38. Nel Cuore Della Notte

"Se guardi a lungo nell'abisso, l'abisso ti guarderà"

Questa era la frase di Nietzsche che Skye aveva studiato tra i banchi di scuola a Dover. C'era stato un tempo in cui aveva pensato di tatuarsela sul braccio, come un promemoria indelebile del suo desiderio di esplorare l'ignoto e di sfidare i confini della propria esistenza.

Ora, mentre oscillava sul fondo dell'oceano, quelle parole le vennero in mente con una chiarezza inquietante. La riflessione sull'abisso non sembrava più una semplice metafora, ma una realtà tangibile che stava vivendo in prima persona. Nella sua vita, Skye aveva sempre avuto certezze sbagliate, costruite su illusioni: aveva avuto falsi pregiudizi su Icaro, aveva seguito il
sogno sbagliato con la danza, con il Villaggio, e infine aveva idee sbagliate su tutto, perfino con il mare stesso.

Aveva sempre immaginato il fondo dell'oceano come un luogo freddo e asettico, privo di pietà, un regno di silenzio e freddezza, senza alcuna compassione. Pensava che il mare fosse un grande vuoto indifferente, un cimitero di sogni per coloro che avevano cercato tesori nascosti con zattere e barche. Uomini animati da una cieca ostinazione, convinti che il mare celasse meraviglie sotto la sua superficie, mentre in realtà giocavano con una belva antica e inesorabile.

Nei suoi ultimi istanti, tuttavia, la mente di Skye la riportò ad un'immagine inaspettata: un prato verde sconfinato, simile a quello che da bambina percorreva a Dover. L'erba si estendeva all'infinito. Correndo fra gli steli, provò finalmente la sensazione di libertà. Solo quando raggiunse il fondo di quella distesa, finì davanti a due paia d'occhi verdi e una voce sensuale come quella di una sirena che la richiamava dolcemente: «Skye».

Il movimento oscillatorio che aveva interpretato come il dondolio delle onde si rivelò invece essere l'andamento di un cavallo. L'illusione del mare si dissolse, sostituita dalla realizzazione di un animale che la stava trasportando.

Faticosamente, mosse un dito e sfiorò il pelo ritto e bruno del cavallo. Socchiuse lentamente una palpebra, cercando di trattenere la bile che le risalì diritto in gola. Era fradicia, nonostante il vento caldo che ruggiva alle sue spalle, ormai lontano e distante.

Con la mente ancora offuscata, Skye si ritrovava in un momento di passaggio tra due mondi, il confine incerto tra sogno e realtà. Cercava di comprendere dove si trovasse: davanti a lei non c'era né il prato verde e sconfinato che aveva sognato, né il fondo dell'oceano che aveva appena lasciato. Anche se era circondata dalla sabbia, la sua nuova realtà non era quella di un mare tranquillo o di un prato idilliaco, ma di un deserto apparentemente calmo.

Chinando il capo dolorante, notò gli zoccoli del cavallo che affondavano pesantemente nella sabbia ad ogni passo. Capì finalmente il motivo del suo indolenzimento quando riconobbe la posizione in cui si trovava: era distesa a pancia in giù sulla sella, con le gambe penzolanti e le braccia che ondeggiavano a ritmo del cavallo. Il mal di collo era insopportabile; quando cercò di sollevare la testa, una fitta di dolore la costrinse a rallentare.

Al suo fianco c'era un altro destriero con due figure sedute avvolte dall'oscurità della notte. Il cielo sopra di loro era un manto di nero impenetrabile, e la luce era scarsa, limitata solo ai deboli contorni delle sagome. L'unico rumore, oltre al fruscio della sabbia sotto i cavalli, era il lieve scricchiolio delle selle e il respiro degli animali.

«Skye» chiamò di nuovo la stessa voce familiare del suo sogno. Un tocco leggero urtò contro la sua spalla, e quando si voltò, scoprì che era stato un ginocchio. Seguì con lo sguardo quel corpo fino a che, nonostante l'oscurità, riuscì a riconoscere gli occhi verdi inconfondibili.

«Yuri» gracchiò. Il sollievo si dipinse sul suo volto come un'ombra che si dissolve all'alba, mentre lo guardava intensamente. Yuri le rispose con un sorriso che le toccò il cuore, quello stesso sorriso che aveva sempre amato, caratterizzato dalle fossette che si formavano ai lati della bocca.

«Mia Regina, alla buon'ora» disse con un tono che era allo stesso tempo leggero e carico di affetto. Il titolo con cui la chiamava, "Regina", suonava ancora surreale alle sue orecchie, eppure c'era qualcosa nel modo in cui lo diceva, come se quel nome le appartenesse da sempre,
scritto fin dagli albori nel loro destino.

