34. Il Crepuscolo Della Verità

Mezza incosciente, Skye si girava e rigirava su una superficie dura e fredda, il suo corpo cercava di trovare conforto in mezzo a un mare di sensazioni distorte. Stava facendo un incubo in cui una nebbia avvolgeva tutto, e in lontananza si udivano voci indistinte con un forte rumore di cavalli che scappavano. Poi, in mezzo a quel caos confuso, emerse un viso. Era lungo e segnato dall'età, sembrava aver vissuto millenni interi con quegli occhi neri e piccoli come biglie provenienti dalle acque più profonde e isolate di quel mondo.

Un dolore acuto al braccio la ridestò bruscamente, strappandola dai sogni. Sgranò gli occhi e balzò subito in piedi, il cuore che le martellava furiosamente contro il petto. I ricordi degli ultimi eventi la travolsero e la realtà divenne di nuovo chiara.

«Yuri, Saleem» brancolò, girandosi frenetica intorno si rese conto di essere...intrappolata.
Le sue mani avvolsero delle barre in acciaio che formavano una gabbia attorno. Cercò di fare il punto della situazione: si erano accampati, lei stava scivolando in un sonno profondo quando probabilmente erano stati attaccati dai membri del Villaggio. Aveva incontrato Muna, il Vecchio ed infine un odore forte simile a quello dei solventi l'ha fatta svenire. Non sapeva ancora che fine avessero fatto tutti gli altri perché si era risvegliata lì, prigioniera.

«C'è qualcuno?» urlò, contro il vuoto ma vi era solo buio e il deserto in lontananza, come una minaccia silenziosa, c'era il profilo del Jebel, il monte che si ergeva come una sentinella implacabile.

«Ah, sei sveglia» constatò una voce fredda. Muna sbucò dai piedi del monte, con una presenza minacciosa accentuata dal coltello che sfoggiava. Era cambiata rispetto all'ultima volta che Skye l'aveva vista alla base. I suoi muscoli erano più sodi e qualcosa nei suoi lineamenti aveva acquisito un'aria insolitamente crudele, soprattutto quando i suoi occhi la scrutavano con uno sguardo accusatorio.

«D'accordo» sbuffò Skye, aggrappandosi alle sbarre metalliche. «Ricominciamo daccapo. Che ci faccio qui?» Espirò profondamente, lanciando un'altra rapida occhiata all'ambiente circostante.

Un angolo della bocca di Muna si sollevò in un sorrisetto spregiativo. «È questo il tuo posto. È sempre stato questo in realtà, se solo ce ne fossimo resi conto prima...» alluse con una voce carica di un'intensità gelida.

«Di cosa?» replicò, trattenendo a stento una risata isterica. «Andiamo, Muna, non crederete davvero che io sia una traditrice!» si difese con incredulità «Non posso credere che, nonostante tutto quello che ho fatto, pensiate davvero questo di me!»
Muna si rigirò il coltello da una mano all'altra, con un'espressione di assoluta convinzione.
«Una traditrice...una spia...ancora non so come definire tutto ciò» disse.
«Dimentichi che ho accettato il patto di Icaro solo per farvi guadagnare tempo? Tempo prezioso per scappare da questa guerra, e invece dove vi ritrovo? Esattamente qui!» si spazientì.

Muna, con un'espressione ancora sprezzante, rispose «Scappare dalla guerra oppure toglierci semplicemente dai piedi così da avere via libera? Sei peggiore di lui!» di fronte a quelle parole serrò le palpebre mentre cercava di mantenere il controllo.

Contò fino a dieci nella sua mente nonostante la rabbia crescente. Ogni volta che qualcuno parlava di Icaro con quel tono di disprezzo e convinzione, le pulsazioni del suo cuore acceleravano, e l'irritazione si faceva sempre più intensa. Skye sapeva che non era il momento giusto per lasciarsi trasportare dalle emozioni. Era intrappolata, e ogni risposta impulsiva avrebbe potuto compromettere ulteriormente la sua posizione.
Con uno sforzo visibile, tentò di ricomporsi.

«Quindi credete che io sia andata al Palazzo per collaborare con Yuri e proseguire con le conquiste del regno?» Non riuscì a contenere ulteriormente la sua ilarità. Quella teoria le sembrava così insensata; come potevano credere davvero a tutto ciò?

