36. In balia delle onde
Il mare accolse il loro tuffo con un abbraccio gelido e oscuro, ma il vero pericolo era rimasto indietro, sulla terraferma.
Skye riemerse dalle acque del Golfo, ansimando e cercando di riprendere fiato. Il freddo del mare le penetrava già nelle ossa e la corrente sembrava volerla risucchiare più al largo, lontano dalla costa. Allungò il collo per restare con la testa fuori dall'acqua e, con uno sforzo immenso, cercò di orientarsi nella buia distesa anche se la schiuma delle onde rendeva difficile scorgere qualsiasi cosa.
«Saleem!» urlò a pieni polmoni, ripetendo il suo nome più volte, la voce le uscì strozzata dall'ansia e dal freddo. Il suono delle sue grida si perse tra il rumore del mare e del vento. La corrente era forte e la spingeva, minacciandola di separarla dalla terra. Disperata, si orientò verso il punto più vicino della costa, dove sperava di ritrovare Saleem e successivamente un riparo.
Contro corrente, nuotando con tutte le forze rimaste, lottò fin quando la sabbia bagnata iniziò a toccarle i piedi. Salì faticosamente sulla spiaggia con il corpo tremante e ricoperto di sale. Si voltò subito, sperando di vedere finalmente il soldato emergere dalle onde, ma il mare sembrava desolatamente vuoto. Il panico le attanagliò il petto.
Cercò di riprendersi, il respiro affannoso e la mente ancora sconvolta da tutto ciò che era appena successo. Si scrollò di dosso la sabbia e iniziò a correre, i passi incerti ma veloci mentre il lontano eco dei cani e degli spari svaniva gradualmente. Una volta appurato che quella spiaggia era deserta e che il suono dei cavalloni che si infrangevano sulla riva era l'unico rumore che la circondava, decise di avvicinarci verso un piccolo promontorio di rocce, dove il mare era meno agitato e l'orizzonte era più nitido. Con uno sforzo enorme, si arrampicò sulla roccia, il corpo esausto ma la mente determinata a trovarlo. Da quel punto di vista, il panorama si estendeva in modo più ampio e le avrebbe offerto una visuale migliore, l'unico tasto dolente era la luce scadente della notte.
E proprio lì scorse una figura. Un uomo girato di spalle, con lo sguardo fisso nel buio. Il cuore le balzò subito in gola. Sperò fosse Saleem, ma il dubbio la frenò per un istante.
«Saleem?» sussurrò, speranzosa. L'uomo si voltò rapidamente verso di lei e, senza dire una parola, corse ad abbracciarla. Il rumore del mare e il profumo salmastro sembrarono svanire mentre anche lei lo stringeva con tutta la sua voracità.
Era ancora incredula, scossa e profondamente turbata. Non riusciva a credere che avesse rischiato tutto per salvarla. Le lacrime iniziarono a scorrere liberamente sul suo volto. «Saleem!» riconobbe, ancora tra i singhiozzi e la voce completamente rotta dal pianto.
Lui si staccò leggermente, incerto, le passò un pollice sotto i suoi occhi per asciugare le lacrime. «Dobbiamo trovare un riparo e pianificare la nostra prossima mossa. Questo piano ci ha portati soltanto fino a qui» disse, offrendole un sorriso di scuse mentre ignorava l'enormità del suo sacrificio.
Annuì, finalmente concentrata. «Verranno qui a breve. Dobbiamo usare il vantaggio che abbiamo appena conquistato per nasconderci e trovare un modo per metterci in salvo e trovare gli altri» dettò lui con una determinazione contagiosa.
Si separarono ed insieme camminarono per miglia sulla costa finché non trovarono un piccolo villaggio di pescatori abbandonato. Le case erano in rovina, sbiadite dal sole e dalla guerra, e l'aria che vi si respirava era impregnata di un silenzio tombale.
«Qui vivevano alcuni pescatori prima della guerra. Ai tempi erano anche molto conosciuti» le chiarì, osservando le vecchie catapecchie ormai quasi del tutto crollate. «Ci rifugeremo qui fino al mattino. Dobbiamo trovare un modo per ricongiungerci agli altri se vogliamo avere una speranza» Skye si guardò attorno, il senso di impotenza che aveva provato fino a quel momento si mescolava con una stanchezza enorme. «Pensi che li troveremo?» domandò, il timore di ciò che li attendeva non completamente svanito.