«Come ci hai trovati?» biascicò Skye, la voce debole e impastata. Con uno sforzo doloroso, cercò di rimettersi seduta per poter stare in groppa al cavallo. Yuri, comprendendo subito le sue intenzioni, l'aiutò con premura, sorreggendola con delicatezza finché non fu in grado di sistemarsi da sola.

«Ah, quindi è viva» constatò qualcuno annoiato, il suono provenne dal cavallo accanto. Skye non ebbe bisogno di voltarsi per riconoscerlo: quella voce spinosa apparteneva soltanto a Maicol. Il tono disinteressato con cui parlava era inconfondibile, così come la sensazione di fastidio che le procurava. Dietro di lui, riuscì a scorgere la figura di Saleem.

«Giuro che lo strozzo» minacciò il soldato tra i denti, irritato solo al pensiero della presenza di Maicol e forse anche quella di Icaro.

Skye alzò gli occhi al cielo, cercando di orientarsi. La notte era profonda e silenziosa e la tempesta non incombeva più. Il cielo, pur ancora oscuro, sembrava meno minaccioso rispetto al caos che l'aveva travolta poco prima. «Per quanto ho dormito?» domando incerta. Si sentiva spaesata, come se avesse perso la cognizione del tempo. Yuri, sempre dietro di lei, appoggiò il mento sulla sua spalla. Il suo sorriso era ancora lì, caldo e rassicurante, e bastò a infondere in lei una sensazione di calma e calore che non provava da troppo tempo per i suoi gusti.

«Sei davvero qui» gli sussurrò, quasi incredula, mentre le sue dita sfioravano dolcemente il dorso della mano di lui, quella con l'anello.

«Sono qui» affermò, con un gesto affettuoso, fece scivolare la sua mascella contro la guancia di Skye, come un gatto che si struscia facendo le fusa. Quel gesto, così semplice e spontaneo, fece affiorare in lei un'improvvisa voglia di ridere, un impulso che sembrava fuori luogo considerando tutto ciò che era appena accaduto.

«E anche noi» intervenne Maicol, fingendo di vomitare per l'eccesso di dolcezza tra loro due. Skye trattenne l'impulso di alzare di nuovo gli occhi al cielo, consapevole che Maicol non avrebbe mai perso un'occasione per intromettersi e fare una delle sue solite battute.

Saleem, con il solito sguardo di circospezione, le rispose: «Sei svenuta per poche ore, credo cinque o sei» La osservava attentamente, come se cercasse in lei ancora segni di danni permanenti, ma a quanto pareva, l'oceano l'aveva restituita a loro intatta.

All'improvviso, un ricordo riaffiorò nella sua mente. «Ho sentito qualcuno che mi afferrava per il braccio» disse, ricordando la sensazione di essere stata tirata fuori dall'acqua.

Maicol intervenne subito, con la solita vena sarcastica: «È stato Yuri, a quanto pare ancora non ha compreso bene di essere un Re e di dover proteggere la sua vita» commentò severamente, lanciando uno sguardo di sottecchi al fratellastro.

Yuri, ignorando gli altri, si rivolse direttamente a lei. «Abbiamo cavalcato per giorni nel deserto, da quando ci hanno separato» La sua voce era carica di frustrazione, palesemente infastidito dai ricordi di ciò che era accaduto. «È stato Ronald a portarmi via, con l'aiuto di Joseph e Wave».

Maicol si schiarì la voce, ma nessuno gli prestò attenzione. Yuri continuò, «Ci siamo imbattuti in una tempesta di sabbia spaventosa e abbiamo cercato subito un riparo. Abbiamo pensato di dirigersi verso il mare, sperando che lì l'aria fosse più respirabile. E poi abbiamo trovato voi» spiegò con tono piatto, come se stesse riportando i dettagli di un'operazione militare.

«Volevo venire da solo a cercarti, ma Maicol... non mi ha dato retta» aggiunse con un tono di scuse, lanciando un'occhiataccia al fratellastro. Anche Skye rivolse lo sguardo su Maicol, notando il suo finto disinteresse. Era evidente che, nonostante tutto, Maicol non avrebbe mai permesso a Yuri di avventurarsi da solo nel deserto. Il legame che lo univa a lui era più profondo di uno fraterno. Suppose che la sua presenza era un chiaro tentativo di protezione, per quanto maldestra o accidentale potesse sembrare.

«Sono qui solo perché ti sarebbero serviti due cavalli, nel caso avessi trovato vivi entrambi» obiettò seccato, cercando di mantenersi ancora distaccato. Ma Skye non era convinta che quella fosse l'unica ragione.
«Gentile da parte tua» lo stuzzicò, trattenendo un sorrisetto.