«Yuri...» ripeté Muna con veleno.
«Non ti è bastato farci attraversare metà del deserto perché gli avevi confidato la posizione del nostro Villaggio! No! hai voluto molto di più! Hai voluto Saleem e, non contenta, hai puntato più in alto!» sbottò con una collera che Skye non le aveva mai visto. «Com'è, Skye? Com'è voler essere una Regina a tutti i costi e pestare i piedi di tutti pur di diventarne una?» la domanda di Muna era una ferita aperta, una critica tanto personale quanto pubblica, e ogni parola sembrava bruciare crudelmente.
Skye sentì il sangue affluirle al volto mentre la rabbia e il risentimento si mescolavano con il dolore di quelle accuse.
«Non hai idea di cosa significhi essere costretta a prendere decisioni che pesano sul futuro di molte persone» rispose, cercando di mantenere la calma nonostante la furia interiore che implodeva. «Non è mai stato il mio intento causare danni gratuiti. Le mie scelte non sono state facili e, sebbene non sempre abbiano portato ai risultati sperati, sono state fatte con l'intenzione di garantire un futuro migliore» sentiva un sapore amaro nella bocca difficile da digerire.
«Il problema per te è che più nessuno ti crede, neanche io» fu l'unica risposta definitiva che ottenne.

«È inutile. Io parlo e tu non mi ascolti» concluse con esasperazione, allontanandosi dalle sbarre e passandosi una mano tra i capelli inariditi. «Voglio parlare con Adil o con chiunque comandi ora qui»
«Non sei in facoltà di avanzare richieste» le fece notare aspramente.
«Sappi che qui c'è tutto il Villaggio, e nessuno di loro desidera venire qui per parlarti o anche solo rivederti.» nonostante sapesse che non doveva lasciarsi influenzare da quelle parole, la consapevolezza che Indie, Camille e gli altri potessero credere a quell'assurda teoria la scosse profondamente. Si chiedeva se davvero tutti avessero abbandonato la ragione e ceduto alla paranoia.
Chi diamine aveva instillato in loro quelle idee cosi folli?
«Muna, ti prego. Ho bisogno di parlare con qualcuno» la supplicò. Non c'era tempo per queste cose; dovevano assolutamente contrastare Gerald.
«Non ti aiuterò, Skye. Non mi lascerò più influenzare da te» scosse la testa più volte. «Ti lascerò qui da sola, insieme a tutte le tue colpe» si voltò e puntò al Jebel.
«Muna!» ringhiò richiamandola. «Non puoi lasciarmi qui!» si riaggrappò alle sbarre e le scosse freneticamente, anche se non si mossero di un solo millimetro.
«E perché no? per me sei già morta, Skye. Da molto tempo ormai» rivelò, scomparendo subito dopo nel buio del deserto.

Skye imprecò e si maledisse, prendendo a calci la gabbia con crescente frustrazione. Il dolore e la disperazione però non cambiarono la realtà delle sbarre inamovibili. Si rese conto che lei era davvero morta non solo per Muna ma anche per tutto il Villaggio. Ne ebbe la certezza quando il sole cominciò a comparire alto nel cielo e la sabbia, sotto il suo calore implacabile, divenne insopportabile sulla sua pelle.
«Colpe?» Si chiese mentre il deserto le inghiottiva ogni respiro. Era difficile discernere la linea tra ciò che era giusto e ciò che era stato imposto, tra le sue azioni e le conseguenze che ne erano derivate.

Dopo una giornata intera sotto al sole senza acqua e cibo, era stesa senza più forze sulla sabbia, con il caldo del deserto penetrato nelle ossa. Il sole stava tramontando, dipingendo il cielo di un arancione infuocato. Rannicchiata, dovette attingere a tutti i suoi ricordi più belli per non perdere la lucidità e per evitare che la realtà e la follia si confondessero in una mischia indistinguibile.
Cercò di richiamare alla mente i momenti belli, quei frammenti di vita che le avevano dato conforto in passato. La proposta di Yuri nella stalla era uno di quei ricordi che cercava di ancorare alla sua mente stanca.

