, non credo riuscirò a sopportare tutto questo» mormorò, tentando di indicare la sua stessa figura martoriata, senza riuscirci. Annuì lentamente, trovando difficile trattenere le lacrime che sentiva pungenti agli occhi. Distolse lo sguardo, voltando il capo per celare la vulnerabilità che non voleva lasciargli intravedere.
«Tua nonna mi aveva detto di mescolarlo a qualcosa di caldo» annunciò, chiedendosi perché mai sentisse quel groppo alla gola. Non era mai stata incline a provare pietà per lui, eppure... frugò sul tavolo alla ricerca di qualcosa, trovando solo una piccola caraffa d'acqua.
«Come faccio a riscaldarla?» chiese incerta. «Dovrebbe esserci un accendino da qualche parte, lo usano per sterilizzare le pinze o roba del genere» seguendo le sue indicazioni, trovò il piccolo accendino in una bacinella di metallo. Lentamente tornò verso di lui, con il cuore che batteva all'impazzata, consapevole che ogni secondo li portava più vicini a ciò che stavano per fare.
«Allora» iniziò, tentando di domare il panico che le cresceva dentro. Con un respiro profondo, aprì il tovagliolo e osservò i fiori secchi al suo interno, fragili e delicati. Li lasciò scivolare con cautela in una piccola ciotola di ceramica. «Li schiaccerò con questo» borbottò, cercando di immaginarsi già tutti i procedimenti nella mente. Afferrò una piccola boccetta vuota e iniziò a premere delicatamente sui petali, riducendoli in una polvere fine. Le dita le tremavano lievemente, ma continuò, concentrata su ogni movimento. «Nel frattempo riscalderò l'acqua e poi...mescolerò il tutto» deglutì e lui non distolse lo sguardo da lei, i suoi occhi grigi fissavano ogni suo gesto con una strana intensità, come se in quel rituale si celasse la sua ultima speranza.
«Perché lo fai?» le chiese, con la voce ormai ridotta a un sussurro. Stava iniziando a soffrire e gli effetti dell'ultimo antidolorifico stavano svanendo. Quasi sussultò quando accese il piccolo fuocherello dell'accendino con un clic, si costrinse ad accantonare in un angolo remoto la battaglia. Evitò di rispondergli mentre ritornava da lui, avvicinando la ciotola e concentrandosi sul vapore sottile che si sollevava dalla ciotola. Segno che l'acqua era ormai calda a sufficienza.
«Ecco» annunciò, lasciando che la polvere dei fiori scivolasse nel liquido, dissolvendosi in un colore giallastro. Mescolò con cura, ricordando l'avvertimento della nonna. «Sarà amaro» gli disse piano, lui accennò un cenno, una sorta di rassegnazione: il sapore era l'ultima delle sue preoccupazioni.
«Ce la fai da solo?» chiese Skye, sperando di non dover essere lei a completare quell'ultimo, doloroso gesto. Maicol rispose solo con un secco «No» le sue dita erano troppo deboli e scosse.
Sollevò la ciotola, pronta a sostenere il suo mento per farlo bere, quando lui esclamò: «Aspetta!» si fermò a mezz'aria, mentre lo vedeva arrossire lievemente. «Farà...farà effetto subito?» balbettò. Solo allora realizzò che con quel gesto, avrebbe messo fine alla sua vita.
«Non lo so» rispose con sincerità. Sperava per lui di si. Maicol si fece titubante, poi però, dopo un attimo, sembrò trovare il coraggio, accettando che non ci sarebbe stata alcuna via di scampo quando il dolore si fosse risvegliato del tutto.
«Yuri come sta?» rantolò velocemente, visibilmente sofferente. «Sta bene, si è solo addormentato, era esausto» mentì, consapevole che poteva non crederle, e infatti non insistette. Entrambi sapeva che se il Re fosse stato sveglio, sarebbe corso subito in quella stanza.