Il suo superiore si voltò verso di lei, lo sguardo imperscrutabile. «Non pensarci ora. Questi luoghi possono nasconderci, ma dovremo restare vigili. La nostra fuga non è finita, abbiamo una possibilità di sopravvivere e quindi non intendo sprecarla» le disse, proseguendo in avanti. Osservando la sua schiena, Skye si ripromise di sdebitarsi e portarlo in salvo.
Entrarono in una piccola casa rimasta ai margini del villaggio desolato. La dimora, l'unica con una porta d'ingresso ancora intatta, seppur corrosa dal tempo e dalla salsedine, era a pochi passi dal mare, e sembrava l'ultima testimone di un passato lontano.
Varcarono la soglia e si trovarono in un unico ambiente, angusto e spartano. La cucina, con un vecchio piano cottura a gas arrugginito, occupava una piccola parete, mentre dall'altra parte della stanza si trovava un letto singolo, il materasso sfondato e ricoperto di polvere. Sul tavolo rotondo, coperto da uno strato di sporco, le stoviglie erano lasciate come se il proprietario avesse abbandonato la casa in fretta. Ogni dettaglio, ogni oggetto sembrava aspettare invano il ritorno di qualcuno che forse non sarebbe mai ritornato.
Saleem appoggiò la mitragliatrice sul tavolo e aprì il piccolo frigorifero, ormai inutilizzabile senza corrente elettrica. L'odore stantio e rancido che emerse lo fece arricciare il naso. Frugò tra le poche cose ammuffite rimaste all'interno, finché non constatò che il frigo era praticamente vuoto.
«Niente di buono» dichiarò, il tono stanco ma pratico. Poi si diresse verso i due cassetti sopra al lavello e ne estrasse cinque scatole di latta, le aprì e le esaminò. «Credo sia pesce, forse tonno» ne dedusse, posandole sul tavolo e prendendo due forchette sbeccate. Skye, dopo giorni di digiuno, guardò quelle scatole come se fossero un tesoro appena scovato. Anche se il pesce si rivelò non appetitoso e insipido, sembrava comunque la cena migliore che avesse fatto negli tempi. Quando ebbero finito, la fame non era completamente sparita, ma non avvertiva più il pericolo di svenimento che aveva provato fino a poco prima.
Saleem prese un vecchio straccio e iniziò a pulire con cura la sua mitragliatrice, i suoi movimenti erano metodici e precisi. La sua mente si concentrò presto sulla manutenzione dell'arma e sul conteggio delle munizioni, in parte perse nel mare.
«Sono esausta» mormorò lei, strizzando i capelli bagnati e gocciolanti sul pavimento di legno scheggiato.
Saleem annuì, il suo sguardo era rivolto alla piccola tenda ricamata sull'unica finestra della stanza. Si alzò e la spostò, scrutando l'oscurità esterna. Nonostante il silenzio che avvolgeva il piccolo villaggio, Skye sapeva che quella poteva essere solo una pausa temporanea.
Si tolse gli stivaletti e le calze, cercando di asciugarli con un po' di carta, mentre il vento rovente dalla finestra le accarezzava i piedi. Ogni movimento era lento e affaticato accompagnato dal silenzio della casa, interrotto ogni tanto solo dal rumore delle onde. Tutto sembrò mettersi in pausa rispetto alla frenesia della fuga.
Skye si sedette sul bordo del tavolo, cercando di far fronte a tutto ciò che avrebbe dovuto fare. Si rimboccò le maniche della tuta con movimenti impacciati e cominciò a disinfettarsi la ferita al braccio. Ignorava le piccole pozze d'acqua che si formavano ad ogni passo, create dai suoi vestiti ancora bagnati. In alternativa di meglio, afferrò una bottiglia di liquore che aveva trovato nel frigorifero e, senza pensarci troppo, lasciò scivolare il liquido infiammante sul braccio.
Il bruciore era immediato e penetrante, facendole serrare i denti con forza e conficcare le unghie nei palmi delle mani per non lamentarsi. Deviò lo sguardo, forzandosi a non pensare a quanto stesse bruciando, e lo riportò sulla figura davanti alla finestra. Il soldato, con uno sguardo alternato tra lei e l'esterno, sembrava assorto nei propri pensieri.