Un rumore di passi frettolosi disturbò il silenzio del deserto. Skye sollevò la testa con difficoltà, il viso segnato dalla disidratazione, ci mise un po' per vedere la figura snella e slanciata avvicinarsi all'altro capo della gabbia.
«Allora è proprio vero» soffiò. «Ti hanno ritrovata» Patrick la guardava come se avesse appena visto un fantasma, e molto probabilmente lei aveva esattamente quello stesso aspetto.
«Sei giunto anche tu a sparare sentenze?» brontolò lei, cercando di mettersi lentamente seduta. Si sentiva troppo debole per alzarsi e, se avesse tentato, temeva che il mondo avrebbe ricominciato a girare pericolosamente.

Patrick mosse ansiosamente una gamba, contorcendosi le dita tra loro in un gesto nervoso. Balbettò un «Sentenze? No, non sono qui per questo» la sua voce le era a malapena udibile.
«E per cosa allora?» ribatté. «Per venire a chiedermi un posto a corte?» la risata che le sfuggì era una miscela di sarcasmo e sconforto. Probabilmente anche lui, come molti altri, era convinto che tutto ciò che aveva fatto stato solo per conquistarsi un trono e un posto di potere accanto ad Icaro.

Patrick sembrò indeciso, i suoi occhi cercavano qualcosa nei suoi. «Non sto cercando un posto a corte» disse, avvicinandosi di più alla gabbia. «Sono venuto perché...perché mi dispiace»
Balbettò Patrick sorprendendola. Rimase per un attimo in silenzio prima di ripetere lentamente «Ti dispiace?»
Patrick annuì, i suoi occhi colmi di una sincera angoscia. «Dal giorno in cui eravamo nella base e da quando ti ho permesso di scappare, ho avuto tempo per pentirmi di ciò che ho fatto» confessò prendendo un grosso respiro.

«Sapevo che non avrei dovuto fare quello che ho fatto, ma la paura e la pressione di una guerra imminente mi avevano accecato. Ora...guardando tutto quello che è successo, non posso fare a meno di sentirmi responsabile» ricordava il momento in cui era fuggita, la paura e il caos che avevano guidato ogni suo passo. Nonostante le sue decisioni fossero state dettate dalla sopravvivenza, quelle scelte l'avevano portata a confrontarsi con verità più grandi di quanto avesse mai immaginato. Ma nonostante la sua situazione, Skye credeva ancora che scappare via dalla base era stata la scelta migliore che potesse fare.

Studiò il volto di Patrick, notando la profonda vulnerabilità che vi era riflessa. Il suo rimpianto sembrava genuino, e la guerra lo aveva colpito in modi inaspettati. Rispetto a Muna, lui era più scarno e consumato, come se i sensi di colpa avessero cercato di divorarlo in un sol boccone.

«Perché credete che io vi abbia traditi?» chiese e lui sospirò profondamente, il suo volto segnato dal conflitto interiore.

«L'illuminatore ce l'ha detto. E anche quando abbiamo incontrato i rifugiati di Nuova Capitale o quelli della tenuta, ci hanno confermato che tu eri diventata una Regina ormai» spiegò prima di aggiungere «È...per colpa mia? se tu non fossi scappata via quel giorno, lui non ti avrebbe mai torturato e costretto a diventare sua moglie, vero?!» si alzò di scatto, focalizzandosi su ciò che aveva appena appreso.

«Dove sono i rifugiati?» domandò frettolosa, il timore che potessero essere in pericolo rischiò di struggerla. Patrick scosse il capo rassegnato.

«Sono andati via in cerca della base» rispose. Ciò che aveva appena detto era come un balsamo per le sue ferite; il piano che avevano messo in atto li avrebbe portati al loro obiettivo. Era valido. Se i rifugiati avevano trovato la via verso la base, avrebbero avuto una possibilità di rinforzare le loro forze e trovare alleati.

«E...Icaro e gli altri?» chiese cauta, mentre il senso di disorientamento cominciava a farle vacillare la vista.