«Saleem ci ha spiegato tutto ciò che vi è successo» proferì ancora il Re, più serio che mai. Le fossette erano totalmente sparite.
Skye alzò la testa verso di lui, ma subito maledisse quel gesto avventato quando una fitta di dolore le attraversò il collo. Il torcicollo era un promemoria pungente della sua recente esperienza. Sperava che Saleem avesse omesso alcuni dettagli, soprattutto ciò che avevano quasi condiviso nel villaggio dei pescatori.

Yuri distolse lo sguardo dal fratello e dal soldato, tornando a fissarla con preoccupazione. «Non pensavo che Adil potesse arrivare a tanto» ammise, la voce carica di sconforto. Sentì il freddo contatto dell'acciaio del suo anello, le sue dita sfiorarono delicatamente la sua nuova ferita al braccio, come se volesse alleviare il dolore semplicemente attraverso quel tocco, in parte ci riuscì.
«Rinchiuderti in una gabbia...è inammissibile» disse, stringendo le labbra in una linea dura, il volto adombrato dalla rabbia trattenuta, non poteva accettare l'idea che fosse stata trattata in quel modo.
«È stato meglio che abbiano trovato me invece di te» chiarì. Sapeva bene che Adil, Muna e Gerald non avrebbero mai risparmiato Yuri, e perfino Saleem, per quanto leale a lei, forse non sarebbe intervenuto per salvarlo.

Yuri ringhiò urtato. «Non dirlo neanche per scherzo» sibilò, avvicinando le labbra al suo orecchio. «Non ho ancora perdonato Ronald per avermi trascinato via da te» Skye invece, sentendo quelle parole, si appuntò mentalmente di doverla ringraziare. Quella separazione forzata, per quanto dolorosa, forse aveva salvato entrambi.

Notò che dopo quella tempesta, le dune, solitamente lineari e regolari, erano diventate un labirinto di ondulazioni irregolari e profonde fosse, come se il vento avesse giocato con la loro forma. La sabbia, bagnata e appiccicosa, copriva le loro vette con uno strato più umido. I cavalli facevano un po' di diffcoltà a sorvolare alcuni punti, ma nonostante ciò, riuscirono ad avanzare.

«Non vuoi sapere dove stiamo andando?» chiese improvvisamente Saleem, accedendo subito la sua curiosità. Immersa nella gioia di rivedere Yuri, non si era nemmeno chiesta quale fosse la loro nuova destinazione. Per lei, essere con lui era più che sufficiente.
«Abbiamo un piano?» domandò, rivolgendo uno sguardo interrogativo ai tre.

«Più che un piano...Direi una meta» fu Yuri a risponderle, rimanendo sul vago, ma quando le sorrise di nuovo rivelando una fossetta, non riuscì a contenere la curiosità.
«Andiamo, qualcuno mi dice dove stiamo andando o no?!» li incalzò visibilmente irritata, i tre uomini ghignarono e, scambiandosi uno sguardo divertito, scoppiarono poi a ridere.

Fu la prima volta che li vide ridere così, e mai, neppure nei suoi sogni più bizzarri, avrebbe immaginato una scena simile: Icaro, Saleem e Maicol che ridevano assieme, in una sorta di inusuale armonia. La risata, tuttavia, sembrava quasi troppo perfetta per essere vera. Non appena si accorsero del suo sguardo stupito e di ciò che stavano facendo, si zittirono di colpo. Ognuno si concentrò sulla prima cosa che trovavano sotto tiro, cercando di mascherare la scena appena avvenuta.
«Ci prepariamo verso la guerra» le disse Saleem. «Ah si? e dove?»
«In una trincea» esordì, lasciandola con più domande di prima.
«Una trincea? chi...cosa...Come?» farfugliò. La parola "trincea" evocava immagini di campi di battaglia lontani, di guerra e di conflitto, ma non riusciva a collegare questo scenario a ciò che stavano vivendo. L'idea di una trincea nel deserto, soprattutto dopo una tempesta di sabbia e in un contesto così diverso, sembrava incomprensibile.

«Non dirle altro, il resto sarà una sorpresa» si intromise Yuri rivolto a Saleem, mentre posava un braccio sul suo stomaco, attirandola più vicino a sé in un gesto apparentemente non calcolato. Skye si chiese se fosse consapevole dell'effetto che il suo gesto aveva su di lei e, forse, anche su Saleem. Il contatto involontario era un segnale sottile che evocava in Skye una marea di emozioni a cui avrebbe voluto lasciarsi andare. Tuttavia, la consapevolezza che il suo superiore potesse osservare quel gesto aggiungeva un'ulteriore dimensione di complessità alla situazione.
«Perché non dirmelo subito?» si imbronciò e lui con un sorriso malizioso, strinse ulteriormente il suo corpo contro il suo. «Vedrai» rispose con voce mielosa. Bastò quello ad azzittirla completamente per diversi secondi.