«Perché hai deciso di seguirmi?» gli chiese come distrazione, la voce intonata tra il dolore taciuto e la curiosità. Il suo sguardo cercava una spiegazione che potesse chiarire perché avesse scelto di abbandonare tutto ciò che conosceva per restare al suo fianco.
«Non avevo altra scelta» rispose monocorde.
Lo fissò sbigottita. Sapeva che la sua affermazione non era del tutto veritiera. Saleem aveva ben altre opzioni rispetto a lei. Il Villaggio non l'aveva ripudiato come avevano fatto con Skye; lui, al contrario, avrebbe potuto scegliere di rimanere con la sua gente, mantenere il suo ruolo e le sue radici come al principio, senza esporsi ai pericoli che ora condividevano insieme.
«Non potevo lasciarti da sola in questa situazione» aggiunse con riluttanza. Lei trattenne un nodo alla gola, una miscela di gratitudine e confusione. Il silenzio che seguì era carico di un intesa profonda, un momento in cui entrambi sapevano di non essere soli, anche se il mondo esterno sembrava pronto a frantumarsi.
«Ero pronta a morire» ammise infine, lasciando cadere la bottiglia sul tavolo e passandosi le dita tra i lunghi capelli bagnati.
Saleem alzò un sopracciglio, il suo sguardo duro e perplesso. «Certo, tu sei sempre pronta a morire» rispose con tono severo. «Come quel giorno alla base, quando ci hai lasciato» la sua risata, sebbene breve e forzata, sembrava quasi una reazione nervosa a un ricordo doloroso.
«Non sono una martire» rimbeccò, ridendo a sua volta.
«Forse no ma a volte ti comporti come tale» constatò e lei giurò che il suo sguardo era diventato appena più tenebroso. «Ma immagino che questo sia il tuo modo di affrontare le cose. Anche quando ti metti in pericolo, lo fai con una sorta di determinazione che è difficile da ignorare»
Skye sorrise, il suo volto si distese mentre il dolore e la fatica sembravano affievolirsi appena.
Saleem non era solito a dichiarazioni d'amore o anche solo a dialogare certe volte. Per molti, la sua natura scontrosa e taciturna lo faceva apparire come un individuo distante e impenetrabile, e in effetti, lo era spesso. Tuttavia, a volte bastava saperlo interpretare o tentare di scrutare i suoi occhi scuri, una sfida ardua perfino per lei. Ma nonostante la sua incapacità di esprimere i propri sentimenti a parole, e la sua tendenza a mostrarsi burbero, talvolta i suoi gesti parlavano un linguaggio diverso. La sua lealtà, un dono raro, era stata offerta a lei, e questa responsabilità gravava come un peso immenso. Skye non era il suo Villaggio, né la sua famiglia, eppure lui aveva scelto di rimanergli accanto, anche dopo averlo ferito scegliendo Icaro.
Era lì, a pochi centimetri da lei, immerso in un compito che sembrava essere l'unico in cui si trovava a suo agio: pulire la sua arma con movimenti precisi e impeccabili. Era un uomo più abituato a decapitare teste che a rivelare i propri pensieri. La sua personalità schematica, metodica e rigida lo portava raramente a lasciarsi andare alle proprie emozioni. Ma quando ciò accadeva, Saleem mostrava un lato di sé che era tanto inaspettato quanto affascinante.
«Vai a riposarti, ci penso io qui» gli consigliò, indicando con un cenno del capo il letto vuoto.
«Nella gabbia ho solo dormito» aggiunse per evitare obiezioni. Ci mise un po' prima di abbandonare con riluttanza la sua piccola postazione.
Mentre lui si avvicinava al materasso, lei strisciò i piedi della sedia sul pavimento per avvicinarla alla finestra.
Due rumori lievi, quasi impercettibili, giunsero da dietro. Quando si voltò, il buio della stanza rivelò la schiena nuda e muscolosa di Saleem, che emergeva come un'ombra imponente nella penombra. I suoi vestiti, una maglia e un paio di pantaloni, erano stati lasciati a terra in un angolo, disordinati e trascurati, come se avessero perso il loro significato in quel momento. Si concentrò per tutto il tempo verso l'orizzonte, e le ci volle tutta la sua forza di volontà per farlo, anche quando sentì le reti del letto cigolare sotto il peso del soldato.