«Mi dispiace» mormorò abbassando il capo e facendole bloccare il respiro.
«Sono fuggiti tutti. Da quel che so Icaro l'ha trascinato via un soldato con i capelli rossi»
Ronald.
Skye sentì una fiamma di speranza rinascere dentro.
Yuri e gli altri erano scappati, quindi erano ancora salvi. Quello era esattamente ciò che aveva bisogno di sentire. Trattenne un sorriso, sapendo che la situazione era complessa e pericolosa.

«Okay e ora parlami di questo illuminatore» disse, facendo le virgolette con le mani per indicare il nome affibbiato con sarcasmo.
«Chi è e cosa vi ha detto esattamente?»

Patrick si avvicinò, il volto teso mentre parlava. «L'illuminatore ha riferito che Icaro stava cercando di consolidare il suo potere e che era diventato sempre più pericoloso. Ha detto che il Re temeva che qualcuno potesse minacciare il suo dominio e aveva adottato misure estreme per garantirsi il controllo, elevando al trono una Regina ancora più crudele di lui. Si dice che nella vostra corte volassero più teste che parole» quando finì di parlare, Skye a stento riusciva a contenere lo stupore.

«Avete mai visto quest'uomo? Com'è fatto?»Patrick scosse la testa. «No. Solo Adil l'ha visto di persona, e solo una o due volte, se non sbaglio» non riuscì a frenare il sospetto che forse il Vecchio stesse giocando un'altra partita, diversa da quella che credeva all'inizio.

«Solo Gerald farebbe una cosa simile» rifletté ad alta voce. Patrick annuì dicendo «Sì, in effetti mi sembra proprio che questo sia il suo vero nome» Skye scattò verso di lui, portando il volto vicino alle sbarre.
«Patrick, è un uomo pericoloso! Dovete starne tutti alla larga!» lo vide fare una risata forzata.
«Strano, anche lui dice lo stesso di te» sembrava che Gerald avesse davvero fatto il lavaggio del cervello a tutti.
«E tu gli credi?» Skye sembrò stranamente preoccupata del suo giudizio.

«Sei o non sei una Regina?» le domandò in cerca di conferme.
«È complicato» sospirò lei, frustata.
«Non so cosa pensare» ammise allora lui, facendo un passo indietro. «Sì, credo che tu sia pericolosa. Ma non penso che feriresti uno di noi» sapere che non tutti erano stati del tutto compromessi la rincuorò.
«Soprattutto non feriresti mai Saleem. Che ora è qui per poter confermare che non sei solo una Regina che fa volare teste in aria»
«Cosa?! Saleem è qui?» pensò di avere le allucinazioni quando lo vide annuire di nuovo in conferma.
«Sì» fece anche un altro di testa per sottolinearlo. «E lo tengono in una gabbia simile a questa?»

«Perché dovrebbero tenerlo in una gabbia? È Saleem» rispose con ovvietà. Il cuore di Skye riprese a battere forte. Si protese verso di lui quanto più possibile.

«Patrick, ti dispiace per me? Vuoi che ti perdoni per avermi lasciata scappare via quel giorno?» gli occhi castani del ragazzo scintillarono.
«Portami Saleem. Fa in modo che sappia dove sono e hai la mia parola che ti perdonerò tutto» gli propose.
«Ma lui già sa dove sei» replicò, lasciandola con parecchi dubbi. Non capiva perché Saleem non fosse già venuto a cercarla, ma ritentò comunque.

«Allora non devi far altro che chiedergli di venire qui» fu in quel momento che sentirono un rumore ovattato alle loro spalle. Patrick si voltò di scatto, socchiudendo gli occhi per scrutare in lontananza.
«Arriva qualcuno, devo andare» bisbigliò allarmato.
«Patrick!» rimbeccò sottovoce, mentre lui si allontanava sempre di più.
«Portami Saleem! Ti chiedo solo questo. Portalo qui da me» la sua espressione era dispiaciuta prima di voltarsi e correre verso il lato opposto, per nascondersi da chiunque stava arrivando.

Quella volta Skye non fallì: riconobbe subito Adil, ma non era solo. Al suo fianco c'era Karim, un uomo che aveva imparato a riconoscere come un cancro dilagante. Il suo veleno aveva corrotto ogni legame e avvelenato ogni relazione. Ovunque si posasse lo sguardo, c'era il suo zampino, non come una presenza visibile e dichiarata, ma come una rete invisibile di corruzione che si estendeva a vista d'occhio.