«Quanto tempo dovrò ancora subirmela?» protestò Maicol, mostrando a Skye una faccia disgustata. Lei alzò un sopracciglio e borbottò «Già, quanto tempo ci vorrà?» rimbeccò in cerca di più risposte. Yuri, con un gesto gentile, le spostò i capelli umidi dal collo, sistemandoli su una spalla.
«Riposa, ti sveglierò io quando saremo arrivati» le consigliò, picchiettando affettuosamente la sua spalla, come per darle il permesso di appoggiare la testa contro il suo petto.

«Tranquilla, più nessuno ci separerà» aggiunse con un tono quasi solenne.
«Sembra una promessa» sbadigliò, trovando improvvisamente irresistibile il suo petto. Le pareva che sarebbe stato il luogo ideale per un sonno tranquillo, lontana da ogni abisso e preoccupazione.

«Lo è» le confermò, stringendola a sé e permettendole di far cadere i capelli umidi e la testa contro di lui. Si lasciò cullare dall'ondeggiare della sella e dal ritmo ovattato dei passi dei cavalli, mentre il mondo esterno svanì di nuovo.

Si risvegliò quando percepì i rumori in lontananza, come se una nuova attività avesse preso piede intorno a loro. Si preparò istintivamente a rimettersi sull'attenti, pronta a reagire, ma la sensazione del braccio caldo di Yuri che le cingeva ancora il corpo e il suo respiro tranquillo dietro di lei la calmò.
Aprì gli occhi e cercò di identificare la fonte degli schiamazzi che udiva. In lontananza, ai piedi di un burrone, notò dei piccoli puntini in movimento, che sembravano interagire tra loro. Il contrasto tra l'apparente tranquillità del momento e il brusio crescente attirò la sua attenzione.
«Buongiorno» mormorò Yuri al suo orecchio. Si mise meglio seduta, cercando di sciogliere i muscoli rigidi e ancora stanchi. Si vergognò quando il suo stomaco, improvvisamente sveglio e brontolante dalla fame, si fece sentire.
«Chi sono?» chiese, scrutando i tre puntini in lontananza che si muovevano in modo distintivo.
«Ancora non li riconosci?» chiese con un sorriso sottile, osservando Skye con dolcezza. Lei scosse la testa con aria interdetta e riportò lo sguardo verso le tre figure in lontananza che agitavano le braccia per attirare la loro attenzione.

Saleem, sul cavallo accanto, balzò giù con un salto, mostrando una forza e una resistenza che sembravano ancora intatte. Lo osservò mentre correva verso le persone in lontananza e vide un abbraccio che parlava di una gioia palpabile: due grosse braccia e una testa pelata.
«Joseph» sibilò lei, trattenendo la voglia di scendere a sua volta per correre verso di loro. Dubitava di riuscire ad arrivare sana e salva o anche scendere da quel cavallo.
Accanto a Joseph, riconobbe Wave e, con un'esclamazione di sorpresa, si rivolse a Yuri. «George! Com'è possibile?» Era sicura di aver lasciato il soldato nel vecchio Villaggio e Joseph nel deserto.

«Lo è» affermò, afferrandole il mento e costringendola a girarsi di nuovo verso la scena davanti. Mentre osservava meglio, gli occhi di Skye si riempirono di emozione. Saleem era avvolto in un abbraccio caloroso da Wave e George, mentre Joseph si avvicinava a lei con un sorrisone.

Il burrone, che prima aveva scambiato per una crepa nel terreno, si rivelò essere una trincea lunga diversi chilometri, che attraversava il deserto come una ferita aperta nel terreno arido. Ma non riuscì a studiarla ulteriormente perché Joseph accarezzò il muso del cavallo per fermarlo e, senza sforzo, la prese per il bacino e la proiettò giù. «Eccola qui» disse solo, come se avesse atteso il suo ritorno per molto tempo. Le strapazzò i capelli e l'attirò in un grande abbraccio.

Stava già trattenendo le lacrime quando dalla trincea sbucarono due persone che non vedeva da troppo tempo.

«Skye!» esclamò Koraline, quasi fece fatica a riconoscerla. Mentre si rendeva conto di quanto le fosse mancata appena la strinse, trattenne a fatica l'impulso di scoppiare a piangere.

Un impulso però, che non riuscì a frenare del tutto.

Soprattutto quando vide Dan.

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