L'orizzonte, per fortuna, rimase immobile mentre una notte scura e apparentemente senza luna avvolgeva il piccolo villaggio dei pescatori. La mancanza di luce conferiva alla scena un'atmosfera inquietante, come se la notte stessa stesse divorando ogni cosa. Osservò con attenzione il legno consumato delle abitazioni, le finestre scardinate e prive di luci, le porte che si aprivano in modo sinistro verso l'oscurità, le vie deserte e il rumore del vento che penetrava attraverso gli innumerevoli spifferi, creando un sussurro sinistro e costante.
Probabilmente, da sola, non sarebbe mai sopravvissuta all'imboscata tesa dal Villaggio né sarebbe riuscita a raggiungere quel punto cosi lontano.
La sua mente era attraversata da pensieri di preoccupazione e insicurezza quando sentì il suo superiore interrompere le sue riflessioni. «Mentre tu eri rinchiusa, ho provato più volte a parlare con Adil».
Quando si girò verso di lui, lo trovò perfettamente sveglio.
Aveva lo sguardo perso nei ricordi e in espressione quasi di rammarico. Sapeva che anche lui aveva riposto molta stima nei confronti del Vecchio e probabilmente ne era rimasto ferito dalla sua corruzione.
«Non ha accettato di collaborare con noi. Non si è lasciato convincere in nessun modo. La collaborazione con Gerald era praticamente già una garanzia di sopravvivenza e salvezza mentre quella con Icaro invece...» sospirò rumorosamente.
«Era incerta, e Adil si è stufato dell'incertezza. Vuole il potere, forse anche più di te» fra le sopracciglia di Skye si creano due curve.
«Non pensare che non sappia che ti piace fare la Regina» aggiunse con un sorriso invitante che si trasformò presto in una smorfia.
«La cosa buffa è che, se non ci fossi stata tu di mezzo, anch'io sarei stato d'accordo con la scelta del Villaggio» proseguì, il sorriso che si tramutava in una risata amara. «Chi avrebbe mai pensato che, quella notte, salvandoti, mi sarei ritrovato qui? In fuga dalla mia gente, collaborando con mio cugino e una squadra... decisamente insolita» anche lei non poté fare a meno di ridacchiare, pensando a tutto ciò che era accaduto.
«Neanche io pensavo di finire cosi» sperduta nel deserto, in un paese abbandonato, in fuga come una ricercata.
Poi, con un cambiamento improvviso nel tono, la fissò intensamente. «Te ne sei mai pentita?» chiese, il volto illuminato solo dalla pallida luce della luna che filtrava attraverso le finestre rotte. Nel buio, le sue pupille sembravano completamente inghiottite dalle iridi nere che le circondavano, creando un effetto inquietante e penetrante.
«Di che cosa?» chiese, sfregandosi i palmi sulle braccia.
«Di esserti innamorata di lui» disse. Lei si morse un labbro mentre cercava le parole giuste. Ma Saleem, interrompendo il suo tentativo, corresse la domanda.
«O meglio, ti sei mai pentita di esserti innamorata di me?» La domanda lo fece sentire come se stesse camminando su un tappeto di spine appuntite, un percorso tortuoso.
«No, mai» mormorò con decisione, prima di ricambiare la domanda. «E tu?»
Dubitava che non se ne fosse mai pentito, soprattutto quando aveva scoperto ciò che lei provava per Icaro.
Annuì lentamente, portando i suoi occhi neri su quel soffitto precario, come se cercasse risposte in quella superficie usurata.
«Certo, sarebbe stato tutto più facile senza di me» concordò infine, rassegnata. D'altronde come poteva biasimarlo?
Lui fece un sorriso tirato e poi si spostò contro la parete.
«Vieni qui» la invitò a raggiungerlo nel letto. Lei lanciò un ultimo sguardo all'orizzonte prima di seguire il suo invito.
«Facciamo finta che nulla sia accaduto, e che io e te siamo ancora quelli della Torre» propose Saleem, mentre le afferrava delicatamente la mano e la invitava a stendersi accanto a lui.