Eppure, osservandolo di sbieco, continuò a non capire perché in diverse occasioni, come nelle segrete o nella tenuta, non si fossero già uccisi a vicenda.

Skye distolse lo sguardo da loro due e lo puntò velocemente sulla figura di Patrick, che era ormai svanita. Sperò ardentemente che esaudisse la sua richiesta e portasse Saleem diritto da lei.

«Che volete?» sbottò, senza alcun preambolo.
Adil la fissava con uno sguardo opprimente, mentre Karim, al suo fianco, si comportava come se lei non esistesse affatto.

«Dirti addio» dichiarò il Vecchio, la sua voce fredda e distante, il suo sguardo vuoto, privo di quella tenerezza e valori che un tempo Skye aveva creduto di avere. Un tempo, aveva visto in lui un faro di saggezza, un mentore capace di tutto pur di guidare la sua gente alla salvezza. Ma ora, tutto ciò in cui aveva creduto si sgretolava davanti ai suoi occhi, rivelando la crudele realtà: il Vecchio aveva tramato alle sue spalle, alleandosi con il nemico.

Un'immagine affiorò nella sua mente, riportandola alla Torre, alla prima volta in cui lui le aveva parlato di Icaro, definendolo un tiranno. Eppure ad averla tenuta prigioniera non era mai stato Icaro bensì lui. Il tradimento bruciava come una ferita aperta, e Skye si sentì soffocare dalla delusione.

Sembrava essere lì solo per adempiere a una formalità, il suo atteggiamento indifferente come quello di chi partecipa al funerale di un parente sconosciuto, senza alcun reale coinvolgimento. Ma per Skye, non era solo una formalità: era la fine di un'illusione, la perdita di ciò che un tempo aveva ritenuto sacro. 

«Bene, addio» tagliò corto, provando a chiudere definitivamente il discorso.

«Non hai nulla da chiedermi?» la sfidò il Vecchio, avvicinando il suo viso barbuto a lei che, avvertendo il peso della sua presenza, indietreggiò, lasciandosi cadere lentamente sulla sabbia. Si sentiva esausta, consapevole di dover risparmiare le poche forze rimaste, non certo per loro due.

«Mi risponderesti?» sibilò tra i denti, la tensione evidente nella sua voce. Con sua sorpresa, vide il Vecchio annuire.

«Non sono uno che nasconde la verità» la sua voce, ruvida e antica, risonava con una solennità di un altro tempo.

La risata di Skye scoppiò improvvisa, tagliente come vetro, spezzando quell'atmosfera densa. Il Vecchio, impassibile, si spiegò: «Piuttosto la ometto» Ma il sorriso sprezzante di Skye rimase immutato, una maschera di disprezzo che non poteva nascondere ulteriormente.

«Gli altri lo sanno con chi hai scelto di collaborare?» lo incalzò.

«Non giudicarmi così severamente, Skye. Non avevo altra scelta per salvare la mia gente se non questa» si difese il Vecchio, la sua voce priva di quella fermezza che un tempo lei aveva associato a saggezza.

«Ma stai collaborando con il nemico!» gli rinfacciò, cercando disperatamente di scuoterlo con la verità che le sembrava così lampante. «È stato lui a costringervi a rintanarvi sotto terra!»

In quel momento, Karim intervenne «Non lui, ma Constance» Le sue parole si insinuarono tra loro come una lama.

«State rivoltando la verità e manipolando questa gente a vostro piacimento, mettendoli contro di me ed Icaro» ringhiò con indignazione.

Il Vecchio la guardò con un'espressione che mescolava stanchezza e una sorta di distaccato rimprovero. «È sempre stato questo il tuo difetto. Sei troppo avventata, soprattutto nelle conclusioni» serrò le labbra, sapendo che quelle parole avevano un piccolo fondo di verità. Un tempo, aveva giudicato lui come un mentore ed Icaro come un tiranno, senza alcuna pietà, e sulla sua stessa pelle aveva dovuto subire il peso della dura realtà. 

«Non volevi anche tu i membri del Villaggio al sicuro? Finalmente lo saranno grazie al vostro sacrificio» le disse con tono quasi sognante, come se già intravedesse quel futuro che aveva appena deciso di scegliere.