«Quindi...d'ora in poi sarai tu a prenderti cura di lui» indagò Maicol, accertandosi di non lasciare solo al mondo suo fratello. Poteva non comprendere quell'uomo, odiarlo, definirlo un viscido bastardo ed essere venuta lì soltanto per donargli una morte serena. Ma aveva scoperto che quello che Maicol provava per Icaro...era vero. Era amore. Fu allora che lei non riuscì più a trattenere un singhiozzo, che le uscì smozzato. Si portò subito una mano alla bocca, cercando di cancellare quel suono inopportuno, mentre il suo sguardo si allontanava, fissando la parete di lato.
«Che fai? Andiamo, non piangere» la rimproverò. Lei inspirò a fondo, ricacciando indietro le lacrime con tutta la forza che riuscì a mobilitare, poi annuì con fermezza, decisa a non cedere a quel momento di fragilità. «Mi prenderò io cura di lui» rispose, senza ombra di dubbio. Lo vide annuire debolmente. «Non credo sia una buona idea far venire Giun di qua» aggiunse, in una richiesta silenziosa.
Fece un cenno di dissenso e sollevò la ciotola, posizionando una mano dietro la sua nuca per inclinarla. Il liquido giallastro fluì sulle sue labbra che lentamente socchiuse. Maicol serrò gli occhi e bevve tre lunghi sorsi, il pomo d'Adamo che si muoveva sotto alla pelle tesa e marcia.
Appena ebbe terminato, si voltò con l'intento di riporre la ciotola da qualche parte, ma sentì il suo polso essere fermato. Incontrò gli occhi grigi dell'uomo. «Non andartene» disse velocemente, aggrappandosi a lei.
«Non avevo intenzione di farlo» lo rassicurò, aiutandolo a distendersi tra le coperte fradice di sudore e disinfettante. Gli si sedette accanto, mentre il tremore aumentava e lui chiudeva gli occhi, serrando i denti con forza. Le sue palpebre battevano rapide, come se volesse scacciare l'angoscia che lo attanagliava. Involontariamente, la sua mano cercò l'avambraccio di Skye, e lei glielo strinse con solidità, cercando di trasmettergli un po' di forza.
«Andrà tutto bene» provò a tranquillizzarlo, anche se non sapeva davvero cosa ci fosse oltre. Maicol gemette, aggrappandosi a lei con sempre maggiore intensità, mentre il dolore cominciava a manifestarsi con violenza. Le bruciature che deturpavano la sua schiena e il resto del corpo, sembravano prendere vita, avvolgendolo in un abbraccio infuocato. Il tempo sembrava distorcersi, interminabile e fugace allo stesso tempo. La paura che il veleno che aveva somministrato non fosse abbastanza rapido le serrava il cuore. Ogni segno vitale in lui sembrava diminuire: il suo respiro si faceva labile, come se avesse difficoltà a espellere l'aria.
Il suo sguardo vitreo si posò su un punto fisso della parete, ma sembrava vedere qualcosa di diverso dalla realtà. «Quando sei entrata qui, sembravi un cerbiatto» intuiva quanto stesse soffrendo per l'assenza di orgoglio che lo costringeva a mostrarsi così, debole. «Ma ora capisco che tu non sei mai stata un cerbiatto impaurito» rantolò, come se anche le parole fossero diventate un peso insopportabile da affrontare. «Tu...sei la morte»
D'un tratto, il suo corpo venne attraversato da uno spasmo e smise del tutto di tremare. I singhiozzi scossero il petto di Skye mentre stringeva la sua mano, che ad ogni minuto che passava diventava sempre più fredda. «Maicol» annaspò, incapace di dire altro.
«Digli che è sempre stato l'unico Re» biascicò, la sua voce ormai consumata. Sentiva la sua vita scivolargli via come sabbia tra le dita, ogni battito del cuore che si affievoliva sempre di più. Con un ultimo respiro, il suo corpo finalmente si rilassò, e smise di soffrire. Maicol andò via e lasciò dietro di sé solo silenzio.
Con lui ebbe la sensazione di aver appena perduto qualcosa di prezioso.
Non voleva che Yuri soffrisse, non voleva che Maicol morisse...
Ma più di ogni altra cosa, non voleva essere la morte.
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