Il cuore di Skye iniziò a martellare nel petto, perdendo un battito quando, con i vestiti ancora bagnati addosso, si sdraiò. «E magari, facciamo anche finta che questa sia davvero la fine del mondo» continuò lui, avvicinando le sue labbra all'orecchio e facendo scivolare le dita lungo i fianchi di lei. Le sue parole erano dolci, come un sussurro nel vento, e le fecero chiudere le palpebre, lasciando che il calore del suo respiro le accarezzasse la pelle. «Un'ultima notte insieme» aggiunse, mentre il suo respiro le sfiorava il collo.
Le sue dita le accarezzarono la curva dei fianchi, sollevando lentamente il tessuto umido della maglia fino ai seni. Quando gli sfilò l'indumento, le sue mani scesero sul ventre, baciandole dolcemente la fronte, la guancia, e avvicinandosi all'orecchio.
«Se non ci fosse un domani, Skye, non avrei paura di dirti che ti voglio. E tu cosa faresti?» la incitò, baciandole il collo e il mento con una passione nascente.
Con gli occhi serrati, si sforzò di concentrarsi sui gesti di Saleem, sulle sue parole, cercando disperatamente di trovare dentro di sé la forza per ricambiare l'amore e la passione che lui nutriva per lei. Voleva ardentemente riuscirci, ma ogni tentativo sembrava vano. Invece, di tutte le cose che poteva fare o immaginare, ne immaginò solo una: Yuri.
Quel pensiero la colpì, continuava a rifugiarsi in un luogo che non apparteneva a Saleem, ma a un altro uomo, a un'altra storia.
Skye aprì lentamente gli occhi, il cuore stretto dalla tensione e dall'affetto che provava. Ma era solo quello: affetto e nient'altro. Un sentimento che, per quanto sincero, non riusciva a competere con ciò che provava per Icaro. «Se fosse la fine del mondo...» iniziò a dire, la voce tremante mentre lottava con le parole che sapeva avrebbero ferito. «E non fossi insieme a Yuri, andrei a cercarlo»
Saleem si fermò, il suo corpo teso e immobile, mentre le sue braccia rimanevano avvolte attorno a lei. Non mostrò segni di rabbia né la lasciò andare; appoggiò il mento sulla sua testa, immerso nei suoi capelli. «Già», disse con un sospiro profondo, come se si fosse riemerso nella dura realtà che aveva cercato di ignorare.
«Mi dispiace» biascicò in un vago tentativo di scuse, sentì le lacrime risalire, calde e salate, senza che riuscisse a comprenderne appieno il motivo.
Saleem si limitò ad abbracciarla forte, pelle contro pelle. Avvolgendola con le sue braccia e gambe in un gesto di protezione assoluta. Il suo calore l'avvolse come una coperta, e Skye non si vergognò di essere ancora mezza nuda in sua presenza. L'atto stesso di stringerlo la rassicurava, dimostrandole quanto profondo fosse il loro legame.
«Prima o poi me ne farò una ragione» confidò lui, con un tono rassegnato mentre continuava ad avvolgerla sempre di più come in un bozzolo.
«Ma fino ad allora, io sarò il tuo scudo, Skye, e tu il mio cuore».
Forse, in un altro universo, lei e Saleem avrebbero finalmente potuto stare insieme, avrebbero avuto un futuro o chissà cosa. Ma nella loro realtà invece, si addormentarono stretti l'uno all'altra, consapevoli di quanto fossero stati vicini al pericolo di perdersi per sempre solo poche ore prima.
La notte trascorse tra alternanze di veglia e sonno profondo. Quando uno di loro piombava inconsapevolmente in un sonno ristoratore, l'altro rimaneva sveglio, gli occhi spalancati e l'attenzione sempre vigile. Questo stato di vigilanza persistette fino a quando il sole cominciò a riscaldare la loro pelle, svegliandoli e segnando l'inizio di un nuovo giorno.
Svegliandosi controvoglia, osservò il soldato accanto a lei mentre si alzava e cominciava a prepararsi per l'imminente uscita. Ogni movimento di lui era scandito con la precisione e la schematicità che le erano ormai familiari. Nonostante il peso del sonno e dei pensieri confusi che le gravavano addosso, realizzò che non avrebbe potuto giurargli fedeltà o amore come lui forse desiderava, ma nonostante ciò, sentì che comunque di essere ancora legata a lui.
E così, mentre il sole iniziava a farsi strada tra le ombre della stanza, Skye si preparò ad attraversare il deserto con Saleem. Come sarebbe dovuto essere fin dal principio prima che ogni cosa cambiasse.
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