«Credi davvero che Gerald li porterà al sicuro? Non so se l'hai capito, ma quello che chiamate "illuminatore" in realtà è uno che inganna! l'ha fatto prima con Constance e ora lo sta facendo con te» provò a metterlo in guardia, ma né il Vecchio né Karim sembravano scossi.

«Ed è qui che ti sbagli di nuovo» la corresse con calma glaciale. «Gerald non ci ha dato false illusioni. Non ci ha promesso di salvare tutti, ma solo chi ritiene degno di far parte del suo nuovo popolo» Skye strinse i pugni, il cuore accelerato. «Ti rendi conto che questo vuol dire che farà una carneficina?» Adil annuì con lentezza, mentre Karim al suo fianco rimase impassibile, come se non potesse far altro che accettare un destino già deciso.

«Sì, e so perfettamente che questo significherà che tutto il popolo di Icaro verrà messo a tacere per sempre» sentenziò, provocando in lei un brivido di orrore. «Ma non noi. Per una volta, non saremo noi quelli costretti a scappare e nascondersi» aggiunse, e nei suoi occhi scuri balenò un bagliore di speranza, come se credesse davvero che un futuro migliore fosse possibile sotto il comando di Gerald.

«E quindi hai deciso di rivoltare il Villaggio a tuo piacimento, facendo credere a tutti che io sono diventata una Regina crudele» gli disse, scuotendo la testa mentre riportava alla luce le menzogne che "l'illuminatore" aveva diffuso per distruggerla, trasformando la sua reputazione in un'arma contro di lei.

Il Vecchio non batté ciglio. «In parte è così» affermò con una noncuranza che le spezzò il cuore. «Su questo non mi sono mai sbagliato, Skye. Ho sempre saputo che eri pericolosa» le sue parole, ironiche nella loro crudeltà, sembravano quasi una beffa, soprattutto considerando che provenivano da chi aveva appena deciso di aiutare Gerald a sterminare metà del popolo.

Poi le rinfacciò «Credi che non sappia che, da Nuova Capitale fino a qui, hai lasciato dietro di te una scia di sangue?» ogni parola penetrò in profondità, riaccendendo i ricordi dolorosi di ogni vita che aveva spezzato. Ma oltre alla rabbia e al dolore, Skye sentì una nuova certezza farsi strada dentro di lei: tra loro non c'era più possibilità di redenzione. Il Vecchio aveva scelto la sua strada, una strada che li avrebbe inevitabilmente portati a uno scontro finale.

«Hai detto tu stesso che in guerra si perdono parti di se stessi» gli ricordò, sollevando un sopracciglio in segno di sfida. «E da quando ho lasciato la base, ho perso tutto. Ogni convinzione, ogni cosa. E ora, perfino la lealtà che avevo verso di te» Il Vecchio la fissò con un sorriso enigmatico. «Scommetto che però, dopo aver perso tutto, hai trovato ben altro» insinuò, pietrificandola con quella sottile allusione. Non avrebbe voluto parlare di Icaro, tantomeno con lui, e probabilmente lo intuì, poiché batté il bastone sulla sabbia. «Bene, arrivati a questo punto, ti suggerisco di goderti le tue ultime ore, Skye» era giunto il momento dell'addio.

«Gerald sarà qui entro domani sera, e dubito che riserverà per te un dolce destino» la informò, voltandosi lentamente verso il Jebel. Una fugace espressione attraversò il volto di Karim, troppo rapida per essere decifrata, ma abbastanza per farle intuire che quella era la verità.

«Ci rivedremo all'inferno» promise con un sorriso sadico. Adil si era già avviato e Karim si accingeva a seguirlo ma, prima di andar via, le disse: «Non tutti i demoni sono così facili da sconfiggere» fece una pausa, il suo sguardo freddo si addolcì solo per un istante, abbastanza per lasciar trapelare un accenno di malinconia. «E ricorda, non tutti quelli che ti tradiscono lo fanno per odio. A volte, è solo perché hanno smesso di credere nelle stesse cose in cui credevi tu» Poi, senza aggiungere altro, la lasciò.

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